Clochard - foto-grafica - Eloisa Guidarelli
I quattro si incamminano.
Gretel
– Ci separiamo qui, io saluto! Ettore non fare quella faccia, ci si vede per
strada, magari chissà alla cena di Natale. Ho l’impressione che questa notte se
staremo uniti non passerà mai, ho l’impressione che potrebbe arrivare Natale
domani.
Ettore
– Va bene, saluti a tutti.
Mangiafuoco
– Saluti.
Mosè rimane fermo.
Gretel
– Tu sarà meglio che decidi ciò che sei.
Mosè
– In una notte?
Gretel
– Anche meno se possibile.
Mangiafuoco
– Ragazzo, se vuoi puoi stare un poco con me, se ti va. anche solo per
questa notte, poi domani deciderai.
Buio, cambio scena, Mangiafuoco
e Mosè.
Mosè
– Hai una barba lunghissima.
Mangiafuoco
– Perché ho deciso di farmela crescere fino a quando non trovo mio figlio, che
dovrebbe avere più o meno l’età tua, tu gli assomigli molto a dire il vero.
Mosè
– Non credo, non così conciato, avrà un viso pulito, sbarbato, e non avrà la
mia aria perduta, l’aria di uno che ha perso la memoria, l'aria di uno che non
ha un passato a dirgli chi sia, esattamente.
Mangiafuoco
– E’ una fortuna Mosè, forse la tua è una fortuna. Il mio passato ogni giorno
mi dice chi sono, uno che ha abbandonato il figlio, capito? Uno che l’ha
cresciuto e poi l’ha abbandonato, solo perché non era quello che avrebbe
voluto, capito? Io mi affogo nell’alcol
per dimenticarmi chi sono, ma purtroppo
non dura in eterno l’effetto, e dopo si ritorna alla realtà, col dolore
centuplicato, la testa pesante, e l’immagine di te, uomo tutto d'un pezzo,
quello che non aveva mai pianto, quello che non si faceva mai domande, quello
che dava solo risposte, per tutti, quello che non si metteva mai in
discussione, che non aveva paura di nulla, e la rigidità, la rigidità della mia
educazione. Sono cresciuto con la messa e le cinghiate, sono cresciuto senza
possibilità di pensare d’essere altro che questo, mio padre. Il suo clone. E quando m’è capitato un figlio, ho fatto quello che con me avevano fatto, né
più né meno, perché neanche mi ricordavo quello che avevo sofferto, perché
neanche mi ricordavo d'essere stato bambino e del mio sguardo perso, del mio
corpo fermo, stavo paralizzato a guardare il braccio di mio padre alzarsi,
nemmeno tentavo di fuggire, un cerbiatto colto di sorpresa che guarda il
fucile. Troppo ingenuo per avere paura al posto dello stupore. Io mio figlio
non l’ho mai picchiato, ma non gli ho dato amore. Non ero in grado. Io non ho
saputo mai fare una carezza, come avrei potuto? Non ne ho mai ricevuta una. Se
sul tuo cammino incontrerai un uomo che non sa amare, dovrai averne pietà,
perché probabilmente non è stato amato mai.
Mosè
– Non ce la faccio. Non ce la farei ad avere pietà di lui, perché se avessi
pietà di lui, e lui pietà di se stesso, chi cazzo penserebbe a me? Io mi ero
lanciato nell’acqua, non vedevo la fine del mio respiro, ci vedevo due braccia.
Ho un’immagine di mio padre, vedo la sua faccia, ho l'immagine di mia madre,
un'altra faccia, ma sono come fatti anch'essi d'acqua, li vedo, ma non li
sento. Sono trasparenti, non glielo dico, non glielo spiego, perché in fondo
loro non lo sanno, sono io che muoio, muoio ogni volta che me ne accorgo, ogni
volta che mi accorgo che le persone che erano un riferimento, che erano la vita
stessa e l’esempio, non sono nient’altro,
nient'altro che vento, mi accorgo di loro perché mi muovono i capelli,
perché soffiano nella mia direzione, ma poi non li sento più, e non esistono
più. Ti farai crescere quella barba
fino a quando non lo troverai? Lo sai che potrai dormirci dentro alla
tua barba, prima di sapere qualcosa di lui?
