lunedì 4 ottobre 2021

Codice 3

Eloisa Guidarelli - Foto Gianfranco Murru




 

 

 

Codice 3

 

E dire cazzo, che io ero davvero per la “pace nel mondo”, ma non me lo hanno mai chiesto. Strano, ero la ragazza della porta accanto, non ci credete? Chiedete al mio vicino di casa! Comunque sia, devo tornare ad anni fa, come fosse soltanto ieri, per raccontarla con spregiudicata sincerità! Me ne stavo in un noto acquaparco,  nel quale ho lavorato anche come bagnina, come si concerne una vita da miss con il fare la bagnina? Beh anche le miss mangiano. E comunque io la "Miss” l’ho fatta una volta per gioco, la bagnina invece era un lavoro sicuro, serio, ex sincronette. Non torna?  Ero una bagnina con un' innata eleganza nelle bracciate, innata eleganza nelle immersioni, e dove il mio occhio vagava scorgevo gesta di aiuto, che ricambiavo con un saluto. Ero nell’eleganza del nuoto una sorta di Ester Williams, soprannome che mi fu anche affibbiato, insieme a “Bambi”, in una fase precedente al mio sviluppo, quando appunto mi accingevo a danzarci nell’acqua non a salvare vite, mi limitavo a incantarle soltanto. Bambi, nacque perché ero tutta occhi, niente seno e niente curve, in acqua,  incorniciata da una cuffia, trucco pesante su palpebre di tredicenne, le mie allenatrici vedevano solo enormi occhi scrutatori arrossati da cloro, stanchi dopo tre ore in acqua di allenamenti, occhi supplici e impotenti. Bambi! Quindi ero Ester Williams in acqua ma sapevo rispondere come uno scaricatore di porto all’occorrenza e non mi dispiace se ho distrutto un’immagine idilliaca, eterea, femminile, idealizzata, ma era sopravvivenza, ho passato parte della mia intera esistenza in un lavoro, quello della bagnina, che per quanto si possa dire, rimane prerogativa maschile, almeno a livello di gergo, e anche vi assicuro di maschilismo, quindi la strada buona era tenergli testa, soprattutto se eri alta uno e sessanta, 47 kg, esile, bionda e con grandi occhioni, e dovevi  farti rispettare. Il mio capo e collega: “Ehi ma tu, tu non eri nel nuoto sincronizzato?” “Si" "Veramente? E come mai che non sei stronza?".

