Social Network
Siamo al principio della fine, alla dittatura perfetta, alla fine della comunicazione, all'isolamento totale nel sociale, nel Social Network, alla sostituzione di parole appropriate che neghino e rassicurino su un fascismo di ritorno, CPR "Centri Per Rifugiati" , sostitutivo di Lager. "Respingimenti" , quanta eleganza ma sono "deportazioni”, Accordi Internazionali per gestire l'immigrazione, strette di mano con i torturatori, deleghe a tortura, sevizie, ricatti in denaro ai parenti, delega di assassinio e volo di stato per i trafficanti, ma solo quelli veri, sia chiaro, eppure tutto questo era, se non erro, sotto le promesse fatte, di lotta ai trafficanti. Ci commoviamo per il genocidio in Palestina ma compriamo i droni da Israele, con quelli setacciamo il mediterraneo per i respingimenti, per collaborare con Libia e Tunisia e le peggiori dittature, con quelli sorvoliamo Gaza in cerca di Palestinesi , gli ultimi palestinesi in una caccia all’uomo spietata. Un passato che torna reinterpretato, comunque anche la mafia ha sempre ucciso con il sorriso. Si ma questo cosa c'entra con i social network? Tutto. Si parte da lì. Siamo partiti da lì per arrivare qui. E se certo non vogliamo dargli la responsabilità diretta, gli va riconosciuta una innegabile “utilità" . Una perfetta banca dati, un ampio recinto gratuito e ripagato da tanto "ego" per comunicare con tutto il mondo. Ma comunicare come, ed è comunicazione? Fino a che punto lo è. In realtà è più informazione che vera e propria comunicazione, informazione controllata, manipolata e gestita attentamente. Se parliamo di comunicazione scritta e soprattutto possibilità di essere letta senza che un "algoritmo" sempre più governativo e di stato, manipoli le mie possibilità di visualizzazione e normale iterazione. Un meccanismo per il quale siamo partiti dalla curiosità di guardare dal buco della serratura, tra foto e fatti privati, amicizie e frequentazioni altrui, e siamo finiti per annoiarci persino del nostro Voyerismo, quando "postiamo" qualcosa di nostro, finiamo per essere interessati a noi stessi, spesso i relativi "mi piace" sono concessi per un senso del dovere tra followers, (mamma mia negli anni ottanta mai avrei pensato di esprimermi in questo modo, avrei certamente ricevuto un ceffone da Nanni Moretti), la quantità vale la qualità, ma la cosa più grave è che anche fossero dei reali consensi, espressione di stima o di riconoscenza "del bello/a" del “bravo/a" o espressione di sincera simpatia, resta il fatto che in questo meccanismo sempre più perverso, finiamo per essere interessati a noi stessi molto più che agli altri e riguardando in maniera ossessiva, compulsiva i nostri post, le nostre creazioni, noi stessi alla specchio. Peggio, ci guardiamo attraverso gli occhi degli altri, ma la trappola è lì in agguato nella frequenza, dipendenza, fino a quando senza neppure accorgercene, riusciremo a vederci e sentire solo attraverso lo sguardo altrui, solo attraverso il giudizio altrui. L'attenzione altrui. Vivremo in pubblico anche il nostro privato, il nostro privato sarà pubblico e non avremo più un "privato". E sempre più condivideremo ogni cosa fino a non avere più neppure una privacy, ci fotograferemo con i bracciali chirurgici da letti di ospedale, in gruppi familiari in vacanza, ovunque con sorrisi stereotipati, fotograferemo il cibo, le vie e lo spazio che attraversiamo, persone, animali, cose, feste e ricorrenze, manifestazioni e Memoria, forse non ci sarebbe alcun male in questo, se non fosse che arriveremo al punto di volere vivere tutto questo che è la nostra vita per fotografarla, usciremo con gli amici per farci una foto con gli amici, sceglieremo di andare a cena per mangiare e sentire il gusto dei cibi e fotografarli, faremo sesso per avere un orgasmo o per fotografare