mercoledì 23 novembre 2011

Orchidee Bianche



Mio zio mi ha regalato orchidee bianche. Orchidee bianche come il sesso delle donne. Mi guardano e in poco tempo hanno abbracciato tutta la stanza; ho mostrato i miei dipinti gettandoli sul letto e vi ho riempito gli occhi di colori e di bocche e di altri occhi su occhi e corpi e capelli. Donne. Dipingo donne. Tutte donne. E mentre le faccio cadere l’una sull’altra sotto i vostri occhi, sotto la vostra pelle, ne dipingo ancora, ancora. Le vedo, le sento. Vengono da lontano. Non mi interessano i corpi maschili, anche se vorrei sentire la pesantezza delle loro gambe quando le poggiano sull’erba, quando vicino alle donne, gli uomini, sembrano avere la gravità della terra. Le donne sono nuvole, sono sospese come i sogni e le idee, sono l’amore, la parola stessa, sono confini sottili. Non le disegno a matita, rispondo. Per forza le ho dentro, la matita presuppone un pensiero, io voglio che le tele siano il pensiero e non solo il mio. Voglio che abbiano un loro pensiero. Che mi smentiscano e smentiscano voi. Vi do erotismo che è sogno e incubo, e vi colpisco con colori forti che non lasciano agli occhi respiro. E non ci sono abbastanza iridi, abbastanza seni, abbastanza bronci per fare uscire anche una minima parte di me, di te, di tutti voi. Ho donne di panna, fianchi di seta si appoggiano a idee che sfilano sottovesti con gesti obliqui, tangenti, distanti. Ho seni che galleggiano nel colore, nelle bocche immaginate, sul sesso di chi guarda, faccio l’amore con le mie intenzioni, creo il desiderio e lo lascio lì davanti ai vostri occhi, senza nome. Dipingo le donne perché sono quadri, sono parole, sono guerre taciute, sono rivoluzione, sono oltraggio, dipingo donne perché ho una parte maschile che mi permette di sapere dove il pennello deve sostare per farvi rabbrividire e dove l’occhio deve guardare per invitarvi a non concludere, a bloccare opinioni e parole e in un sospiro entrare dentro.
Non per guardarle, per respirarle. Ho tele a gambe aperte per soddisfare acquirenti.
Ho tele indecenti, coscienti e per questo innocenti. Non sono, davvero, una pecorella smarrita, vi prego. A pecora di sovente mi trovo, ma non ho aria smarrita al momento. Sono finta magra, finta innocente, finta colpevole. Metto in atto strategie sottili, molto raffinate, di una destrezza, agilità, machiavellica.. di una perversione unica, di una razionalità così oliata e precisa che a volte.. a volte mi dimentico della strategia, se era strategia, pensavo di non dovere fottere nessuno. Finisco per fottermi da me. Al momento saltello. Ho un corpo del quale prendo atto, forse non me lo sarei scelto, ma trovo che chi l’ha fatto per me ha un certo gusto. Per ora saltello e mi trastullo come un fumetto irriverente e se non fossi donna giocherellerei col mio pisello, saltello e non ho ancora un lavoro, saltello e sono precaria, saltello da una tela all’altra, ogni tanto affondo in una buca di merda, mi scrollo, ricomincio, che persino la puzza mi sembra essenza. Ho il cuore inciso con chiodi e martello, non s’era trovato di meglio, e ogni colpo ho sentito per la L, la I, la B, la E, la R, la T e la A’.
Mi cola sangue in reticolo uguale a seguire la pelle, evitando sottili peli dorati e pori allargati come bocche annaffiate, colgono ogni lettera caduta su gole assetate di vampiri, che la notte assaporano il senso delle cadute lettere, fresco sangue simile a sorgente che invade il sesso e mi tinge i piedi. Di libertà sono fatta e come lo dimentico, se le parole sanguinanti si allacciano ai miei passi come pozzanghere rumorose che mi rinfrescano le piante dei piedi e imbrattano le strade di orme rosse.

giovedì 17 novembre 2011

Dichiaro di comprendere e voler continuare...