Va detto che le sincronette se la tiravano, la fama di stronze ci precedeva come un’essenza, fragranza, uno spostamento d'aria in una falcata di supponenza, un po' come tutte le ballerine, non me ne vogliano ma è così, noi eravamo ballerine d’acqua, come ragni d’acqua rispetto ai ragni, insomma cambia la tecnica ma è la stessa famiglia di aracnidi aggraziate e velenose, un po' snob, sempre di culi che se ne vanno dritti e di nasi all'insù si tratta, sempre di quel volare alto e di quello sguardo che mai si sofferma su nessuno, con quel sottotesto a filo di labbra socchiuse e perfette “lascia stare che non te la puoi permettere, sì esatto io ce l'ho di traverso e ce l'ho pure d'oro" Solo una volta sono stata per immergermi davvero, il tizio era invaso da crampi, fermo, busto fuori dall’acqua e io non gli credevo, voglio dire, toccava! Poi mi sembrava qualcosa di troppo surreale anche come approccio, e quando stavo per lanciarmi a volo d’uccello, quello mi ferma urlandomi che gli è passato tutto. Merda  che potere ho, basta solo avere l’intenzione di salvarlo! Non occorre neppure bagnarsi. E mi infilo di nuovo con aria professionale gli occhiali da sole. Due parole sugli occhiali da sole, pensate che i bagnini li utilizzino per il sole? Ingenui!! Anche per quello, si certo, ma con quelle loro lenti rigorosamente nere, possono osservarvi meglio il sedere! E’ un vecchio trucco, magari hanno la testa rivolta al vostro viso, ma stanno valutando il vostro corpo centimetro per centimetro e anche da quello dipenderà la loro disponibilità, per le donne è diverso, certo. Però per un fatto di parità, di diritto di “genere” ho imparato anche io a portare occhiali scuri e mi sono sempre goduta una discreta sfilata di pacchi e culi. E in fondo già lottavo per i diritti. Un altro caso, di un mio tempestivo intervento, alla base di uno scivolo, pericoloso scivolo, dal quale molti venivano letteralmente catapultati nella tangenziale a fianco, si perché l’acquaparco era una caotica conca esposta al sole circondata da tangenziale. Probabilmente chi lo aveva progettato non aveva a disposizione uno dei migliori pusher, ed è nato questo eco-mostro, come tanti mostri molto amato. Lo avevano anche chiuso alla base quello scivolo, due sbarre in legno trasversali a X, non ne guadagnava l’estetica, ma si pensava potesse essere efficace, invece non si è considerato l’uomo medio dell’acquaparco, sprezzante della sorte, i cretini, in effetti si lanciavano, in questo scivolo, a tutta velocità per poi trovarsi spiaccicati contro travi di legno, lo credevano un nuovo sport estremo, morti per morti, lo hanno riaperto all’insegna del divertimento.  “Anaconda”, a me non sarebbe mai venuta neppure l’idea di lanciarmi su uno scivolo che porta il nome “Anaconda", me ne stavo a 40° all’ombra alla base di Anaconda, e il mio compito era quello di vedere se dalla gettata di acqua e persona uscivano creature ancora intere o sanguinanti. Il bagnino in alto (a turno tutti ruotavamo le posizioni tra gli arrivi e le partenze agli scivoli), doveva spiegare la tecnica per lanciarsi senza essere sbalzati fuori, chiaramente nessuno ascoltava, oppure fingevano e scendevano nella maniera sbagliata, trovandosi catapultati come fionde nelle più disparate zone. Probabilmente di molti che si lanciavano, molti non ne vedevo neppure arrivare in acqua, avevano un altro percorso, come astronauti in costume, in uno spazio - tempo a me ignoto. Era un caldo porco, usava portarsi appresso nel Kit del bagnino da acquaparco, bottiglie di ghiaccio, acqua ghiacciata, perché duravano di più durante la giornata, eravamo abbronzantissimi, tutti bellissimi, pagati poco, assetati come cammelli, e avevamo delle specie di radio, che ci portavamo addosso sentendoci molto fighi, ce le agganciavamo nei punti più disparati, attaccandocele al costume, già ridotto ai minimi termini,  alla canottiera annodata sotto il seno, attorcigliata, ridotta a reggiseno strizzato, il bagnino finisce per personalizzare ogni divisa,  queste radio che dovevano servirci per segnalare tre livelli di intervento (utilizzando tre codici e collegandoci direttamente all’infermeria, codice uno, caso non grave, codice due, caso che richiedeva l’intervento dall’infermeria, situata nello stesso acquaparco, ma che il ferito poteva ancora raggiungere a piedi o in spalla di qualcuno che intanto gli dichiarava le generalità, codice 3 barella, il livello 4 non c’era ma sarebbe stato sepoltura), in realtà erano utilizzate dai bagnini per fissare appuntamenti tra loro, per feste, amoreggiamenti vari, seduttori di turno che facevano voci suadenti. Quando il lungo pomeriggio stava passando sotto l’inesorabile stillicidio della noia, mi esce da Anaconda in un getto d’acqua e sangue un malcapitato, si regge in piedi come uno zombi, barcolla, lo faccio salire, (deambulava discretamente nonostante non avesse più un volto), e sedere sulla sedia, lo guardo, testa indietro, è una maschera di sangue, non capisco neppure dove sia esattamente ferito, capisco che ha un taglio nel naso, è un classico che sbattano il naso fuoriuscendo da Anaconda, e poi gli guardo i denti e gli dico, “ti sei rotto il naso e anche i denti”. Lui tra fiotti di sangue mi sorride “No i denti erano già rotti” Io sorrido: “Ah, meglio così, allora ti sei solo rotto il naso”, va aggiunto che io cercavo di tranquillizzarlo con la mia freddezza glaciale, come dire “è tutto sotto controllo, mi vedi agitata? Quindi puoi rilassarti” Se non fosse, che quando ancora il ragazzo se ne stava uscendo come Nemo dall’acqua ma coperto di sangue, tanto che più che sbalzato da Anaconda, la sua faccia sembrava avere avuto un incontro ravvicinato con Alien, io che ero una bagnina che amava prevenire piuttosto che pregare, avevo chiamato un codice 3, tradotto “Barella” – “Urgente” e avevo anche fatto la mia bella fatica a urlare via Radio: Codice 3! Inserendomi, in tentati approcci dei miei colleghi, porcate che sentivo via radio, dichiarazioni di amore, proposte sessuali, apprezzamenti di ogni tipo e confidenze su rutti e gare di scoregge. Inserivo il mio allarme radio in quello spazio d’aria che i miei colleghi utilizzavano per trarre ossigeno prima di riprendere interminabili conversazioni che avevano tutte il senso comune della totale inutilità. Intanto gli detergevo il sangue dagli occhi, con infinito amore e l’aria un po’ scocciata, come a dire solo uno scemo può lanciarsi da Anaconda. La morte in questo caso è selezione naturale. E lui cominciava nel dolore a mettermi a fuoco. “Sono in Paradiso? Sono morto?”  “Ti sembra il Paradiso? E comunque spero che in Paradiso nessuno costruisca un acquaparco. No, non hai nulla di grav…” Non ci fu tempismo migliore, arrivarono quelli con la barella, sudati e ansanti, e avevo un bel da dire “No, non è grave, mi sono sbagliata” Un codice 3, è un codice 3, non c’è verifica, lo sbattono sulla barella e se lo portano via. Lui mi lancia uno di quegli sguardi traditi, come a dire: “Perché non mi hai detto che stavo morendo…” Mi si stringe il cuore, poi mi dico, almeno lo cureranno bene, meglio esagerare la portata che sbagliare chiamando un codice uno e rischiare che ti aspettino con dei cerotti, certo che proprio la barella, ho esagerato e i colleghi mi tireranno per il culo. Di tutte le postazioni che odiavo di più, c’erano Anaconda, la Vasca Onde e anche lo Shuttle. La vasca onde, una vasca enorme, circolare, con anche una buca, ora i metri di profondità della buca non li ricordo, due bagnini di base, supportati nel momento delle onde, da un affollamento di bagnini, tutti con occhiali neri, assetto Matrix, già in piedi, pronti a buttarsi. Era il momento in cui la gente annegava, un tale gioco cretino, suonava una trombetta, si annunciavano le onde, create da eliche, (coperte per sicurezza da una sorta di grata di protezione, perché finire risucchiati tra le eliche non rientrava nei giochi), che smuovevano onde di due metri, al sentire il richiamo, convogli di cerebrolesi con bambini e famiglie si lanciavano urlanti nelle onde senza neppure formularsi prima la domanda “ma so nuotare? E a che livello?” Era una strage, si scontravano persino i bagnini lanciandosi da parti opposte, la gente beveva, acqua non Tequila, magari si era fatta anche quella al ristorante e scendeva giù, e in quel casino era difficile anche avvistarli sia da fuori che dall’acqua, certo a un segnale del bagnino si spegnevano le onde, così si diceva, fa sorridere, si spegnevano le onde, solo che le onde una volta create non basta spegnerle, ci vuole un po’ di tempo perché torni tutto calmo e quando uno è sotto questo non aiuta il bagnino, neppure quello che ha già bevuto. “Ti impressiona il sangue?” “No, rimango fredda, divento pratica, cerco la ferita, unisco lembi con cerotti per punti, disinfetto, sorrido, tranquillizzo, anche se io non lo sono tranquilla, non mi impressiona il sangue, ma mi impressiona uno che si infila una tavola sotto il culo, e da uno scivolo chiamato Shuttle che promette di spararti nell’universo, riesce a farsi tutta la piscina restante e passare a falciare gente sulla parte in cemento, mi impressionano famiglie che lasciano i bambini di pochi anni con i braccioli, per carità, ma alla base di questi scivoli al limite della legalità, pensando che se cadranno in acqua staranno a galla e se ne vanno via, te li mollano lì, credendo che una bagnina sia al contempo una balia. No, non mi impressiona il sangue, mi impressionano le persone. Mi impressiona lo sfruttamento. E che per nove euro all’ora, quando non sono sei, se qualcuno muore tu bagnino vai in galera, anche se la respirazione bocca a bocca era perfetta, ora che accertino tutto quanto, tu sei sospesa nel tempo con un processo e un senso di colpa come un cappio al collo, perché comunque te lo chiederai sempre, ho fatto tutto?  Perché è morto. Nove euro all’ora. Fortuna che non mi è mai capitato. Ma a miei colleghi si. Senza contare il cloro che si respira, le infermerie che non sempre hanno tutto in regola. Mi avevano insegnato una cosa, prima di accettare un lavoro in una piscina privata, fatti vedere l’infermeria e se non hanno le cose in regola, se non hanno un pallone Ambu funzionante e tutto il resto, lascia stare, anche se sembra un lavoro facile con l’abbronzatura gratis! Ci sono state sì molte soddisfazioni che mi sono presa in questa vita da bagnina, una era il fischietto. Lo usavo poco, però diciamocelo, è il potere! Un fischietto che ti dondola tra i seni ti fa sentire una femmina Alfa, perché negarlo? Una sorta di leonessa ruminante che osserva felina la vasca in attesa. E poi fischiare a un gruppo di deficienti che si tuffa a bomba sulle teste di ignari nuotatori: “E’ VIETATO TUFFARSI” sono soddisfazioni. “E’ VIETATO NUOTARE SENZA LA CUFFIA!” “Scusa vedi quei due?” “Dove?” “Là all’angolo nascosti, Elo li vedi o no?” “Ma no ne vedo uno” “Perché la tipa è sotto che armeggia” Chissà perché i colleghi queste cose le vedevano sempre. “E allora?” “No è che lei non ha la cuffia” “Stai scherzando vero? Io non ci vado a interromperli per dire della cuffia, vacci tu!” “E comunque è vietata anche l’apnea, ti devono chiedere il permesso e tu se glielo dai li devi guardare, metti che gli viene una sincope” “Alla tipa? O a lui? E comunque tu li stai guardando quindi tutto in regola”. Naturalmente mi è anche capitato di lavorare nell’unica piscina che aveva convenzione con i naturisti. Avete capito bene, tutti nudi e due bagnini di servizio, noi non avevamo quanto meno l’obbligo di essere nudi. “E’ la domenica dei naturisti siamo di turno Elo” “Che culo!” “Ne vedremo” “Senti io non ce la faccio ci sono da coprire tutte le vetrate con i tendoni” “Ok che palle, poi io mi metto a leggere, sguardo al libro e fine” “Che poi non sanno immergersi e il loro culo peloso rimane a galla per un tempo allucinante” “ ma che cazzo di senso ha… boh fossero nella natura… ma qui, poi uno nudo con l’orologio è ridicolo” “per l’orologio o perché è nudo?” “Boh è ridicolo” “Elo vai a dire al tizio di mettersi la cuffia! E’ il regolamento” “No, cazzo basta vacci tu! Ci saranno peli ovunque ma i capelli no?” “E’ il regolamento” “Mi passa la voglia di nuotare” “Ehi mi scusi ecco” - evito di guardargli l’uccello e lui lo sa e non si toglie il sorrisino dalla faccia ebete. Ammetto che non è facile, perché se ti proibisci una cosa ti viene di farla. Tiro fuori la mia aria professionale e guardandolo negli occhi dico: “Deve mettere la cuffia è il regolamento” “Ma sono pelato” , “Le ripeto è il regolamento” “Lei dovrebbe essere nuda” “Non ci provi non mi pagano abbastanza” “Ma se lei volesse…” “Ma non voglio, la cuffia!”

