martedì 21 novembre 2023

Dove sei ora


 

Dove sei ora nemico sul cavallo bianco a consolarmi del mese di Aprile. Sei a sottolineare libri, a fare bene i compiti, ad affezionarti ai poveri, tu che hai spalle coperte e puoi elargire meriti. Ti rimbalzano medaglie che ti appunti sulla dura pelle, tra i peli neri e bianchi dove anch'io ho posato spesso i pensieri, veri. Sei per strada o stai guardandoti in una donna che possa riflettere l'enorme stima che hai in fondo soltanto di te. Perché sei così rarefatto. Dove sei ora in ginocchio alla tua intelligenza, a distribuire amore a chi soffre, amore che ti esce dalle mani bucate, amore che non sai cosa sia, non ne conosci l'odore, il sapore, l'attesa. Dove sei ora con il tuo sguardo di falco a confondere la curiosità che hai degli altri con l'invidia. Come ti inganni ora se nessuno ti chiama poeta, regista e neanche messia. Tu che mi toccavi con mani sudate, che quasi non osavi, che pensavi di avermi capita, di avere capito dei miei quadri, della noia, della rabbia e della malinconia.

Ti devo dei soldi. Non li avrai mai.

venerdì 21 aprile 2023

Quanto male fa (Una storia di ordinario razzismo)

 

Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontareCosì solita e banale come tanteChe non merita nemmeno due colonne su un giornaleO una musica o parole un po' rimateChe non merita nemmeno l'attenzione della genteQuante cose più importanti hanno da fareSe tu te la sei voluta, a loro non importa nienteTe l'avevan detto che finivi male
 
F. Guccini Via Paolo Fabbri 43
 
 
 


