martedì 17 aprile 2012

Proposta indecente


Proposta indecente…


A un colloquio di lavoro dopo un periodo di disoccupazione che cominceremo ad annoverare nelle ere… perché chiamarlo periodo… è un poco prenderci per il culo tutti, un raffreddore dura un periodo, questa è una crisi… un tumore… si ha l’impressione di avere i giorni contati e non per finire in meglio, la notte chi non ha un lavoro e neppure più vent’anni si addormenta a fatica, la mattina si sveglia a fatica, questa è l’era del vivere il presente, ma non per una conquista filosofica di un pensiero nuovo, ma per un adattamento camaleontico, non si progetta un futuro che non si vede. In questa crisi, dove tutti presto o tardi vagheremo come Zombi finchè qualcuno per grazia non ci pianterà un paletto in testa, c’è chi sta bene, anche molto bene, c’è chi sta benissimo e chi sta di merda, non ci sono più le mezze stagioni e nemmeno troppe classi sociali, si riducono a due, i barboni e i ricconi, se non sei un barbone non rimanere perplesso perché allora sei ricco… e se ci sono i ricconi è perché ci sono i barboni, ci sono questa nuova specie di barboni, quelli con la casa, ma chissà per quanto, quelli che non lo hanno fatto per scelta di vita, quelli che non puoi relegare con una scusa, la gente che non arriva a fine mese, la gente che non si può curare, che non può mangiare, ma che è da prosciugare di tasse, è quella che serve perché la classe che sta meglio poggi un piede su queste schiene e possa salire sul suo trono, e se da una parte si sprecano favoritismi, nepotismo, scambi di favori tra eletti, nonché gratuità di studi e scuole prestigiose, auto blu, sanità gratuita, alberghi gratuiti, scambi di appartamenti, regali di case, dall’altra si sprecano suicidi, indebitamenti, come muffe si affacciano nuovi usurai e una quantità di subdoli personaggi che sfrutta l’onda di questa crisi, come? Anzitutto come in ogni guerra, in ogni miseria, c’è chi riesce a trarre il proprio vantaggio, non dimentichiamo le risate intercettate sul terremoto dell’Aquila, ma solo per citarne una, queste persone che vivono delle disgrazie altrui sono tantissime, perché poi questa disoccupazione si mangia gli onesti, e favorisce la disonestà, come si mangiano l’articolo diciotto, se lo lavorano un po’ con la lingua, avete presente la vecchia pubblicità di un cewingum dove un cinese faceva di questa gomma rimasticata in maniera nevrotica una sorta di fontana… di architettura incredibile, bene con l’articolo diciotto masticato velocemente davanti alle nostre facce fanno uscire un bel dito medio, tutto per noi e i nostri diritti e aprono i cancelli, sbaragliano, la peggio gente, i peggiori aprofittatori, accomodatevi, carne umana da umiliare, da usare, sfruttare… e cominciamo a vedere i risultati, il cancro dell’era dei disoccupati, la muffa, la cricca, i virus che si annidano nell’interno del water, si nascondono ovunque nel mondo, pronti a offrirti il lavoro del momento, l’offerta del giorno, prendi 3 esseri umani paghi due. Noi disoccupati, mandiamo non so quanti curricula in giro, invadiamo di mail ogni possibile offerta e attendiamo. Attendiamo. Attendiamo. Il periodo diventa Era… non glaciale ancora, ma di merda sì. E non è che sia meglio… All’una oggi ho un colloquio di lavoro, merda! Non sono abituata, come si faceva… Un colloquio dopo tanto tempo in cui non hai risposte è come un bombardamento a cielo aperto, una carezza dopo troppe botte, ti viene da scostarti, non