“Ehi alla cassa sono arrivati due tizi non sanno che la domenica è riservata ai naturisti, adesso?” “Digli che se vogliono entrare si cavino nudi!” “Ma che cazzo dici?” “Si è il regolamento!” “D’un dio!!” “ Sentite, ecco… la piscina oggi per una sorta di convenzione è… ci sono i naturisti, che essendo… sono nudi, quindi a parte noi addetti al salvataggio ecco io non posso fare entrare persone in costume, mi dispiace arrivederc…” “Fantastico non lo mettiamo!” “Ah! Ok prego!” “Ehi Elo chi cazzo è quel pezzo di f… con quel gran bel culo!” “Una coppia del nuoto libero, sembravano entusiasti” “Ah, però!” “Quindi se ci sono problemi di cuffia vai tu?” Sorrisino cinico. “Elo la regola è per gli uomini tu e per le donne io”  “Senti un po’ non è per essere moralisti ma farsi risucchiare il culo dal bocchettone o stare seduti con i genitali su quelle canalette strapiene di batteri che anche il cloro alza le mani, che senso di libertà è? Quello di prendersi la candida?” “Ma pensa a me che mi devo allenare domani mattina” “Che ore sono adesso? Quando finisce sto turno! Sono stanca di guardare cazzi anarchici” “Speriamo che non anneghi nessuno” “Speriamo” “Quasi, quasi chiamo la tizia che mi piace e le dico che la faccio passare gratis” “Si ma dille che la cuffia e le ciabatte sono obbligatorie” “Certo che almeno puoi vedere con chi vale la pena avere un appuntamento” “Elo guarda l’orologio! E’ ora facciamoli uscire dall’acqua” “Oddio” “Cosa?” “No niente, guardami negli occhi altrimenti mi viene da guardarglielo anche se non voglio, parliamo di qualcosa che così non stiamo lì a guardarli” “No, dove va? Elo vai a dire a quel tizio che non può infilarsi nella doccia delle donne, che alle docce miste non ci siamo ancora arrivati” “Ma vacci tu!” “Ma è nella doccia delle donne!” “Ma le hai viste nude fino ad ora, sotto le docce sono più nude?” “Ma anche tu” “Sono stanca di parlare con cosi che mi ciondolano sotto lo sguardo, mi ipnotizzo” “ma perché li guardi” “perché non sta bene” “non ti seguo” “se mi proibisco le cose le faccio per ribellione verso me stessa” “allora non proibirtele, così per ribellione non lo guardi”  “non funzionerà” "perché?" "perchè la mia mente ti ha sentito e sa che è un trucco” “Nel frattempo avranno già copulato, andiamo” “sarà il regolamento ma non è idiota che questi che sono stati nudi tutto il tempo insieme ora si separino pudicamente per le docce?”

Ma veniamo ai momenti vissuti in piscina da bagnante, quella è un’altra storia, quella è un’altra parte, deresponsabilizzata e in vacanza, sdraiata come una sirena, l’acquaparco aveva anche vita notturna, ci andavo con le amiche, fare il bagno la sera nelle piscine illuminate, flirtare con i buttafuori per entrare gratis per l’intera stagione, scoprire che mentre ti stai togliendo i vestiti per rimanere in costume sotto la luna, qualcuno accompagna i tuoi movimenti suonando i Doors, Light My Fire. E’ un ragazzo con la chitarra ed è pure molto sexy. Insomma l’estate sembra sorriderti finché, qualcuno che sta osservando ragazze in giro non ti propone un’iscrizione per un concorso di Miss, che si svolgerà all’acquaparco, le amiche chiaramente sostengono vivacemente, gli organizzatori assicurano divertimento e massima serietà, verranno chiaramente date molte fasce e vari titoli, in particolare quella sera si eleggerà Miss. Bologna niente di meno, e potresti essere tu. Ma al di là di Miss. Bologna eletta la sera, si trattava di una grande festa designata a musica, performance, sfilata e presentazione con premiazione delle Miss, quelle che avranno assegnate una fascia potranno partecipare a Miss. Italia. La mia faccia era basita e con lieve sorriso di disprezzo però a vent’anni le feste e i vestiti e i giochi e le amiche e il ragazzo che ti piace, insomma a vent’anni dice Guccini, “si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età” e io amavo Guccini, Eskimo era la mia preferita. Quindi accetto, fanculo si. E questo se ne va felice e contento con i miei dati in mano. Quando rifletto è ormai tardi. Arriva la sera fatidica, la pensavo una puttanata, ma era una cosa alla quale tenevano parecchio, i costumi interi con cui dovevamo passeggiare elegantemente erano molto belli, “sfilare",  i vestiti invece erano i nostri, le scarpe pure, le altre ragazze sfilavano con tacchi alti, io da sportiva, e da potenziale pericolo pubblico quando costretta a muovermi su tacchi alti, ero l’unica orgogliosa della mia altezza di 1, 60 alla quale avevo al massimo dato un aiutino di 5 cm, eppure il pubblico sembrava apprezzare le mie proporzioni, passavi su questa pista illuminata, vicino l’acqua, sopra le stelle, pubblico, una sorta di giuria, gente con la quale avrei avuto a che fare poi, e sarebbe stato meglio non avessi avuto a che fare mai, ma a parte questo, qualche presentatoruccolo di qualche tv privata,  qualcuno che si raccoglieva la bava con professionalità, un accaloratissimo gruppetto di militari in licenza, che faceva un tifo senza ritegno a ognuna di noi senza distinzione alcuna, e che una voce in perfetta dizione citasse gli studi e gli sport praticati e amati da ogni miss, poco contava, avrebbe potuto parlare cirillico, per loro eravamo tutte da Podio! E dei nostri sogni non gliene poteva fregare di meno, stavano vivendo il loro in 3D. Mi ricordo che tra noi ci divertivamo, non c’era competizione o almeno siccome io l’avevo presa per un gioco non me ne sono certo accorta, camminavo con questo “sorriso di plastica” per citare il grande Pino Daniele, avvolta in un vestito di paiettes nere, una sorta di tubino-preservativo, e mi sentivo un uovo di Pasqua, scroscio di applausi, la voce della signorina a microfono, che parla dei miei sport, nuoto, scherma, ama tirare di fioretto, diplomata in … hobby… e io sfilavo compiaciuta e sorridente e pensavo “Ma davvero, davvero qualcuno può applaudirti solo per esistere, senza fare un cazzo, e davvero c’è un lavoro in cui ti pagano perché sei “bella” , la vedevo così, se c’erano fessi in quel mondo disposti a darti soldi perché eri nata così, ben proporzionata, senza alcun merito, era davvero una pacchia, ma davvero, davvero, si può guadagnare così? E io che ho pure studiato. Mi stupiva l’esagerazione, il merito che merito non è della bellezza. Chiaramente con questo concetto la mia vita da modella pur lavorando con grandi fotografi è durato poco, perché non ce la facevo, avevo un cervello scomodo, quando mi chiamavano le agenzie per i provini invece di esaltarmi piangevo per i miei pomeriggi persi. Anche come attrice di teatro poi, quando mi comunicavano non so, una parte bella da recitare, qualcosa per cui si aspettassero andassi fiera, mi esaltassi di gioia, li guardavo con una faccia appesa, e quando leggevo la loro incredulità, allora rispondevo “sono felice” con il tono da lutto, “divertente” con il tono di “che cagata” La mia vita da modella è durata poco e l’esordio dice molto. L’ho fatta durare poco, con tutta me stessa, mi sono impegnata. Come modella avevo un cervello che mi danneggiava, come si poteva corrompere una che alla domanda “Cosa saresti disposta a fare per arrivare?” Rispondeva “Niente”, come si poteva traviare una che alla domanda: “Qual è il tuo sogno? Rispondeva “una grande casa dove ospitare e soccorrere tutti gli animali, dove potranno riunirsi tutti gli attivisti di greenpeace e qualsiasi attivista per i diritti umani” “E’ fidanzata?” “Si” “Può uscire, avanti un’altra” Le sapevo benissimo le risposte per continuare, lo sapevo benissimo cosa dovevo dire, come potevo flirtare, ma non lo volevo fare, semplicemente non me ne fregava niente.  Successivamente come attrice mi ha danneggiata la bellezza, alla scuola di teatro è vista come qualcosa di sospetto, te lo concedono come indulto, hai un lascia passare certo ma resta il reato! Sei bella e sai anche recitare? A chi la racconti bambina. Sei bella allora dimostraci che sei brava! Sei tra i sospettati, sei nel libro nero, lasciaci sognare di te e castigarti al contempo. Torniamo all’esordio, una banalissima sfilata in piscina. Cenerentole per una notte in fila in attesa della premiazione. Sento il mio nome, tutti credono sia la futura miss Bologna, pure io, invece partivano dalla prima fascia di premiazione da consegnare, tutto qui, il fatto che ci fosse caduto anche il pubblico mi fece sentire meno cretina, ma gli applausi continuano esagerati, tutta la curva sud della leva militare in licenza, un fotografo si catapulta con salto mortale atterra in spaccata, mitragliandomi di fotografie, il fotografo lo conoscevo, si era innamorato di me, me lo aveva pure confessato, si innamorava di tutte quelle che posavano per lui. Un tripudio di allegra follia, vengo premiata da un comico del Trio Reno, e anche questo in qualche modo mi ha segnato il destino. Miss linea sprint. Che cazzo vuole dire Miss linea sprint? Prima che tu possa rifletterci ti baciano, ti sbattono un due pezzi tra le mani di una taglia neppure tua, e ti infilano una fascia. Certo, non che Miss Eleganza, Miss Cinema, Miss Simpatia, e infine Miss Bologna vogliano dire davvero qualcosa… ma potevamo accedere alle selezioni di miss Italia! Declinai, un conto è il divertimento di una sera, un conto la tortura progressiva e reiterata sui tacchi e sulla psiche. Un fermo immagine dei nostri sorrisi sul Resto del Carlino di Bologna, tra le mani un bikini in omaggio, stretta a Miss Bologna che avrebbe di lì a poco sponsorizzato una nota marca di sigarette a sua volta abbracciata a Miss Cinema, e la convinzione che in fondo fare la bagnina non era affatto male, con gli occhiali da sole e la libertà di fare vagare lo sguardo con un sorriso imperturbabile allo zenit sull’acqua immobile e ancora vergine da tuffi.