E' il 20 Aprile 2023 e mi sto recando al centro per l'impiego di Bologna, non è uno di quei posti in cui si va molto volentieri, per tante ragioni, la prima è che se ci stai andando è perché al momento non lavori, da un periodo più o meno lungo, non importa o importa solo a te, in genere ci si va per registarsi come disoccupati, in modo da ottenere in breve un secondo colloquio, risultare registarti e schedati al centro per l'impiego dovrebbe, in automatico, anche garantirti dei colloqui di lavoro, proposte di lavoro che passano attraverso l'ente, ma non è così, non ti telefona nessuno, ci sono già passata per almeno due anni della mia vita in periodi differenti, non sono mai stata chiamata per nessuna proposta, solo registrata, e non che non avessi dato totale disponibilità, senza preferenze di lavoro purchè in regola, ma questo va da sè al centro per l'impiego, come va da sè, sempre in teoria, il tuo diritto, una volta registrato lo stato di disoccupazione, all'esenzione ticket, certo ti rendono non proprio semplici le pratiche, tra Spid, App Lepida da scaricare e quant'altro, ma se emergi dal tunnel delle Password mai riconosciute, nonostante tu le abbia segnate, memorizzate come una spia Russa e pure fotografate! Potrai ritenerti quasi salvo. Sappi che riceverai sempre uno di questi avvisi, dirti che capita a tutti, ti farà semtire meno solo: "spiacente la tua password non è corretta" "il tuo profilo inps è stato temporaneamente bloccato perché hai terminato i tentativi disponibili a te concessi" per altro pochi eh? Mille codici che ti spediscono in simultanea da inserire per accertamenti, "se sei tu inserisci il codice che ti abbiamo appena spedito", "per convalidare la tua pec copia la seconda parte del codice appena spedito", "prova che non sei un robot", "Chi, IO?" Insomma a parte un Hacker io dubito che non si finisca tutti a schiumare e tirare una fila di bestemmie che neppure un Toscano ha nel proprio repertorio, all'ennesimo vaffanculo a tutti polmoni, quando stai per lanciare il telefonino, fare volare il PC, la voce erotica di Siri Uomo, (ve lo consiglio), ti colpisce dritta alle ovaie prima di aprirti una breccia nel cuore: "Sono d'accordo, mi dispiace, cosa posso fare per te?"  "Non so Siri, usciamo?" "Siri ma tu mi ami?" Siri uomo risponde sempre, sempre erotico, sempre pronto. Siri Uomo non esiste. Lo so è dura piombare nella realtà. Mezz'ora d'autobus, venti minuti a piedi, alternanza di nuvole e sole, la memoria storica mi porta in Via Todaro 8 dove è situato il centro per l'impiego di Bologna, è una trasversale di Via Riva Reno, una via molto squallida, con squallidi palazzi,  abbastanza isolata, poca gente se non di passaggio, giovedì apertura straordinaria anche pomeridiana, sono arrivata pochi minuti dopo le 14,30 orario di apertura e vedo appena tre persone fuori, una impiegata fuori dalla porta, con un piede dentro e uno fuori che la tiene semichiusa mentre fuma una sigaretta, dentro le luci ancora spente, mi avvicino, mi fermo ad ascoltare, guardo i miei compagni di avventura, una donna e un uomo dai tratti asiatici, un ragazzo  dell'est, ma mi rendo subito conto che qualcosa non quadra, intanto le luci spente, l'atteggiamento e la voce dell'impiegata che non li fa entrare, e un tono che non mi piace, mi avvicino e ascolto un po' sconcertata, a quel punto sento l'impiegata, donna giunonica, alta, ben piazzata e robusta, capelli rossi tinti, crespi, lunghi oltre le spalle tirati dietro da un fermaglio. trucco verde molto pesante sulle palpebre, occhi azzurri ghiaccio, una sigaretta che le pende dalle labbra mentre più che dialogare sferra un attacco senza pari alla donna dai tratti asiatici, il tono è aggressivo e di sfida, afferro questa parte del discorso "Tu perché sei qui? Da dove vieni poi, tu? Si tu cosa vuoi, cosa sei venuta a fare?", la donna non parla bene l'italiano, è anche timida, impacciata, ma molto educata, troppo educata, e risponde educatamente "Sono venuta qui per il lavoro... per..." L'impiegata non la fa finire, gli uffici restano spenti, la mia faccia si volta dall'uno all'altro come in una partita a tennis, ma che cazzo sta succedendo qui? L'impiegata sovrasta ogni mio pensiero e riparte: "Ha l'appuntamento, hai l'appuntamento?" Lei, timida: "No, può darmelo lei? Non sapevo, sono qui, può darmelo..." "NO! DEVI PRENDERE L'APPUNTAMENTO VEDI E' SCRITTO LI! - Ci indica il foglio sulla porta come fossimo tutti cerebrolesi - o telefoni e prendi l'appuntamento per telefono o mandi una mail"! Di nuovo la donna risponde con tutta calma: "Mi può aiutare io non sono brava con le mail con tutte queste cose..." Penso "non lo dica a me" E riparte l'impiegata che mi aspetto sputi fuoco da un momento all'altro, sempre con un piede in mezzo alla porta, uffici spenti, che per altro dovrebbero aprire  alle 15.00 passate da qualche minuto, visto che aprono alle 14.30 e chiudono alle 16.00, e non ci sono ancora appuntamenti, solo il suo corpo fuori come a tenere a bada tre ladri, noi. "No non ti posso aiutare non hai l'appuntamento, scrivi, telefona e poi torna, fatti aiutare, no? Fai come fanno tutti che si fanno aiutare! " A questo punto intervengo e dico:"Scusi ma non può, visto che siamo tutti qui per la stessa cosa e per le stesse ragioni, se non farci un colloquio, almeno prendere l'appuntamento? Siamo qui, davanti a lei, non c'è nessuno, ha le luci spente, dovrebbe essere aperto, no? Cosa fate, scusi? Se io devo  registrarmi come disoccupata, devo tornare a casa e telefonarle? Sono qui che glielo sto chiedendo un appuntamento,  non è scritto che bisogna prendere l'appuntamento, ma nel sito ci sono gli orari di apertura, va da sé che uno viene qui in presenza" Un momento di silenzio, come una fiera distratta da una mosca fastidiosa, ruota la testa, entro nel suo campo visivo, ora Crudelia mi scruta dall'alto in basso, di che cazzo di etnia sono? Come mi deve trattare? La parlata  non è straniera, ma non so neppure se è bolognese, chi è questa, sarà dell'est? O è una italiana stronza che s'impiccia, magari una cazzo di zecca rossa... Nell'incertezza parte all'attacco anche con me, solo più in sordina, tasta il terreno, ma per poco: "Non sono certo io che faccio i siti, non so quello che c'è  o non c'è scritto, non posso darvi appuntamento, anche tu sei qui per questo?" "Si, devo fare anche l'esenzione, la DID, causa disoccupazione" Si unisce a me la voce tenue della donna asiatica "Si anche io devo fare esenzione e per il lavoro..." Non avessimo mai nominato la parola "esenzione", mi è parso si trasfigurasse, pensavo girasse la testa tipo esorcista, attacco italia - asia: "AH ECCO! ECCO PERCHE' SEI QUI, ALTRO CHE LAVORO; SAI COSA TE NE FREGA A TE DEL LAVORO!? Dillo che sei qui solo per l'esenzione, va, dillo, ma tu cosa vuoi? L'esenzione? E perchè la vuoi, eh? Ma chi sei tu, da dove vieni? Perché la vuoi!?" A questo punto interviene il ragazzo dell'est, alto, magro, era