sai se fidarti, annusi l’offerta, ma spesso non puzza. Ti dici, vabbeh se va male, mi sarò allenata ad andare, come i pompieri fanno le finte chiamate per addestrarsi, come le scuole ogni tanto fanno finta di dover evacuare… Se non è un buon lavoro, mi sarò allenata ad uscire, all’idea… Infatti almeno una chiamata di lavoro è sempre un passo avanti rispetto al nulla, uno si prepara all’ “eventualità”, si perché dopo tanto tempo tu non ti aspetti più un lavoro. Succede. Succede. In genere per l’ansia vai due ore prima, studi la zona, ti apposti, ti gratti, alternativa, arrivi tardi perché non sei abituato… e lì sono cazzi, io sono di quelle che arrivano prima, semmai arrivo tardi dopo quando ho il contratto… Mi aveva chiamato un uomo, un lavoretto da Promoter, cosa non si nasconde dietro questa parola… nel migliore dei casi ti dicono di dargliela in cambio di un lavoro, ma c’è il peggiore dei casi, trovarti a essere selezionata per lavorare praticamente gratis! Mi trovo davanti a uno Show-room, della ridente Bologna, che di rosso e di rivoluzionario ha solo vecchi ricordi un po’ stantii, del resto i comunisti in questa Era sono scomparsi come i dinosauri, mi si fa avanti un uomo, grasso, l’aspetto di un pappone, sudato, con una croce pacchiana e d’argento cristalizzata tra il suo pelo, ora, sono atea, ma diffidate degli uomini con la croce al collo,  non riuscivo a scostare l’immagine di quel povero cristo morto in croce tra irti peli sudati, dico, ma già è morto come è morto, certo, dovendo scegliere, meglio le donne che lo portano tra le bocce, una morte migliore, decisamente, comunque scosto lo sguardo e la mia blasfemia e lo lascio nella sua, l’uomo ansimando, dice il mio cognome e fissandomi con occhi increduli mi dice:
- “ Io avevo un colloquio con lei alle 13.00” , rispondo – Sono le 13.00 – Guarda un’altra ragazza e le ripete che anche con lei aveva appuntamento alle 13.00, poi si batte il palmo sulla fronte, provocando un incredibile stress al suo unico neurone dormiente e ci guarda spaesato,  decide poi con lento comando dal cervello che può essere un’idea sentirci insieme, così noi vittime sacrificali, seguiamo il pappone al piano alto, lo Show-room è ampio, pieno di vestiti, e qui comincia  a spargere la pastura di una sorta di mistura di stronzate per farsi credere imprenditore, buono, caritatevole, e imbastirci un abitino aderente di bava di lumaca in cui dovremmo cominciare a sentirci a nostro agio, i suoi occhi pallati si spostano dal mio volto a quello dell’altra ragazza nel tentativo estenuante di carpire dove stiamo cominciando a credergli o a bercela e dove può arrischiare qualche virtuosismo e spararle anche più grosse, mi sembra di avere davanti un acrobata che dopo essersi destreggiato in un incredibile numero, trattenga a stento una scorreggia, diventando un po’ paonazzo. Cerca di entrare nel personaggio e ci racconta della catena di negozi, del fatto che questo ha aperto da un anno a Bologna e di come sia difficile trovare una commessa in gamba e adatta per lanciarlo, senza la sua presenza, a cui affidare ogni cosa, minimo personale, minima spesa, massima resa, questi soggetti in genere cercano anche di suscitare la competizione tra i poveracci o le poveracce che necessitano solo di lavorare, ma questa competizione spietata la chiamano “fare squadra”. Ora io penso di averne viste tante e sentite altrettante, ma non potevo credere a quello che ci veniva proposto in quel momento.