 

 

venerdì 24 settembre 2021

Che trovino te


 

 

Che trovino te

 

Non lo so quando tornerò a scrivere, forse il dolore deve scendere, toccare il fondo, restare lì, come un inquinante, qualcosa che c’è ma non si avverte, salvo quando non arriva improvvisa una corrente, che sposta la sabbia dei giorni e allora tutto torna a galla, ti ferisce, come solo il ricordo sa fare quando è reale, graffia fino alla gola e poi lento, braccia aperte come un cristo ridiscende. Uno schiavo buttato in mare dalla morte, la morte che decide e ti assale, e prima si era tutti lì in catene a remare, a remare. C’è una burocrazia che batte il piede, sento il suo tacco sul pavimento, la sua invadenza inopportuna, il suo fango da regina, e quello che di te cerco di trattenere ancora esce veloce e scivola lontano da me come un serpente nelle dune del deserto che attraverso. Non so più dove sei, sento ancora le tue mani nelle mie mani, conosco la forma delle tue unghie, ho ancora i tuoi sguardi nei miei sguardi, sento forte l’impotenza dei tuoi sogni non raggiunti, battono la mia cassa toracica quotidianamente, se potessi li farei uscire papà, se potessi porterei i tuoi sogni, se potessi farteli vivere e ancora farteli sentire. E loro mi hanno fatto male, quando stavi bene, quando eri sofferente e persino al tuo funerale, volano ancora  gli avvoltoi anche sulle ceneri, posso sentire il loro battito d’ali lento di chi ha tempo. Adesso guardino te nelle mie lunghe e nere sopracciglia, e che trovino te, nel mio sguardo che porta fiero il tuo taglio d’occhi, che trovino te nella linea del mio naso e che trovino ancora te quando saranno le mie labbra a mandarli a fare in culo.

 

lunedì 17 maggio 2021

Intervista a Luca Neves


 

Luca Neves  è nato in Italia a Roma, da genitori capoverdiani, si è diplomato a Roma, oggi è uno Chef accreditato e un bravo rapper. E’ stato al centro dell'attenzione mediatica per la sua singolare storia, dovuta ad un ritardo  burocratico nella ricezione dei molti documenti richiesti, che lo hanno costretto di conseguenza  a presentare in ritardo la richiesta di cittadinanza che gli viene negata. Molti suoi testi parlano delle sue lotte, dei suoi ideali, delle sue speranze e del suo dolore, che in quelle parole, importanti, scelte accuratamente, dolorosamente, diventano lotta comune, trascinante, onda che avvolge, coinvolge. Il rap di Luca Neves, in arte Fat Negga è il ritmo della musica di strada,  una verità scomoda che imbarazza una società colpevole. E’ riscatto sociale, un messaggio importante, diretto, chiaro, che dice, conosco la sconfitta, conosco l’umiliazione, conosco il dolore,  l'ingiustizia, ma le canto, le cavalco e ti porto con me, perché si passa di qua se si vuole davvero uscire fuori, mi ricorda un surfista che cavalca quel tunnel creato dall’onda, dal quale in pochi sanno uscire dritti e stabili, dominando la tavola, e lui si prepara, si prepara tutta la sua vita e poi ce la fa, trascinando nella sua musica, nel suo equilibrio e nella sua costanza, quelli che lo ascoltano, che lo sentono e che ci credono. E’ verità, leggera e potente, dolorosa e incorruttibile, vola a pelo d’acqua fuori dall’onda.

 Eloisa Guidarelli

 

Sai io non ghettizzo la musica che faccio io faccio musica,  però come artista se ci fosse una bella fusione tra il mio stile e il classico, faccio un esempio, io lo faccio, mi ci butto, in questo senso mi dico, non sono solo un rapper o uno che fa rap, sono Neves. Faccio musica.

 Luca Neves

 

 

“Sono nato qua”, titolo di una delle tue canzoni, è nata da una collaborazione con Amir Issaa, che come te sta portando avanti da anni la dura battaglia per la legge sulla cittadinanza, un forte connubio artistico che vi ha permesso attraverso la musica di fare comprendere a un vasto pubblico che cosa significa non avere una cittadinanza. Mi parli di questo incontro e della nascita di questo pezzo?”

Con Amir Issa è una cosa che va da molti anni, risale a 15 anni fa, quando mio fratello girava dalle parti del Flaminio, dove si incontrava molta gente della scena romana, mi parlava di questo Amir, quando ancora ero piccolo, lui già combatteva contro la discriminazione e per lo Ius soli, figlio di egiziano, mamma italiana, lui è un nome affermato nel rap, tutti lo conoscono Amir Issaa. Un giorno mi sono trovato in studio con il mio produttore e amico Steven One e gli ho fatto leggere il mio pezzo, gli dicevo: “sai manca qualcosa”, sentivo che mancava qualcosa, si pensava a una collaborazione e lui mi fa: “tu chi proporresti”? E io ho detto secondo me Amir. Amir, pilastro del rap, potenza musicale del rap. Lui è uno dei pochi che comunque canta di diritti, chi fa rap non può non denunciare le lotte dei fratelli, per questo mi ha fatto bene sentire solidarietà da certi rapper, mi disse: “io sono stato fortunato perché mia madre è italiana e questo mi ha permesso di viaggiare, di avere un medico, di spostarmi per lavorare, e mi sono immaginato invece come potevi stare tu nella tua vita” E così sono nate le parole del rap che dicono: “ … e se mia madre  ha fatto tutto per salvarmi/ ninna nanna sottovoce per non disturbarli/e adesso questi vorrebbero incatenarmi/schiavi della storia è la paura ad ammazzarli/è dare il potere in mano ad ignoranti/il loro unico orizzonte è il muro che c’hanno davanti” , dove per “muro che hanno davanti” si intende la burocrazia, lui parla della burocrazia, come muro che hanno davanti. Questo è stato inserito nel Docu Film di VICE da New York, dove si trovano l’ intervista e scene della registrazione “Sono nato qua”

Chiarezza nel linguaggio, disinvoltura, parole come bombe di protesta ma anche di pura poesia, un mix esplosivo, nel pezzo “La mia città"  dove dici:"Ti penso sempre quando sono solo/ la mia vita i miei pensieri mi capivi al volo” e ancora “non portare invidia” “porto l'amore dentro anche se non c'è", si sente la mancanza e la presenza di una figura per te importante e d’esempio che è stata tua madre. Cercare di essere una persona concentrata sull’amore, sui sentimenti che non portano odio o rancore, "porto amore anche se non c'è" è davvero una frase carica di significati, puoi parlarmi di questo testo?

