Modern Novel Aleppo 2017 Eloisa Guidarelli
Favola moderna.
E pianse per ali di farfalla gialle come zabaione
sbattuto, pallide sul cemento bollente, pianse l’assenza del volo, quello
strappo che era per sempre
pianse per il piccolo merlo, si
portò una mano con rispetto alla gola per sentirlo pulsare ancora, pianse per
quelle ali acerbe che non fecero in tempo a imparare l’arte di volare,
pianse la lucertola, pianse scorpioni e serpenti costretti a portare
veleno mortale, pianse la formica per la sua inutile fatica, pianse il richiamo
delle cicale per l’amore incessante, assordante, che le pareva senza risposta
né sosta, pianse il riccio schiacciato sull’asfalto, pianse perché gli aculei
non lo avevano difeso e pianse per le armature inutili che ci tocca indossare,
pianse per il gatto, per il cane, arrotolati ai lati delle strade, per
quell’ultimo sonno, li vide abbracciati su se stessi e per rispetto si tornò a
toccare la gola, perché così attraverso di lei li sentì respirare ancora,
pianse l’indifferenza, pianse l’innocenza, pianse l’umana natura, pianse l’aria
inquinata, pianse la terra che doveva assorbire plastica e sigarette, ferite
infette del nostro egoismo, pianse l’albero tagliato, pianse il mondo
contaminato, pianse l’ape che si contorceva a terra e pianse della sua mancanza
d’aria, pianse la sua paura, pianse la legge della natura, pianse lacrime
persino anticipate di orribili giornate, pianse il cinismo, pianse il razzismo,
pianse per troppe vite fino a lacrime esaurite.
Poi camminò dentro, dentro il
tormento, camminò scalza ad andatura costante, camminò a denti serrati per
tutti i soprusi subiti, erano infiniti, superavano di gran lunga una vita
media, sembrava non avesse limiti l’offesa, questo
perché non camminava soltanto per sé.
E poi odiò.
Odiò molto, odiò quasi tutto,
odiò di essere al mondo, odiò di avere occhi che la costringevano a vedere,
odiò la sua impotenza, odiò stupratori di corpi , di cervelli e ideali, deglutì
il lutto dei defunti sogni a cui i boia avevano strappato le ali, odiò ogni
cicatrice così profondamente, odiò l’ordine da tenere, odiò di soprassedere,
odiò l’attesa nella strategia, il tempo che scivolava via, odiò i giorni, i
minuti, odiò le partenze e i ritorni, odiò come i guerrieri, odiò tutti i
poteri, odiò tanto, odiò troppo perché … in fondo non
odiava soltanto per sé
E poi si fermò, scivolò come su
se stessa, restò seduta, le mani a proteggere la testa, è più atroce quello che
ci aspetta, di quello che si vede, di quello che si attraversa e di quello che
resta. Fa più paura quell’ombra che ti accompagna, quella danza dall’apertura alare così imponente da darti
un buio costante, ha ali grandi che quasi non batte, la paura plana, non ha
fretta, incombe, fa da tetto a ogni tuo movimento, non ti bagni, non ti esponi al
sole, la paura non lo vuole, sosta su di te come un avvoltoio, taglia il vento
come il rasoio, ti segue con determinazione, tu sola sei la sua ragione. La
paura ci tiene a te, ti protegge, perché vive nella tua pelle. La paura era immensa, aveva una forma, era
come acqua solida, aveva consistenza di sabbie mobili e l’avrebbe trascinata
sempre più in fondo, questo perché non aveva paura
soltanto per sé
E si rialzò, la paura come sempre
l’accompagnò, e lei aveva sulle guance quel pallore lunare, era un taglio
trasversale, come se la notte l’avesse minacciata, le aveva puntato il coltello
alla guancia, era stanca, lasciava che il terrore le camminasse vicino come
parte del suo destino. Ci divideva i passi con quell’assassino ma si rialzò forse perché non si rialzava soltanto per sé
Poi capì la paura la teneva
d’ostaggio, lei stessa era il ricatto per il suo coraggio,
comprese tutto.