sempre restato in silenzio accanto alla donna minuta fino a quel momento, capelli corti, biondi, un collo lungo, sottile, un tatuaggio lungo tutto il collo, molto educatamente dice: "Lei signora ci sta parlando in maniera razzista, noi le stiamo facendo delle domande gentilmente, perché fa così? Perchè non ci risponde educatamente?" Belfagor lo fissa con quei trapani di ghiaccio "E Tu chi sei tu? Da dove vieni, eh? Sei un esperto del lavoro, lavori tu qui?" Penso, probabilmente sarebbe meglio per tutti se lavorasse al posto tuo, le 15 inoltrate, zero appuntamnenti e gli uffici ancora spenti,  l ragazzo prontamente risponde,  è  forte, molto controllato, equilibrato, sa il fatto suo: "Si, pensi che io qui ci ho pure lavorato..." Quella  lo sovrasta: "SEEEE, certo come no, quale lavoro, proprio tu!" "Io sono solo qui per aiutare lei, (indicando la donna) che non capisce bene l'italiano". Sinceramente non ci vedo più e tiro fuori il mio cellulare nuovo, metto su video e parto, registro: "Senta signora lei sta avendo atteggiamenti razzisti, sta facendo domande e un terzo grado che non ha nessun diritto di fare, loro non sono tenuti a darle spiegazioni di alcun tipo, inoltre al di fuori di un ufficio! Non sono a un interrogatorio, sono qui per dirle che sono disoccupati! Lei può o non può fare questo colloquio, può dire di tornare ma in un'altra maniera, non può denigrare, giudicare e  soprattutto sono fatti loro del perché o del come, lei..." Tuona mentre io filmo: "No cara! Io faccio tutte le domande che mi pare, io posso, posso chiedere tutto quello che voglio, tutto quello che mi pare" "Non credo proprio signora, lei non può! Non può farlo, non può insinuare, non come sta facendo, sta abusando del suo ruolo, non può farlo nè dentro gli uffici in questo modo e tanto meno in strada!" E' un attimo, giuro che non mi sono neppure resa conto, mi ritrovo le sue mani addosso, una belva che mi trascina dentro la porta, nel buio degli uffici, percepisco i miei 47 kg e il mio metro e sessanta travolti da una massa che sarà stata uno e ottanta e tanta, uniti a un furore cieco, non pensavo che il mio cellulare potesse fare tanto incazzare, lo afferra con tutta la sua forza, mi spinge, me lo stacca dalle mani, le riafferro le mani, tiro, tiro, che cazzo di forza sovrumana ha? Rimaniamo incollate in un Wrestling senza precedenti, io reduce da due ecografie all'addome, in attesa di una risonanza al bacino, che visto come vanno le cose farò privatamente  se non voglio morire nei tempi USL, con l'ultima raccomandazione dei medici "Totale riposo nel frattempo" non mollo la presa. Mi passa solo un pensiero veloce, fugace "diochegiornatadimerda", è un braccio di ferro corpo a corpo e non piacevole, e in mezzo c'è il mio cellulare su "video" a quest'ora se sta ancora filmando le starà leggendo la mano, ma dubito sia vivo, sento la voce del ragazzo dell'est entrato anche lui nella parte oscura, una sorta di terra di mezzo, tra il buio degli uffici e la luce, cerca di fermare la signora "La lasci, non può fare questo, non può farlo, la lasci, la lasci, la lasci, non può, non può" e io "Lasciami, lasciami, lasciami, ridammelo, non puoi, dammelo!" Non è durata poco, e poi prima che me lo sfrigolasse sotto i piedi perché è lì che lo stava dirigendo, glielo ho strappato e mi sono divincolata come un'antilope, a quel punto le ho urlato "La denuncio! Lei mi ha messo le mani addosso, si rende conto? Lei mi ha messo le mani addosso!"  Sudata mi viene incontro, potrebbe passarmi tutta la vita davanti,  sudata mi viene incontro, arretro sia mai, "Prova a metterlo, prova a metterlo online  e vedi! Se solo lo vedo pubblicato vedi cosa ti faccio" "Cosa mi fai? (un'idea ce l'ho, ma si risponde sempre così) Io lo pubblico eccome, ma prima lo mostro ai carabinieri dove vado adesso, hai capito? Adesso!" Parte al secondo attacco, corro via! "Ah scappi, eh? Paura,  eh? Scappa, scappa!" Gli altri,immobili, seguivano a distanza, ormai era tra me e lei, gli uffici chiusi e una pazza che mi correva dietro in esterno, io saltellavo, in velocità non ce la poteva fare, eh? Sono allenata, e ferma solo al momento per questioni di salute, ma alla fuga imbattibile, a distanza busso agli uffici civici 6, dove fanno in genere i colloqui, contro il vetro, guardandomi le spalle, mi apre un'altra impiegata, affannata le racconto la storia, le parlo del trattamento subito, degli altri che ancora sono lì, la signora asiatica ancora a chiedere gentilmente chi la può aiutare, la pazza che mi cerca, chiedo che mi sia fornito il nome di quell'impiegata, della sua collega! Omertà, "Non posso è la sua parola contro quella dell'impiegata" "Ho un video signora" (penso o quel che ne rimane, ma mi gioco il bluff) "Lei è sconvolta entri dentro parliamone" Adesso è il mio viso trasfigurato dall'orrore di entrare al centro per l'impiego, "Cosa? E con chi mi fate parlare, con quella?" "No, no naturalmente non con lei, con me" "Signora, mi ascolti bene, io che interesse ho a inventarmi tutta questa storia al centro dell'impiego che improvissamente sembra un set di Tarantino? Le sembra giusto e normale quello che le ho raccontato? Mi dica se è normale che la sua collega, una vostra impiegata eserciti questi atteggiamenti razzisti e filmata e scoperta mi metta le mani addosso! Le ripeto, è normale?" "No, naturalmente no ma... Lei è sotto shock" "Ci può giurare! E se lei non mi fa il nome di quella donna e la copre è complice. Adesso io non entro da voi, ho già detto tutto, vado dai carabinieri". Mi stacco esausta da quelle porte a vetri, a distanza l'impiegata mi cerca strabuzzando gli occhi, vedo il ragazzo dell'est e gli faccio cenno di avvicinarsi a me tenendoci al largo da lei, capisce al volo e si avvicina "Brava, Hai fatto benissimo, sei stata brava" "Senti, io non so cosa ci sia qui dentro dopo quella lotta libera, ma ascolta, la denuncia la faccio io, mi espongo io, a mio nome, puoi farmi solo da testimone? Semplicemente dici quello che hai visto, così non la passa liscia" Lui mi guarda, un sorriso dolce che mi scioglie, un gesto leggero della mano sopra la fronte accompagnato dalle parole "Credimi vorrei, vorrei davvero, ma sono nella merda fino qui" Rispondo "Ok, ok", poi passo all'uomo asiatico con la stessa richiesta, mi risponde: "Non parlo bene italiano", sguardo basso, imbarazzo, che non mi sento di alimentare, le loro ferite sono le mie, guardo la donna, esile, con gli occhiali spessi, capelli corti, ancora sta chiedendo se la aiutano e non capisce cosa voglio, è come se fosse sempre stata al di fuori di tutto, anche delle offese, anche del disprezzo, è un'altra coltellata, ma non per loro, li capisco, li capisco benissimo, perchè oggi ho subito lo stesso razzismo che loro e tanti altri subiscono ogni giorno e solo quando lo vivi anche sulla tua pelle capisci quanto male fa. Quanto male fa. E sola, stanca, stordita mi dirigo alla caserma dei carabinieri.