un orgasmo o come accade ora per raccontarci un orgasmo, portarci a eccitazione in chat che poi ognuno farà da solo, poca spesa e maggiore resa, senza rischi, fino a quando una foto non sarà più per ricordo, per rendere immortale un momento, ma perché altrimenti non sapremo viverci il presente, senza fotografarlo non potremmo attraversare quello spazio, o avere coscienza di quel tempo condiviso, inoltre non lo staremo davvero né vivendo, né attraversando, lo staremo solo mostrando perdendoci quei sentimenti che solo lo sguardo, prima della fotografia, potrebbe farci vivere dandoci quelle emozioni, poiché colte per noi stessi, da noi stessi. Ma in questo gioco di annullamento e obnubilamento la fotografia diventerà l’unico sguardo, la condivisione la sola comunicazione. Arriveremo a non essere in grado di respirare se non riusciamo a scattare una foto del nostro ossigeno, a non andare di corpo se non scattiamo prima foto al cibo, condividendo con tutti, in modo che la digestione possa realmente avere atto? Eppure in tutto questo mancano quei passaggi che ci portano ad avere coscienza di noi, e quei passaggi mancano perché senza altri occhi, senza seguaci e followers noi finiamo per non esistere. E’ come non fossimo in grado di vivere la nostra esistenza senza altrui testimonianza, prova diretta della nostra esistenza, sinceramente difficile pensare a un lavaggio di cervello più raffinato di questo. Ma questa è realmente una sana condivisione, o è piuttosto una schiavitù, ci siamo consegnati a un giudizio di gogna mediatica che oggi ti innalza e domani ti insulta, ma che comunque governa la tua giornata, poiché si frappone di continuo al tuo giudizio, alla tua obiettività e che lo faccia con sirene suadenti o con un linciaggio mediatico, siamo sicuri che cambi qualcosa? Poiché siamo giudicati dai numeri, quanti like? Quanti followers? Sono numeri, un video che posto piace a un numero, un commento che scrivo e rendo pubblico e apprezzato e accolto da un numero, attenzione perché in questo gioco io sono un numero che attende l’approvazione da un numero, e cosa succede quando l’umanità si riduce a numeri? E’ il capolavoro dell’annullamento identitario, in carcere siamo numeri, nelle guerre siamo numeri, nelle stragi, nelle tragedie e negli ospedali siamo codici a barre, e se c’è annullamento identitario, non ci saranno sentimenti in gioco, almeno non quelli migliori. Dal momento che siamo comunque lì esposti a giocare a quelle regole comunicative che tutto sono eccetto comunicazione, che tutto sono fuorché amicizie. Tant’è che siamo soli ancora di più, certamente di più da quando siamo tutti qui. Ma quando io non sento se non fotografo, quando io non vedo se non fotografo, quando io non vedo e non sento se non condivido o posto, quindi se non “attraverso gli altri", cosa accade realmente? Un calo di empatia. I sentimenti non servono in questa operazione, è meccanica, istintiva, ma paradossalmente, condividendo tutto, non condivido niente, perché i sentimenti umani hanno bisogno del rapporto umano, dei rapporti umani, i nostri occhi hanno bisogno di guardare dentro altri occhi, di rapportarsi di continuo con l’umano, quando togliamo l'umano, togliamo la possibilità di provare empatia. Ecco come si può arrivare alla terza guerra mondiale, ai nuovi lager, al genocidio in Palestina, alle stragi in Sudan, ovunque nel mondo, il social network è formulato, studiato per creare una dipendenza e una assenza dal reale, è un anestetico sociale, un deresponsabilizzante, è un gioco compulsivo, tende a sostituire i rapporti umani, le amicizie, l’amore, il sesso, perché qui è tutto più facile, è tutto a portata di mano, qui si crea e si distrugge senza impegno e responsabilità, qui cessa l’umano. Quindi ci hanno consegnato uno specchio, lo hanno chiamato Diario