Dichiaro di comprendere e voler continuare... si, in effetti è così.  E che il contenuto di ciò che scrivo si rivolge generalmente a un pubblico adulto, almeno all'anagrafe, così non mi ritengo responsabile di eventuali delusioni, masturbazioni, scatti d'ira ed elucubrazioni di qualche ex.."ma dice di me?" Dico di tutto... quando sto in lutto, e solo di me, mantengo l'anonimato... che poi qualcuno si riconosca o si voglia riconoscere, in fondo quando parlano bene o male di te, parlano sempre di te e narcisisticamente fa sempre un bell'effetto... E allora succhiatevi questo. Ci sono uomini, wao!!! Che riescono a darmi la nausea senza neppure mettermi incinta. Ci sono uomini che adorano il mio cervello, però il mio culo viene prima! Ci sono uomini che amano la mia pittura quasi quanto la mia vagina, ci sono uomini che sapendo da che parte tendo si dichiarono sempre a sinistra, anche con i figli alle scuole private, ci sono uomini che hanno giocato le carte buone e ora gli sono rimaste mille scuse e blaterano di giornate andate male, il giorno prima ti amavano da morire e quella voglia di venire... a trovarti al più presto. Ah dannazione questa disoccupazione... Quanta gente attorno che  dice, mentre mi alza la testa, come per uno schiaffo violento, nel pugno i miei capelli, mi solleva il volto dal desco dicendo : "Mi dispiace so come ci si sente". E non sa un cazzo di niente, piange lacrime amare perchè ha le bollette da pagare e tu ti sei persa la casa lo scorso anno, merda!! "Lo so come ci si sente, prendo tremila euro al mese, ho qualche casa, ma è dura, non arrivo a fine mese, saranno più le uscite che le entrate?" "Sarà che vorrei farmi quattro risate, ma le budella mi si attorcigliano dentro. E il denaro poi entra nei sentimenti come un veleno iniettato e chi ama mi sussurra all'orecchio: "Lo senti, ti piace?" e' un fatto di entrate... persino l'amore, sorrido, ma si, che vuoi che ti dica, che cerchi la stima che avevo di te, come un adesivo accartocciato sotto la suola che a mala pena riesco a staccare a ridistendere  e poi a spalmare. Non sarà più come prima. C'eravamo noi. Meno male va, che ho sempre un amante di riserva, come una ruota di scorta. Mi sono messa in gioco anche onestamente... Presa da te, ma quando ti trovi al tavolo con giocatori di poker beh... non è che non puoi conoscere il bluff. E così forse mi hai pensata ingenua e così forse anche un po' scema, e così forse ti piacerebbe che ora mi strappassi i capelli, mi bevessi coralli, dimagrissi troppo, e andassi in giro sbandando dappertutto, senza te. Ma sai che c'è, che ho masticato dolore per troppe ore prima di conoscere il tuo nome che è soltanto un nome, l'ho masticato tanto che l'ho predigerito e infine deglutito come le tue bugie. Sono stata a guardarti tutto questo tempo, mi sono fatta sedurre e mi è piaciuto molto,  ma so riconoscere uno squalo travestito da agnello, ti usciva la pinna dal bianco pelo, c'era Spielberg dietro ogni tuo passo. E tu ti farai una canna e a nanna, fine di una storia, qualche gioco virtuale, fine di un amore, fine di un sapore, una manciata di ricordi... ma c'è un mare infinito è pieno di pastura, di sangue e frattaglie fresche e così piccoli momenti non varranno quel nuovo sapore. MMmmm odore di fica e te vai alla deriva, con niente. Non me ne fotte un cazzo, si è suicidata la poesia, il piacere si è svegliato,  mi manca la complicità, voglio baciare in bocca qualcuno che sappia di lealtà, voglio giocare con una lingua nuova che non si metta in posa con mille difficoltà, voglio che la sua bocca non si affretti a  mentire, voglio dirgli che non c'è niente da dire, che può essere più onesta una scopata,  Voglio scegliermi le calze, quelle con cui ti stritolerei le palle, per sedurre. E voglio vederti per quello che sei e vorrei ti vedessi con gli occhi