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A modo tuo non sono io.
sabato 8 ottobre 2016
Non intendiamo dimenticarci di Emmanuel Chidi Nnamdi
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Quaestio - Eloisa Guidarelli - 2016
Non intendiamo dimenticarci di Emmanuel Chidi Nnamdi
Riflessioni: Non intendiamo dimenticarci di
Emmanuel Chidi Nnamdi (Eloisa Guidarelli)
1
ottobre 2016La
macchina sognante, La
macchina sognante num. 4, RiflessioniAmedeo Mancini,
Appello
su Change per Emmanuel, Chinyere, Emmanuel
Chidi Nnamdi, Il
Giornale, Libero,
odio razziale,
omicidio
Emmanuel
Chidi Namdi e la compagna Chinyery erano arrivati al seminario vescovile di Fermo lo scorso settembre, fuggiti
dalla Nigeria dopo l’assalto di Boko Haram a una chiesa. Nell’esplosione erano
morti i genitori della coppia e una figlioletta. Prima di sbarcare a Palermo,
avevano attraversato la Libia, dove erano stati aggrediti e picchiati da
malviventi del posto. Durante la traversata, Chinyery
aveva abortito.
Il Fatto
Quotidiano
”Chimiary
é stremata, distrutta, inconsolabile. Qui nel reparto rianimazione dell’ospedale,
le stanno proponendo la donazione degli organi di Emmanuel, per dare la vita,
magari, a quattro nostri connazionali… Lui, Emmanuel, che era scampato agli
orrori di Boko Haram nella sua Nigeria; con lei, la sua amata compagna, era
sopravvissuto alla traversata del deserto, alle indicibili violenze della
Libia, alla tragica lotteria della traversata del mare. Da noi si aspettava
finalmente umanità, protezione ed asilo. A Fermo, nella mia “tranquilla”
provincia, ha invece incontrato la barbarie razzista (…) L’hanno ammazzato di
botte dopo averlo provocato, paragonandolo ad una scimmia (…)». Con un post
drammatico pubblicato su Facebook (che in poche ore è stato diffuso centinaia
di volte sl web), Massimo Rossi, ex presidente della provincia di Ascoli Piceno,
ha raccontato la storia di Emmanuel Chidi Namdi, 36enne nigeriano morto dopo
una violenta colluttazione con un italiano avvenuta a Fermo, nelle Marche il 5
luglio . Il responsabile dell’attacco, identificato Amedeo Mancini.
Il
Corriere della Sera.
Anpi
provinciale di Fermo
Era
intervenuta anche l’Anpi provinciale di Fermo, per ricordare come Emmanuel e
Chinyery, “nostri fratelli e compagni, vittime delle persecuzioni e delle
guerre civili nel loro Paese” sono anche “vittime della violenza fascista e
razzista in Italia”. Perché, sottolinea l’Anpi, i “due cosiddetti cittadini
italiani” coinvolti nella brutta vicenda sono “noti da tempo alle forze dell’ordine
come ultras ed elementi della destra fascista”, “stupidi pericolosi sicari
generati da un clima di intolleranza, di paura e d’odio innescato volutamente
da quanti pensano di far leva sulle angosce e i timori della gente in difficoltà
per avvantaggiarsene politicamente ed economicamente”.