 Tu hai capito bene, dove altri hanno visto metafore, sì è di mamma che parlo, motivo di forza di oggi, un soldato, veramente un soldato, è venuta a mancare nel 2013, lei è veramente motivo di tutto quello che faccio oggi, il motivo è lei, la forza è lei, tutto quello che faccio oggi è lei, Maria Araujo Jeltrudes, la chiamavano Cristallina. Quando dico “portare il sorriso anche se non c'è"  perché è così, io sono così, perché è vero che non ce l'ho io il sorriso ma lo porto. Immagina quando accade questo che tempesta di sentimenti che ci sono dentro. Nei confronti dell’invidia io penso sempre alle parole di mia madre, “tu lavora su di te”. Ci sarà sempre qualcuno più bravo di te, è normale, ma anzi incontrarlo è di stimolo per fare meglio. Questo mi è stato di grande aiuto, vedere le cose da questa prospettiva. “Africa Latina” è nato quando mia madre era in coma, nel 2013, con il rapper  Chiky Realeza, lui è una forza della natura incredibile, uno che davvero si dedica totalmente al lavoro ed è in grado di farti sentire tutte le emozioni. Mi ricorderò sempre quando si alzò da tavola facendo un discorso verso gente che mi accusava di affiancarmi a lui per interesse, eccetera, lui prese le difese mie, e disse a tutti che io sarei andato avanti con o senza di lui. Una stima reciproca, da quando ci siamo incontrati abbiamo capito il fuoco che ci lega. Questa solidarietà di alcuni rapper e amici mi ha fatto molto bene.

Una persona molto importante nella tua vita, un amico con il quale sei cresciuto e tuo produttore, in arte Steven One, in “Basta un sorriso” pezzo che avete registrato e cantato insieme. colpiscono le parole: “basta un sorriso contagioso/ cambia la realtà/ fai quello che senti senza perdere la dignità/ la verità è che si cambia per necessità/ più si cade in basso e con più forza ci si rialzerà” come in molti dei tuoi testi esiste il riscatto ma anche un profondo rispetto degli altri e della dignità stessa, come un monito a non perdersi, ma semmai a trovarsi, a reagire, c’è anche tanta speranza e voglia di guardare al futuro con positività,  parlami di questa collaborazione artistica.

Si è vero c’è in questo pezzo tutto questo, “Basta un sorriso” è una produzione di Steven One, Stefano Bartolucci in arte Steven One, lui è il mio produttore musicale, diciamo siamo cresciuti insieme, è quello che ha sempre creduto in me, sì, fa grande parte della mia vita, con la collaborazione di Frammento che è il nome d’arte di Lorenzo Ravagnani, il ritornello è il suo: “Basta un sorriso contagioso, cambia la realtà, fai quello che senti senza perdere la dignità, la verità è che si cambia per necessità, più si cade in basso e con più forza ci si rialzerà” lui è anche un bravo grafico e lì c’è una sua opera di una donna africana che ricorda proprio mamma africa, molto bella.

 Tu sai molte lingue, ti esprimi in Italiano, inglese e capoverdiamo nei tuoi pezzi rap, ma ci sono anche altre lingue? E’ molto bello sentire nei tuoi pezzi questa espressione multiculturale.

Sono sempre stato affascinato dall’inglese, non lo parlo ma sono sempre stato attratto, come dal rap americano, e lo inserisco anche nei testi. Altra lingua, alla quale sto lavorando è il francese, che mi ha sempre attratto, ad esempio c’erano dei termini che mi colpivano,  “Tant Pis”, parola che mi è rimasta impressa e ho provato a farne una canzone, nata così, riprende un po’ la Afro beat: “per poco non mi /Tant Pis”, dove Tant Pis è come dire un “Vabbè dov’è il problema?” “non importa” e ancora: “Qui in Italia  non tira un’aria buona, qui in Italia c’è bisogno di unione/ Tant Pis” (vabbè!) “Fuori dalla mia nazione…” poi parlo in capoverdiano e parlo anche lo spagnolo, e lì, per lo spagnolo, ho fatto molto pratica nella collaborazione con il rapper Chiky Realeza, perché in Africa Latina, da venerdì a domenica facevamo le sessioni con Chiky, io gli parlavo in capoverdiano e lui in spagnolo.

 Una curiosità come nasce il nome d’arte Fat Negga?

Questo nome d’arte è nato da un mio amico oggi architetto, lui ha questi capelli rasta, lui a vestirsi è il più stiloso a livello di cinquantenne ma a noi ci affascina, c’è molta allegria dietro questo nome d’arte, poi sai io sono sempre stato un po’ cicciotello, allora è nata così scherzando, eravamo tra amici e lui se ne esce e mi dice: “tu perché non ti chiami Fat Negga” ma era uno scherzo, solo che a me è piaciuto, e così è nato.

Da cinque anni al tuo fianco c’è una persona molto importante, la ballerina Hélène Mastroianni con la quale non solo condividi la vita ma anche il palcoscenico, siete infatti un duo artistico, mi parli di questa idea di performance che nasce da due espressioni artistiche molto forti?

Con Hélène ci siamo conosciuti a teatro, lavoriamo entrambi indipendentemente, abbiamo provato a fare un evento insieme, alla gente è piaciuto, e da allora abbiamo fatto altre trasferte insieme, abbiamo molto rispetto delle nostre discipline, ci troviamo bene e lavoriamo sodo.  Tra i progetti futuri avevamo pensato a un evento di “Fusion", una fusione tra evento culinario Italia  Capo Verde e diverse discipline artistiche. Volevamo coinvolgere molti artisti.

Hélène Mastroianni (ballerina, performer di danza aerea e acrobatica):

 - Desideriamo mostrare quel filo comune che ci lega tutti. E’ importante che l’arte sia un linguaggio leggibile, non vedere solo un genere, questo allarga l’orizzonte. Per quello che voglio comunicare posso decidere il tipo di danza più adatta: waterball, che è una danza all’interno di una grande sfera di plastica dove si fanno evoluzioni, in genere si usa in acqua perché è più spettacolare, o danza aerea con il cerchio.

Nella canzone Africa, le tue parole “mamma Africa ogni giorno sta piangendo/ porto ogni giorno l’Africa nel petto" sono davvero una dichiarazione d’amore verso l’Africa, in questa canzone sono anche nominati i grandi rivoluzionari e politici che hanno lottato per i diritti umani in Africa e nel mondo, contro discriminazioni e razzismo, da Mandela a Malcolm X a Martin Luther King, mi parli di questo pezzo e della collaborazione artistica con ft Fral  e Tmadel?

Sì, Madel è senegalese e sta a Roma, canta in senegalese, Fral canta giamaicano e ha questa grande passione per la Giamaica, dove è stato, ha imparato la lingua benissimo e se tu non sai che è di Roma, nato ad Ostia e lo senti cantare giamaicano, quasi non ci credi che è romano, Madel invece, rappresenta quel tipo di persona nel video, molto legata al denaro, o alla moda, che si lamenta perché non ha i soldi per andare a ballare e dice: “sabato sera senza soldi non si può andare in discoteca” e questo è identificabile in quello stile di vita chiamato “swag”. In questo video, proprio attraverso noi tre, Madel nel tipo “swag” legato al denaro, all’apparenza, a un certo tipo di vita più leggera, Fral canta giamaicano e incarna più lo stile e la filosofia reggae, e io rappresento lo stile rap, quindi tre modi di fare musica e anche tre stili di vita. Il messaggio è che non esiste un colore e non esiste una bandiera diversa, e mai quanto in questo video è rafforzato proprio questo concetto. Cos’è la nazionalità, la cittadinanza, cosa sono le bandiere, i confini, non esistono, in realtà non esiste niente di tutto questo perché siamo tutti uguali, questo è il messaggio, parliamo diverse lingue e tutti la stessa lingua, veniamo da diverse culture e siamo tutti la stessa cultura. “Mamma Africa ogni giorno sta piangendo/porto ogni giorno l’africa nel petto” non è un ritornello, può sembrare un ritornello anche dal tono con il quale viene cantato, come se si dovesse ripetere più volte, ma in realtà è una frase che viene detta una sola volta nella canzone, in questo caso si chiama “bridge”. In questo video ci siamo truccati noi in viso, abbiamo fatto tutto noi, per quanto riguarda i nomi importanti fatti nella canzone, da Mandela, Malcolm X, Martin Luther King, sì è la storia dell’Africa ma anche di quelle persone che hanno messo la vita fino all’ultima goccia di sangue.

