lunedì 3 febbraio 2020

Clochard - Terza parte -




Ettore – Ma cosa si diventa quando si è lasciato tutto?
 
Mosè - Prendi un uomo, togli la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro, la sua casa, il suo nome, la sua città e chiedigli di dirti chi è. Questo me lo disse qualcuno, pensando a una tecnica yoga, io in quel momento ho capito che quello che per gli altri era l’anticamera di un pensiero zen, o di moda,  per me era la mia realtà. Loro  dovevano concentrarsi, sforzarsi di fare questo percorso di annullamento, e gli si diceva “bravi”. Io mi sono sempre sentito così. Io non avevo nessun processo da compiere.
 
Buio. Cambio scena. Mangiafuoco e Gretel.
 
Gretel – Mi chiamo Gretel,  se vuoi.
 
Mangiafuoco – E’ un bel nome, davvero.
 
Gretel – Sì, è un bel nome, ma non è vero che mi chiamo Gretel. Io scrivo. Ho cominciato a scrivere molto prima di adesso, quando mi sono ricordata di esistere. Un uomo accanto ancora pronto a riversarmi addosso tutto il suo malcontento e, inevitabile, sussurrata, possibilità di fuga. Ma io non ho messo chiavistelli alle porte, io non sono più un vaso colmo di altrui dolore, con le braccia tese avanti, soltanto. Che non cada a terra una sola lacrima altrui, ch’io possa sbarrare con il mio corpo, la mia stessa pelle. Ma vai! Chi vuole andare, vada! C’ero io, c'era una persona italiana accanto a un uomo francese, egoista abbastanza da annotare su pagine bianche e anemiche, tutto il suo rancore, il suo dolore. Poi ho fermato tutto. E io? Anch’io ho il mio dolore che trattengo, non ho l'abitudine comoda di sbatterlo in faccia a nessuno. Ah! Sorridere, senza sorridere dentro, dire “capisco”, senza capire affatto. Cercare di raggiungere la Francia senza volerlo. Sono io. Oggi sono io che me ne vado. Ma allora… allora no! Oggi so che sono una donna con un’enorme cuore su cui qualcuno, sempre, inciampa per caso. Il francese mi dice che vuole viaggiare, andare lontano e getta posti all’aria come mazzi di carte, una volta a terra li vedi chiaramente. Tante destinazioni incerte, alla fine il niente. “Sai, la differenza – gli dico – tra chi non può stare mai fermo ed è sempre in viaggio, perché ne ha costante bisogno, e un uomo che teme di spostarsi dalla stessa città dove è nato, dallo stesso posto, qual' è? Nessuna differenza – dico, nel mio inglese stentato – muoiono tutte e due di paura”. E annaspavo nel cercare le parole giuste e aspettavo un figlio da lui, ma non lo sapevo. Gli ho detto: "trovati un'altra”! Poi mi sono domandata che donna ero io, perché vedi, ci sono donne che si muovono con onde al posto dei fianchi, che lasciano tra un passo e l’altro una risacca, che attira e respinge l’attimo dopo. Ci sono donne nate per questo. Leggere, giuste come l’acqua, capaci di dondolare l'uomo in eterno, e questo come sughero si lascia portare. Un sorriso beato, uguale, uno sguardo rassicurante, invitante, ammaliante. Ci sono amanti senza colpa, seducenti loro malgrado, che come meduse passano, senza sapere esattamente chi sfiorano. A chi faranno del male. Forse anch’io sono stata questo. E di questo ho nostalgia, ero troppo intelligente per essere bella,  e se hai un cervello, se hai un cervello non ce la fai.
 
Mangiafuoco – Siamo così diversi, non è solo il sesso, è proprio la mente. Capirsi è difficile, vogliamo sempre cose diverse, volersi capire è troppo complicato, ci spaventa. Agli uomini non è chiesto questo, agli uomini si insegna subito a mettere i sentimenti da parte, si insegna la praticità, la forza, il distacco, alla donna si insegna la responsabilità, l’amore, il perdono, la pazienza, tutte le castrazioni, e i sentimenti incondizionati, e poi ci buttano come biglie, pensando di avere fatto un bel lavoro, da una parte ci siete voi, colme d’amore, dall’altra piccoli soldati dalle scarpe infangate, noi vi togliamo i sentimenti dopo, a noi, ce li hanno tolti subito, e quando un uomo e una donna si incontrano… Affondato! Peggio della battaglia navale.
 