Da Il Fatto Quotidiano
Eloisa Guidarelli
Sappiamo
poi che quella scelta di donare gli organi Chinyere l’ha fatta, in quelle
condizioni, con quel dolore e in quel poco tempo che si ha quando succedono
queste tragedie e si deve anche rispondere con lucidità, magari allo stesso
tempo cercando di non svenire, di non farsi venire un colpo al cuore, eppure
lei lo ha fatto questo gesto di grande umanità, e donare gli organi significa
salvare vite, a prescindere da razza, sesso, nazionalità, significa salvare
vite. Lei l’ha fatta questa scelta, questa donna che abbiamo visto straziata al
funerale del suo compagno, si erano scambiati da poco la promessa di
matrimonio, avevano sogni e vita davanti, sogni e vita! E avevano diritti,
diritti umani che sono stati calpestati, ignorati. Erano stati accolti dalla
fondazione Caritas per richiedenti asilo, perché provenivano da una dittatura
che già aveva segnato pesantemente quelle due vite. Era stato lo stesso don
Vinicio Albanesi a unirli in matrimonio, in maniera «non regolare» vista la
mancanza di documenti dei due giovani. E purtroppo per queste dinamiche
burocratiche, non essendo ancora regolarmente sposati, il desiderio di Chinyere
e il suo gesto importante di consenso all’espianto d’organi non si è potuto
attuare. Ma per noi rimane un gesto, un gesto incredibilmente importante e vorremmo
non dimenticarcene. Forse quel gesto è ancora più forte proprio perché reso
impotente, dalla burocrazia, dalla legge stessa che regola la donazione degli
organi. E ricordiamo che neppure la famiglia di Emmanuel avrebbe potuto dare il
consenso, perché Emmanuel e Chinyere se ne erano andati dalla Nigeria dopo l’assalto
di Boko Haram ad una delle chiese cristiane del posto: nell’esplosione erano
morti i genitori della coppia e una figlioletta. Quindi non c’erano parenti che
potessero dare consenso all’espianto venendo incontro al gesto di Chinyere.
Dolore che si aggiunge al dolore, impotenza che si aggiunge a impotenza, ha una
lapide provvisoria Emmanuel, altre questioni burocratiche, la burocrazia non si
ferma, dovrebbe ritornare in Nigeria, sembra dalle informazioni raccolte che
anche Chyniere abbia difficoltà a visitare quella tomba perché per essere
tutelata è stata trasferita a Pescara, in un centro dove nessuno può
raggiungerla e insultarla.
E certo
il resto è sui giornali, il resto di cosa? Tutto quello che ancora senza
conoscere esattamente i fatti, senza aspettare l’evolvere delle indagini o i
risultati dei Ris, giornalisti con solo lo scopo di vendere la notizia e di
istigare odio, di dividere, hanno buttato in pasto a tutti, presunte ritrattazioni
di Chinyere, su chi brandiva o meno un cartello stradale. L’assassino è così
diventato vittima, nel breve tempo di dichiarazioni e testimonianze, così
attendibili, che oggi gli stessi Ris stanno smentendo basandosi sulle indagini,
perché i Ris non sono di parte, indagano, è il loro lavoro, i giornali, spesso
invece lo sono, e si dovrebbe aprire un capitolo persino su cosa è legittimo
che i giornali possano pubblicare se guidati solo da orientamenti politici.
Quando penso a persone che soffrono, non penso, come si è espressa certa
stampa, all’aggressore di Emmanuel che sta dimagrendo in carcere, penso a
Chinyere, penso al suo dolore, al fatto che non possa neppure visitare la
tomba del compagno, non è sicura, è esposta a insulti, è un rischio. Lei l’ha
fatta la scelta di donare gli organi, un gesto di umanità in questa disumanità, una
verità in questo scenario volgare di bugie e strumentalizzazioni politiche e
istigazioni al razzismo da più parti, dove la vittima diventa il carnefice in
base a sommarie indagini, in base a notizie raffazzonate, perché bisogna
mettere tutti contro tutti, alzare muri, e allora diventa un orientamento
politico contro l’altro. Emmanuel e Chinyere?
