Ettore
– Ma cosa si diventa quando si è lasciato tutto?
Mosè
- Prendi un uomo, togli la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro, la sua
casa, il suo nome, la sua città e chiedigli di dirti chi è. Questo me lo disse
qualcuno, pensando a una tecnica yoga, io in quel momento ho capito che quello
che per gli altri era l’anticamera di un pensiero zen, o di moda, per me era la mia realtà. Loro dovevano concentrarsi, sforzarsi di fare
questo percorso di annullamento, e gli si diceva “bravi”. Io mi sono sempre
sentito così. Io non avevo nessun processo da compiere.
Buio. Cambio scena. Mangiafuoco
e Gretel.
Gretel
– Mi chiamo Gretel, se vuoi.
Mangiafuoco
– E’ un bel nome, davvero.
Gretel
– Sì, è un bel nome, ma non è vero che mi chiamo Gretel. Io scrivo. Ho
cominciato a scrivere molto prima di adesso, quando mi sono ricordata di
esistere. Un uomo accanto ancora pronto a riversarmi addosso tutto il suo
malcontento e, inevitabile, sussurrata, possibilità di fuga. Ma io non ho messo
chiavistelli alle porte, io non sono più un vaso colmo di altrui dolore, con le
braccia tese avanti, soltanto. Che non cada a terra una sola lacrima altrui,
ch’io possa sbarrare con il mio corpo, la mia stessa pelle. Ma vai! Chi vuole andare,
vada! C’ero io, c'era una persona italiana accanto a un uomo francese, egoista
abbastanza da annotare su pagine bianche e anemiche, tutto il suo rancore, il
suo dolore. Poi ho fermato tutto. E io? Anch’io ho il mio dolore che trattengo,
non ho l'abitudine comoda di sbatterlo in faccia a nessuno. Ah! Sorridere,
senza sorridere dentro, dire “capisco”, senza capire affatto. Cercare di
raggiungere la Francia senza volerlo. Sono io. Oggi sono io che me ne vado. Ma
allora… allora no! Oggi so che sono una donna con un’enorme cuore su cui
qualcuno, sempre, inciampa per caso. Il francese mi dice che vuole viaggiare,
andare lontano e getta posti all’aria come mazzi di carte, una volta a terra li
vedi chiaramente. Tante destinazioni incerte, alla fine il niente. “Sai, la
differenza – gli dico – tra chi non può stare mai fermo ed è sempre in viaggio,
perché ne ha costante bisogno, e un uomo che teme di spostarsi dalla stessa
città dove è nato, dallo stesso posto, qual' è? Nessuna differenza – dico, nel
mio inglese stentato – muoiono tutte e due di paura”. E annaspavo nel cercare
le parole giuste e aspettavo un figlio da lui, ma non lo sapevo. Gli ho detto:
"trovati un'altra”! Poi mi sono domandata che donna ero io, perché vedi,
ci sono donne che si muovono con onde al posto dei fianchi, che lasciano tra un
passo e l’altro una risacca, che attira e respinge l’attimo dopo. Ci sono donne
nate per questo. Leggere, giuste come l’acqua, capaci di dondolare l'uomo in
eterno, e questo come sughero si lascia portare. Un sorriso beato, uguale, uno
sguardo rassicurante, invitante, ammaliante. Ci sono amanti senza colpa,
seducenti loro malgrado, che come meduse passano, senza sapere esattamente chi
sfiorano. A chi faranno del male. Forse anch’io sono stata questo. E di questo
ho nostalgia, ero troppo intelligente per essere bella, e se hai un
cervello, se hai un cervello non ce la fai.
Mangiafuoco
– Siamo così diversi, non è solo il sesso, è proprio la mente. Capirsi è
difficile, vogliamo sempre cose diverse, volersi capire è troppo complicato, ci
spaventa. Agli uomini non è chiesto questo, agli uomini si insegna subito a
mettere i sentimenti da parte, si insegna la praticità, la forza, il distacco,
alla donna si insegna la responsabilità, l’amore, il perdono, la pazienza, tutte
le castrazioni, e i sentimenti incondizionati, e poi ci buttano come biglie,
pensando di avere fatto un bel lavoro, da una parte ci siete voi, colme
d’amore, dall’altra piccoli soldati dalle scarpe infangate, noi vi togliamo i
sentimenti dopo, a noi, ce li hanno tolti subito, e quando un uomo e una donna
si incontrano… Affondato! Peggio della battaglia navale.