lunedì 27 marzo 2023

Nel segno di Cassandra - Intervista di Marinella Polidori per Le Voci della Luna

 

 

Eloisa Guidarelli: nel segno di Cassandra

Artivismo e diritti umani  

 

"E' responsabilità del poeta essere donna tenere d’occhio

 il mondo e gridare come Cassandra, ma per essere

 ascoltata questa volta."

Gace Paley

 

 

La poesia ecofemminista e l'artivismo possono salvarci, possono sensibilizzare e sensibilizzarci per ascolti e sguardi più attenti , possono fornire la compassione necessaria a "non arrendersi davanti al disastro imminente nella catastrofe" così nell'editoriale del nostro numero 83 introducemmo un neologismo accademico, utile anche alle nostre escursioni nel campo dell’arte sociale.

Continuiamo a chiederci, ormai da molti anni e alla maniera di Alfredo Jaar (nostro numero 62), se l’arte, la poesia possano essere utili;

continuiamo a chiederci come promuovere l’ascolto di quel grido che è denuncia in un “segno”.

Presentiamo in questo numero l’arte di Eloisa Guidarelli, artista poliedrica e particolarmente vicina alle nostre tematiche.

Un segno a difesa e promozione dei diritti umani, delle minoranze, delle eque opportunità. Il segno di un’arte utile.

 

Di Marinella Polidori

 

MP La tua arte potente, è un grido che è insieme denuncia e ribellione. Arte come impegno, presa di posizione e militanza, artivismo. Puoi raccontarci del tuo percorso di formazione?

 

“Artivismo" è un termine molto bello. Io non vengo da un'Accademia di Belle Arti e neppure da un liceo artistico, i miei studi sono stati di grafica pubblicitaria e successivamente ho frequentato l'Accademia d'Arte Drammatica, e persino questi studi così apparentemente distanti mi sono stati utili, ogni vissuto lo diventa, la pittura stessa ti insegna quello che non sai della pittura, è chiaramente un percorso più duro, nel senso che devi lavorare molto perché fai le tue scoperte pittoriche senza maestri, a volte ti esalti per quello che per altri che vengono da un’accademia specifica può sembrare la scoperta dell'acqua calda, ma ci sono pro e contro a non venire da un'accademia specifica, i contro sono che devi lavorare di più, come dovessi metterti in pari, che non hai un maestro che ti spieghi questa o quella tecnica in un pomeriggio, e magari tu ci metti mesi o anni, i vantaggi secondo me sono quelli di un’esplorazione personale senza alcuna influenza, in totale libertà, dove il tuo stile può svilupparsi, dove puoi prenderti i tuoi tempi e fare quelle stesse scoperte, nella totale casualità, e sei felice come un bambino, ti entusiasmi, prendi coraggio e fiducia in te stesso, proprio perché raggiungi quegli obiettivi da solo, non importa in quanto tempo, perché in ogni dipinto si impara qualcosa di nuovo e questo sempre, il fascino della pittura è che sai quando cominci la tua ricerca ma quella ricerca non ha mai fine a meno che tu non smetta di dipingere, sei in continua evoluzione, la tua pittura si evolve, cresce, fa passi indietro per poi fartene fare dieci avanti, subisce crisi, battute d’arresto, dalle quali si esce spesso rafforzati o con un cambiamento importante e netto, la pittura stessa credo che sia il più grande maestro che si possa avere, senza nulla togliere ai grandi maestri.

 

MP Sei anche drammaturga, attrice e, in questa tua poliedricità, collabori con altri artisti e contamini il tuo linguaggio espressivo. C’è in questo tuo modo di "andare oltre" la volontà di misurarsi con i propri limiti, credere nella forza di un'azione collettiva o cos’altro?

 

In pittura  non devi avere limiti, devi essere libera, devi predisporti ad essere vera, sincera, anzitutto con te stessa, la pittura è libertà, più che una sfida con se stessi, è una crescita che avviene tramite una profonda esplorazione di sé, perché sì, incontri sempre ostacoli, ci sarà sempre il dipinto che ti mette in crisi, quello che ti sembra di non riconoscere, ma troverai una soluzione, la troverai per forza perché non ti accontenterai mai di ciò che non riconosci come tuo, serve molta costanza, ma un’altra cosa senza la quale non si potrebbe creare è la curiosità, un pittore, una pittrice devono essere curiosi, nei confronti degli altri, della vita, della natura,  chi dipinge deve essere empatico, deve sentire, sapere ascoltare e non solo guardare ma sapere “vedere" ed è per questo che con la pittura non si può mentire, neppure a se stessi, è come avere tutti i sensi estremamente sviluppati e una pelle sottilissima, ipersensibile al dolore, alla gioia e probabilmente anche piena di ferite. Si dipinge spesso con quelle, si dipinge con il dolore, con il lutto, con la rabbia, con la gioia, con l’amore, occorre tutto, se vogliamo comunicare sentimenti e se ci riusciamo è perché li proviamo, li conosciamo, per questo anche l’Accademia d’Arte Drammatica mi ha aiutata, anche una pittrice entra in ciò che dipinge, come l'attrice fa con un personaggio se lo vuole interpretare, quindi dipingere per andare oltre sì, questo è dipingere per me, andare sempre oltre. Dipingere è avere a che fare con un lavoro infinito, tu crei un’opera, un oggetto finito, ma l’atto di dipingere non ha fine, non si arriva da nessuna parte si parte solo, sei sempre in viaggio. La tua creazione si ferma perché noi abbiamo un tempo, siamo mortali, non la creazione, non l’arte, ne’ la pittura lo sono. Quindi siamo mortali che abbiamo a che fare con una materia che di per sé è immortale, verrebbe quasi da dire che noi siamo il mezzo con il quale la pittura crea. E invece si dice sempre l’opposto, che la pittura è il mezzo con il quale ci esprimiamo. La pittura resterà sempre più antica di noi e ognuno di noi è figlio di questa storia infinita. Un viaggio infinito e senza tempo, sospendere il tempo anche solo per l’atto creativo, è dipingere. Per arrivare a un’opera finita tu vivi l'infinito. Ogni dipinto finito è un infinito dell'atto creativo in sé. Staccarsi da tutto ma senza perdersi, anzi diventare tutto. Non ho una sfida con me stessa ma pretendo molto da me stessa, non mi accontento, mi entusiasmo delle mie scoperte ma se non sono contenta sono severa verso me stessa, la pittura mi ha dato tutto e mi ha chiesto tutto. Come fanno le grandi passioni. Attraverso la pittura che per me è comunicazione con gli altri, ho cercato, conosciuto altri artisti, credo che gli artisti da sempre abbiano bisogno degli artisti, c’è scambio, ispirazione, curiosità, contaminazione, stimoli reciproci e idee che nascono, progetti importanti, amicizie, e soprattutto un altro sta seguendo ed esplorando una strada che tu non hai scelto, e quindi è naturalmente sano esserne curiosi e persino affascinati. Credo che sia fondamentale il confronto, credo che sia necessario, è la nostra cultura. La nostra arte. Da soli non si è nessuno nell’arte come nelle rivoluzioni.