“Dunque il lavoro consiste in questo voi siete promoter, ma non dovete stare anzitutto sulla soglia, ma siete delle promoter anche commesse, state dentro il negozio, vi fate vedere indaffarate… naturalmente, e quando capita dentro un cliente voi tentate di portarlo al piano di sopra, parlandogli delle nuove offerte, spiegandogli che il negozio è molto più ampio e tentando di fargli salire le scale, poi qualche altra commessa se lo lavorerà per la vendita, magari gli farà provare qualcosa in camerino, le dirà… “provi questo signora, si abbina con questo”, ogni persona che porterete al piano di sopra avrete un euro, anche se non compra, eh? Così, per portarcelo! Certo non potete portare qui su più di quattro persone, un euro e mezzo tre giorni alla settimana, il fine settimana un euro, sempre se riuscite a portarli sopra, una mezz’ora di volantinaggio fuori… ogni tanto, tre ore per tre giorni la settimana … Ah questo è il catalogo dei vestiti da donna, sono vestiti che vestono da 20 a 50 anni tutte le taglie…Vi lascio anche questo foglio leggetelo, leggetelo qui, qui ci sono scritte tutte le regole... ecco.

Ci passa un foglio con punti cardine sulle cose dette, in quali casi avremmo meritato l’euro e mezzo e non seguo più di tanto, è un bene che ci voglia un porto d’armi, credetemi è un bene, perché la carne è debole e io se avessi avuto una pistola forse l’avrei usata, il mio viso era una mappa di desolazione, avevo le labbra sospese sulla parola fanculo e sentivo che aveva un peso, che questo fanculo me le faceva leggermente tenere semiaperte nell’incredulità, pensavo di non avere capito bene, che mi sarei svegliata, devo avere capito male… si senz’altro…

Il sacco di merda chiuso con la collana a croce interruppe un attimo la nostra sosta, fissavamo incredule quel foglio, “ecco naturalmente chiedete pure, onestà, dite con onestà, eh? Quello che dovete dire, io amo lo scambio, se avete suggerimenti… onestamente…

La parola onestà stava sulla sua bocca come una rosa su una cloaca, se io parlassi con onestà… perderesti lo scalpo con un rutto, se io ora dicessi quello che mi passa per la testa, persino quel crocefisso d’argento ti manderebbe a fare in culo e scenderebbe di lì, perché c’è un limite anche ai miracoli, ma mi dicevo, forse hai capito male.

-         Si, in effetti ho una cosa da chiedere, queste tre ora che passiamo qui tre volte alla settimana e possono aumentare eccetera… bene, parliamo però di un fisso, nel senso, più un euro o un euro e mezzo a seconda di chi io riesca a sequestrar… a convincere a salire… intendo…

E quello stercoraro appallottolando la sua palla di merda di riserva, mi indica… “è scritto sul foglio vede, no, non posso dare fissi, per un fisso andrei io in centro a dare volantini…”

Lo guardo con occhi di fuoco e sto per sparargli a muso duro:

-         E vacci coglione!

Ma la disoccupazione prolungata ti dà un certo equilibrio, ribolli dentro, ma attendi, diventi uno stratega, diventi paziente, ma la vita ti passa davanti, la sua vita.

- No, vede, è proprio così, tre, quattro ore al giorno, per tre giorni alla settimana… un euro, un euro e mezzo, niente fissi, ma se riuscite a portarmi su un po’ di gente… pensateci.

E che cazzo c’è da pensare se non a come eliminarti! Lo stercoraro, prende il suo fogliettino di regole e se lo mette via, parla di iniziale contratto di collaborazione, pavoneggia un possibile futuro di commesse a partita iva, insomma delira… e nel suo delirio, sentendoci ormai perdute, improvvisa e si gioca il colore che non ha, bleffa, azzarda:

Ah!! Ma quello di promoter può essere un periodo, breve, tra l’altro, poi si può diventare commesse! Fisse in negozio! – Fisse non significa posto fisso… ma fissità delle commesse.

Intervengo – Fisse? Quindi immagino cambi il contratto, trattandosi di 8 ore al giorno, si parlerà di uno stip….

Stercoraro – No! (Alla parola stipendio gli sudano i testicoli, riprendendosi, queste donne d’oggi sono dure a capire!) – No, certo, a ogni due abiti venduti la commessa avrà il 10% su ciò che vende, ogni due abiti, perché uno non vale! Non conta… capite per uno…

Mi sono girata di scatto perché sentivo alla mia destra le voci come Giovanna d'Arco, ho capito che potevo pure diventare pericolosa, ennesimamente la sua parola gettata lì, come sudario:

Pensateci, possiamo fare un periodo di prova?

-Prova? E che cazzo proviamo? Usciamo in strada ad accalappiare gente, li mandiamo a calci nel culo o con ogni lecito mezzo al piano di sopra per un euro? Vieni al piano di sopra ci sono altri abiti e ti faccio vedere anche il pelo, ma se mi faccio guardare le tette al piano di sopra ci vieni? Perché se ci vieni mi prendo ben un euro e mezzo! E con le donne, come le convinco, che i vestiti fanno cacare! Ogni sequestro un euro, non parliamo poi della dignità, perché salgo di grado, faccio la commessa gratis, gratis 8 ore al giorno e se vendo quei due vestiti da nonna che hai in magazzino, mi piglio ben il dieci per cento? Se mi chiedeva di dargliela l’avrei disprezzato di meno! Ma si rende conto questo alieno che ho davanti a sudarmi che persino il cristo che ha al collo gli fa il gesto dell’ombrello, si rende conto che la gente non entra in nessun negozio e noi in tre ore di addescamenti non potremmo guadagnare che tre euro in tre ore? Ma poi… ma poi… questo mette lì un foglietto di poche regole, come la costituzione di Marte e pretende pure che accettiamo il delirio che gli è passato per la testa mentre il suo neurone giocava a ping pong da solo nella scatola cranica del suo cervello.