e siamo diventati gli artefici dei nostri più completi e particolareggiati dossier. Abbiamo notevolmente facilitato il lavoro di poliziotti e sociopatici, (l'associazione è puramente casuale) probabilmente il nostro follower più obiettivo potrebbe essere solo un serial killer, lui o lei sarebbero felici di incontrarci comunque, che la nostra foto profilo coincida o meno con la nostra età, il nostro sesso o le nostre rughe. Perché loro non ci giudicano, a loro magari basta ucciderci. Per il resto fuori da questo contesto la nostra vita sociale è in grave pericolo e quasi estinta. Prima c'era la vita, reale, vera, e la comunicazione reale e vera, poi ci sono state la comunicazione e la vita reale e i social network, in qualche modo una linea sottile ma tracciata li distingueva, ma piano, piano, algoritmo dopo algoritmo, mi piace dopo mi piace, blocco dopo blocco, sblocco dopo sblocco, segnalazione dopo segnalazione, confini della privacy sempre più labili, siamo arrivati ad oggi, dove il virtuale è entrato di prepotenza nel reale semplicemente perché come "Alien" si è fatto strada nel nostro cervello, e come avrebbe fatto? Semplice, questa è diventata la comunicazione primaria, per tutto o quasi, lavoro compreso, relazioni comprese (se si possono ancora chiamare tali), per metafora è stato come quando immetti nell'ambiente una creatura infestante o aliena più forte che prima o poi fa estinguere le altre, ed eccoci al capolavoro della nostra estinzione come esseri umani, oh certo non ci siamo ancora, sicuri? Perché io vedo comunque un buon inizio. Quindi il nostro problema, credetemi, non è il granchio blu, ma il blu più profondo, quando il nostro pc durante l'invio di un qualsiasi documento ci chiederà di digitare una sequenza di numeri e lettere, con scritto di default "prova che non sei umano". Del resto il lavoro le macchine ce lo stanno già togliendo e questo è cominciato molti anni fa con i primi computer, oggi non c'è spazio per gli esseri umani che poi sul lavoro quando ce l'hanno ci muoiono, quando una macchina, un robot, un software può fare ciò che richiedo senza costarmi beghe legali e denaro, o pretendere legalità e diritti umani nonché diritti sul lavoro o la malattia, le ferie, tredicesime, cause in tribunale, assenze, cosa converrà a una azienda? La fascia più debole sarà spazzata via, gli artigiani non esisteranno più, ma anche i professori, i maestri, i chirurghi, poiché l’intelligenza artificiale avanza e avanza per necessità dei più forti e dei più ricchi. Tanto l'umanità anestetizzata sta nei social network grazie ai quali posso vendere telefoni sempre più grandi e costosi capaci di immagazzinare sempre più dati e creare sempre nuovi social network, fonte di pubblicità e soprattutto dati e controllo, dati economici, di orientamento politico. E siamo all'intelligenza artificiale d'un balzo, senza ancora neppure avere capito bene come influirà esattamente nelle nostre vite, non credo porterà più lavoro di quanto ne toglierà a molti. Senza contare che daremo gli stessi potenziali strumenti a ogni mente, geniale e ben disposta a non nuocere a nessuno come psicopatici ben disposti a nuocere a chiunque, daremo lo stesso potenziale a ladri, assassini, stupratori, pedofili eccetera. Ma questi discorsi oggi li fanno tanti, li fanno tutti, li fanno in molti e non cambia nulla, vero, assolutamente vero. Infatti volevo parlare di cose quotidiane e tangibili e rare tipo un appuntamento non virtuale, cosa accade? Lo sappiamo gestire tutti come prima? E la sessualità? Pensiamo di essere come prima? Già mi pare di sentirli quelli che "Ah, certamente io ho sempre distinto la vita reale da quella sui social, io non li guardo mai, io li guardo quando ho tempo, ma dipende come lo utilizzi, a me serve per lavoro, bisogna adeguarsi ai tempi, basta