Mangiafuoco
– Certo che lo so.
Mosè
– C’è un posto veramente abbastanza lontano da tutto? Quando si è immersi nella
vita a tal punto, che ti riguarda direttamente anche la vita d’un ragno che
incrocia il tuo sguardo per sbaglio? E’ così che ho salvato il ragno dall'acqua
e poi la coccinella dal ragno, quando sei l'acqua, il ragno e la coccinella non
c'è un posto abbastanza lontano. E comincia a ferirti la legge del più forte,
perché spesso non è il più forte, magari è il più prepotente o il più spietato
o il più furbo, ma neanche il più intelligente, e cominci a soffrire per tutti, tutti quelli che
soccombono a scapito di qualcun altro, tutti quelli che muoiono per la libertà
di qualcun altro e mi scoppia la testa, sì mi scoppia la testa!
Mangiafuoco si guarda le mani
che gli tremano, il ragazzo, la testa sulle ginocchia, singhiozza, Mangiafuoco
l’abbraccia.
Mangiafuoco
– Ma c'è anche la magia della vita, c'è il fiore che cresce nel letame, c’è
l'uomo che salva l'uomo, c'è questo potere che tu hai di sciogliere i nodi
dalle mie mani, grazie di avermi fatto provare ad abbracciarti, ma ora non
piangere.
Mosè
– Avevi bisogno di uno sconosciuto per abbracciare tuo figlio o l'idea di lui?
Avevo bisogno di un barbone per l'abbraccio mai ricevuto da mio padre? E vorrei
io avere fatto quel gesto che lui non ha fatto, e vorrei io... avere detto
quelle parole che lui non ha detto, come siamo tutti simili e soli.
Cambio scena Gretel e Ettore.
Gretel
– Possibile che ti ho sempre dietro al culo?
Ettore
– Che ti lamenti, trova uno disposto a starci!
Gretel
– Ce l'avevo uno disposto a starci, eccome. Ma io non sono mai stata una che
s'accontenta. Là in Corsica, niente orologio, niente calendario, dall’alba al
tramonto, come qua. Il peso della loro oltraggiosa nazionalità! Nazionalismo
spicciolo. Noi non siamo così nazionalisti… e come si fa... guarda chi abbiamo
al governo, noi quando ci chiedono: “sei italiano"? rispondiamo “forse” o
“dipende"... e comunque non l’ho votato io! Io sono Corso in Corsica, tu
straniero, tu italiano, tu merda, ok? Ok, ma va a prendertela in quel posto tu e Napoleone! Che sfogo la mia
lingua, gli insulti in italiano non hanno niente da invidiare a nessuno,
infatti persino i francesi bestemmiano in italiano, il francese ama me,
Napoleone, Napoleone viene prima, fa l’amore bene per essere francese, ha anche
ideali profondi, poi una notte di colpo mi trovo un tredicenne a mano, come
testa intendo, eh? Voleva rispedirmi a casa per parlare con le sue “amichette”,
capisci? E quando una delle più carine,
una freak dotata di una certa carica
erotica, mi segui? Anche se biondissima e dall’aspetto nordico - glaciale, ma
sapeva sciogliere la pista con un lieve movimento di spalle che scendeva lungo
i fianchi, e quando ho cominciato a ballare con lei, lui all’orecchio mi
bisbiglia: "E’ strana! E’ Lesbien, lesbien…" , e allora? Gli faccio
io, l'ipocrisia maschile che si scandalizza ma si masturba all'idea, mentre si
insinua la gelosia... "ahi, ahi, la biondina carina è più interessata alla
tua donna italiana, francese… occhio per occhio... E lui: “Balla, balla con
lei!”, certo che ci ballo! Che ho bisogno del tuo permesso? Poi confuso nel fumo
del biliardo, rifugiato tra gli odori maschili e rassicuranti, ascelle, ormoni,
pastice, ashis…E io lanciata in un ballo lesbo-freak con una inglese sud –
England, bevuta fino all’orlo di whisky, birra, pastice… E maschilisti dietro
il banco a osservare morbosi, curiosi. Guarda! Due donne che tengono il ritmo,
che si lanciano tenendosi per le braccia, due donne che hanno un loro spazio!