Gretel – Sarà... io ero legata a un flusso di sangue, che avrebbe sentenziato: madre o amante, "amante" era sempre la risposta. Ma una notte una voce mi ha sussurrato di non allungare più la mano verso l’uomo che russa il suo sogno privato e egoista, il tuo cammino è più lungo, non senti? Il tuo racconto è più interessante, non credi? Come ti permetti di cercare un punto, sempre! La vita è altro, la tua è un fiume, non la confondere con pozzanghere ferme, con qualcosa che sarà presto evaporato, arido. La tua vita, mi disse la voce, la tua vita è acqua e sangue. Ero io che mi parlavo, spostavo la mia mano dal suo corpo, come morto, e la portavo sotto il mio cuscino. Chiudi gli occhi. Vai lontano. Non vedi come un uomo dorme, come sa cadere nel sonno? Dimenticare. Impara. Diventa uomo, abbi sempre un progetto più ampio in testa, qualcosa che va oltre. Stacca mente e sesso. Fallo. E quando ero pronta ad andare via, l’uomo che voleva viaggiare, andare lontano, fuggire a sua volta, ha bussato timido alla mia porta, e dentro quegli occhi caldi e persi leggo il bisogno di me. Suo malgrado. E per un momento sono io l’uomo che elargisce uno stanco sorriso, ma sono dalla parte di chi elargisce perdono, non da chi lo implora. Mi disfo in pochi secondi di questo goffo potere maschile e ritorno donna, lo accolgo  in braccia abbastanza ampie da contenere l’affresco dell’intero universo, come una cappella che si ammira dal basso. Braccia che racchiudono i movimenti delle stelle, gli umori dei pianeti, come una sognante Ipazia prima che le paure degli uomini le strappassero gli occhi. E’ tornato, sorpreso di amare. Ho pensato, magari è solo furbo, ma non importava, poiché ero io a decidere di accoglierlo, ero io il movimento.
 
Mangiafuoco – Tuo figlio?
 
Gretel – Mio figlio è nato e io non avevo un lavoro, lui aveva una famiglia ricca e sai come funziona la legge, non aiutano le madri che non hanno lavoro a trovarlo, no, gli portano via anche il figlio, invece magari a quelle che hanno un sacco di soldi lo lasciano, anche se poi queste non sono buone madri o potrebbero non esserlo… Ma al Diavolo! Mio figlio io non l’ho più visto, ma ora, così, non mi ci avvicino a lui, non voglio che si vergogni di me! Lo sono andato a vedere, di nascosto, ma poi mi piegavo in due dal dolore, mi pigliavano crampi allo stomaco e non sto troppo bene di cuore. Dovevo pensare a me, lui stava bene, lui aveva ogni cosa. Facendo questa vita ho capito cose agghiaccianti, difficili da mandare giù. Come ad esempio che il mondo è pieno di padri e di madri che ti scegli tu, io ho avuto tanti padri, tante madri e tanti figli come Mosè. Gli animali questo lo sanno, si improvvisano genitori di altri cuccioli. Ho dovuto avere un respiro più ampio se volevo sopravvivere. E ho capito che è così, ci facciamo tutti adottare all’infinito, abbiamo fratelli e sorelle che ci scegliamo strada facendo e nessuno vale più di un altro, e più riesci a capire questo e più sei ricco e meno solo, e un cordone ombelicale diventa un lazo con il quale afferrare l’amore quando ti serve, perché gli esseri umani hanno bisogno d'amore e il sorriso è l'unica cosa che ci rende tutti uguali, e quando lo usi, quando lo usi hai un potere, è contagioso, la gente ricambia, quella che merita naturale. La gente ricambia, ringrazia perché ne aveva bisogno, in quel preciso istante, e tu lo sapevi, tu lo hai previsto, tu gli hai spaccato il pensiero in due come un capello e ci sei entrato dentro, solo per dire “sono qui, sono su questo marciapiede, ma ti vedo, non sei trasparente". Allora c'è chi vede te, ma le persone sono diffidenti, siamo noi che dobbiamo cominciare.
 