Gretel
– Sarà... io ero legata a un flusso di sangue, che avrebbe sentenziato: madre o
amante, "amante" era sempre la risposta. Ma una notte una voce mi ha
sussurrato di non allungare più la mano verso l’uomo che russa il suo sogno
privato e egoista, il tuo cammino è più lungo, non senti? Il tuo racconto è più
interessante, non credi? Come ti permetti di cercare un punto, sempre! La vita
è altro, la tua è un fiume, non la confondere con pozzanghere ferme, con
qualcosa che sarà presto evaporato, arido. La tua vita, mi disse la voce, la
tua vita è acqua e sangue. Ero io che mi parlavo, spostavo la mia mano dal suo
corpo, come morto, e la portavo sotto il mio cuscino. Chiudi gli occhi. Vai
lontano. Non vedi come un uomo dorme, come sa cadere nel sonno? Dimenticare.
Impara. Diventa uomo, abbi sempre un progetto più ampio in testa, qualcosa che
va oltre. Stacca mente e sesso. Fallo. E quando ero pronta ad andare via,
l’uomo che voleva viaggiare, andare lontano, fuggire a sua volta, ha bussato
timido alla mia porta, e dentro quegli occhi caldi e persi leggo il bisogno di
me. Suo malgrado. E per un momento sono io l’uomo che elargisce uno stanco
sorriso, ma sono dalla parte di chi elargisce perdono, non da chi lo implora.
Mi disfo in pochi secondi di questo goffo potere maschile e ritorno donna, lo
accolgo in braccia abbastanza ampie da
contenere l’affresco dell’intero universo, come una cappella che si ammira dal
basso. Braccia che racchiudono i movimenti delle stelle, gli umori dei pianeti,
come una sognante Ipazia prima che le paure degli uomini le strappassero gli
occhi. E’ tornato, sorpreso di amare. Ho pensato, magari è solo furbo, ma non
importava, poiché ero io a decidere di accoglierlo, ero io il movimento.
Mangiafuoco
– Tuo figlio?
Gretel
– Mio figlio è nato e io non avevo un lavoro, lui aveva una famiglia ricca e
sai come funziona la legge, non aiutano le madri che non hanno lavoro a
trovarlo, no, gli portano via anche il figlio, invece magari a quelle che hanno
un sacco di soldi lo lasciano, anche se poi queste non sono buone madri o
potrebbero non esserlo… Ma al Diavolo! Mio figlio io non l’ho più visto, ma ora,
così, non mi ci avvicino a lui, non voglio che si vergogni di me! Lo sono
andato a vedere, di nascosto, ma poi mi piegavo in due dal dolore, mi
pigliavano crampi allo stomaco e non sto troppo bene di cuore. Dovevo pensare a
me, lui stava bene, lui aveva ogni cosa. Facendo questa vita ho capito cose
agghiaccianti, difficili da mandare giù. Come ad esempio che il mondo è pieno
di padri e di madri che ti scegli tu, io ho avuto tanti padri, tante madri e
tanti figli come Mosè. Gli animali questo lo sanno, si improvvisano genitori di
altri cuccioli. Ho dovuto avere un respiro più ampio se volevo sopravvivere. E
ho capito che è così, ci facciamo tutti adottare all’infinito, abbiamo fratelli
e sorelle che ci scegliamo strada facendo e nessuno vale più di un altro, e più
riesci a capire questo e più sei ricco e meno solo, e un cordone ombelicale
diventa un lazo con il quale afferrare l’amore quando ti serve, perché gli
esseri umani hanno bisogno d'amore e il sorriso è l'unica cosa che ci rende
tutti uguali, e quando lo usi, quando lo usi hai un potere, è contagioso, la
gente ricambia, quella che merita naturale. La gente ricambia, ringrazia perché
ne aveva bisogno, in quel preciso istante, e tu lo sapevi, tu lo hai previsto,
tu gli hai spaccato il pensiero in due come un capello e ci sei entrato dentro,
solo per dire “sono qui, sono su questo marciapiede, ma ti vedo, non sei
trasparente". Allora c'è chi vede te, ma le persone sono diffidenti, siamo
noi che dobbiamo cominciare.