Merda, i guinzagli qui in Corsica li fanno troppo lunghi! Capivo il perché
della guerra poiché ero in mezzo alla stupidità umana, e presto ho smesso
questo ballo, sentendomi stupida e umiliata, solo per avere fatto di testa mia.
La notte stessa, l’ho lasciato lì, in mezzo a quel magma incolore, insapore.
Parlava su uno sgabello con una donna che era il prolungamento dello sgabello,
vestita per la grande vetrina. Gli sono passata davanti, non sono riuscita a
guardare lei, neanche volevo, solo lui. “Ciao, Sartre, ciao Napoleone! Viva Guevara, eh” ? C'è chi
muore per gli ideali e chi muore dietro un pastice e viaggi allucinatori,
"ciao, eroe della rivoluzione, cosa non potevi dire a me quella sera,
cosa? Oh, scusa, ti lascio il tuo spazio, parlare il francese del più e del
meno, che libertà! Meglio che sforzarsi di parlare in italiano” E poi le ovvie
liti, io litigo in italiano, lui in francese. Odio. Italia e Francia che si
odiano, ma si tromba così bene, quando il linguaggio è universale! Da lì sono
uscita con un buco profondo in mezzo al cuore, ma lui non sapeva quante volte
era già accaduto e neanche che non potevo permettermi di soffrire per più di
una notte. Il giorno dopo, si attaccava alla mia sottana, perché era giorno, e
di giorno si tornava alla calma, alla propria donna, perché io ero la
prescelta, un onore, comunque, tra tante. Di giorno si tornava posati, la notte
là tutti alcolisti e drogati, il
pomeriggio tutti filosofi e rivoluzionari, la notte i pettegolezzi:
“lesbica, lesbica, drogato, gay, guarda due donne che ballano insieme, sta con
lei, no l’altra sta con lui…” Il mondo tornava così piccolo, banale, continui messaggi sessuali che mi
stancavano, mancava la fantasia. Giochi prevedibili. Una donna, una lesbica,
ubriaca, era l’unica variante graziosa, si elevava comunque da quella merda, da
quei guardoni! Adesso, oggi, non mi importa più niente. Ogni volta che
cominciavo ad avvicinarmi a un uomo, arrivava, tagliente, la lama che mi apriva
in due la schiena, un discorso scemo, i coglioni che vagavano per il bistrot, tra la gente. Dovevo sempre capire tutto, invece ero stanca e non
sapevo neanche più quanto volevo capire e se ci fosse qualcosa da capire o
spiegare. Stammi vicino tu, gli ho detto. Prova tu a capire, prova tu a vedere
oltre il tuo uccello.
Ettore
– E’ venuto fuori un bel quadro, un bel quadro non c’è che dire... ma com'è
andata con l'inglese?
Gretel
– Ma vaffanculo, non credere non me lo sia chiesta, ma alla fine una donna
lesbica si trasforma in un uomo con tutti i suoi difetti, gelosia, morbosità e
si mette a camminare a gambe larghe, allora dov’è la novità? Come un gay prende
il peggio delle donne, l’isteria e la stupidità femminile, ma io dico, almeno si prendessero i lati migliori del
sesso opposto, varrebbe la pena farsi questa esperienza, ma non c’è differenza,
l'uomo, l'umanità in sé è stupida e non sa amare e forse, appunto, non è una
questione di genere, se non di genere umano, siamo tutti incapaci di amare.
Ettore
– Conoscevo un'amica che non era lesbica ma andava anche con le donne, ma lei
andava dove trovava amore, vedeva oltre il sesso, vedeva l’amore. Ci pensi che bello? Diceva, io prima amo una
persona e poi il suo sesso.