No, grazie, le rispondo subito, almeno io, preferisco fare la libera barbona, è una nuova professione, l’euro e mezzo me lo danno gli altri come carità e nel frattempo non sono neppure obbligata a sostare in questo negozio di merda, posso grattarmi un po’ il culo, con tutto rispetto e andare non vestita elegante a chiedere "per favore" quello che lei mi concede, e scommetto che guadagnerei più soldi, avrei voluto poggiargli un’ anfora di letame sulla sua scrivania, ma come le viene di fare una proposta del genere? Ma dove è finita la sua vergogna, che persino la vergogna si vergogna di appartenerle e così senza vergogna mi fa questa proposta di lavoro? E vuole che ci pensi un po’ su, vediamo, perché no? Lavoro gratis, gli lancio il negozio… beh, però vede, se volevo lavorare gratis trovavo lavoro, sa? Ecco in quel caso non c’è crisi, no, non c’è, sa?  Quindi diciamo che il colloquio finisce qui per me.

E lo stercoraro ha avuto persino il coraggio di chiedermi se uscendo volevo magari dare un’occhiata al catalogo, ai vestiti, comprare qualcosa… di blaterare che ricercavano anche altre figure.

Pensi, sono una persona curiosissima, sa? Ma non in questo caso.

E di questo pezzo chiedo umilmente scusa allo stercoraro, che fa un nobilissimo lavoro.


sabato 14 aprile 2012

Personale



Seduzione - Acrilico su tela - Equilibrio - Acrilico su tela

Dove siamo con il dolore a parlare all’ombra che sovrasta i muri sincronizzata al nostro passo. Avevo i sentimenti chiari, esposti come organi in una teca da trapiantare nella tela, un padre all’anagrafe che mi respirava sul collo, attendevo un processo sotto luci al neon, avevo le labbra sigillate, le tue parole mi tornano ora daccapo come onde, distanti le une dalle altre, e tu parlavi di ambiguità e tabù, e il sangue mi colava giù per la schiena perché tu di me sapevi di più. E poi io non so cos’è accaduto, era come una battaglia, vedevo spade incrociarsi, armature sopra i corpi, teste volare, scivolavano serpenti ai lati eppure tutto era calmo, quando ho capito come sarebbe stato avere un padre. Di conseguenza quello che era un istante si è trasformato in eternità. E com’è stato per te dare? In un processo la cosa più difficile da sopportare è quella di sentire più volte il tuo nome, perché da te stessa ti fa allontanare… Come non ne facessi più parte, come fossi una cosa e non una persona, e così la sessualità. La cosa più pesante in un processo è essere niente senza sentenze, la cosa più disarmante in un processo è persino l’assoluzione quando viene dopo il tuo nome, qualcosa di concesso, e così ho preso la mia anima tra le mani, come fosse un diploma, un’attestato, come qualcosa di meritato perché avevo studiato. Non avrebbe avuto senso dire cosa ne pensavo. E’ sufficiente avere trovato un maestro, avere capito questo, come il resto. Non possono inquinarmi l’anima. Ma non si può dimenticare chi sa chi sei e ti risparmia la fatica di spiegare, perché lo vede così chiaramente da se’. Balbettarti grazie aveva persino meno senso, non c’è neppure troppo spazio per l’educazione, quando ti travolge la passione, qualcuno che ti dice come devi lottare, il dolore si è appoggiato sul dolore, come le labbra sulle labbra, come le labbra su un sapore, come la lingua a fermare il sangue che mi colava dai tagli di ogni definizione esatta, le rose perdevano il loro colore, donne ricche e labbra di silicone, ti muovi come una farfalla che ha scambiato un vetro con l’aria, resti a galla, come un ragno d’acqua, un fatto di peso, non affondi e pattini sull’idea del dolore, volevo fare l’amore, per andare oltre, per fermare la morte forse, per dipingere ancora, volevo uscire con le mie tele, che mi seguissero passo passo, in fila indiana, volevo portarti dentro come un pensiero tremendo pronunciare il mio nome da sola e sapere che non mi appartengo. I miei quadri hanno risposto tanto quanto, erano nudi con me al fianco, il resto era superfluo, i miei quadri a mio avviso sanguinavano, la gente si imbrattava le scarpe ma non lo vedevano, i miei quadri sorridevano, amavano, odiavano, tradivano, forse giocavano o restavano o fuggivano o provocavano o seducevano o spiavano o traducevano, non so se si sentivano parte di una corrente, del resto neppure io so come ci si sente.  E poi la gente è uscita con il mio sangue sotto le suole, la gente è uscita ben vestita, con lo spumante dentro lo stomaco e sentimenti usati da riciclare alla prossima occasione.




martedì 3 aprile 2012

Perchè?