Cambio scena Ettore e Mosè
 
Mosè – I capelli sanno di sale e l'ho scoperto ora, posando il viso sulla spalla e inspirando, e questo per poco mi ha detto chi sono. Soltanto un profumo, un odore che porto, distinto nel vento. Mi sento come una spia che ha in una tasca segreta tre pillole: una per il sonno, una per il male allo stomaco e una per la morte, in caso di un interrogatorio estremo, troppo serrato, in caso di estranei che avvicinino un bisturi al cervello. Siamo nati senza volerlo e senza volerlo lanciati nel mondo. Come si può cominciare la vita con una non scelta! Ah, l'egoismo di creare e di sentirsi Dio per un giorno, per nove mesi e il resto del tempo padroni della vita che diamo, insieme alla morte. Tanti Auguri! Mentre qualcuno si crogiola nella scelta del nome, il nome che uscirà dalle labbra di tua madre, di tuo padre, del tuo amore, di un vigile che ti fa il verbale, del professore che ti vuole interrogare, lo stesso nome dopo le parole “ti amo”, il tuo nome dopo la parola "vaffanculo", il tuo nome dopo le parole "eccesso di velocità" o "bocciato", "promosso" , dopo l'esito di un esame “negativo", "positivo", poi la carta di identità... segni particolari? Professione? Cazzo, sono andato avanti una vita a scrivere "studente", una vita a scrivere “artista", adesso ci scrivo "Barbone", ci scrivo "Clochard" che il francese rende tutto più elegante, la forma è importante. Quel nome, il tuo nome che ti farà voltare sempre, trasalire. Cosa vogliono ora da me? E oltre a non sceglierti la vita, non ti scegli neppure il nome, e questo è solo l’inizio. E' tutto senza senso. Prigionieri di ruoli che saranno i nostri, che da lontano guardiamo sinistri e sospetti. Merda, ieri sono entrato in un bar, avevo molta sete, il barista alza la testa e mi guarda, “Buongiorno" - gli dico - "Buongiorno" - fa questo - e si rificca con la testa sotto il bancone, per prendere una bottiglia per un cliente, in quei pochi secondi scorgo al menù in alto quanto costa l’acqua, una bottiglietta d’acqua, guardo i centesimi che ho nelle mani, non bastano, il tutto è durato una manciata di merdosi secondi, sono schizzato via, fuori dal locale, prima che il barista rialzasse la testa ero scomparso,  quando il barista ha alzato il capo per chiedermi che cosa volevo, io non c’ero più.
 
Ettore – E allora?
 
Mosè – Poi ridevo come un matto, ridevo da solo per strada, fino alle lacrime, perché mi rivedevo la scena, s’è mai visto uno che entra in un bar per dire solo: "Buongiorno" ?
 
I due scoppiano a ridere, le risate diventano travolgenti, ridono per nulla, ridono per tutto, non riescono a smettere.
 
Ettore – (senza fiato) Merda che sete che m'è venuta, che sete!
 
Mosè – Invece un'altra volta, avevo appena fatto il bancomat, io sai, avevo un mio libretto prima e prelevavo solo quando occorreva, non ero abituato a questa carta di plastica con il codice segreto, entro in una farmacia, prima di me stanno servendo una signora, prende un sacco di medicine e dice : "pago con il bancomat"! Veloce, facile, via, sorrisi a milioni, sacchettino, via, facile, veloce. Allora io prendo le mie medicine, questa mi fa il sacchettino, sorrisi, veloce, facile, mi consegna tutto, io la ringrazio tanto, immensamente, mi sentivo proprio parte del mondo, oliato giusto, mi dà lo scontrino, mi dice quanto è, io ho un sorriso scemo e condiscendente sulla faccia: “pago col bancomat!" e resto immobile. Ci fissiamo per un tempo che mi pare dilatato e interminabile. Rotto dalla sua voce: "E il bancomat"? Resto perplesso, quale passaggio non ho fatto… poi sbadatamente glielo ho dato, ho visto la paura e il disagio sul suo volto, si stava trasfigurando, è che per un attimo ero entrato nell’automatismo e mi pareva che bastasse dirlo.
 