Cambio scena Ettore e Mosè
Mosè
– I capelli sanno di sale e l'ho scoperto ora, posando il viso sulla spalla e
inspirando, e questo per poco mi ha detto chi sono. Soltanto un profumo, un
odore che porto, distinto nel vento. Mi sento come una spia che ha in una tasca
segreta tre pillole: una per il sonno, una per il male allo stomaco e una per
la morte, in caso di un interrogatorio estremo, troppo serrato, in caso di
estranei che avvicinino un bisturi al cervello. Siamo nati senza volerlo e
senza volerlo lanciati nel mondo. Come si può cominciare la vita con una non
scelta! Ah, l'egoismo di creare e di sentirsi Dio per un giorno, per nove mesi
e il resto del tempo padroni della vita che diamo, insieme alla morte. Tanti
Auguri! Mentre qualcuno si crogiola nella scelta del nome, il nome che uscirà
dalle labbra di tua madre, di tuo padre, del tuo amore, di un vigile che ti fa
il verbale, del professore che ti vuole interrogare, lo stesso nome dopo le
parole “ti amo”, il tuo nome dopo la parola "vaffanculo", il tuo nome
dopo le parole "eccesso di velocità" o "bocciato",
"promosso" , dopo l'esito di un esame “negativo",
"positivo", poi la carta di identità... segni particolari?
Professione? Cazzo, sono andato avanti una vita a scrivere
"studente", una vita a scrivere “artista", adesso ci scrivo
"Barbone", ci scrivo "Clochard" che il francese rende tutto
più elegante, la forma è importante. Quel nome, il tuo nome che ti farà voltare
sempre, trasalire. Cosa vogliono ora da me? E oltre a non sceglierti la vita,
non ti scegli neppure il nome, e questo è solo l’inizio. E' tutto senza senso.
Prigionieri di ruoli che saranno i nostri, che da lontano guardiamo sinistri e
sospetti. Merda, ieri sono entrato in un bar, avevo molta sete, il barista alza
la testa e mi guarda, “Buongiorno" - gli dico - "Buongiorno" -
fa questo - e si rificca con la testa sotto il bancone, per prendere una
bottiglia per un cliente, in quei pochi secondi scorgo al menù in alto quanto
costa l’acqua, una bottiglietta d’acqua, guardo i centesimi che ho nelle mani,
non bastano, il tutto è durato una manciata di merdosi secondi, sono schizzato
via, fuori dal locale, prima che il barista rialzasse la testa ero
scomparso, quando il barista ha alzato
il capo per chiedermi che cosa volevo, io non c’ero più.
Ettore
– E allora?
Mosè
– Poi ridevo come un matto, ridevo da solo per strada, fino alle lacrime,
perché mi rivedevo la scena, s’è mai visto uno che entra in un bar per dire
solo: "Buongiorno" ?
I due scoppiano a ridere, le
risate diventano travolgenti, ridono per nulla, ridono per tutto, non riescono
a smettere.
Ettore
– (senza fiato) Merda che sete che m'è venuta, che sete!
Mosè
– Invece un'altra volta, avevo appena fatto il bancomat, io sai, avevo un mio
libretto prima e prelevavo solo quando occorreva, non ero abituato a questa
carta di plastica con il codice segreto, entro in una farmacia, prima di me
stanno servendo una signora, prende un sacco di medicine e dice : "pago
con il bancomat"! Veloce, facile, via, sorrisi a milioni, sacchettino,
via, facile, veloce. Allora io prendo le mie medicine, questa mi fa il
sacchettino, sorrisi, veloce, facile, mi consegna tutto, io la ringrazio tanto,
immensamente, mi sentivo proprio parte del mondo, oliato giusto, mi dà lo
scontrino, mi dice quanto è, io ho un sorriso scemo e condiscendente sulla
faccia: “pago col bancomat!" e resto immobile. Ci fissiamo per un tempo
che mi pare dilatato e interminabile. Rotto dalla sua voce: "E il
bancomat"? Resto perplesso, quale passaggio non ho fatto… poi sbadatamente
glielo ho dato, ho visto la paura e il disagio sul suo volto, si stava trasfigurando,
è che per un attimo ero entrato nell’automatismo e mi pareva che bastasse
dirlo.