farne buon uso... eccetera eccetera" Quando sento questo, anche uscire da me stessa, mi sembra quasi che stia facendo una vita più reale chi si fa di crack, perché almeno lui ne è cosciente. E "smetto quando voglio" ce lo si dice entrambi. Si è una dipendenza, mondiale, globale, internazionale, grazie a Musk, satellitare. In questo caso però non apparirà la scritta sui social network che pure dovrebbe apparire "nuoce gravemente alla salute" mostrando persone lobotomizzate, investite da macchine o treni o schiantate contro pali , o cadute in cascate per postare una foto su instagram, come nulla potrà tutelare un minore soprattutto quando l'adulto è più assuefatto di lui. Qual'è il problema quando ci troviamo a gestire rapporti nel reale? Rapporti che siamo abituati a gestire sui social network, come prendere atto del fatto che improvvisamente abbiamo i nostri 4 amici se va bene e non esistono i nostri 5000 e rotti followers? E che magari anche i nostri quattro amici si sono rotti di noi e non sono neppure quattro? Eppure questa è sempre stata la realtà, come scoprire senza traumi che non siamo "vip" ma persone che fanno fatica a mangiare, o lavorare o gestire la vita che non è sempre sorridente come in un selfie? I lutti, le crisi come le gestiamo se non lo scriviamo a tutti? Come posso morire se non lo scrivo o lo fotografo? Come posso essere malata se non lo condivido da un letto d'ospedale con tutti, solo così ne ho coscienza. Bel casino, eh? Soprattutto la scoperta di essere soli e che siamo solo noi con noi stessi, senza quella folla che ci approva o ci abbraccia o ci rifiuta anche, ma con la quale ormai ho creato un unico mostro a 5000 teste? . Per questo bisognerebbe uscire da tutti i social network, per questo non lo faremo mai. Non siamo più soli neppure dentro di noi, ci hanno tolto l'autonomia di pensiero. Il capolavoro della dittatura perfetta, la manipolazione totale e mentale, collettiva e persuasiva, rassicurante e massificante. L'alienazione, divide et impera, facendoci credere l'esatto contrario, ovvero di essere persone "sociali" ma siamo nella solitudine più totale. Ma chi non è dentro? Esiste chi si è sempre tenuto fuori. Esiste e ha tutta la mia stima, è una mera illusione anche tentare di combattere da dentro, combattere cosa? Una rassicurante bugia di felicità? Una bolla di sapone? Anche questo rischia di essere un alibi. Siamo nel mondo tossico del virtuale e le sue tossine invadono la nostra mente, come la percentuale di plastiche nel nostro sangue. Siamo inquinati, dipende solo a che livello, quale resta la percentuale sopportabile per condurre sopravvivenze normali. Chi è fuori è solo, ma è reale. E può fare quella che chiamiamo "resistenza" ma con i limiti di chi è fuori, non plagiabile da quell'altro mondo, ma subendone l'indiscutibile barriera che lo divide da molti, se ti dicono "questa è la nuova comunicazione" anche se non ti piace la cosa finirà per "riguardarti" se non come "incluso", come "escluso".
L'incontro tipo nel reale:
Ci sto andando, sto andando a incontrare una persona reale, ho scelto un posto pubblico, pieno pomeriggio, perché che ne so, metti che questo sia un maniaco, o magari non è neppure quello nella foto, io invece si, beh certo la mia foto migliore, questo concedetemelo, in fondo una volta anche le foto si ritoccavano con il pennello, era il primo photoshop, un altro lavoro rubato dall'era moderna, non posso fare altro che sorridere tra me pensando all'ironia, tante menti eccellenti per arrivare a questo progresso di comunicazione sui Social Network e tornare in realtà esattamente a quando i nostri nonni e bisnonni andavano a sposarsi con una fotografia in mano, con le stesse paure di non piacersi reciprocamente, con le stesse insicurezze e speranze, come avere girato in tondo, insomma, essere