domenica 12 marzo 2023

Fantasmi Liberi

Foto Eloisa Guidarelli


 

Sono un fantasma libero, mi muovo nella trasparenza della mia non identità,  passi controcorrente in un tempo  fluido come acqua. Mentre cammino, scandaglio volti, le loro espressioni dipinte nella notte, i diritti scritti su cartelli bianchi come neve, sotto un Nettuno di una bellezza implacabile, Bologna nella sua luce gialla si avvolge come in  una coperta termica, su di noi un cielo blu tradisce una notte violata come una lampadina accesa, la rabbia non dorme.  Mi muovo tra la folla sinusoidale, sfioro cappotti, sguardi entrano dentro altri sguardi, ciglia bagnate dalla notte come aculei sensibili alle correnti marine, pare di avvertire il sale anche qui. Nuvole bianche escono dalle bocche come fiori di cotone sospesi nella notte, come fumetti con parole da inserire, adesso sono davanti, un anello del cerchio di persone e filmo. A piedi divaricati, ben piantata, sento il mio metro e sessanta di gioia per essere nel posto giusto, la mia femminilità non ha bisogno d’altro, l’anima si specchia e si ritrova nelle altre anime, nelle manifestazioni siamo tutti collocati al posto giusto, uno non esiste senza l’altro. E' uno stato di innamoramento, o di rivoluzione quello che ti attraversa, non importa, tu sai che sono la stessa cosa. Se sono stata felice è qui. Se sono stata me stessa è qui. Se sono stata rapita e incantata dalle persone e dai volti è qui e ora. Un eterno presente. Ogni volto è un dipinto. Ogni volto è passato, presente e futuro, le foto, vite eterne, capovolte nella mia mente, appesi i volti nella luce rossa della camera oscura dei miei pensieri. L’Eterno Ritorno. Riprendo con il cellulare, l’ho fatto con il caldo, l’ho fatto con il freddo, era notte, era giorno, l'ho fatto con una Nikon automatica viola, tascabile come una pistola da borsetta, l’ho fatto nelle grandi manifestazioni e nelle piccole manifestazioni, dove eravamo una folla, dove eravamo quattro gatti ma ci sentivamo una folla. Sono quella che riprende i fotografi che riprendono e loro ormai mi conoscono, i professionisti, mi lasciano lo spazio, capita che ci riprendiamo a vicenda come in un convenzionale saluto, in un duello, in una schermaglia amorosa, e obiettivi per un momento si incrociano come fioretti, dura lo spazio di qualche secondo, un rituale tacito, forse si chiedono per quale giornale lavoro, ma non me lo chiedono, amano questo mistero, credo li rallegri e si lasciano filmare in nome della democrazia, se devono attraversare il mio spazio mi chiedono scusa e lo fanno leggeri come gatti, per non intralciarmi. Tra me e chi parla pochi metri d’aria, riprendo ogni parola, le parole si fanno immagini, le parole per me lo sono sempre state. Dopo, a manifestazione conclusa, da fantasma senza padroni pubblico tutto sui social media, informo le associazioni per i diritti umani che erano presenti, che sono intervenute, che i filmati sono lì a disposizione possono condividerli, scaricarli, inviarli ovunque. Oggi siamo tutti giornalisti. Ma quelli che non fanno parte dell’albo sono liberi da censura, da tempi televisivi, da pressioni redazionali, noi invisibili possiamo inserire filmati integri in rete, senza che ne vengano estrapolati pochi concetti, montati ad arte o influenzati da politiche di testate e reti televisive. Noi non percepiamo stipendio, non abbiamo nulla e non possono toglierci nulla, non  siamo ricattabili, non siamo mossi da fili, siamo i fantasmi liberi dell’informazione, non accettiamo piccoli e grandi burattinai. Siamo Blogger.

Mi sposto tra le persone, mi tutela questa invisibilità, la stessa dei senzatetto, di quelli privi di bancomat. Insomma dei non schedati, faccio parte di un sommerso, eppure neppure i sommergibili vanno sottovalutati come i coccodrilli negli effetti a sorpresa. E così giro le spalle ai teleobiettivi, ai grandi falli puntati sulla folla e riportati ora con delicatezza sulla morbida pancia dei fotografi professionisti, soddisfatti come lo stregatto di Alice dopo il pasto. Mi allontano, un ultimo sguardo alle chiappe del Nettuno. Fiera del mio anonimato, come un tesserino che spillato sulla giacca mi autorizza a entrare ovunque per invisibilità imposta a livello sociale, la sensazione è quella di uscire da un incontro di pugilato dove hai vinto tutti i round con le scarpette rosa della danza, mi apro un varco a culo dritto, leggera e stronza come una ballerina, allo stesso tempo è la sensazione di chi fuggendo a gambe levate dalla polizia, si improvvisa senzatetto e può rallentare il passo, nessuno lo cercherà più perché ha finito di esistere e di avere un nome, la sensazione è essere felici di essere niente, ammiccare a se stessi perché l’ultima parola appartiene agli ultimi, perché a volte per essere liberi occorre essere niente. Goderne almeno i vantaggi del perfetto mimetismo. Potere anche dirsi sì non sono propriamente qualcuno ma l’ho voluto io, persino Ulisse ha dovuto dichiarare di chiamarsi “Nessuno” e questo l’ha salvato, come quando in un’ opera d’arte contemporanea si cerca un senso, e di qualsiasi cosa ti accusino, in qualità d'artista, tu rispondi che l’effetto era esattamente voluto, quindi il lavoro perfettamente  riuscito, ammantarsi  del fascino dell’incompreso, dell’artista dannato, del van Gogh ignorato e oggi adorato, ma che cazzo  era van Gogh pure in passato. E nessuno osa dire niente sulla merda d’artista, perché se lo fai miliardi di occhi della storia dell’arte presente, passata e futura ti scruterà con occhi di capocchie di spilli per dirti “E tu chi sei?” Chi sei rispetto all’immensità? Facendoti sentire  solo, depresso, finito dritto in un dipinto di Hopper.  Mi mescolo tra la gente, sono distante, sfoglio pensieri, come pagine di libri diversi, lasciati aperti, mi fermo a comprare in negozio uno spray al peperoncino, chi lo vende è un anziano che insiste a darmi quello fuxia, per le donne, una finezza di genere quando lo spruzzerò in faccia all’eventuale stupratore o inseguitore o cosa, si attarda a spiegarmi anche la tecnica, la scadenza, eccetera, forse lo avevo comprato prima della manifestazione, ma cosa conta in un flusso di pensieri, non importa il prima e il dopo, da una piazza affollata, il mio cuore segna il tempo, è l’orologio della stazione, c’è chi arriva e chi parte e chi vuole perdersi per sempre, chi da un cellulare dalla custodia rosa, a minuti,  condividerà la verità come bomba.

 

 

 

 

 

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