Ettore – Io non ce l'ho fatta. Non so quando è stato esattamente, probabilmente una coscienza sviluppata nel tempo. Sul fatto delle scelte. Mosè, hai ragione, davvero. A volte scegliamo avendo questa illusione, in realtà cerchiamo di scegliere il meno peggio, ma scegliamo sempre in base a scelte imposte, come un quiz: A, B, C o D, ma sono scelte? Puttana abbiamo preso la terra e l’abbiamo divisa in confini, confini, capisci? Si può essere più idioti? Facciamo i barboni, vero. Non timbriamo il cartellino, non chiediamo l’elemosina, ma lo sbirro  controlla che non sostiamo più di ventiquattrore. Puoi stare ai margini. Ma ai margini di un mondo per cui qualcuno comunque ti richiede il pedaggio, puoi stare ai margini, rifiutare le regole ma con delle regole. Assurdo. Sentirti diverso, ma più che diverso escluso, puoi farne un fatto d’orgoglio, ma a volte fa male, e non è che si fermano le domande, che tutto ti si chiarisce, semplicemente non potevi, non potevi più stare dall’altra parte. Si dice che un suicida ha coraggio, ma per il suicida ci vuole più coraggio a stare in vita, si dice che una persona con tutte le sue comodità, le sue certezze, il bancomat, la carta di credito e tutti i suoi pacchettini che gli dicono chi è, che quella persona abbia paura di noi, di fare questa fine. Ma io guardo tutti quei tacchi, quelle scarpe sicure, che mangiano l’asfalto dell’indifferenza quotidiana a grandi falcate e mi stringo dalla paura, dalla paura di essere così, come loro. Loro vedono nel barbone, nel senza tetto la fine, io ci vedo la vita daccapo, io ci vedo la mia faccia. A me  non è più un oggetto a dirmi chi sono, non è più un simbolo o una moda. Mi hanno perso, ma per questo ho dovuto prima perdere me stesso. Però l’amore, quello rimane. L'amore per la vita, per le donne, per i cani. A me quella Gretel, quella clochard senza nome, quella scorbutica dai! A me quella piace, m’è piaciuta subito, quando m’ha detto che si era cacata addosso, perché io neanche l'ascoltavo, dietro le parole dure, dietro il cinismo o il grasso sarcasmo si nasconde spesso una persona fragile, ferita. A me piacevano i suoi capelli grigi, non sono tutti grigi. Cascate d’argento qua e là, quegli occhi bellissimi, quanti ci saranno affogati dentro. Mosè, l'amore non si fugge, mai. Ricordatelo, mai. L’amore si vive. L'amore è vita. Quindi tu trovalo quel ragazzo, perché ti esce dalla pelle il desiderio di lui. E io adesso glielo dico a lei, in qualche modo glielo dico.
 
Cambio scena Gretel e Mangiafuoco
 
Mangiafuoco – Una vita spesa alla ricerca di certezze, che quando pensi di cogliere, come sabbia tra le dita, quasi si sciolgono, scivolando via. Rubiamo conchiglie dal mare con l’illusione di portarcelo a casa. Ma il mare rimane, tu hai qualcosa che era, un lontano odore e la risata dei gabbiani ti fa eco sul cuore. Lontani.
 
Gretel – Sei un poeta? I poeti sono tutti degli stronzi.
 
Mangiafuoco – No. Sono solo uno stronzo, senza neanche avere la scusa  d’essere poeta. Ho provato la mia forza e ho visto la mia paura, la mia fragilità. Ho chiesto aiuto. Ho avuto questo coraggio. Ho dato un pugno in faccia, un preciso gancio al mio panico. Ha vinto lui, ma io sono ancora in piedi a volere sapere, capire fino in fondo. Sono qui per lottare per me e contro di me. Sono qui per strapparmi di dosso strato, dopo strato, ogni pelle che non mi appartiene, fino a scovare quel qualcosa di vivo e pulsante che, brancolando, reggendosi a malapena sulle gambe, si terrà in equilibrio da sé . Solo dopo ruoterò la testa per guardarmi attorno. I colori, i sapori, i rumori. Portare l’amore come una bandiera tra le mani, l’amore contro tutta sta merda... l'amore come Gandhi, in risposta alla guerra, al cinismo, alla fine. Ci riuscirò. Mi uscirà dagli occhi.
 
Gretel – Avrò il sapore dell'amore nel sesso, nella bocca, sulla pelle e lo donerò a uomini, donne, animali, all’intero mondo, sì.  Quanto è passato, un minuto? Tutto è cambiato, fa freddo ed è calato un cielo nero e mi chiedo quanto un cuore può essere strizzato  e perdere ancora sangue, sempre sangue. Saremmo dovuti partire assieme. E quando pensi di avere capito tutto non hai capito un cazzo. Strapparmi il cuore e infilarmi nel petto una conchiglia. Basta morire. Basta morire non ce la faccio più. Non mi hanno mai addomesticata, l’ho capito qui, tra gatti selvatici e gabbiani, come i gabbiani mi avvicino ma solo per mangiare.
 