Masticò il suo lutto. Si concesse
totalmente alla paura, lo fece persino con premura, non la sfidò, non si odiò,
si abbracciò, un abbraccio interminabile e profondo. Si guardò in un pezzo di
specchio rotto che tanto alla sfortuna non ci credeva, vide riflessa la paura
in attesa, si disse che, anche quella faceva parte di sé. Abbracciò tutte le
sue paure, alzò gli occhi al cielo e c’erano solo bocche spalancate e nere di
uomini e di fiere, c’erano persino le paure delle piante, e quelle delle
aragoste quando stanno nelle vasche con le chele legate in attesa di essere
bollite, c’era la paura dei delfini, delle orche, dei lupi, delle mucche e dei
maiali nei viaggi verso il macello, e file di uomini allo stesso livello, c’era
la paura all’ennesima IMPOTENZA arricchita e ingrassata da tutto ciò che il
fiume trascina e porta alla cascata, aggravata dall’ingiustizia di chi un
giorno decide se tu, che sia uomo o animale, dovrai vivere o morire, e voci e
grida dalla foresta, suppliche di eutanasia dentro la testa, madri che
fuggivano da feroci assassini, legati dagli stessi destini, con l’unica
preghiera, la stessa che la cerva faceva ogni sera, fai che possa tornare a
quel cucciolo da abbracciare, che nessun fucile mi possa fermare, elefanti,
creature piccole e giganti fuggire, fuggire cosa? Quello da cui tutti fuggiamo
da quando nasciamo, il potere nelle mani di chi desidera solo affari, che siano
stati, governi, guerre e multinazionali, vendita di armi, deforestazione,
terremoto, alluvione, dittatori di ogni angolo di mondo che si divertono a muovere fili dove tutti come marionette dalle teste cadute sceneggiamo le nostre giornate, fuggiamo dalla spietata sete umana di potere e ricchezza,
fuggiamo da un tempo infinito, abiurando ideali, rinunciando ai sogni come se non fossero i più profondi bisogni, come se l'anima non richiedesse il suo cibo, come fossimo fatti di solo corpo e giriamo da un pezzo con sulla schiena scritto il nostro prezzo. Quello che scandalizza è che è davvero basso per venderci l'anima così presto. Guardami sto all'angolo di questa vita a prostituirmi l'anima in differita, non l'hai capito, non l'hai risolto che ci sei tu nel tuo corpo sciolto di neve al sole e fuggito orgoglio. Guardaci tutti abbiamo tombe nere e parallele esposte come merce al mercato rionale, siamo i corpi e vegliamo le nostre anime vendute con cordoglio, condoglianze, cibi buoni e frasi di circostanze. Arriverà anche la preghiera sincera per accompagnarle lontano da noi la sera, e una volta liberati saremo finalmente allineati e alienati per questo mondo ordinato che approva il tuo giardino privato.
Subiamo da secoli,
per pochi ricchi troppi servi e
discepoli.
C’era un’intera orchestra a
protesta, saliva dagli abissi, sovrastava ogni cielo, conquistava ogni
centimetro di terra, c’era un movimento
incessante di insetti e creature che diresti prive di intelligenza eppure ne
sentiva la frenetica fuga, come un flusso di coscienza, a quel punto nel suo
corpo era entrata l’intera paura di ogni essere del cosmo… e la sua le sembrò
così piccola, come un torto.
Cadde priva di coscienza
Ma questo
perché aveva troppe coscienze dentro di sé
Si svegliò con un sorriso, un
sorriso che sembrava non cancellarsi mai dal suo viso semplicemente perché, lei non sorrideva soltanto per sé, ma perché aveva
visto la vita della farfalla con le ali spezzate, quelle colore dello zabaione,
aveva visto la vita del piccolo merlo, aveva visto la vita prima di ogni
deserto, le aragoste con le chele legate le vide camminare sul fondo del loro
mare in lunghe file educate, le sentì dentro quando con le lunghe antenne
sondavano ogni abisso e centimetro di
sabbia, erano prive di rabbia e paura, erano concentrate nella loro profonda
andatura, sulle dure corazze sfiorate carezze dalla brezza marina, il mondo
sembrava tornato come prima, prima dell’arrivo dell’essere umano, come fieri
soldati dal mare abbracciati, la vita era una danza di passi lenti sempre
recenti. Nelle cicale non sentiva più disperazione, e nel cane e nel gatto
sentì quella pace che si insinua sicura dopo la paura e sentì semplicemente che
tutto il mondo piangeva, gridava, soffriva e moriva, ma che tutti eravamo la
stessa complicata e perfetta creatura e se era davvero così, allora avrebbe
sorriso sempre per ogni creatura vivente, avrebbe alleato il pianto, la rabbia,
il dolore e il sorriso in un solo unico obiettivo, pensarono di cambiarle il
cuore, perché era difettato soffriva troppo e il battito era accelerato ma
era normale che fosse accelerato perché quel cuore non
batteva soltanto per sé .
Poteva allenarsi, armarsi,
addestrarsi e vestirsi della paura come armatura, poteva vibrare fendenti
nell’aria, imparare a sparare, a usare il coltello, diventare abile nel duello,
ma avrebbe sofferto per un tempo eterno, non sarebbe mai stata piena la sua
risata, non sarebbe stato così dolce il suo sorriso senza la coscienza della
sofferenza.
non era mai stata sola quando
soffriva, non lo sapeva o non lo capiva, non lo era nessuno neppure mentre
moriva, o almeno non lo sarebbe stato se … non
fosse morto soltanto per sé,
.. E fu così che trovò un paio
d’ali negli ideali,
Le indossò, apparentemente non
cambiò niente, le sembrò soltanto di vivere tutte le vite del mondo nello
stesso istante.
ed era
ironico perché quando si vive si vive
per sé.
non visse sempre felice e
contenta, non era demente, non era una santa,
ma visse con la coscienza di non
avere perso mai la speranza,
che se non era tutto per lei era
abbastanza.
Contro
ogni indifferenza
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