Ettore
– Io non ce l'ho fatta. Non so quando è stato esattamente, probabilmente una
coscienza sviluppata nel tempo. Sul fatto delle scelte. Mosè, hai ragione,
davvero. A volte scegliamo avendo questa illusione, in realtà cerchiamo di
scegliere il meno peggio, ma scegliamo sempre in base a scelte imposte, come un
quiz: A, B, C o D, ma sono scelte? Puttana abbiamo preso la terra e l’abbiamo
divisa in confini, confini, capisci? Si può essere più idioti? Facciamo i
barboni, vero. Non timbriamo il cartellino, non chiediamo l’elemosina, ma lo
sbirro controlla che non sostiamo più
di ventiquattrore. Puoi stare ai margini. Ma ai margini di un mondo per cui
qualcuno comunque ti richiede il pedaggio, puoi stare ai margini, rifiutare le
regole ma con delle regole. Assurdo. Sentirti diverso, ma più che diverso
escluso, puoi farne un fatto d’orgoglio, ma a volte fa male, e non è che si
fermano le domande, che tutto ti si chiarisce, semplicemente non potevi, non
potevi più stare dall’altra parte. Si dice che un suicida ha coraggio, ma per
il suicida ci vuole più coraggio a stare in vita, si dice che una persona con
tutte le sue comodità, le sue certezze, il bancomat, la carta di credito e
tutti i suoi pacchettini che gli dicono chi è, che quella persona abbia paura
di noi, di fare questa fine. Ma io guardo tutti quei tacchi, quelle scarpe
sicure, che mangiano l’asfalto dell’indifferenza quotidiana a grandi falcate e
mi stringo dalla paura, dalla paura di essere così, come loro. Loro vedono nel
barbone, nel senza tetto la fine, io ci vedo la vita daccapo, io ci vedo la
mia faccia. A me non è più un oggetto a
dirmi chi sono, non è più un simbolo o una moda. Mi hanno perso, ma per questo
ho dovuto prima perdere me stesso. Però l’amore, quello rimane. L'amore per la
vita, per le donne, per i cani. A me quella Gretel, quella clochard senza nome,
quella scorbutica dai! A me quella piace, m’è piaciuta subito, quando m’ha
detto che si era cacata addosso, perché io neanche l'ascoltavo, dietro le
parole dure, dietro il cinismo o il grasso sarcasmo si nasconde spesso una
persona fragile, ferita. A me piacevano i suoi capelli grigi, non sono tutti
grigi. Cascate d’argento qua e là, quegli occhi bellissimi, quanti ci saranno
affogati dentro. Mosè, l'amore non si fugge, mai. Ricordatelo, mai. L’amore si
vive. L'amore è vita. Quindi tu trovalo quel ragazzo, perché ti esce dalla
pelle il desiderio di lui. E io adesso glielo dico a lei, in qualche modo glielo
dico.
Cambio scena Gretel e
Mangiafuoco
Mangiafuoco
– Una vita spesa alla ricerca di certezze, che quando pensi di cogliere, come
sabbia tra le dita, quasi si sciolgono, scivolando via. Rubiamo conchiglie dal
mare con l’illusione di portarcelo a casa. Ma il mare rimane, tu hai qualcosa
che era, un lontano odore e la risata dei gabbiani ti fa eco sul cuore.
Lontani.
Gretel
– Sei un poeta? I poeti sono tutti degli stronzi.
Mangiafuoco
– No. Sono solo uno stronzo, senza neanche avere la scusa d’essere poeta. Ho provato la mia forza e ho
visto la mia paura, la mia fragilità. Ho chiesto aiuto. Ho avuto questo
coraggio. Ho dato un pugno in faccia, un preciso gancio al mio panico. Ha vinto
lui, ma io sono ancora in piedi a volere sapere, capire fino in fondo. Sono qui
per lottare per me e contro di me. Sono qui per strapparmi di dosso strato,
dopo strato, ogni pelle che non mi appartiene, fino a scovare quel qualcosa di
vivo e pulsante che, brancolando, reggendosi a malapena sulle gambe, si terrà
in equilibrio da sé . Solo dopo ruoterò la testa per guardarmi attorno. I
colori, i sapori, i rumori. Portare l’amore come una bandiera tra le mani,
l’amore contro tutta sta merda... l'amore come Gandhi, in risposta alla guerra,
al cinismo, alla fine. Ci riuscirò. Mi uscirà dagli occhi.
Gretel
– Avrò il sapore dell'amore nel sesso, nella bocca, sulla pelle e lo donerò a
uomini, donne, animali, all’intero mondo, sì.
Quanto è passato, un minuto? Tutto è cambiato, fa freddo ed è calato un
cielo nero e mi chiedo quanto un cuore può essere strizzato e perdere ancora sangue, sempre sangue.