Perché?

Qualcuno dall’Inghilterra scrive sul socialnetwork più in voga che c’è : “Ciao, hai una sexi foto per me?” No, non ce l’ho beccati questo, però:


Io in piazza ci andrei subito, ci andrei ora e ancora finche’ il fatto di non avere un lavoro e un futuro non sia un mio senso di colpa nero e oscuro che mi mangia da dentro le budella e i sogni, che la notte quando mi addormento, piango lacrime amare, che di tutte le notti che ho pianto in silenzio e con poco rumore, nasceva un mare grande, forse, se era protesta, un mondo migliore. Non questo orrore e questo silenzio, leggevo sul social network più in voga che c’è dell’eutanasia di un cane, come parlasse con te, gli occhi enormi in una foto  prendevano tutto lo spazio, dando l’immagine dell’immensità che può avere la fiducia, la bontà, ringraziava il padrone e lo rassicurava che era stato felice, lo esortava a trovarsi un altro compagno di giochi, sapeva, e gli infondeva fiducia, che ancora avrebbe trovato l’amore, tirato un'altra palla lontano, sentendosi sempre un “padrone”, felice e amato. Padroni della vita di un altro, della gioia di un altro, dell’amore di un altro, del destino di un altro. Ma io negli occhi di quel cane non leggevo tutto questo, ma una parola semplice, banale, atroce: “Perché?” Mi è mancato il respiro ho cominciato a singhiozzare davanti a un socialnetwork di seni, bocche e facce, e una chat che come sonda irriverente, come uno schiaffo mi raggiunge: “Ciao, hai una sexi foto per me?”, “no non ce l’ho … Vaffanculo, fatti una sega, del mio dolore certo non ti frega, scattati una foto ricordo all’uccello e spera che qualcuna lo trovi anche bello, mettila come foto profilo che sei una testa di cazzo sicuro!”. Ho altro per me. Io in piazza ci andrei anche adesso, certo da sola non è un grande fatto. C’è chi si brucia davanti al parlamento, davanti a una fabbrica che l’ha licenziato. Bruciare per bruciare, meglio farlo come Giovanna D’Arco con la colpa di un altro e avere combattuto fino in fondo, magari le hanno dato della Santa e poi della Pazza e poi della Santa, ammiro che lei abbia creduto alle voci, a quello che sentiva, a quello che veniva, a 15 anni su un cavallo, a 15/16 anni a capo di un reggimento. Certo è normale, la morte ieri e la morte oggi hanno una fascinazione tutta speciale, devo ammettere che quando appoggio la testa sul cuscino rifletto spesso tra me : “Almeno da morti non servono soldi”. E’ incredibile come nella mia vita, io, che non ho mai guardato al denaro con fascinazione, tutt’altro, mi sono sempre trovata a chiederlo, mi è sempre mancato, non sono neppure abituata ad averlo. Cos’è il denaro che sei costretto ad amare… Perché altrimenti come mangi? Come sfami tuo figlio o il tuo cane o il tuo gatto, e come ti curi senza il denaro e come li curi se non hai denaro, e come ti vesti se non hai denaro e come puoi aiutare tu stessa chi non ha denaro se non hai denaro e cosa faresti per il denaro e cosa non faresti senza il denaro, il denaro ti da' una posizione e la posizione un’identità, se hai il denaro sei rispettato molto di più di chi non ne ha, se hai il denaro hai potere e il potere è seduzione, il potere è ragione e persino la giustizia può prendere strade diverse se è il denaro che ti serve. Se dici che disprezzi il denaro, allora forse disprezzi il lavoro, il decoro, allora forse sei un parassita, un ipocrita. Però è chiaro che il denaro ti cambia, che ti trasforma, che c’è un abisso in profondità su chi ce l’ha e chi lo chiede. Però la dignità è sorella gemella della morte, non si fa comprare, e la dignità l’ho vista più spesso scolpita in chi non aveva, in chi chiedeva, e l’arroganza trovava suo agio nel volto più avaro di chi la sfotteva e la denigrava. Del denaro non voglio parlare, ma solo del diritto di lavorare, di avere un futuro e pari dignità. Siamo messi come in Grecia ma non siamo in piazza perché? “Scusa hai una sexi foto per me?” “No, non ce l’ho!”, la