Entrano in scena Ettore e Mosè.
 
Ettore – Se accetti con umiltà un viaggio lungo, interiore, che tutti dobbiamo fare, senza tentare fughe, se accetti che per l’arco di una vita potrai avvicinarti a qualcosa ma senza averla, se accetti addii e guardi con scherno la parola “sempre”. Se contieni gioia e ti fai un’idea soggettiva dell’infinito, in quanto trattieni per poco grandi sensazioni, la traccia, il ricordo, le cicatrici, allora tu vivi e sei vivo. Il resto è una grossa bugia. Contratti, parole, denaro sporco che casca dalle mani. Accettare di essere un passaggio, ma un passaggio di carne, un passaggio di un sogno pensante. Un passaggio di urina, sangue, oltraggio e poesia. Ecco la vita. Vuoi firmare? Sì, devo, perché non ho altra scelta. Vengo dal niente e torno nel niente. Vengo da un mondo privo di ricordi e torno in un mondo per cui dovrò lasciare tutti i ricordi.
 
Gretel – Come vorrei ora perdere tutti i ricordi, trovare la pace. Puoi trattenere le sensazioni, che lente come elastici marci si spezzano, una dopo l’altra, lasciandoti sola. Come farsi una ragione di questo contratto malato per la vita, dove la nostra firma era implicita e, non vista, perché scritta troppo in piccolo, la clausola della morte. Dove i sindacati? I nostri diritti come echi lontani a Dei capricciosi e sadici. Ciao Mosè! Ciao, figlio mio.
 
Mosè – Ciao, sei bellissima.
 
Ettore – E’ vero sei bellissima, non hai finito di vivere, ora ti prendo io per mano.
 
I due ballano insieme, sotto gli occhi felici e rapiti dei loro compagni di viaggio.
 
 Mangiafuoco – Bravi, bravi!
 
Ettore – Fammi sedere ora, qui vicino alla mia dama, che cerca di abbruttirsi  in ogni modo ma per me rimane una fata.
 
Mosè – I piedi dello sbirro.
 
Tutti guardano in alto.
 
Gretel – Che ce l’hai una sigaretta? Lo vedi, tutte le volte che passi di qua aumentiamo di numero, vengono tutti via mare. Tu sei un bravo ragazzo, non sai come farti passare sto turno, io mi guardavo Stursky e Hutch, poi c’è stato Poncerello, te lo ricordi Poncerello? quello sbirro un po’ in carne  dei telefilm, dai! E tutti si credeva da bambini che c’erano coppie di poliziotti come supereroi che salvavano la gente. E’ che quando serve non ci siete mai, sorridi tu... Sei giovane, che ne sai, però con quello che è successo a Genova, quello non c’entra con i telefilm americani, no. Poncerello aveva sempre qualche donna a mano, un po’ anche 007 , James Bond era bello ma maschilista. Te lo dico col cuore ragazzo, ma che fai qui? Ad ammazzare o farti ammazzare?  Ma vai a figa! Mah ai miei tempi si diceva “tira più…" , la sai quella, no? Adesso si vede che tira più un carro di buoi.  Mi fai una faccia aggressiva a me? (alza la voce) Io potrei essere tua madre, ogni donna è tua madre!
 
Ettore – (intervenendo) – Ha bevuto, bevuto. Ci penso io, stai calmo, eh ?
 
Mangiafuoco – Ma sì che non è accaduto nulla, la conosci, è scorbutica.
 
Mosè – Sì, dice quello che pensa, ma non lo fa apposta, lei... Ahi! Lasciami, vigliacco!
 
Mangiafuoco -  Ma che fai prendi a calci un ragazzo? Ti ci vorrebbe un quarto del suo coraggio! Guardalo se ne va, adesso che s’è sfogato se ne va!
 
Gretel  - Scusa Mosè, è tutta colpa mia, tutta colpa mia…
 
Ettore – Non è niente di grave, ma io di qui sloggerei, quello è sempre a controllare le nostre mosse.
 
I quattro si incamminano.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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