miei, ridammi la mia poesia non è della tua misura, e poi sono parole in serie, non le ho dette quando le pensavo e non le pensavo quando le ho dette e ridammi anche le mie tette ti sono rimaste incollate alle mani. I polpastrelli hanno ancora il ricordo dei miei capezzoli, fa male? Passerà, se vuoi ci soffio sopra e adesso vaffanculo! E non dirmi che mi ami, che non sai cosa voglia dire, lo butti lì come ti scappasse da pisciare, senza c'entrare il buco. Che bella la rabbia, con la rabbia ci dipingo, ci scrivo, faccio l'amore meglio, con la rabbia sento il battito del cuore veloce, con la rabbia mangio l'asfalto di notte in scarpe da tennis e mi lecco le labbra e assaporo il sudore, con la rabbia che scende e mi bagna, con la rabbia che avanza e mi fa persino sorridere e mi libera di tutto e di te per sempre come un amante che mi toglie i vestiti veloce, come un amante che non mi lascia la voce, come un amante che mi penetra forte e mi porta distante dalle nostre vite irrisolte, come un amante che non mi chiede niente, come un uomo, un uomo che sente, che ascolta il rumore, la vita che ho dentro, che mi da tutto in un solo momento, che non devo aspettare il giorno seguente perchè non mi lascia col bisogno del sempre, ma come un albero che ha le radici so dove trovarlo e so come goderne. E annuso l'assenza di noi, l'assenza di scuse e bugie, l'assenza che è come l'essenza di evaporate ipocrisie. E poi la corteccia era fredda e mi avvolgeva la nebbia, e la resina si attaccava alle guance e i piedi affondavano nella terra, che bello non essere di nessuno, persino ingollarsi bugie, e poi gettare il succo pregiato e bersi tutte d'un fiato, che bella la fine di una storia se è per sentirti risorta, che bello quel senso divino di scoparsi il tuo assassino, che bello se poi alla fine, non ti scopri una vittima  del dolore, ma una che col pennello e le parole si vive tutto l'amore. Sai perchè non ti odierò mai? Perchè tu sei quello che sei, perchè un orgasmo vale un orgasmo, perchè amo sempre in ritardo e odio con un poco di anticipo, perchè sono un poco sfasata, perchè sono estremamente curiosa, perchè preferisco essere mia, più di ogni tua fantasia, perchè che tu mi dia odio, amore, sesso, distanza, volgarità, poesia, bugie, tutto questo non conta, io mi cibo di tutto, mi serve tutto e me ne vado sempre con la pancia piena, sempre quasi serena, appagata.  Quello che non mi serve a riva se ne può rotolare, ma il resto, il resto lo trattengo, lo alzo, lo abbasso, me lo cullo dentro, mi serve tutto, il lutto, il pianto, il piacere, l'orgasmo, la preghiera, la bestemmia. Perchè il vero amore che non  posso tradire sta dentro le tele, sta nelle parole, ha bisogno di vita vera e in questo, in questo soltanto, io sarò sempre sincera. E se mi disprezzi, la cosa è persino più eccitante, non si può piacere a tanti, sarò piegata, sulla tua fronte corrucciata, potrò leccare il disegno delle tue sopracciglia, la tua meraviglia. L'ennesima storia finita, ma soprattutto la vita. E perchè la verità è vietata ai minori e la bugia è per tutti, perchè il senso del peccato è la cosa più pulita, squisitamente sincera, come una tisana la sera e non dovrebbe fare alcuna paura, perchè in ultimo tango a Parigi si taglia la scena del burro, perchè ci mettiamo le mani alla bocca e ci scandalizziamo di tutto, senza invece abbattere questa ipocrisia, lasciare la fantasia, smettere di nascondere le mani e sorridere come scemi, perchè non ammettiamo che siamo marci quanto belli, che la morte è la vita, che una storia finita è solo conoscersi meglio. Guarda che occhi grandi che hai... è per ingannarti meglio, guarda che naso grande che hai... è per annusarti tutta, guarda che bocca grande che hai... è per amarti meglio, a volte occorre stare dalla parte del Lupo per capire le storie, tutte.