Bellissimo ritmo Ba Pa Frent, Africa Latina, ogni tuo pezzo che ho sentito parla di diritti umani che mancano, c’è una rabbia che non è rivolta ad odiare mai, ma piuttosto a ripartire da zero, a ricostruire, è desiderio, speranza, rivendicazione dei meriti di ogni individuo, esorta a credere in se stessi, a lottare ed andare avanti.

Sì è così. Ba Pa Frent ha preso vita nella metro, guardi, fissi un punto e pensi: “nella mia vita ne ho viste tante”, ma vai avanti, “Ba Pa frent” vuol dire “vai avanti”, e questo si ripete in tutta la canzone, il messaggio è quello di rialzarsi sempre, altrimenti che fai? Allora vai avanti, nonostante ti accadano anche cose spiacevoli, terribili, vai avanti.

In Fatfloydmayweather, video in bianco e nero in collaborazione con Steven One e interprete insieme a te ritroviamo Hélène Mastroianni. Tu nomini spesso il grande Muhammad Alì, che significato ha avuto ed ha per te in questa canzone e nella vita?

In “Fatfloydmayweather”, ci sono il mio nome “Fat” e il cognome  “Mayweather”, “Floyd Mayweather” è un noto pugile statunitense, uno dei migliori, il mio riferimento. E’ famoso soprattutto per la maestria nello schivare i colpi, è velocissimo, e si mette in angolo, questa è una cosa che in genere i pugili non fanno, perché così facendo ti esponi e ti rendi più vulnerabile, ma lui invece lo fa e lo fa spesso, di regola, mettendo gli altri in posizione di svantaggio, in quanto lui è bravissimo a schivare, è velocissimo, e io l’ho preso come un esempio, il diventare agile, abile a schivare, quando la vita ti mette all’angolo. Ma in questa canzone cito anche Iron Mike, che si riferisce a Mike Tyson, e lui rappresenta invece la forza fisica e la determinazione e poi Muhammad Alì e lui è la rivoluzione. C’è un pezzo dove dico: “prendo le valigie voleremo insieme Iron Mike / Fat Negga” NC/un altro paio di ali Muhammad Alì” Quindi i pugili citati in realtà sono tre, tre grandissimi, ma se ti devo dire la verità quello nel quale mi rispecchio maggiormente è certamente Mayweather.

In Africamor senti le radici capoverdiane, sei italiano, romano, capoverdiano. E’ una bellissima canzone, colpisce il video dalla coreografia alla regia e passa un messaggio molto importante attraverso un’ironia intelligente.

Sì, in questa canzone si sente molto la tradizione capoverdiana, ci sono molti riferimenti in questo senso, ad esempio al piatto tradizionale di Capo Verde che è la Cachupa, poi la Caldera, sai quella grande pentola tipica. In realtà io sono stato a Capo Verde nella mia vita un’estate nel mese di luglio in una vacanza con i miei genitori e avevo 6 anni ed è stata l’unica volta fino ad ora. In questa canzone l’orgoglio capoverdiano lo facciamo sentire anche attraverso un importante rivoluzionario di Capo Verde, Amilcar Cabral, che fu un politico guineense, fondatore del Partito Africano per l’indipendenza della Guinea e delle Isole di Capo Verde dal Portogallo, lui nasce nel 1924 in Guinea, e muore assassinato nel 1973 nello stesso anno in cui la Guinea ottiene l’indipendenza dal Portogallo, la fine del colonialismo portoghese per il quale lottò tutta la vita. E fu un grandissimo rivoluzionario.

Madre terra è un video carico di importanti significati, che sembrano anche onirici, davvero questo è un video molto simbolico e le tue parole qui sono altre bombe, dolorose, parli anche dell’esperienza in carcere, chi è questo indigeno che vediamo nel video della canzone, qual’ è  il significato della carezza che ti fa al viso, dello scambio di oggetti, sembra suggerire un desiderio di ritorno alla madre terra, alle sue origini.

Si, in questo video c’è una provocazione, è come una rivisitazione della storia al contrario, invece della visione solita dell’uomo bianco che vede per la prima volta l’uomo nero, qui accade l'esatto contrario, per questo io sono vestito in quel modo strano, come i vecchi ricercatori, imitando un po’ quel genere, però in questo caso io sono nero, mentre qui l’uomo bianco è rappresentato come il nativo, indigeno locale,  è il guardare la storia da un’altra prospettiva. Ti obbliga a metterti nei panni dell’altro, a spostare i punti di vista e anche i punti di vista della storia. Per quanto riguarda invece il riferimento alla giornata in cella, veramente quel giorno c’era questa signora che mi ha detto: “E’ S. Gennaro” ed era come volesse dirmi, non ti accadrà nulla o ti proteggerà lui, ed era il 19 Settembre e c’era veramente S. Gennaro con me e c’ero io e c’erano loro. Dovevi vedere la freddezza, io chiedevo di fare una telefonata, a mio padre, per avvertirlo, rassicurarlo,  che non si preoccupasse. Sono venuto per farmi un documento e mi danno un foglio di via.  Una situazione assurda, mi trovo in una cella con altri, che tutti erano dentro per qualche motivo, che ne so, furto o aggressione o qualsiasi altra cosa, io ero l’unico dentro perché ero venuto per fare un documento, e quelli che stavano in cella con me mi chiedevano cosa avessi fatto. Mi hanno tenuto dalle 10.00 del mattino fino alle 20.00 di sera. Oggi questo foglio di via per fortuna non c’è più, ma significa vivere con la paura che da un giorno all'altro tu possa essere mandato a Capo Verde, che per assurdo non mi riconosce neppure come cittadino di Capo Verde perché io non sono nato lì, ma al Regina Elena di Roma.  In cella sono riuscito a fare un video di nascosto, ho filmato tutto. E’ nata così l’idea di farne una canzone e intitolarla S.Gennaro. (si riferisce a un pezzo ancora inedito)

E sempre in “Madre terra” fai riferimento al tuo essere Chef. Durante il lockdown hai fatto molte dirette con ricette creative, mi ricordo in particolare il panettone al Mango, molto richiesto e apprezzato. Cosa rappresenta per te l’arte del cucinare, l’essere Chef, cosa provi quando prepari o crei un nuovo piatto, ed è vero che hai un tuo modo di andare a ritmo durante le fasi di preparazione, le tue dirette di ricette sono sempre accompagnate dalla musica.

Era il panettone al cioccolato e mango, sì, se cucino e non c’è musica sento che qualcosa manca, quando c’è la musica è tutto bello, tutto perfetto, ti metti un cd e dalla prima traccia all’ultima finisci il piatto, ed è un bel viaggio a ritmo di musica, poi ti può venire l’ispirazione di assaggiarlo in un certo momento della canzone e decidi di cambiare qualcosa, aiuta l’ispirazione, quando parlo di ritmo di musica intendo andare in sintonia con il cibo, è come ballare con una persona quando c’è sintonia. Anche i rumori della cucina sono musica, perché crei suoni continuamente, un mestolo, un cucchiaio che sbatte, coperchi, tegami, fai suoni, rumori non cercati, ma con la musica creano una sinfonia, un insieme, finiscono per fare parte della musica che ti accompagna. Per il panettone c’è stato un vero team di lavoro, per quanto riguarda le confezioni, il logo, le lettere allegate di auguri, è andata davvero molto bene, è molto piaciuto.

So che tu hai avuto offerte anche all’Estero per quanto riguarda collaborazioni importanti a livello musicale e so che il non avere i documenti in regola ti impedisce molte opportunità lavorative, anche dal punto di vista del tuo lavoro di Chef, il non avere la cittadinanza, che ti spetterebbe di diritto, ha creato grossi ostacoli lavorativi o in certi casi l’impossibilità proprio di esercitare il tuo lavoro. Cosa significa, nella vita pratica, non avere i documenti in regola?