tornati nel passato per chiamarlo presente, non solo, ai tempi delle diapositive, almeno chi è della mia generazione non può dimenticare l’orrore che poteva attendere ognuno di noi dal ritorno delle vacanze di amici o parenti, che regolarmente ti invitavano a vedere le diapositive delle vacanze, per chi le aveva fatte momento eccitantissimo di scorci e ricordi da rivivere, per chi era invitato a vedere la vacanza a muro, una noia mortale, con l’obbligo di fingere meraviglia. E cosa ha fatto il progresso per noi oggi? Instagram! E’ come se tutti guardassimo le foto di tutti per l’eternità, non solo di amici e parenti ma di perfetti sconosciuti, ma qual'è il miracolo? Che non solo ci piace ma non ne possiamo fare a meno. Mi chiama la mia migliore amica al telefono che da quando ci sono i social network non vedo più, ma siamo rimaste identiche ad anni fa, senza una ruga naturalmente, mi chiede ansiosa se l'ho già visto, di farmi una foto con lui, e se poi la chiamo e come mi sono vestita, parlo concitata tenendo come è usuale il cellulare orizzontale poggiato sui polpastrelli della mia mano aperta con il microfono vicino alle labbra, e quando sto per salutarla, qualche buontempone mi ha appoggiato un bicchiere sopra di un qualche intruglio da lui appena bevuto. Cafone! Manco fossi una cameriera a un party! Quanto tempo è che non vado a un appuntamento, cerco di tranquillizzarmi, dicendomi che non so neppure se lui piacerà a me, quindi perché preoccuparmi del fatto di piacere o meno a lui? Un momento ma lui esiste? Inoltre non si può piacere a nessuno se non si irradia autostima, e se manca devi costruirtela nel tempo che impieghi per raggiungere chiunque, è fondamentale perché chi non si piace non può piacere, a proposito penso a quel coglione che mi ha tolto un "mi piace" da una foto solo perché non ho accettato di incontrarlo, adesso lo elimino, no lo blocco anche, no magari lo segnalo e lo blocco, era più semplice quando ci si mandava affanculo di persona. Una semplice sola parola. Atroce queste immagini di bambini morti, devo segnare con un cuore? Istintivamente lo farei, ma aspetta, prima guardo se lui segue me, altrimenti non metto il cuore. Porto tutti nello stesso Pub a Bologna, non dirò quale, i camerieri cominciano a guardarmi con sospetto, solito atteggiamento patriarcale, se lo fa un uomo il sorriso che gli aleggia sotto i baffi è da piacione, se lo fa una donna è un sorriso come a dire "lo sapevo, una zoccola" , sono la prima ad arrivare, la prima, eppure sono puntuale, è un narcisista, i narcisisti tendono ad arrivare tardi, così impari a sopportare e subire dal primo appuntamento, testano senza perdere tempo la tua resistenza. Nel frattempo il tempo lo perdo io, poi non mi va di fare questa figura o dargli questa soddisfazione, e se fosse già qui? La foto profilo potrebbe non essere quella, il fatto che non lo vedo non significa nulla, magari mi sta spiando, esco dal locale e vado a farmi un giro, arriverò in ritardo di qualche minuto. Esco e circumnavigo il locale sentendomi come Woody Allen in uno dei suoi film. Torno, lo vedo, è lui anche di spalle lo riconosco, un sesto senso, le spalle mi piacciono, sarebbe meglio restasse così, si gira, è bello, cioè almeno è quasi come fosse nella foto, ed è un uomo come nella foto, certo anche lui con qualche ruga e a disposizione entrambi i profili, l'onda che me lo porta avanti è data dallo slancio immediato delle sue gambe e da un sorriso senza incertezze che mi fa capire che quanto meno neppure io sono stata un trauma per lui. Ci sediamo dopo esserci baciati nell'aria a simulare le guance. Improvvisamente mi sento a disagio perché è una distanza alla quale non sono abituata, inoltre il suo volto non è fisso come in una foto profilo e io, lo ammetto, la fissità mi rassicura, insomma non