 

MP Il tuo segno è cambiato col tempo: i dipinti iniziali, di grandissimo impatto emotivo, usavano il colore per canalizzare energia e rabbia, col tempo hai tradotto in linee e colori un discorso facilmente interpretabile nella sua valenza politica. Un cambiamento di consapevolezza artistica, una scelta?

 

Una consapevolezza artistica, una scelta pittorica comunicativa, naturalmente è assolutamente normale che la tua pittura subisca trasformazioni ed evoluzioni continue, se non ci fosse mai cambiamento, sarebbe un pessimo segno, la pittura cresce con te, cresce nella tecniche e cambia e si trasforma anche a seconda del messaggio che vuoi mandare e persino a chi ti vuoi riferire, è comunicazione a tutti gli effetti e oggi l’immagine è anche il mezzo comunicativo più immediato che abbiamo, però quello che negli anni salta agli occhi nella mia pittura è proprio questo che hai notato, inizialmente il colore era predominante, per altro colori molto vivi, il tratto era molto istintivo e veloce, ma c’era nelle mie figure drammaticità, lotta ma anche molta speranza, riscatto. Oggi il segnale che voglio inviare è diverso, ci sono stati molti eventi drammatici, ho sentito il desiderio di esprimere questa minaccia attraverso il bianco e nero, quando uso il bianco e nero lo faccio spesso per esprimere fatti di alta drammaticità, o ridurre le figure a icone, a contrasti netti, sottolineo così l’urgenza del messaggio e non ho colori perché i fatti sono drammatici, così ho dipinto la Diaz, così ho dipinto gli ultimi fatti di Capua Vetere, delle archiviazioni sul carcere di S. Anna, alla stessa maniera sto trattando gli abusi di potere, le donne che protestano in Iran, in Bielorussia, in pratica molti dipinti dell’ultimo anno, del 2022 sono in bianco e nero, ma è una esigenza e scelta comunicativa, più forte e violenta ma necessaria, più grafica anche, a volte quasi cartellonistica, allo stesso tempo però, se prima la speranza era nel colore e non solo anche nella lotta stessa, nel non arrendersi, questi ultimi dipinti è come se volessero dire: “questo sta avvenendo, ora, adesso, questo è il tempo che io attraverso con la mia vita e non chiudo gli occhi, lo dipingo, lo mostro, perché ne faccio parte, è il mio periodo storico e io ci sono dentro, e sento e vedo tutto questo, non sono avulsa da ciò che mi circonda anche se avviene a mille chilometri o in altri paesi, è lo stesso tempo, siamo sotto la stessa luna, i diritti umani di uno sono quelli di tutti", e questo è un concetto banale esattamente come dicono che anche il male sia banale. Eppure se capissimo questo saremmo anzitutto esseri umani e esseri umani felici, molto più forti. Invece facciamo le guerre. Questi ultimi dipinti comunicano un dramma conclamato, una urgenza, sono un messaggio e un appello alla speranza, c’è un'impotenza gridata, forse un monito ad agire, prima volevo raccontare il mondo, come un reporter, solo tramite la pittura, avevo le mie posizioni politiche, le ho sempre avute, ma lasciavo che il disegno raccontasse una verità, quello che fa un reporter, oggi sento che sono troppo coinvolta, oltre alla verità, questa pittura sembra fare una richiesta urgente, senza mezzi termini, il messaggio è più duro, meno morbido, come se avessi bisogno di essere diretta.

 

Tecnicamente in questo ultimo periodo uso molto il bianco e nero con leggere sfumature di colore in acquerello, sto cercando un volume, nella mia pittura precedente, giocavo e creavo prospettive molto forzate, quasi fino all’innaturale o anche innaturali, ora gioco sempre su prospettive, una cosa che faccio anche fotograficamente, quando presento un dipinto lo fotografo in ogni prospettiva, si anima, diventa cinema, e se ci pensi, quando tu vai a una mostra o osservi un dipinto alla parete a seconda di dove ti poni hai prospettive diverse di quel volto, di quel corpo o di quel paesaggio, non è sempre lo stesso dipinto, quando cambi il punto di vista, la luce, la prospettiva, hai tanti dipinti nello stesso dipinto. Dipingo con tutto, qualsiasi strumento oltre ai pennelli e molto anche con le dita, ultimamente sto trattando il dipinto come una scultura, spesso vado a togliere dopo avere aggiunto, fino a scoprire quell’essenziale che è esattamente quello che stavo cercando. E mi dico ma lo sto scolpendo non lo sto dipingendo.

 

MP Quali sono i temi che hai affrontato, quelli che ti stanno più a cuore e quelli che ritieni urgenti?

 