E la
verità? Perché io da cittadina che voglio essere informata sui fatti a seconda
del giornale che leggo devo farmi un’idea diametralmente opposta in base all’orientamento
politico della testata, dov’è il giornalismo vero che riporta la notizia dei
fatti? Ho letto tutto e il contrario di tutto su questa vicenda, ma ci sono
fatti chiari, molto chiari al di là delle indagini, gli insulti razzisti, la
difesa da parte di Emmanuel della propria compagna e poi di se stesso. Certo,
si sarà difeso. Si sarà anche difeso, ma non si è difeso abbastanza da
sopravvivere: è morto Emmanuel. Due fatti sono inconfutabili: la morte di
Emmanuel e il test del DNA realizzato dal Ris sul cartello stradale che non ha
riscontrato tracce biologiche di Emmanuel, mentre ha rilevato tracce biologiche
del suo aggressore. E’ stato fermato per strada, insultato e ucciso, sarà il
processo a stabilire la successione dei fatti, possiamo solo attendere le
prossime indagini, ma da cittadini credo che dovremmo comunque indignarci,
indignarci del fatto che qualcuno possa offendere gratuitamente, gravemente una
donna che passa per strada, strattonarla, una persona che dovrebbe essere
rispettata, una persona più debole, fragile, che ha diritto a essere accolta e
anche protetta, un diritto inalienabile che ha una donna di qualsiasi
provenienza a non dovere subire insulti per strada, offese, in questo caso
aggravate dal razzismo.
Dobbiamo
indignarci per la morte di Emmanuel, perché un uomo che è scampato
miracolosamente a condizioni di vita insostenibili nel suo paese viene a morire
qui, per mano di un altro uomo accecato dall’odio razzista. E se pensiamo di
vivere in un paese civile questo non possiamo accettarlo, perché nel momento in
cui lo accettiamo, soprassediamo, pensiamo che non sia più importante certo di
altre tragedie da cui siamo colpiti ogni giorno, che è un fatto tragico in
mezzo a fatti tragici, allora siamo responsabili, allora uccidiamo anche noi.
Uccide oggi il silenzio. E si alzano muri oggi molto facilmente, è facile
quando ci sono persone che hanno già alzato quei muri dentro di loro. Dopo
questi fatti le persone si sono schierate, responsabile anche un pessimo
giornalismo che non dovrebbe esistere, e anche solo verso chi prendeva le
difese di Emmanuel, ci sono stati attacchi a dire poco vergognosi e razzisti
sui social network. Ci sono invece persone che umanamente, non si sono poste
tanto davanti a fatti processuali, ma hanno provato indignazione davanti alla
morte di un uomo che non aveva cominciato alcuna lite, che stava passeggiando
liberamente, era certamente lontano da lui il pensiero che quello era il suo
ultimo giorno di vita, perché avrebbe dovuto pensarlo? Aveva i sogni e la vita
davanti, come tutti noi. Si può morire per malattia, si può morire per
incidente, ed è già atroce così la vita, ma se questo vuole essere un paese
civile non si può morire per omicidio, per la rabbia del primo che passa, perché
qualcuno ha deciso che oggi sfogherà tutto il suo odio su di te e sulla tua
compagna: non è accettabile, non intendiamo accettarlo. Non intendiamo
dimenticarci di Emmanuel, perché oggi dimenticarci di Emmanuel costituirebbe un
precedente molto pericoloso, un messaggio subdolo troppo rischioso da fare
passare, ovvero che “un nero” si può uccidere per strada perché tanto non si
finisce neppure in carcere, perché tanto ci saranno le condizioni, un sistema
compiacente, che farà in modo che chi è l’assassino diventi la vittima, e
chiameremo “Ultrà” un razzista, perché sembrerà meno grave, chiameremo “ultrà”
un assassino, perché sembrerà un “peccato minore” . Saremo abili con le parole.
Su questo fatto grave, pesa una responsabilità di tutti, il non dimenticare,
non lasciare correre e volere la verità, nient’altro che la verità dei fatti e
pretendere una giustizia per un omicidio.