sono abituata a comunicare con un volto munito di mimica, mi crea un po' d'ansia il fatto che mi stia parlando di ciò che gli piace, quando in genere basta cliccare su una faccina o sul dito a pollice, o su un cuore, cavolo adesso le faccine sono io, ma mica posso rispondere con la mia faccia a faccine, o fargli con le dita il simbolo del cuore sembro scema. Per altro mi rendo conto di avere un deficit di attenzione, come avessi bisogno di pause, ero abituata in chat, ad alzarmi, farmi da mangiare, pisciare e tornare, farmi un bidet prima, apparecchiare o guardare più profili e rispondere simultaneamente, ottimizzare il tempo, ogni tanto capitava di scambiare le chat, capita vero? Poi si scopre che è come interrompere una telenovela per qualche giorno, in realtà puoi riprendere a guardarla senza neppure bisogno del riassunto, anche in chat spesso non si accorgono neppure che gli hai inviato qualcosa destinato a un altro, basta restare sul "generale" come quando si è a letto chiamare tutti "tesoro" o "amore". Stai concentrata, stai concentrata, lascialo parlare, ascolta. Cazzo, non so più ascoltare, non posso stopparlo, non è un reel, è reale. Non posso neppure bloccarlo, poi non se lo meriterebbe, non posso neppure usare la scusa che non mi funziona internet, non ho uno schermo davanti ma una persona, è troppo lento, mi annoio, ha superato di gran lunga i tre minuti da quando ci siamo visti! Lo devo ascoltare tutto fino alla fine perché compaia la visualizzazione? Non posso manco andarmene e lasciarlo parlare perché se ne accorgerebbe, certo, merda è reale, beh allora posso seguirlo e assentarmi mentalmente restando con una faccia in modalità “attenta”. No se mi parla di lui da piccolo, muoio. Se chiede a me taglio corto non ho avuto un'infanzia, sono nata così, adesso. Mi chiede all'improvviso "Ma scusa che fai?", con una faccia talmente incredula che penso di essere improvvisamente nuda, mi rendo conto invece che avevo fatto un gesto nell'aria, il gesto del pollice che utilizzo per uscire dall'argomento, per chiudere una pagina virtuale, mio dio ho appena provato a depennare una persona reale con un colpo di pollice dal basso verso l'alto, e il trauma è che è rimasto. Comunque è grave, mi rendo conto che è grave, il mio smartphone è lì sul tavolo, come il suo, due revolver appoggiati, due scatole da dove siamo usciti, per annoiarci qui, occhi negli occhi, senza i tempi giusti, senza sapere gestire il tempo, non so gestire il tempo nel reale, è più lento, dove metto le mani, se non digito, come uso un linguaggio non verbale ormai atrofizzato... divento insofferente, ma cerco di nascondere l'attacco di panico che mi sta prendendo, come faccio a sapere se la luce di questo locale mi dona, mi sta guardando sotto ogni profilo, può scegliere dove guardare, non sono più io a selezionare le mie parti di corpo gradite alla vista, concesse al pubblico, non posso neppure gestire la privacy qui , non posso mettere solo per amici, oddio sono in pubblico senza averlo potuto decidere, sono in pubblico dal vero e non sono tra amici. L'attenzione, ma cosa mi sta offrendo lui per mantenere l'attenzione! Non c'è neppure una musica che accompagni, che so, le sue azioni, sempre la stessa immagine che mi guarda e cerca qualcosa dentro di me, ma cosa vuole, cosa vuole da me? Abbiamo ordinato, per fortuna una interruzione e ci portano da mangiare, fotografo il piatto prima, lui sorride "ti piace il risotto?" Come faccio a saperlo se non lo fotografo prima? Non lo sa questo che oggi la prima digestione non parte dalla masticazione ma dalla foto? Lo stomaco digerisce se vede la foto, é così un po' per tutto. Il sesso mi manca, c'è anche chi si fotografa prima di fare sesso perché altrimenti non capisce che lo sta facendo o con chi, poi molti per evitare inutili