Ho cominciato dipingendo tematiche sociali, diritti umani, diritti negati, il desiderio di parlare per chi fosse senza voce, o in una situazione di impotenza, volevo dare voce ad abusi, soprusi, ma anche riscatto, speranza, dicevo “se non avessi pennelli avrei sampietrini” Quindi il senso era un senso di giustizia, di lotta, di non arresa, successivamente le donne sono state le protagoniste assolute della mia pittura, desideravo e ancora desidero rendere loro quel protagonismo che la storia ha sempre negato, la storia è stata sempre raccontata da un punto di vista maschile e si dice che la storia la raccontano, la scrivono i vincitori, ma i vincitori non sempre sono le persone migliori a volte sono solo le più prepotenti, la donna è sempre stata perseguitata nei secoli, uccisa quando voleva affermarsi o tentava di cambiare le cose, oggi cosa sta accadendo? Lo stesso. Le donne sono minacciate continuamente e il motivo è uno solo, si minaccia una persona della quale si ha paura e noi donne facciamo molta paura, quando alziamo la testa, quando ci affermiamo, quando sappiamo quanto valiamo. Almeno nella mia pittura avrei raccontato le donne, le avrei rese importanti, le avrei ascoltate, riscattate. Avrei reso giustizia attraverso la pittura a noi donne, dipingendole, facendole esistere, non in un racconto maschile, non come "spalle" o "compagne" di un uomo, ma da protagoniste, quando si dice “dietro un grande uomo c’è una grande donna”, come se si dicesse qualcosa di bello della donna, si sta dicendo in realtà che per quanto la donna sia grande, sta dietro all’uomo, è tutta la cultura che deve essere rivoluzionata, ogni luogo comune di una cultura al maschile, sessista. Le donne non sono la metà di qualcuno le donne sono persone complete, sono persone, lo sono anche senza figli e senza compagni. Devono saperlo, questo le donne devono saperlo al di là di ogni scelta personale. Non sono una parte della storia, fanno la storia esattamente come gli uomini ma viviamo in una società ancora assolutamente patriarcale  che considera la donna “proprietà", quindi "oggetto", se tu sei di qualcuno e non di te stessa allora potranno fare di te sempre ciò che vogliono. Ho dipinto  anche uomini ultimamente, e per me è stata una novità, perché ho deciso in questi ultimi due anni di rappresentare attraverso la pittura i fatti tragici di Capua Vetere,  e degli abusi di potere da parte delle forze dell’ordine a livello trasversale nel mondo, ma lo spunto iniziale è stato ascoltare le interviste delle vittime di Capua Vetere. Ho pianto, Sinceramente ho pianto, ho sentito una grande indignazione. Mi sono guardata i video. Tutte le tematiche dei diritti umani e dell’ambiente mi stanno a cuore, la lotta del movimento Black lives matter, le donne in Iran e nel mondo che lottano per le loro vite, i femminicidi,  i diritti umani ovunque siano negati, l’allarme climatico inascoltato, l’emergenza clima, tutto.

 

MP L’arte contemporanea si muove tra sperimentalismo performativo e tentativo di restituire all'artista una funzione sociale che renda la sua opera utile e comprensibile. Il momento della restituzione artistica diventa spesso relazione, esperienza, immersione. Qual’è la tua posizione rispetto a tutto questo?

 

Guarda posso agganciarmi a ciò che ti ho detto nella risposta precedente, se decido di affrontare un argomento, spesso riguarda i diritti umani, allora mi informo e mi documento, lavoro un po’ come un'attrice e un po’ come una giornalista, voglio conoscere l’esattezza della notizia, ma poi cerco se ci sono le testimonianze personali, perché voglio ascoltare quelle emozioni, spesso ho dipinto dopo essere stata a manifestare, documentare fotograficamente, sentire e partecipare, perché tutto mi deve passare attraverso, non si può dipingere senza sentire ciò che si dipinge. Nelle testimonianze di Capua Vetere potevo leggermi i fatti, ascoltarli al telegiornale, neutri, freddi e professionali, ma altra cosa è sentire chi ha subito violenza, le pause, quel non detto che ti spezza le ossa più delle parole, il respiro che fatica a fare uscire quel vissuto di immagini che  affollano la mente di chi ha subito violenza, la violenza psicologica, l’umiliazione, l’abuso di potere e umiliare chi non può difendersi è l’atto più vigliacco che l’essere umano possa mettere in atto, e tu senti attraverso il dolore degli altri, solo così diventa il tuo dolore, solo così elimini le distanze rassicuranti, un conto è sentire un numero di migranti che sono soccorsi dalle ong, un conto è dimenticarti di un “numero" e ascoltare i racconti delle “persone", le tragedie e i sogni di quelle persone. E questo significa soffrire anche tu, annullare le distanze e capire che l'altro siamo noi. C'è quindi una ricerca a tutti gli effetti, oltre poi alla creatività e ai mezzi espressivi, c’è un interrogarsi continuo, un continuo prendere posizione e decidere ogni giorno da che parte stare, cosa non vuoi essere e cosa puoi e vuoi fare. In questo caso la mia pittura sono io, sono i miei stessi ideali in cui credo, è il mezzo artistico attraverso il quale io so esprimermi, ma non posso fare a meno di esprimermi, lo farei con qualsiasi mezzo, oggi stare in silenzio significa essere complici. Oggi il dissenso è un dovere. Lo diventa quando la democrazia è in pericolo, quando la nostra costituzione è inascoltata quando un sistema vince sulla giustizia.

 

MP Ci sono artiste che ammiri o da cui hai tratto o trai ispirazione?

 

Non traggo ispirazione da altri artisti o artiste ma perché cerco la mia unicità di stile, ogni artista deve essere unico, al di là che possa piacere o meno, deve lavorare sulla propria unicità, e sul proprio stile riconoscibile, quindi volutamente non mi ispiro a nessuno pur rimanendo affascinata da moltissimi artisti e artiste. Artiste che amo e stimo sì tantissime, per ogni forma d’arte, faccio solo qualche nome in pittura. perché sarebbe un elenco infinito, la grande Artemisia Gentileschi che è stata la prima donna a potere accedere a un’Accademia di Belle Arti considerata prima di lei appannaggio esclusivamente maschile, che ha subito violenze, tortura e un processo contro il suo stupratore, un’eroina moderna e che può insegnarci molto, oltre ad averci dato opere di una bellezza unica. Frida Kahlo, pittrice Messicana che amo molto, amo la pittura messicana e sono affascinata dal muralismo messicano, Amrita Sher Gil pittrice ungherese naturalizzata indiana, la sua pittura mi colpisce molto, definita la gemella indiana di Frida Kahlo, ma per me impropriamente, io preferisco vedere il suo stile come merita di essere visto come uno stile forte, potente e unico.