morte sorride spesso a fianco del depresso è l’amica più solidale quando la vita non ti può capire o stare ad ascoltare, anzitutto la morte se la ride della tomba che costa di più e tu sorridi a tua volta, la parità allora è laggiù, la morte se la ride persino della tua età, e infine la morte arriva sul dolore più acuto, la morte ha pietà, ma la vita, la vita ti strizza le budella e ti fa sanguinare, la vita ti ributta sempre a terra, la vita ti sa davvero condannare. Abbiamo un alto numero di suicidi, perché? “Scusa avresti mica una sexi foto per me?” “ No, non ce l’ho”, quello che non ho… dice una bella canzone di Vecchioni… quello che non ho è un lavoro, quello che non ho forse è persino un amico o un amica. Veri. Quello che non ho è un amore normale, quello che non ho è una casa, quello che non ho è una scusa, quello che non ho è il futuro, quello che non ho è una folla in piazza con cui gridare, quello che ho è la paura, quello che ho è la solitudine, quello che ho è la rabbia, quello che ho è una gabbia, quello che ho ancora è la voglia di non arrendermi, di non fare vincere il potere peggiore, quello che mi succhia la vita, le ore, la libertà, la democrazia, che mi impedisce di andarmene via, di avere una vita normale e perché no sentirmi “speciale”, se un uomo si suicida perché non ha un lavoro é l’intera umanità che perde possibilità, è l’intera umanità che ha guardato il suicidio, deglutito, e commesso un omicidio, in verità. Perché se un gesto come questo non ha eco quell’uomo è come morto in segreto, invece ha fatto un gesto plateale e non si deve dimenticare, aveva il dolore nostro, la nostra solitudine, e quello che ha fatto non è da disprezzare, neppure da imitare, ma rispettare sì, rispettare il dolore di chi non ce l’ha fatta a dirsi che “andava bene”, che domani era un altro giorno. Forse sarebbe stato lo stesso giorno, forse era un giorno di troppo. Com’è ridotta l’umanità, l’essere umano che parla attraverso la morte? Perché pensa sia l’unica voce che possa arrivare, il silenzio. Che controsenso. Di quale società stiamo parlando? Che cosa sta accadendo? Il minimo sarebbe essere tutti in piazza. “Scusa avresti mica una sexi foto per me?” “No, non ce l’ho” Sarebbe il minimo, sì, lasciamo stare che il suicidio non merita messa, infatti, merita rivoluzione, perché chi muore per questi motivi muore per una ragione, non si abbassa lo sguardo a questo, non ci si volta dall’altra parte, non si dice “non mi riguarda”, non ci si illude dicendosi “era solo, era disperato”, perché tutti almeno un giorno nella vita lo siamo. Tutti siamo tutti. Uno non significa niente. Uno non significa niente. “Scusa non è che hai una sexi foto per me?” “No, non ce l’ho”, ogni epoca ha avuto le sue droghe ne hanno usufruito le persone più dotate, gli artisti in quantità, perché non parlare di questa droga qua, questa del social network più un voga che c’è.. “Avrest…” “Basta!” Ci distrae, ci fa scherzare, non c’è nulla di male, ci fa collezionare facce, ho un insolito pensiero quando faccio un giro al cimitero, mi riesce un parallelo con facebook, tante foto profilo vicine, una accanto all’altra, nient’altro… Adesso inutile toccarsi tutti i maroni, solo un fatto di osservazioni… e poi di qualcosa bisogna drogarsi e adeguarsi! E’ il progresso, la velocità, la curiosità, gli amici che si fanno… già ma questo già l’ho detto, niente di male in questo, tutti possiamo smettere quando vogliamo, vero? Lo so, spesso me lo dico pure io. Succede però che nel frattempo mi accontento, di rapporti epistolari, di frasi brevi e contatti di pochi minuti, di chiamare amico chi non ho mai visto in faccia e potrebbe persino venire da marte, si mi accontento di quello che non mi sarebbe bastato tempo fa quando avevo davvero il controllo di me, di ciò che accadeva alla mia città, alla mia nazione, condivido la foto di Sacco e Vanzetti son morti per noi quei due poveretti. E noi ora che si fa?