complicazioni, imbarazzi, preliminari che hanno un tempo interminabile, fanno sesso online, preferiscono, in fondo parliamo con noi stessi e facciamo sesso con noi stessi, quasi tutti, infatti anche le chat erotiche a pagamento sono in crisi, quasi chiunque trova modo di chattare e masturbarsi gratis con qualche padre o madre di famiglia che ha bisogno di distrazione dalla pesantezza del matrimonio o anche solo della convivenza, rarissimo adesso incontrarsi per il sesso, neppure per amicizia, figuriamoci amicizia, diciamo è rimasta un po' l'abitudine sul lavoro, ma il covid con il lavoro da remoto ha portato una grande innovazione, si può lavorare da casa. Insomma trovarsi a bere qualcosa per conoscersi dal vero è arcaico e quasi sempre inutile e deludente se non pericoloso. Il nostro primo senso è diventato la vista, mi sono truccata bene gli occhi, ma mi imbarazza e riesco a guardarlo poco, se ci fosse la sua foto invece di quella faccia che non smette mai di muoversi tra occhi e labbra e bocca, sarebbe più semplice, il nostro primo senso era la vista adesso è la foto, persino la nostra vista è in modalità foto, obiettivo, dobbiamo scattare tutto con gli occhi, non guardiamo più, non osserviamo più, lo facciamo già postando, non sono stata realmente in una città se non l'ho fotografata, ma appena la fotografo diventa reale perché è reale solo ciò che condivido. Perché vedo se fotografo. Forse un giorno scaricheremo le immagini direttamente dagli occhi, si ci arriveremo certamente, magari lo brevetterò io stessa, non posso avere un orgasmo se non fotografo prima il mio orgasmo condividendolo con tutti, non posso ammalarmi, morire, non accadrebbe davvero senza una foto, ma anche le tragedie, genocidi, bambini morti in guerra, donne stuprate, o uccise, non mi arriva nulla se non vedo foto, non posso certo rendermene conto solo perché leggo una notizia, anche perché chi legge una notizia senza foto? Siamo seri, la foto è la mia realtà, senza foto non c'è realtà. L'immaginazione? Se posti una foto dell'immaginazione allora immagino. Nessuno legge un testo di qualsiasi tipo senza una foto. Ormai nessuno di noi potrebbe vivere senza social network, perché ci hanno dato tutto a km zero e zero responsabilità, odio, amore, lavoro, amicizia, tutto nei nostri followers, e se un follower dovesse lasciarti ne trovi un altro che problemi non ha, come cantava la Carrà. Ad esempio posso cancellare chiunque dalla mia vista senza spiegazioni, bloccarlo senza la polizia, insultarlo e minacciarlo con un finto profilo, lavorare come influencer, non fare un cazzo ma fare un sacco di soldi, invece di morire di disoccupazione nella vita reale, intanto il telefono che ho accanto manda notifiche e suoni e io vorrei prenderlo, quanto vorrei prendermelo e scorrerlo e toccarlo ed entrarci dentro ed assentarmi da tutta questa pesante realtà, e godere, godere, godere di me stessa, potrò decidere in quale realtà vivere, no? Mentre qui non posso neppure decidere di mettermi off line per poi guardare i messaggi di chi mi interessa ma senza essere vista come una assatanata dipendente, e qui come gioco al ghost che non sono mai stata così visibile, senza contare vestirmi, truccarmi, alzare il culo e uscire mentre gli altri sono tutti là dentro e io sono l'unica fuori. Mi dicono che non è comunicazione, mi dicono che rende non empatici, sarà meglio non soffrire per nessuno, no? Tutto scorre veloce, siamo informati di tutto, basta distinguere le fake, però ci fa sempre meno male, avremmo mai prima dei social network, ad esempio, taciuto su un genocidio, o sopportato i femminicidi, o accettato ogni tipo di guerra e crimine di guerra, il ritorno del fascismo, la morte dei migranti in mare, voglio dire come potremmo sopportare tutto questo se fossimo rimasti fuori, fuori dai social? Sarebbe