 

MP  Vuoi fare un augurio a chi  si occupa di arte, a chi crede che l'arte possa scuotere dal torpore, a chi sente il bisogno di credere che si possa immaginare e realizzare un mondo diverso?

 

Il mio augurio a chi crede che l’arte possa scuotere il mondo, a chi si augura che si possa in qualche modo immaginare e realizzare un mondo diverso, sì, se l’arte ancora oggi come in passato rappresenta una minaccia per ogni dittatura, che cerca di censurarla e quando non ci riesce asservirla al proprio potere, allora sì, significa che l'arte ha la possibilità di scuotere il mondo, di renderlo migliore, infatti è temuta da ogni dittatura che vuole farla tacere. L’arte è rivoluzione, verità, libertà e speranza.

 

 

 

Eloisa Guidarelli

 

 

Biografia

Eloisa Guidarelli nasce a Bologna, dove si diploma in grafica pubblicitaria e successivamente frequenta l’Accademia Antoniana d’Arte Drammatica, conseguendo il diploma di attrice, lavora come attrice e drammaturga e si afferma come pittrice esponendo alla prima personale nel 2011 presso il Circolo Artistico di Bologna, curatore della mostra Concetto Pozzati, presentazione di Vittorio Boarini, espone nuovamente con “Persona" al Centro per la Culura di Merano, dove cura personalmente l'allestimento,  all’interno della rassegna di Febbraio 2014.

Successivamente espone con la Personale “Le mille e una notte” (mille e una notte storie da dire per non morire) con una serie di opere che riguardano la tematica contro ogni tipo di violenza sulle donne, all’interno della rassegna "Estate in Piazza" Caltanissetta - Sicilia, Ex Circolo dei Nobili - Palazzo del Carmine - estate 2014, dove è anche curatrice dell'allestimento.

Espone ancora con la Personale "A Sud di Lampedusa" Ottobre/Novembre 2014  con dipinti che riguardano la tematica del viaggio dei migranti  e dei drammi di Lampedusa, inaugurazione e reading di Eloisa Guidarelli, brani tratti da “A sud di Lampedusa” di Stefano Liberti, presso Libreria Diari di Bordo – Parma.

6/06/2015 al 21/06/2015 Espone con la Personale “Santa o Strega – la tua paura, la tua preghiera” Velletri (RM) In contemporanea con la mostra fotografica “Impronte” di Marco Martini – Polo espositivo Juana Romani – Presentazione di Claudio Leoni – Inaugurazione con la partecipazione del gruppo musicale LONGBOW – Reading: Fabrizio Rinaldi – Palmiro Taglioni e Wladimiro Sist – dal blog maquis-eloisaguidarelli.blogspot.com .

21/11/2015 al 21/12/2015, Espone con la personale “¿Qué es la vida? ” Presso la Libreria Diari Di Bordo, Parma – Inaugurazione con presentazione delle Antologie “Sotto il cielo di Lampedusa – Annegati da respingimento” (Rayuela 2014) e “Sotto il cielo di Lampedusa II – Nessun uomo è un’isola” (Rayuela 2015) Reading a cura di multiVERSI: Bartolomeo Bellanova, Benedetta Davalli, Gassid Mohammed, Pina Piccolo, Met Sembiase, Gaius Tsaamo, con testimonianza di Abhram Tesfay del Movimento Eritrea Democratica.

16/06/2017 al 25/06/2017 (Velletri) Eloisa Guidarelli espone all’interno del progetto Alterità con “The Wall” in concomitanza con le esposizioni di Palmiro Taglioni scultore che espone “Le Donne con la Pietra” e Marco Martini fotografo che espone  “CHON” Introduzione Fabrizio Rinaldi, Claudio Leoni.


In memoria delle ragazze nigeriane morte al largo delle coste libiche recuperate prive di vita dalla nave Cantabria e sbarcate a Salerno, lo scorso 5 novembre 2017, questa personale di dipinti che tratta del dramma dei naufragi, delle guerre e dei viaggi della disperazione, vuole ricordare 26 ragazze giovanissime piene di sogni e ideali. 22/11/2018 Personale “26 Rose Bianche” Gipsoteca Vitali Cento (Fe) Patrocinio Anpi Cento e Amnesty International, presentazione di dipinti sulla tematica delle migrazioni.

2019 Espone al Sibari Art Festival di Matera Capitale Europea della Cultura per la Mongolfiera Festival Internazionale della Arti e della Cultura, sul tema “Memoria e Futuro” 

 

Collabora con riviste online e cartacee, La macchina sognante, La Mongolfiera, Centro Culturale Tina Modotti Caracas, Magazzini Inesistenti, partecipa alla Rassegna Ottobre Africano 2017 e 2018 a Bologna,  collabora con poeti, cantautori, giornalisti e altri artisti attraverso la proiezione delle sue opere o l’utilizzo dei suoi dipinti. Collabora spesso con associazioni per i diritti umani.

 

www.eloisaguidarelli.it sito dipinti

maquis-eloisaguidarelli.blogspot.com  Blog di scrittura

 

 

 

 

 

 

 


domenica 12 marzo 2023

Fantasmi Liberi

Foto Eloisa Guidarelli


 