Saremmo dovuti partire assieme. E quando pensi di avere capito tutto non hai
capito un cazzo. Strapparmi il cuore e infilarmi nel petto una conchiglia.
Basta morire. Basta morire non ce la faccio più. Non mi hanno mai
addomesticata, l’ho capito qui, tra gatti selvatici e gabbiani, come i gabbiani
mi avvicino ma solo per mangiare.
Entrano in scena Ettore e Mosè.
Ettore
– Se accetti con umiltà un viaggio lungo, interiore, che tutti dobbiamo fare,
senza tentare fughe, se accetti che per l’arco di una vita potrai avvicinarti a
qualcosa ma senza averla, se accetti addii e guardi con scherno la parola
“sempre”. Se contieni gioia e ti fai un’idea soggettiva dell’infinito, in
quanto trattieni per poco grandi sensazioni, la traccia, il ricordo, le
cicatrici, allora tu vivi e sei vivo. Il resto è una grossa bugia. Contratti,
parole, denaro sporco che casca dalle mani. Accettare di essere un passaggio,
ma un passaggio di carne, un passaggio di un sogno pensante. Un passaggio di
urina, sangue, oltraggio e poesia. Ecco la vita. Vuoi firmare? Sì, devo, perché
non ho altra scelta. Vengo dal niente e torno nel niente. Vengo da un mondo
privo di ricordi e torno in un mondo per cui dovrò lasciare tutti i ricordi.
Gretel
– Come vorrei ora perdere tutti i ricordi, trovare la pace. Puoi trattenere le
sensazioni, che lente come elastici marci si spezzano, una dopo l’altra,
lasciandoti sola. Come farsi una ragione di questo contratto malato per la
vita, dove la nostra firma era implicita e, non vista, perché scritta troppo in
piccolo, la clausola della morte. Dove i sindacati? I nostri diritti come echi
lontani a Dei capricciosi e sadici. Ciao Mosè! Ciao, figlio mio.
Mosè
– Ciao, sei bellissima.
Ettore
– E’ vero sei bellissima, non hai finito di vivere, ora ti prendo io per mano.
I due ballano insieme, sotto
gli occhi felici e rapiti dei loro compagni di viaggio.
Mangiafuoco – Bravi, bravi!
Ettore
– Fammi sedere ora, qui vicino alla mia dama, che cerca di abbruttirsi in ogni modo ma per me rimane una fata.
Mosè
– I piedi dello sbirro.
Tutti guardano in alto.
Gretel
– Che ce l’hai una sigaretta? Lo vedi, tutte le volte che passi di qua
aumentiamo di numero, vengono tutti via mare. Tu sei un bravo ragazzo, non sai
come farti passare sto turno, io mi guardavo Stursky e Hutch, poi c’è stato
Poncerello, te lo ricordi Poncerello? quello sbirro un po’ in carne dei telefilm, dai! E tutti si credeva da
bambini che c’erano coppie di poliziotti come supereroi che salvavano la gente.
E’ che quando serve non ci siete mai, sorridi tu... Sei giovane, che ne sai,
però con quello che è successo a Genova, quello non c’entra con i telefilm
americani, no. Poncerello aveva sempre qualche donna a mano, un po’ anche 007 ,
James Bond era bello ma maschilista. Te lo dico col cuore ragazzo, ma che fai
qui? Ad ammazzare o farti ammazzare? Ma
vai a figa! Mah ai miei tempi si diceva “tira più…" , la sai quella, no?
Adesso si vede che tira più un carro di buoi.
Mi fai una faccia aggressiva a me? (alza la voce) Io potrei essere tua madre, ogni donna è tua madre!
Ettore
– (intervenendo) – Ha bevuto, bevuto. Ci penso io, stai calmo, eh ?
Mangiafuoco
– Ma sì che non è accaduto nulla, la conosci, è scorbutica.
Mosè
– Sì, dice quello che pensa, ma non lo fa apposta, lei... Ahi! Lasciami,
vigliacco!
Mangiafuoco
- Ma che fai prendi a calci un ragazzo?
Ti ci vorrebbe un quarto del suo coraggio! Guardalo se ne va, adesso che s’è
sfogato se ne va!
Gretel - Scusa Mosè, è tutta colpa mia, tutta colpa
mia…
Ettore
– Non è niente di grave, ma io di qui sloggerei, quello è sempre a controllare
le nostre mosse.
I quattro si incamminano.
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