Gretel
- Immagino che a te si possa dire di
tutto. Il punto è solo che fino a quando ci distingueremo per latitudine,
genere, razza, eccetera, non ci distingueremo mai come anima, perché l'anima va
oltre tutto questo. L’anima non ha confini.
Ettore
– E comunque tu hai me.
Gretel
– Questo è proprio un bell’affare, il più grande della mia vita. Lo sai che i
barboni sono solitamente solitari?
Ettore
– Ma lo sai che anche i barboni amano?
Gretel
– Potresti scrivere una telenovela… Te l'ho detto di quella volta che mi sono
messa davanti a un bancomat, prima di essere barbona, molto prima e ho fatto
una scoreggia enorme, non apposta, ma ero sola e così non mi sono trattenuta e
dopo che avevo assaporato la mia totale libertà, perché mi credevo sola, ho
prelevato tranquillamente e mi sono voltata per andarmene con il mio sorriso
soddisfatto, un mio personale omaggio alle banche, e chi ti vedo? Alle mie
spalle c’era uno, capito? Uno che si era messo in fila, ma guarda un secondo
prima non c’era, un secondo dopo... Hai sempre qualcuno dietro di te nella
vita, ci fai caso? Prima o poi, che ti tallona, meglio rallentare e farlo
passare che avere gente alle spalle.
Ettore
– Sì, direi meglio anche per lui.
Gretel
- Oh, scusa tu volevi scrivere la
telenovela sui barboni, ti eri fatto sta idea romantica dell’amore...
Ettore
– Io non mi faccio delle idee, io ho delle idee, e non me le toglierai con le
tue battutacce da scaricatore di porto. Le persone si fanno idee sulle persone
e solo per il fatto che si fanno idee su persone che non conoscono e gli basta
uno sguardo, solo per questo fatto, ti hanno violato. Tu ti sei fatta un’idea
di me, hai osato farti un'idea di me? E' sbagliata. Di sicuro, persino l’idea
che hai di te è sbagliata.
Gretel
– Esatto e persino quella che tu hai di me, vai a fare il cascamorto con
qualcun’altra, addio.
Ettore
– Addio!
Fa per andarsene, poi torna sui
suoi passi.
Ettore – Ti ho raccontato
di quella volta che mi sono trovato di fronte alla più bella donna del mondo,
sai quando dicono l’anima gemella, e mentre questa mi raccontava ogni
particolare della sua infanzia, e tu saprai, scafata come sei, che quando due a
un tavolino, con tanto di candela e buio attorno, cominciano a raccontarsi della
propria infanzia…
Gretel – Sì, che dopo si
tromba.
Ettore – No, che è una
cosa seria! Ma io ero sudaticcio, impacciato, innamorato perso e gesticolavo
come un coglione e ridevo come un coglione, e per farmi passare quest’aria da
coglione bevevo birra, bevevo, bevevo, bevevo, e lei, ah lei! Dovevi vederla, se
tu l’avessi vista, con i capelli morbidi appoggiati sulle spalle, gli occhi
languidi… io bevevo, nel frattempo, sempre. Prima o poi tutte s’alzano, vanno in
bagno, lei no, e io mi sentivo gonfiare dalla birra, ed è successo
l’inevitabile. Mi stava raccontando di quando i suoi si erano separati, cazzo
era d’obbligo la mia serietà, m’è partito un rutto che ha fatto i cento a
ostacoli, non ne vedevo la fine, è partito con un rombo, serio, sotterraneo, ha
varcato il mio sorriso scemo e la bocca s’è spalancata come lo squalo di
Spielberg, l’ultima cosa che ho visto erano i suoi occhi sbarrati, i capelli
strano a dirsi non si sono mossi, questo un po’ mi ha appena deluso, non avevo
neppure una battuta ironica in tasca per salvare la situazione, e file di teste
voltarsi, come un domino, una dopo l’altra, non guardavano me, guardavano tutti
lei. Tutti erano nelle sue mani, tutti più indignati di lei.
Gretel – E lei?