Non so se
siamo una minoranza che desidera l’accoglienza, che prova dolore forte e indignazione
verso questi fatti di una brutalità agghiacciante. Me lo chiedo spesso, in
quanti siamo, in quanti siamo per l’accoglienza, per i diritti umani, per la
giustizia, per la verità, in quanti siamo? Non ho risposte ma sapremo tenere
viva la Memoria di Emmanuel e pretendiamo la verità processuale non dai
giornali di parte, ma dalla giustizia. Pretendiamo diritti umani per tutti,
pretendiamo che le persone che vengono qui, da noi in Italia, siano protette,
non uccise per la strada, desidero cominciare a parlare di “persone”, non di
bianchi e neri, migranti, profughi, quelle sono condizioni, tristi condizioni,
che se avessimo “memoria” di un passato, dovremmo ricordarci di avere vissuto.
Ma io oggi desidero parlare di persone, con la bellezza e il senso che ha
questa parola, perché per me Emmanuel era una bella persona, con un futuro
davanti e voleva solo vivere sereno con sua moglie Chyniere. E questo mondo
senza lui e senza altri come lui, è un mondo peggiore. Ogni atto di
ingiustizia, ogni omicidio, ogni abuso del più forte sul più debole, rende
questo un mondo peggiore. E a chi pensa è solo uno, ce ne sono tanti, tanti
morti, perché lui? Perché l’attenzione su di lui, io rispondo cominciamo da
lui. Cominciamo da Emmanuel, e finiamo di non sentirci parte in causa di nulla,
se abbiamo una coscienza allora abbiamo responsabilità, forse sarà più doloroso
il mondo così, ma ci apparterrà di più, perché ne faremo parte.
Oggi,
dopo essere stati “bloccati” dai giornali che avevano orientamenti politici da
difendere, più di Emmanuel e della verità, oggi, chiediamo ancora di sostenerci
per una importante petizione, nata per ricordarci di Emmanuel, e per
abbracciare come possiamo Chinyere, perché l’Italia non la lasci sola, perché
il mondo intero non la lasci sola, tutti possono sostenerci per la richiesta di
una Sala di Medicina a Bologna, creata su change.org, alla Memoria di Emmanuel
Chidi Nnamdi. Facciamo diventare realtà il gesto che Chyniere aveva fatto, quel
gesto così importante, che è stato un esempio di grande umanità partito da lei,
facciamolo noi. Un gesto che nessuna verità processuale potrà cambiare, un
gesto umano sulla disumanità che non va dimenticato, possiamo farlo, possiamo
fare questo, ricordare Emmanuel per sempre. Perché non dimenticare significa
anche non ripetere. Non occorre essere da una parte o dall’altra politicamente,
non è questo, occorre essere umani. Ricordo che il nostro non è un discorso
politico, quello lo lasciamo ai politici e ai giornali, il nostro è un discorso
umano e di pretesa giustizia e verità e questa è una petizione al di là di ogni
presa di posizione politica.
Avremmo
anche voluto rispondere da cittadini su un giornale, esprimere il nostro punto
di vista, presentare questa petizione, ma anche la morte ha una sua attualità,
come il pesce fresco sul bancone e c’erano morti più recenti, del resto si
muore sempre, c’erano atti terroristici, foto di bambini morti anch’essi
strumentalizzati per la vendita dei giornali, foto di cadaveri, e allora ti
fanno capire che c’è morte e morte: c’è una morte da prima pagina e una che non
vende più. C’è la macchina bene oliata della notizia che ha supremazia sulle
altre, c’è la gara a colpi di tragedie, tragedie che fanno incrementare
vendite, c’è un’attenzione breve, anche sui social network, siamo tutti “tutto”
ma per pochi giorni, non è colpa nostra, ci sono troppi morti, ci stiamo
abituando, sono numeri. Forse quando la morte non avrà una scadenza come la
carne e il pesce, e al di là di ogni atrocità, dalle guerre, ai desaparecidos,
agli atti terroristici, ai morti per tortura, ai terremotati, ai femminicidi,
agli omicidi, forse quando ogni persona sarà riconosciuta come persona e non
per la vendita di una notizia, allora potremmo scoprirci come “umanità” e
potremmo dare a ogni persona il giusto valore e la giusta importanza. E allora
non avremo problemi di precedenza, attualità, perché riusciremo a ricordarli
tutti, a non dimenticare proprio nessuno, forse per questo oggi possiamo
cominciare da qualcuno. Se a noi passasse il concetto fondamentale che “l’altro
sono io” non potremmo mai dimenticarci di nessuna morte per ingiustizia,
semplicemente perché significherebbe dimenticarci di Noi.