Vieni chiamato per andare a suonare fuori, e questo significa fare conoscere la tua musica, ma anche avere un guadagno e conoscere delle persone, avere scambi culturali importanti, potere fare progetti, possibilità, magari ti arriva una proposta e saresti pagato tu, il viaggio, lo staff, eccetera e devi rinunciare a tutto perché non puoi viaggiare, non puoi prendere un aereo senza una cittadinanza e un permesso di soggiorno. Fare lo Chef  e non avere i documenti in regola significa che possono sempre decidere come pagarti, mi è capitato, ad esempio, che mi pagassero a rate,  o che non mi pagassero affatto, sicuri che non avrei fatto alcun ricorso o denuncia, oppure mi è capitato mi avessero conteggiato e pagato meno lavoro di quello che mi spettava. Significa non essere tutelati, puoi subire mobbing e ricatti. Ho incontrato anche belle persone, chiaramente, che davvero mi hanno aiutato e offerto lavoro onestamente, con le quali mi sono trovato benissimo, ma resti in una posizione di fragilità e vulnerabilità.




Luca Neves con Stefano Bartolucci in arte "Steven One"




Con Hélènne Mastroianni ballerina e performer danza aerea e acrobatica







Biografia artistica Luca Neves

2009 live murua 69/

Civico 29/la strada /Marino centro sociale

2010 live la strada /alcatraz (Roma) /contest musicali /

2011 live teatro rione “shekspear a parte” con l’accademia l’arte nel cuore.

2012
Live centro sociale auro e Marco /

2014

Ba pa frente  Biografia artistica

2009 live murua 69/

Civico 29/la strada /Marino centro sociale

2010 live la strada /alcatraz (Roma) /contest musicali /

2011 live teatro rione “shekspear a parte” con l’accademia l’arte nel cuore

2012
Live centro sociale auro e Marco /

 2013

Africa Latina
Fat Negga, Vato El cholo e Chiky Realeza

https://youtu.be/Bqy1MKKxbFA

2014

Ba pa frente  - Primo singolo tratto dal street album Capoverde in progress

https://youtu.be/zj8srU20tcg

2015

Africamor -  Nuovo singolo Fat Nigga estretto dal street album Capoverde in progress AFRICAMOR  ROMAFRICA

Africamor

https://youtu.be/w2NXmSOOGvU

2015

Prod Delgado – (Street Video)

Katastrophen

https://youtu.be/saGqt0aZ9j4

2015

Basta un sorriso – Frammento & Fat Negga – Prod Steven One

https://youtu.be/j73g2jr-oBE

2015

Nes night nel progetto musicale
Di Steven One “knowkcout”

https://youtu.be/B852T_oHg5g

2016

Conexao – Fat Negga ft. Koyf

https://youtu.be/EEOA681yxIA

2016

Kese Films –Life a short Gorillaz Story Regia Adriano Agostinacchio

Video Docu del nuovo show della #GorillazProduction – ospiti Festival internazionale della danza e delle danze (Dir. Maria Pia Liotta)

2016

Fat Negga ft. Fral - PANDA remix

https://youtu.be/A_LF1t1A5Pw

2016

Frammento

Fat Negga - Dj Fast Cut agli Scratch - prodotto da Sukhà

2017

Vuoi rubarmi l’anima Fat Negga – Prod Steven One

https://youtu.be/TSP-JTKzOVk

2017 Africa – (Fat Negga ft Fral Tmadel) Direct editing by Agostinacchio Aka Kese Films – Assistant Davide Michelangeli

https://youtu.be/c2T-zTHhJ2c

2017

Fatfloydmayweather
Base Steven one – Fat Negga – con Hélène Mastroianni - riprese Adriano Agostinacchio Films https://youtu.be/TxEh0wGBpHY

2018

Parlate alle mie spalle -  Fat Negga Script/Direct/Editing By Adriano Agostinacchio Mix and Master; Edoardo Castagna aka Kistudio

https://www.facebook.com/100000211120290/posts/2008941882456163/?d=n

2020

Madre terra

https://youtu.be/oa19U4XrPgA

 2020

Sono nato qua

Fat Negga - Amir Issaa

https://youtu.be/YdApS5kd0Kw

2020

Meglio di ieri

Frammento & Fat Negga

https://youtu.be/y8hfKz1G9Eo


Luca Neves facebook

Fat Negga musicista/gruppo musicale (pagina Facebook)

Luca Neves  neves_officia1 Instagram

Hel&Fat Production pagina facebook

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 8 marzo 2021

Non si muore solo l'8 marzo


 

 

Non si muore solo l’8 Marzo

 

Diffidiamo, è il momento di pensare a noi stesse.

 

Ho scritto di getto, mi scuso per gli eventuali errori, anche quelli fatti con passione, ho lasciato parlare il mio istinto, non basta e non può essere tutto qui quello che ho scritto sui classici “campanelli d'allarme" per diffidare di uomini violenti , in parte è quello che io stessa ho vissuto in tante situazioni, in parte quello che so istintivamente, che forse ogni donna sa dentro di sé , per la mera sopravvivenza, se solo uno di questi punti riuscirà a fare desistere una donna dal frequentare un uomo pericoloso, anche solo destandole dubbio, quello che ho scritto sarà servito a molto, avrà un senso, non è stato facile perché nello scrivere questi punti si prova rabbia, molta, e si rivivono situazioni anche personali, ma valeva la pena, non volevo condividere il solito link, volevo potesse essere un aiuto concreto, so che le donne e forse anche alcuni uomini, chissà, che le sostengono,  potranno aggiungere punti o lo faranno dentro la loro testa, e così questo testo si allungherà e tutte potremmo aiutarci, mandando i nostri TAM  TAM di allarme verso le nostre sorelle.

 

. Diffidate di uomini che vi allontanano dalle vostre amicizie, sia maschili che femminili, possono anche farlo convincendovi che non ne avete bisogno, che avete bisogno solo l’uno dell’altro, che il vostro amore è perfetto così e non avete bisogno di nessuno, possono farlo molto lentamente, trovando scuse e contrattempi ogni volta, non importa quale strategia useranno, sanno essere persuasivi e abili, potrebbero anche farvi credere che i vostri stessi amici o le vostre amiche non lo sono sinceramente, e che solo loro sono veramente sinceri verso di voi, vi stanno solo costruendo un recinto evitandovi il sano confronto, isolandovi, in modo da rendervi più fragili e malleabili, ritenendovi influenzabili e facendovi credere di esserlo, e quindi sottintendendo che non siete in grado di prendere davvero le vostre decisioni o di avere un vostro indipendente pensiero. Potrebbero anche riuscire a convincervi di questo.

 

.Diffidate quindi di chi vi ritiene influenzabili e non capaci di prendere iniziative o di decidere con la vostra testa. Ricordate che per un uomo violento e dominante, la vostra migliore amica sarà la sua peggiore nemica, che i vostri amici, i vostri genitori, i vostri fratelli e chiunque possa frapporsi affettivamente tra lui e voi sono ostacoli, nemici. Difficilmente però sarà così idiota da fargli guerra aperta, molto più facilmente potrebbe usare ogni mezzo o coercizione psicologica per fare in modo che siate voi ad allontanarli, facendovi prendere decisioni, sulle quali, in realtà giorno, dopo giorno, vi ha indotto lui stesso, magari facendole passare per i più nobili dei motivi o comunque giustificabili ai vostri stessi occhi, sarà sempre tutto per il vostro bene, in realtà questi uomini fanno ogni cosa per se stessi. E sono abili manipolatori.

 

. Quando non riuscite a lasciare un uomo dominante e violento, non dimenticate che non siete a rischio solo voi, ma i vostri figli, i vostri parenti e amici, i vostri animali domestici, il vostro lavoro, ricordate che tutto ciò che si frappone tra voi e lui è un ostacolo da rimuovere o da utilizzare contro di voi come ricatto.

 

. Siate indipendenti, economicamente e psicologicamente, spesso la prima induce alla seconda, ma non sempre,   se invece, non lo siete economicamente, potete decidere di esserlo psicologicamente, fatevi aiutare, abbiate fiducia sui centri antiviolenza, buttate giù i muri che vi ha costruito attorno chiedendo aiuto, anche a chi non sentite da moltissimo tempo, agli amici, a un parente di cui vi fidate, ai  centri antiviolenza. Denunciate subito, abusi fisici ma anche psicologici. Ricordate un altro lavoro si può trovare, un rifugio, una casa, ci sono centri per questo appoggio a chi non ha mezzi anche di temporaneo alloggio, ma non avrete un’altra vita.

 

-        Attenzione ai segni di possessività e controllo non sempre manifesti e non sempre violenti, a volte possono passare anche per attenzioni o per un goffo corteggiamento, ma non lo sono, sono le classiche pisciatine, così le chiamo io, di marcatura del territorio.