Ettore – Fuggita. Ma
quello che mi fa schifo della vita è che mi sono sentito una merda fino ad ora,
rivedo la scena al rallentatore anche dopo essere stato sposato tre volte,
avere frequentato bordelli, e …poi la vita mi premia e ci sei tu sul mio
cammino…
Gretel – Oh, piano con le
offese!
Ettore – No, dico ci sei
tu sul mio cammino e ti devo strappare l’attenzione, conquistare con la storia
di un rutto! Non è il colmo?
Gretel – Va bene, portami
a mangiare nello stesso posto.
Ettore – E con che soldi,
sai correre?
Gretel – Sul marciapiede
di quel posto.
Ettore – Sai cosa ti dico,
Gretel? Guarda, cosa vedi?
Gretel – La fogna, perché?
Ettore – Te lo ripeto
un’altra volta.
Gretel – Volevi dirmi :
“un giorno tutto questo sarà tuo”?
Ettore – Sì, ma avevo
previsto tu vedessi qualcos’altro, Gretel c’è il mare immenso, un cielo
stratificato di stelle che mi sembra un panino imburrato da quell’obesa di mia
nonna, c’è una distesa di luci lontane, di case abitate, la notte, la vita e
poi, sì c’è anche la fogna.
Gretel – Ti do un
consiglio e prendilo perché non ti darò altro, se continui a parlare con le
frasi dei film, farai solo grandi figure di merda, perché la gente non ha mai
le risposte dei film, chiaro?
Cambio scena, Mangiafuoco e Mosè
Mangiafuoco – Mosè, che
pensi?
Mosè – Che non posso più
tornare alla vita di prima, che l’ultima memoria che ho nella testa riguarda la
tua faccia, quella di Ettore e di Gretel.
Mangiafuoco – Ma la
memoria ti tornerà presto, forse non vuoi ricordare.
Mosè – Forse la mente sa
quello che deve per farmi sopravvivere al meglio. Ma che gli diresti ora a tuo
figlio?
Mangiafuoco – Se non me
l’hanno ammazzato? Non so. Me lo guarderei e poi potrei abbracciarlo.
Mosè – Anch’io, anch'io al
mio uomo. Ma non senti la magia, la terribile magia che ci fa vivere, comunque?
Come te la spieghi?
Mangiafuoco – La vita
continua, così dicono.
Mosè – Chi cazzo lo dice?
perché dovrebbe continuare, non è così semplice. La verità è che i sentimenti
sono trappole e noi lo sappiamo, ma ci infiliamo dentro. La vita ti disfa di
queste trappole, la gente che si ama muore, tu muori e, lasci altra gente che ti
ama o che avrebbe potuto amarti, e tu, tu devi cominciare questo processo
inverso che va dal soffrire come un cane, dal sentirti il nulla dentro, come la
perdita di quella persona ti avesse scavato tutti gli organi interni, al
ripensare a te, chi eri prima, ancora prima, chi saresti potuto essere se non
fossi stato padre o amante di questo e di quello, spiegarti calmo che non sei
una metà e tornare “uno”, con tutto l'egoismo che ti servirà per questo, e il
tuo corpo ti aiuterà, perché è una macchina oliata e perfetta e nonostante per
te sia morto tuo figlio, il tuo amore o tua madre, sentirai ancora fame e
ancora sete, giorno, dopo giorno, ti sfamerai, troverai altri figli, altre
madri, altri padri, ti fa orrore, no? No, se lo capisci. Tanto tocca a tutti.
Comincio a sentirmi come un lupo addomesticato che si è ricordato di fare parte
di un branco, con regole precise. Una su tutte. Sopravvivere, Mangiafuoco, tuo
figlio farà lo stesso, come me. Noi siamo qui a spartirci cibo e idee. Avevo
pensato che se sopravvivevo al mio dolore, ero una persona schifosa e volevo
morirci, poi mi hanno ripescato un gruppo di barboni, mi hanno smentito. Il
mondo ti fa conoscere mille facce diverse, mille versioni infinite di percorsi
scelti da altri, differenti dal tuo, percorsi unici e ti dà un tempo per
capire. Lo devi capire. Sto cambiando, potrei dire questo se mi ricordassi chi
sono, so solo che potrei prendermi l’amore ovunque, in qualsiasi momento, da un
gatto, tirando pane a un gabbiano, evitando di pestare una formica o osservando
tutto quello che la gente neppure vede. Questo, solo questo, da nulla che ero,
mi fa sentire un grande potere. Mi basto. Sì, ho il cuore mangiucchiato da
avvoltoi neri e malinconici, a volte bastano due note per farmi sentire uno
schifo, ma bastano due occhi qualunque per destarmi curiosità, l’umana
curiosità, che la globalizzazione uccide, che uccide questo individualismo.