Sono un fantasma libero, mi muovo nella trasparenza della mia non identità,  passi controcorrente in un tempo  fluido come acqua. Mentre cammino, scandaglio volti, le loro espressioni dipinte nella notte, i diritti scritti su cartelli bianchi come neve, sotto un Nettuno di una bellezza implacabile, Bologna nella sua luce gialla si avvolge come in  una coperta termica, su di noi un cielo blu tradisce una notte violata come una lampadina accesa, la rabbia non dorme.  Mi muovo tra la folla sinusoidale, sfioro cappotti, sguardi entrano dentro altri sguardi, ciglia bagnate dalla notte come aculei sensibili alle correnti marine, pare di avvertire il sale anche qui. Nuvole bianche escono dalle bocche come fiori di cotone sospesi nella notte, come fumetti con parole da inserire, adesso sono davanti, un anello del cerchio di persone e filmo. A piedi divaricati, ben piantata, sento il mio metro e sessanta di gioia per essere nel posto giusto, la mia femminilità non ha bisogno d’altro, l’anima si specchia e si ritrova nelle altre anime, nelle manifestazioni siamo tutti collocati al posto giusto, uno non esiste senza l’altro. E' uno stato di innamoramento, o di rivoluzione quello che ti attraversa, non importa, tu sai che sono la stessa cosa. Se sono stata felice è qui. Se sono stata me stessa è qui. Se sono stata rapita e incantata dalle persone e dai volti è qui e ora. Un eterno presente. Ogni volto è un dipinto. Ogni volto è passato, presente e futuro, le foto, vite eterne, capovolte nella mia mente, appesi i volti nella luce rossa della camera oscura dei miei pensieri. L’Eterno Ritorno. Riprendo con il cellulare, l’ho fatto con il caldo, l’ho fatto con il freddo, era notte, era giorno, l'ho fatto con una Nikon automatica viola, tascabile come una pistola da borsetta, l’ho fatto nelle grandi manifestazioni e nelle piccole manifestazioni, dove eravamo una folla, dove eravamo quattro gatti ma ci sentivamo una folla. Sono quella che riprende i fotografi che riprendono e loro ormai mi conoscono, i professionisti, mi lasciano lo spazio, capita che ci riprendiamo a vicenda come in un convenzionale saluto, in un duello, in una schermaglia amorosa, e obiettivi per un momento si incrociano come fioretti, dura lo spazio di qualche secondo, un rituale tacito, forse si chiedono per quale giornale lavoro, ma non me lo chiedono, amano questo mistero, credo li rallegri e si lasciano filmare in nome della democrazia, se devono attraversare il mio spazio mi chiedono scusa e lo fanno leggeri come gatti, per non intralciarmi. Tra me e chi parla pochi metri d’aria, riprendo ogni parola, le parole si fanno immagini, le parole per me lo sono sempre state. Dopo, a manifestazione conclusa, da fantasma senza padroni pubblico tutto sui social media, informo le associazioni per i diritti umani che erano presenti, che sono intervenute, che i filmati sono lì a disposizione possono condividerli, scaricarli, inviarli ovunque. Oggi siamo tutti giornalisti. Ma quelli che non fanno parte dell’albo sono liberi da censura, da tempi televisivi, da pressioni redazionali, noi invisibili possiamo inserire filmati integri in rete, senza che ne vengano estrapolati pochi concetti, montati ad arte o influenzati da politiche di testate e reti televisive. Noi non percepiamo stipendio, non abbiamo nulla e non possono toglierci nulla, non  siamo ricattabili, non siamo mossi da fili, siamo i fantasmi liberi dell’informazione, non accettiamo piccoli e grandi burattinai. Siamo Blogger.

Mi sposto tra le persone, mi tutela questa invisibilità, la stessa dei senzatetto, di quelli privi di bancomat. Insomma dei non schedati, faccio parte di un sommerso, eppure neppure i sommergibili vanno sottovalutati come i coccodrilli negli effetti a sorpresa. E così giro le spalle ai teleobiettivi, ai grandi falli puntati sulla folla e riportati ora con delicatezza sulla morbida pancia dei fotografi professionisti, soddisfatti come lo stregatto di Alice dopo il pasto. Mi allontano, un ultimo sguardo alle chiappe del Nettuno. Fiera del mio anonimato, come un tesserino che spillato sulla giacca mi autorizza a entrare ovunque per invisibilità imposta a livello sociale, la sensazione è quella di uscire da un incontro di pugilato dove hai vinto tutti i round con le scarpette rosa della danza, mi apro un varco a culo dritto, leggera e stronza come una ballerina, allo stesso tempo è la sensazione di chi fuggendo a gambe levate dalla polizia, si improvvisa senzatetto e può rallentare il passo, nessuno lo cercherà più perché ha finito di esistere e di avere un nome, la sensazione è essere felici di essere niente, ammiccare a se stessi perché l’ultima parola appartiene agli ultimi, perché a volte per essere liberi occorre essere niente. Goderne almeno i vantaggi del perfetto mimetismo. Potere anche dirsi sì non sono propriamente qualcuno ma l’ho voluto io, persino Ulisse ha dovuto dichiarare di chiamarsi “Nessuno” e questo l’ha salvato, come quando in un’ opera d’arte contemporanea si cerca un senso, e di qualsiasi cosa ti accusino, in qualità d'artista, tu rispondi che l’effetto era esattamente voluto, quindi il lavoro perfettamente  riuscito, ammantarsi  del fascino dell’incompreso, dell’artista dannato, del van Gogh ignorato e oggi adorato, ma che cazzo  era van Gogh pure in passato. E nessuno osa dire niente sulla merda d’artista, perché se lo fai miliardi di occhi della storia dell’arte presente, passata e futura ti scruterà con occhi di capocchie di spilli per dirti “E tu chi sei?” Chi sei rispetto all’immensità? Facendoti sentire  solo, depresso, finito dritto in un dipinto di Hopper.  Mi mescolo tra la gente, sono distante, sfoglio pensieri, come pagine di libri diversi, lasciati aperti, mi fermo a comprare in negozio uno spray al peperoncino, chi lo vende è un anziano che insiste a darmi quello fuxia, per le donne, una finezza di genere quando lo spruzzerò in faccia all’eventuale stupratore o inseguitore o cosa, si attarda a spiegarmi anche la tecnica, la scadenza, eccetera, forse lo avevo comprato prima della manifestazione, ma cosa conta in un flusso di pensieri, non importa il prima e il dopo, da una piazza affollata, il mio cuore segna il tempo, è l’orologio della stazione, c’è chi arriva e chi parte e chi vuole perdersi per sempre, chi da un cellulare dalla custodia rosa, a minuti,  condividerà la verità come bomba.