domenica 16 gennaio 2011

Maquis

Giugno 2010

E quando ho sbattuto la porta avevo unghie sporche di idee vere, diritti caduti a lato come cacche d’uccello, ali decise a non scambiare opinioni.
E quando ho sbattuto la porta sanpietrini i pensieri e sangue a segnare le tue proporzioni.
E quando il fango alle spalle e il vento davanti, nessuna intenzione di vederla come Gandhi, e quando la guerra ti ho dichiarato e l’odore dei tigli mi ha assecondato, c’erano anfibi, scarpe pesanti, petti squarciati venivano avanti, puntavano dritti tutti al tuo cuore, un unico corpo “la costituzione”, e sangue su sangue, e scarpe su scarpe e unghie su unghie e fianchi e poi pance e seni d’orgoglio e occhi fucili e spalle a milioni e poi solo ragioni.
E poi era Aprile, che dolce dormire, era morte nel sole, primavera di rabbia, sangue alle labbra, ricordi dei diritti bendati, ricordi del plotone d’esecuzione, ricordi gli spari e a cadere a milioni? Ricordi chiudere gli occhi come battiti d’ali interrotti, ricordi i singhiozzi e dopo i rintocchi, le mani chiuse sulla faccia di quelli rimasti, col senso di colpa dell’essere vivi, ricordi che si è partiti da un basta e si è arrivati alla fine? E sputare coraggio da un corpo torturato e non potere dire nomi che avrebbero fermato e supplicare la fine di questa atroce vita che mia madre ha partorito e io non ho concepita, che non ho ritrovato nei racconti della notte, che tutti i miei ideali sono finiti in quelle fosse. E’ stato nel 1945 ma poteva essere ieri, potrà essere domani, sempre queste sono le mani, sempre queste le imposizioni, sempre al governo gli stessi coglioni, sempre fascisti a lordare il mondo, e preti a coprire il fondo, sempre rossa sarà la risposta, con lo stesso schema delle nostre ossa, lo stesso progetto di volti emaciati, lo stesso complesso gioco al potere, sparare, cannoni, e sono i nostri corpi, per arricchire uomini da sempre già morti. E fare in modo che negli ideali, i morti no, non siano tutti uguali.

Nessun commento:

Posta un commento