Stiamo
rendendo questo mondo un labirinto di muri e frontiere dove siamo e saremo i
primi a perderci del tutto, stiamo subendo una divisione che ci è imposta,
senza renderci conto che prendere le distanze dalla sofferenza, non significherà
non essere i primi a esserne prigionieri. Stiamo limitando la libertà altrui,
non rendendoci conto che così ce la stiamo noi stessi negando, vogliamo essere
liberi, liberi davvero? Allora non abbiamo altra scelta che decidere di essere
i più forti, ma per fare questo ci si unisce contro i poteri forti, non si
lascia che questi ci dividano, forse chi fugge da dittature potrebbe farci
scorgere dittature che i nostri occhi non sono più abituati a scorgere. Forse
potremmo scoprire dittature compiacenti e sorridenti, tranquillizzate dal fatto
che le nostre battaglie nascono e muoiono sui social network.
Quando
gli uomini permettono che si alzino muri per dividere, significa che quei muri
erano già dentro di loro, quando gli uomini alzano muri fanno prigionieri da
entrambe le parti.
Eloisa
Guidarelli
E qui il
link all’appello
apparso dapprima ne lamacchinasognante.com per una Sala di Medicina alla
Memoria di Emmanuel, che abbiamo poi portato sul sito delle
petizioni Change. Anche su Change l’appello ha purtroppo subito una
battuta d’ arresto, possibilmente da collegare alle notizie false e tendenziose
riportate da alcuni giornali. Proponiamo i link agli articoli apparsi su “Il
Giornale” qui
e qui
“Libero” qui
sia a luglio, subito dopo l’omicidio, sia nelle settimane successive, in
cui sono state diffuse notizie prive di fondamento, come quella della presunta
ritrattazione di Chinyere rispetto alla dinamica e sequenza dei fatti. Tale
notizia è stata smentita dal Procuratore della Repubblica di Fermo che
si è premurato di comunicare che Chinyere non era stata sentita una seconda
volta dopo il primo interrogatorio e non poteva quindi aver dato una
diversa versione dei fatti., vedi qui
– Ma inutile aspettarsi da certi media la ritrattazione di una
notizia falsa: come ci insegnano molti politici, qui e a livello
internazionale, l’importante è creare consenso attorno a un’idea, che sia
errata o meno non importa, tanto anche se costretti a smentire (cosa che non si
sentono minimamente in dovere di fare, contravvenendo a una pur minima
etica di giornalismo), quello che rimane impresso nella mente delle persone è
la prima notizia acquisita.
Pina
Piccolo
Eloisa
Guidarelli è
nata e vive a Bologna, diplomata in grafica pubblicitaria, lavora e si afferma
come pittrice, attrice e drammaturga. “Come artista sfioro sempre il sociale,
in quanto la mia pittura nasce dai miei stessi ideali, da un’idea di
rivoluzione che possa partire dalla pittura per arrivare a colpire nel profondo
dell’animo umano, scelgo di privilegiare l’universo femminile, perché ne
desidero il riscatto sociale, le mie tematiche non vogliono mai essere accuse
ma fotografie sui fatti del mondo”.
Foto
in evidenza, quadro di Eloisa Guidarelli.
Foto
dell’autrice a cura di Eloisa Guidarelli.
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