sabato 12 novembre 2011

Meglio così...

Che i tuoi occhi stavano lì per caso come confetti in un vaso, lontano il tempo altrove dove sanguinavano le orecchie a udire il tuo nome… e il piacere, deriso, un attimo dopo ti era in mezzo ai denti come verdura masticata di fretta o parole che non senti, eppure c’era il sole sulla pelle abbronzata, il collo gettato indietro in una risata, un sorriso che si sdraiava sornione sulle guance, sapermi vicina quanto distante. Mi pesa la testa ora, gettata  in un teatro prestato, mi trovo con i miei ideali alla porta, anche stavolta. Ho tante idee in un cesto e sono mature, le sento marcire, non ho altro da dire, permesso. Suore guardano in silenzio, scuotono la testa all’unisono, e io mi sono ubriacata insieme al mondo a parte che è quello dell’arte e la burocrazia mi addita l’uscita posteriore, c’è bisogno di praticità, di gente concreta, di persone votate al dovere, di velocità, masticavo riflessi lenti, mi sembrava impossibile tendere l’angolo di un sorriso, un passo all’esterno. Fatto. Non ne faccio più parte… non ci sono mai stata dall’altra parte della scrivania, e i miei sogni erano sempre al muro, per un conto alla rovescia, un’esecuzione veloce, sommario processo dei senza più voce, e i miei sogni avevano i polsi legati, labbra serrate e occhi beffardi che davano i nervi. Le mie domande erano lente, e le risposte in un tremore di voci confuse e sommesse di donne benedette nell’ora di andare. Ero immobile come ora, con la speranza che tutto potesse ruotarmi attorno che tanto non mi poteva passare attraverso, perverso pensiero di poterci camminare a fianco, il mondo s’è preso a braccetto il mio sguardo soltanto, mi porta veloce a vedere vetrine, mi deprime come la religione, come le ricorrenze, come udire troppe volte il mio nome. E la pioggia scendeva indecente come lingua ingorda e col mio cuore assente, e scendeva e colava dalla punta dei capelli, sui capezzoli gemelli, sulle labbra. La cercavo con la lingua. Dove mi sono spinta? C’è un limite del mondo, al di la’ del fatto che sia tondo o piatto, c’è un limite di fatto e di tatto… ho osato troppo, interrompo ogni progetto adesso, aspetto, che passi tutto, un giorno a lutto, mi afferro la carne, non sento più niente, la morte indecente di vite rapite, di perdute ricette, di gioie perfette, di angoli di nulla, di sigarette poggiate sulle tue labbra, quando soffi il fumo dalla bocca, mi cullo nel disincanto astratto di quell’automatismo che in un attimo distratto di te mi ha concesso la verità su tutto, una manciata di secondi in cui non eri del mondo, e non c’erano bugie, e neppure seduzione, solo il fumo che usciva dalla tua bocca, la tua mano sulla mia coscia, ma solo distrattamente, un sorriso leggero di passaggio, come il mio viso fosse solo un paesaggio dal finestrino e ti sentivo vicino, poi la mano sul volante ed eri perso nella tua vita, nel tuo respiro, nella tua prospettiva, io ti sospiravo a fianco e sorridevo leggera, avrei voluto appoggiarmi sulle tue gambe dormire con te ogni possibile sera, tu che ami in modo perfetto quando sei distratto da te stesso, tu che ami in modo così sensuale, tu che distruggi tutto con poche parole e non senti quello che dentro mi accade, tu che mi