Abbiamo la possibilità di vedere dietro una maschera, io adesso voglio farlo.
Mangiafuoco – Ma è giusto?
Mosè – E’ giusto per noi
stessi, non vedi gli animali? Osservi quando un nido va distrutto? Ci sono
grida, c’è smarrimento, inseguimenti aerei, ma il giorno dopo, ricostruiscono
il nido, cercano il cibo. Sono cattivi per questo? Sono ingiusti? Possiamo
stabilire noi il loro dolore? Con la nostra scienza e i nostri documentari? Il
cuore si riduce talmente tante volte in poltiglia, tu hai una sola possibilità
per stupirti, continuare a sorridere, magari non subito, non diventare cinico,
né pessimista, non sentirti sfigato o perseguitato, pensare solo giorno per
giorno, l’ho imparato qui, sulla strada, nella paura.
Mangiafuoco – Il buco che
ho dentro è più largo e profondo di ciò che gli sta attorno, capisci?
Mosè – Se io perdessi voi,
ne soffrirei, soffrirei se sapessi della morte di uno con cui ho parlato dieci
minuti prima, ma se io muoio a ogni morte, io chi sono? Sono sempre e solo
quello che è appena morto.
Mangiafuoco - Possiamo allontanarci da tutto e tutti e
questo saperlo fare ci dà quell’adrenalina, quell'euforia da drogati o da
asceti, possiamo fare gli eremiti, non saremo i primi e né i soli, ma l’uomo è
un animale domestico e tutto questo prima o poi si scopre pura illusione, puoi
fare il duro, Mosè, lo puoi fare, ma di quante cose ti devi privare? Ne vale la
pena, e sei davvero più forte? E i tuoi veri bisogni, quali sono e le tue
mancanze? Non vedi come è lunga questa notte? Potrebbe essere tutta la vita, è
densa di ogni significato, di ogni domanda e risposta, sono nato, vissuto e
morto in questa notte.
Mosè – Guarda questi
piedi.
Mangiafuoco – Sono quelli
di un poliziotto.
Mangiafuoco – Com'è lunga
questa notte, senti ma perché ultimamente ci stai sempre intorno, non cercherai
mica uno di noi?
Mosè – Come, come, per
proteggerci? Ma se un tuo collega mi ha preso a calci, mi proteggo meglio da
me… quali fatti? Perché dici per certi fatti?
Mangiafuoco – Se n'è
andato! Mah… E' meglio che chiudiamo un occhio, ma giusto uno, che qui non si sa
mai.
Mosè – Dormi tu, io dormo
dopo.
Cambio scena Ettore e Gretel
Ettore – Era qui, ne sono
certo.
Gretel – Adesso qui c'è
una chiesa.
Ettore – Il marciapiede è
quello.
Gretel – Non è un
marciapiede, Ettore, ci sono sedie rosse, non vedi?
Ettore – Certo, ti passo
il menù
Gretel – tralascerei la
mia infanzia.
Ettore – Ah! Io prendo
Champagne
Gretel – Sai, hai un bel
sorriso, basta sostituire con la fantasia i denti mancanti, sei un bell’uomo.
Ettore – Gretel, tu vai oltre la fantasia ma ti amo per
questo
Gretel – Una sola cosa,
perché hai messo tra di noi quel piscialetto?
Ettore – Gretel, sono un
mazzo di rose, rose rosse, guarda ci servono lo champagne.
Gretel – Se quella ti
guarda ancora le gonfio la faccia!
Ettore – Lascia che
guardi, mi vuoi sposare? L’anello, per te.
