sabato 14 aprile 2012

Personale



Seduzione - Acrilico su tela - Equilibrio - Acrilico su tela

Dove siamo con il dolore a parlare all’ombra che sovrasta i muri sincronizzata al nostro passo. Avevo i sentimenti chiari, esposti come organi in una teca da trapiantare nella tela, un padre all’anagrafe che mi respirava sul collo, attendevo un processo sotto luci al neon, avevo le labbra sigillate, le tue parole mi tornano ora daccapo come onde, distanti le une dalle altre, e tu parlavi di ambiguità e tabù, e il sangue mi colava giù per la schiena perché tu di me sapevi di più. E poi io non so cos’è accaduto, era come una battaglia, vedevo spade incrociarsi, armature sopra i corpi, teste volare, scivolavano serpenti ai lati eppure tutto era calmo, quando ho capito come sarebbe stato avere un padre. Di conseguenza quello che era un istante si è trasformato in eternità. E com’è stato per te dare? In un processo la cosa più difficile da sopportare è quella di sentire più volte il tuo nome, perché da te stessa ti fa allontanare… Come non ne facessi più parte, come fossi una cosa e non una persona, e così la sessualità. La cosa più pesante in un processo è essere niente senza sentenze, la cosa più disarmante in un processo è persino l’assoluzione quando viene dopo il tuo nome, qualcosa di concesso, e così ho preso la mia anima tra le mani, come fosse un diploma, un’attestato, come qualcosa di meritato perché avevo studiato. Non avrebbe avuto senso dire cosa ne pensavo. E’ sufficiente avere trovato un maestro, avere capito questo, come il resto. Non possono inquinarmi l’anima. Ma non si può dimenticare chi sa chi sei e ti risparmia la fatica di spiegare, perché lo vede così chiaramente da se’. Balbettarti grazie aveva persino meno senso, non c’è neppure troppo spazio per l’educazione, quando ti travolge la passione, qualcuno che ti dice come devi lottare, il dolore si è appoggiato sul dolore, come le labbra sulle labbra, come le labbra su un sapore, come la lingua a fermare il sangue che mi colava dai tagli di ogni definizione esatta, le rose perdevano il loro colore, donne ricche e labbra di silicone, ti muovi come una farfalla che ha scambiato un vetro con l’aria, resti a galla, come un ragno d’acqua, un fatto di peso, non affondi e pattini sull’idea del dolore, volevo fare l’amore, per andare oltre, per fermare la morte forse, per dipingere ancora, volevo uscire con le mie tele, che mi seguissero passo passo, in fila indiana, volevo portarti dentro come un pensiero tremendo pronunciare il mio nome da sola e sapere che non mi appartengo. I miei quadri hanno risposto tanto quanto, erano nudi con me al fianco, il resto era superfluo, i miei quadri a mio avviso sanguinavano, la gente si imbrattava le scarpe ma non lo vedevano, i miei quadri sorridevano, amavano, odiavano, tradivano, forse giocavano o restavano o fuggivano o provocavano o seducevano o spiavano o traducevano, non so se si sentivano parte di una corrente, del resto neppure io so come ci si sente.  E poi la gente è uscita con il mio sangue sotto le suole, la gente è uscita ben vestita, con lo spumante dentro lo stomaco e sentimenti usati da riciclare alla prossima occasione.




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