chiedi che ho fatto durante la giornata, e ogni mattina, ogni notte di questa vita, eppure fino a poco fa io non c’ero, l’abitudine si apposta come una domestica dietro la porta, è pronta a spazzarti vicino ai piedi, a inchinarsi per quello che chiedi, ha ogni faccia di circostanza, forse io non ho pazienza, e tante sono le cose che non ho, ad esempio ora la fantasia mi scende dalle natiche ai piedi come slip che non vedi che hanno perso l’elastico, meglio muoversi senza, meglio non fare rumore, meglio fare passare al buio le ore, uscire con la faccia giusta e che nessuno capisca che sei diversa, che la sorte ti è avversa, che non sei del gruppo, che non ti adegui a tutto, meglio scivolare nei vicoli del mercato, con passo veloce e lo sguardo basso, meglio sentire sulla pelle e dentro le ossa la paura di essere trovata, la paura di essere spiata, la paura di essere come gli altri, la paura che sia troppo tardi. Batti cuore veloce, batti cuore veloce, non ti accomodare sulla voce di chi ti vuole modellare, e si arrotano i coltelli e c’è odore di pesce a volte di caldarroste, il mondo continua con la sua orchestra di odori e rumori anche se vivi anche se muori, e piccoli piedi bagnati a correre per le vie, e occhi fuggiaschi da sotto il cappuccio, so sentire la festa in un giorno di lutto, so sentire la morte a una cena di Natale, dove il nulla ti assale. Meglio essere nudi e togliersi d’impaccio, bello correre e rovesciare tutto, bello essere soltanto di se stessi, dare del tu ai propri difetti, istruirli per ore nelle giornate a festa, avere la rugiada negli occhi, lavarsi la faccia con la brina, jeans bucati sopra i ginocchi, guance rosse di giochi e di spazi, occhi larghi e di colori cangianti, disposti a imbrogliare amanti e passanti, disposti a rendere la bugia la cosa più esaltante e sensuale che ci sia, la cosa più giusta e persino più vera, perché lanciata a caso e senza pensare, perché buttata non per farti male, ma per farti sorridere ancora e berti tutto quello che ho in gola e vorrei dirti se non fossi distante, è una bugia come tante, caduta dal mio sorriso, scivolata sulla mia spalla, precipitata dalla mia schiena, sospesa sulla mia natica, rotolata nell’interno coscia, quasi asciugata sul mio tallone, raccolta dal tuo sguardo distratto bevuta dai tuoi occhi d’un fiato, è che ho buttato la faccia sotto la luna, per questo sono più pallida di prima…ho tagliato le labbra con il succo di mirtillo, ho buttato un sogno dentro il cappello, come elemosina e gesto di grazia, ho portato la mia faccia nuova col vento, verso una casa che non sento e mi sono persa l’indirizzo che avevo in tasca, ho contato le intenzioni dei sorrisi che mi sono passati a fianco e non bastano a comprarmi un panino, ho usato le dita e steso il colore come si appoggia il capo su un lastricato freddo e buio e ci si sente al sicuro, ho le tempie rinfrescate e il centro della terra è distante, ho i seni schiacciati al suolo come il pube, le cosce e le punte dei piedi fanno leva, resto a galla sulla zattera e sento tutto il silenzio che sono, mi percorre da dentro come la spinta dell’acqua alla cascata, come i nostri giochi, la tua risata, non posso fare a meno di questo scontento, respiro e mi sento. Dentro.