Gretel - E' oro bianco,
molto raffinato.
Ettore – No è oro
trasparente, non se ne trovano e non pesa, lo vede solo chi lo vuole vedere, e
vale più di tutto l'oro del mondo, vale quanto la capacità di immaginare. E
così nessuno te lo ruba.
Gretel – E’ bellissimo, è
tutto così perfetto, oh basta! Sono piena ho lo stomaco che mi scoppia.
Ettore (Urlando verso un
passante) – Ma chi ti credi? Non li voglio questi soldi! Hanno saccheggiato la
nostra fantasia, Gretel, hanno buttato
queste sporche monete, e ora posso sentire brontolare il tuo stomaco. Che
stupido!
Un urlo lacerante. I due rimangono bloccati. Cambio scena.
Mosè, accanto un corpo coperto
Mosè – (Urlando disperato,
piangendo, vomitando tutta la rabbia in corpo) - E' pieno di gente, pieno di
gente che guarda! Portate rispetto, nessuno si ferma a guardare un barbone
all'angolo della strada, ma ora tutti volete vederlo sotto il lenzuolo, portate
rispetto! Lasciateci soli. Non mi toccate, non mi toccate e non lo toccate!
(Rivolto al corpo) Non li ho visti Mangiafuoco, non li ho visti… Quando eri
avvolto nella fiamme, ho provato a spegnerti, ho provato, mentre tu chiamavi il
nome di tuo figlio… (urla più forte) Era il mio nome. Era il mio nome, perché
me l’hai ricordato, perché me l'hai dato, un nome? Sono Mosè, sono Mosè,
capito? Perché mi hai chiamato per nome, perché? Era mio padre, bastardi,
assassini, era mio padre! Dove sei poliziotto, dove sei? Non dovevi
proteggerci? Dovevo abbracciarti nel fuoco e morire con te, dovevo farlo.
C’erano delle risate, delle risate la notte, forse quando ci buttavano la
benzina, c'erano delle risate, ma tante volte sento ridere, non l’ho creduta
una minaccia, mi ha colto un sonno pesante, quando ho aperto gli occhi ancora
non gridavi, ma eri avvolto nelle fiamme, e io sentivo il corpo bloccato,
bloccato! Il mio corpo si è svegliato tardi, mentre io ero già in piedi di
fronte a te, a gridarmi, salvalo! Poi il mio corpo, come al rallentatore a
correre dietro al tuo tragico spaventapasseri giallo. E tutto questo mare che
stava a guardare, mentre tu per una volta, morivi di caldo. Che cazzo avete da
guardare? Tornate alla vostra indifferenza, oggi quello che vi ha deviato il
percorso era solo una vita, tornate a fare le formiche operaie, tornate alla
sicurezza delle vostre bugie. Ah! I vostri occhi, i vostri occhi abili a
distogliere lo sguardo, ora avidi per scovare la morte sotto il lenzuolo,
morbosi, nel tentativo di intravedere una mano, una forma. Dove erano i vostri
occhi omertosi quando l’hanno ammazzato, dov'erano i vostri inutili occhi, dove
erano le vostre lingue che sussurravano all'orecchio con sgomento, dove erano,
quando tutti bisognava gridare aiuto. Nessuno, come adesso, nessuno. Mi calmo
da solo, e non potete portarlo via! Perché sono suo figlio e devo tagliargli la
barba, adesso, devo sistemargli la barba, capito? (piangendo) Dov’è la tua
barba.
Due mani si appoggiano sul corpo piegato di Mosè.
Ettore – Mosè tu hai fatto
quello che hai potuto.
Gretel – Figlio, lui ti ha
ritrovato, lui ti ha ritrovato, ha potuto amarti e conoscerti, una notte può
valere più di una vita, una notte come questa. Lui ha avverato il suo
desiderio. Mosè, guardami, la tua vita continua.
Mosè – Allora come mai,
ogni volta che mi dicono "la vita continua” io mi sento morire.
Tre barboni accanto a un corpo coperto, nessuno attorno.
Buio.
Fine
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