stato insopportabile, inaccettabile, avremmo avuto desiderio e istinto di trovarci, di difenderci, avremmo ancora quel pericoloso senso di collettività, quelle pericolose idee di rivoluzione. Ci saremmo trasmessi sentimenti! Idee, ideali. Pericolosi stati di coscienza ci avrebbero attraversato e costretti ad agire, con il corpo, con i fatti, con il tempo reale e gli spazi, Invece così possiamo farcela, in fondo postiamo le manifestazioni, anche quelle per i diritti umani, che altrimenti non esisterebbero, perché tutto esiste solo se condiviso, possiamo sopportare e supportare tutto e tutti da qui, da qui. E fa meno impressione, c'è meno dolore, meno impatto, siamo talmente abituati a vedere tutto e di tutto, abbiamo una tale valanga di informazioni e tragedie che siamo assuefatti, si ci rendiamo conto, certo, ma fa meno male. E soprattutto dura poco, il tempo di guardare una foto, il tempo di leggere un titolo di giornale, non oltre, notizie lampo, ferite lampo, lutto lampo, dolore lampo, empatia zero. Ci stiamo salutando, ho riposto alle sue domande come Spock, frasi brevi e compiute, senza sentimenti, adesso saluti e baci, mi dice che è stato felice di conoscermi, illuso, che potremmo rivederci, ma io rispondo "Si certamente, grazie, allora ci si vede in giro su instagram o facebook" Finalmente me ne esco con il mio telefono in mano non ci siamo fatti neppure una foto insieme di conseguenza questo incontro non c'è mai stato.
Più che fine, dovrei scrivere la fine, mi sono resa conto di quanto la cosa fosse grave quando ho visto apparire in profili instagram psichiatri di fama mondiale, postare brevi reel di lezioni di psicologia, ma come, pensavo che solo loro potessero toglierci da qui, salvarci, mentre ci sono addirittura finiti dentro, per raggiungerci? Per lavoro? Per una psicanalisi in tempo o in pillole? Finiranno anche loro per non poterci ascoltare più di tanto per deficit di attenzione? Le sedute saranno brevi reel a distanza, e condivisi ovunque? Dunque non ce l’ha fatta neppure Freud.
Ps Se riscontrate deficit di attenzione, forte disagio quando vi trovate in pubblico, o a gestire un qualsiasi appuntamento, se non provate interesse o curiosità verso l’altro e fate fatica ad ascoltare, se non siete più attratti dalla lettura e non riuscite a leggere oltre poche righe, se non riuscite a interessarvi a qualsiasi testo che non sia accompagnato da un’immagine fotografica, se non riuscite a guardare un film senza prendere in mano il cellulare ed entrare nei social network, anche durante la pubblicità, se non riuscite ad andare in bagno senza il cellulare, se al primo avviso di notifica qualsiasi cosa stiate facendo buttate l’occhio al telefono, se non riuscite a trovarvi fuori con amici senza scattare una foto di gruppo che lo testimoni, se non riuscite a mangiare senza fotografare un piatto, se non vi eccitate senza scattare o volere fotografare di continuo la vostra o il vostro partner, se condividete gli eventi ma non andate a nessun evento, se quando manca la rete diventate nervosi, ingestibili, intrattabili e dovete farvi di rete a costo di rubare e uccidere, se dopo esserne usciti e avere resistito per molti compleanni in un gruppo di disintossicazione da social network, aprite un profilo nuovo sotto falso nome, rischiando la morte per overdose di rete maltagliata, se scoppia la terza guerra mondiale, perdete gli amici veri, la vostra vita e il vostro lavoro è in crisi, c’è un genocidio in atto, una ecatombe climatica e il Mediterraneo è diventato una tomba, ma il problema è che non prende, allora siete malati, rivolgetevi al centro più vicino, cominciate la disintossicazione, e siccome ogni grande rivoluzione parte da se stessi cominciate con l’alzarvi in piedi e ammettere la vostra dipendenza. Questa volta non ci salverà un hashtag.