giovedì 10 novembre 2011

Prendre plaisir


Storie quasi d’amore, e torna l’odore, il sapore del sesso, il cuore in difetto, il pensiero distratto, Madonna che ho fatto, il tuo coraggio distante, la mia rabbia elegante, le tue parole che scivolano sul mio collo, il nodo alla cravatta, l’aria è rarefatta, il paese di merda ma chi lo dice l’ha fatta… E poi quelle balle come farfalle, ho inghiottito ali gialle, la polvere da sparo, il concetto strano, la rivoluzione chiusa nella mano, e stappare conchiglie e bersi l’oceano, sento l’inverno abbracciata al tuo corpo. Il mio coraggio e mi sento in vantaggio, la tua paura e la tua verità paracaduti lenti venivano a galla dal cielo diviso della nostra realtà, mi sono caduti sulle labbra, come soffioni del vento, portati dalla fortuna di questo momento, li lecco e ti sento eppure non basta. Siamo soli anche insieme. E siamo insieme anche soli. Sei nell’aria, nella gola, nel pensiero che non è parola, nell’assenza dell’idea, nella luna bianca, nella marea, nello squalo e nella colomba, nel tempo che manca, nel tempo che abbonda, sei un passaggio, un volo, un battito solo, un sospiro, un colpo di tosse, sei nelle cose interrotte. Sei nella mano che poggia sulla mia schiena, sei nel percorso lento che non si tocca quello che porta alla tua bocca, e non sei propriamente l’amore ma il tempo che manca in quelle ore.
le nostre parole ci saltano sopra come fossimo uno di quei materassi a molle così le vediamo rimbalzare in alto e il loro senso ha un peso specifico a parte, è quello dell’arte che ci somministriamo, a volte per mano, uno negli occhi dell’altro, ti stimo nient’altro. E poi se ti amo è di un amore perverso e poi se ti amo oggi è diverso, e poi anche se ti amo non lo dico, diresti che il mondo è piatto e che è quasi finito. Tu hai mille armature io neppure uno strato comune di pelle, tu hai la razionalità io sono ribelle, tu hai le tue paure io il coraggio della pazzia, tu sei di  te stesso io non sono neanche mia, tu sei l’ora di andare io la malinconia, io sono quella che ha fame tu il pane che mi portano via, io sono l’affondo tu la strategia, però tu sei la mia risata e io la tua, tu sei la mia bugia e io la tua, tu sei la mia verità e io la tua, siamo come monelli a suonare campanelli, come rompicoglioni, come maleducati, come immorali, come opinioni non richieste, siamo a girare in cerchi concentrici nelle sale d’attesa, ad attendere l’appello con il fiato sul collo, a gioire del sole, a dirci che bello, siamo due cretini, siamo due bambini, siamo pieni di paura travestiti di premura, siamo due traditori, siamo solo spie, ingurgitiamo vite d’altri, abbiamo occhi saturi di colore, la bocca piena di sapore, i peccati mai espiati, però goduti e maturati, nessuna religione, stiamo al tavolo ad aspettare, stiamo sulla soglia della porta, stiamo nell’anticamera della mente e non ci capiamo niente, ci sfugge chi comanda, facciamo la guerra come una danza, al posto del cuore abbiamo un taccuino, mentre prendo gli appunti ti sono vicino, qualcosa circa il senso di noi, sempre se lo sai, sempre se puoi, la nostra vita gettata piena come una risata, tutto l’amore dell’universo ti tengo la mano quando attraverso, tutto l’amore che fugge al comando, non ora, è presto, sono già stanco, tutto l’amore che altro non è, tutto l’amore prima di te, tutto l’amore che senso non ha, tutto l’amore che fine farà, tutto l’amore lascia che sia, tutto l’amore fuggito via, tutto l’amore giocato in un’ora, tutto l’amore, l’amore che ho ancora. Sono distante e presente assente, sono la gioia, il gioco, la noia, sono seni conditi a pretesto, sono tutti i minuti che aspetto, sono l’ombra dietro le persiane, sono a gridarti che non c’è paura, non c’è il lupo nero, la dolce creatura, sono a sputare ogni sospiro trattenuto perché dell’aria voglio fare indigestione, sono qui e non ascolto ragione, sono senza la punteggiatura, un po’  mi vergogno, un poco mi piace, un poco ti voglio e un poco ho paura, sono qui come figlia mia, se fosse censura dov’è la poesia? Sono qui a rischiare ogni giorno, sono qui ho fretta di dire, sono qui a cercare di capire, sono qui e sotto a chi tocca, ho detto la mia ora sono la tua bocca, avevo tra le labbra denti spezzati, la lingua passava su ricordi di baci, avevo in gola il volo della farfalla e lacrime al viso, tremavo sul porto, cenere e corone di fiori si porta via il mare, ho un  debito di sale, di gonfie onde rotonde, del sesso e del fondo marino, di capelli allagati di sole, di parole scivolate sulla pelle, di alghe allacciate al mio sesso, di quello che sento adesso, dell’atto di godere, sospesa sopra il tuo petto poggia la mia schiena, il tuo corpo è un arco perfetto, sul tavolo del piacere apparecchiato con parole di stagione, con pensieri che come il vino scendono in gola e di questa morte ci si consola e dopo… il corpo è morbido come una medusa sospesa nella corrente, molle non sente, si fa portare, parole mi sbattono come onde all’orecchio, come schiaffo allo scafo, la tua lingua al palato, è lo stesso rumore che chiude le palpebre, e ciuffi di peli dorati e allacciati alle tue dita, mi sono tradita, avevo le labbra socchiuse e denti bianchi come cancelli appena appoggiati, le tue dita sulle labbra, i tuoi passi sul mio ventre, mentre attraversi il mio corpo e ti imbratti fino alle ginocchia di sale, e correnti ti portano pesci rossi all’altezza degli occhi, trabocca tutto quello che non dici, ti prendo per mano e ti illustro la sala, qui spesso ci gioco, qui mi tengo a galla, qui ho fatto il cambio all’armadio i sogni d’inverno con quelli d’estate, qui ho appuntato le mie risate, appese le fotografie di tutte le mie bugie, ti tengo la mano, il tuo passo sicuro, i tuoi occhi finiscono sulla mia schiena, li sento scendere, mi volto di sorpresa, cado sulla tua bocca, i miei seni tra le tue dita, cosa vuoi che ti dica, la bugia dell’amore, la franchezza del sesso per passare le ore, in un silenzio che è un bolo di saliva, dove parole pensate a stento, sono il ritardo sempre su quello che sento.