-        Avvengono anche sui socialnetwork, quando parlate con amici, soprattutto uomini, e la persona a voi interessata, può essere il  partner o anche solo un corteggiatore del momento, si inserisce con battutine non richieste, con commenti continui, in pratica non c’è post al quale rispondiate o partecipiate con altri che non veda il suo intervento, vuole dimostrare che, non solo vi conosce, ma sta lanciando un messaggio chiaro, seppure in maniera subdola e gentile: siete proprietà privata, qui lascio la mia pisciatina e il mio odore, proprio così, naturalmente questo atteggiamento seguirà anche nella vita reale, presenza costante anche quando è fuori luogo e non richiesta. Vi sta trattando non come una persona ma come un oggetto di proprietà, ha un guinzaglio lungo ma pur sempre un guinzaglio, non appena vi allargate vi sentirete strattonare.

-        Diffidate quindi del controllo quotidiano, chi ama senza problemi non ha bisogno di intervenire sui liberi dialoghi tra voi e gli altri, chi ama ed è equilibrato non marca il territorio, chi marca il territorio usa molto anche una gestualità tipica del possesso, si paleserà fisicamente appena può tra voi e la persona con la quale state intrattenendo anche una normale conversazione, magari appoggiandovi una mano sulla spalla, abbracciandovi, inserendosi nel discorso, o magari dicendo alla persona con la quale state parlando: “salutami tua moglie" o : “Come sta la bambina? E tua moglie?" imbarazzando o creando imbarazzo, non è un favore verso di voi, tutt'altro, è una guerra tra galli e lo fa e la attua chi considera la donna una proprietà, come vedete nulla di violento, apparentemente, potrebbe persino sembrare protettivo, niente di più sbagliato, sta decidendo per voi, attaccando la persona con la quale state parlando e sminuendola ai vostri occhi, messaggio, neppure tanto subliminale “vedi, cara, se non fosse per me non ti saresti neppure accorta che questo uomo che ci sta provando con te è un bugiardo, ma ci penso io perché tu sei mia” c’è poi il messaggio rivolto direttamente al maschio, perché chiaramente è tra maschi che si decide in una mentalità maschilista e non è mai la donna a scegliere, il messaggio diretto all'altro maschio è: “gira al largo è roba mia”.  Il mio parere è che in questo caso è molto meno pericoloso l’uomo sposato con il quale state parlando che il vostro partner impiccione, invasivo e maschilista. Le considerazioni invece da fare, sono queste, devo decidere io con chi parlare e se fidarmi o meno, senza che lui scelga e decida per me. Queste persone in genere invadono anche lo spazio fisico, vi parlano molto vicino non rispettando lo spazio personale e creando disagio in un atteggiamento di chiara supremazia fisica oltre che psicologica e in genere hanno bisogno di toccarvi in continuazione, appoggiandovi le mani o il braccio addosso, quindi non lasciando uno spazio fisico di distanza, e di rispetto, un continuo sottolineare anche fisicamente il possesso. Sono tutti atteggiamenti di possesso e non di amore, il messaggio più ipocrita e frequente che si sente dire: “non è che non mi fido di te non mi fido degli altri”, peccato che a meno che non ci sia violenza sessuale, ogni donna sa decidere benissimo per se stessa e per certe cose bisogna pure sempre essere in due, quindi anche dietro questa frase banale c’è una considerazione molto bassa della propria compagna, anzi direi pure nulla. E’ il classico uomo che se ci sarà un’attenzione verso di voi o qualcosa di spiacevole come una violenza anche da parte di altri, la colpa sarà la vostra, rientra nel quadro maschilista, avete provocato, ve la siete cercata, lo avete sedotto eccetera.

 

-        Diffidate di chi ha bisogno di continue prove del vostro amore, delle telefonate continue di controllo, dei messaggi frequenti e quotidiani fino all’ossessione, anche se sono i più gentili, farvi squillare il telefono in continuazione significa ancora pisciare e marcare il territorio 24h su 24h, un compagno equilibrato non vi telefona di continuo, si fida di voi e non ha bisogno di controllarvi, come di mandarvi messaggi a ogni ora del giorno e della notte.

 

Un uomo possessivo sarà geloso anche delle vostre passioni, se siete artiste sarà geloso persino del tempo che dedicate alla vostra arte perché lo riterrà tempo tolto a lui, un atteggiamento narcisistico e pericoloso, facilmente creerà problemi quando non vi chiederà di scegliere tra lui e la vostra passione o il vostro lavoro. L’amore vero non pretende questo e non lo chiede, un uomo equilibrato è orgoglioso e fiero della vostra arte e della vostra libertà, appoggia ogni vostra passione senza invadere i vostri spazi, quando un uomo vi chiede di scegliere e pone ultimatum vi fa una grandissima violenza, vi impone una scelta, vi crea costrizione, vi soffoca e vi ferisce, vi chiede un sacrificio, l’amore non è sacrificio, soprattutto non è solo il sacrificio vostro, attenzione che gli ultimatum non sempre sono imposti con violenza e determinazione, si parla anche di tecniche molto raffinate, di somministrazioni di veleno goccia a goccia, ad esempio potrebbe non apprezzare il vostro lavoro, farvi sentire il suo disappunto, il suo malumore, indurvi a sensi di colpa perché secondo lui state trascurando il vostro rapporto, perché non gli dedicate tempo, dirà che per voi nella vostra scala di valori lui è l’ultimo, se sentite dirvi queste cose, anche piagnucolando, fate in modo che davvero nella vostra scala di valori sia l’ultimo, almeno avrà una ragione per dirlo, sono solo ricatti infantili e di un uomo che vuole tutto per sé, incapace di dare e incapace di vedervi realmente per ciò che siete, potrebbe anche farvi sentire non all’altezza della vostra passione, del vostro lavoro e della vostra arte, farvi credere che non siete portata, che non avete talento, che non avrete successo e che lui vuole solo evitarvi di soffrire, vuole evitarvi una delusione, e di perdere tempo,  non ascoltatelo. Una persona che vi ama è felice se siete felici, punto, non c’è altro da aggiungere e quindi non vi chiederebbe mai di lasciare qualsiasi cosa vi faccia felice per lui, minacciando di andarsene, inoltre purtroppo, chi minaccia di andarsene non lo fa mai, non avrebbe bisogno di minacciare. Un uomo geloso vi farà piazzate di gelosia per ogni cosa, rendendovi la vita un inferno e non solo a voi, anche a chi vi circonda, dal momento che tutti sono nemici, i pretesti saranno ovunque e molteplici, un lavoro, uscire con una amica, con gli amici, una opportunità per voi preziosa, per come siete vestita, perché siete spensierata, perché avete salutato, ammiccato, perché siete state troppo a lungo in qualche posto, perché non gli avete detto che uscivate, perché avete cambiato pettinatura, perché vi siete vestita a quel modo, perché vi permettete di esistere e vivere senza il suo permesso. La gelosia non è amore e non fate l'errore di pensare che sia il sale in un rapporto, è solo il sale su una ferita, la gelosia è una tortura e un incubo, è pericolosa.

 

Attenzione al disprezzo – Arriverà anche a farvi sentire il disprezzo, per quello che siete, per come mangiate, come vestite, come parlate, per quello che fate o dite o non fate, per qualcosa che è nelle vostre caratteristiche più personali e magari proprio per questo potrebbe essere speciale per un uomo che vi ama, in un uomo che non vi ama diventa disprezzo, non permettetegli di arrivare a offendervi,  non permettetegli di dire che siete sciatte o brutte o puttane o oche o smidollate o fifone o grasse o troppo magre o senza tette o senza cervello, il disprezzo sia sul piano fisico che sul piano culturale, intellettuale, è molto pericoloso, attenzione a non perdonarlo mai, perché anche quando lo scuserete per un momento di rabbia e perché vi porterà i fiori o le scuse o un regalo il giorno stesso o il giorno dopo, ogni volta che lo farete, avrete perso un pezzo di voi stessa, peggio, avete tradito voi stessa, e avete creato un "precedente" nel tranquillizzarlo, se lo perdonate lui saprà che lo potrà rifare, anzi la dose contro di voi sarà rincarata. Non bisogna riconoscere come violenza solo la violenza plateale e fisica e che lascia lividi, c’è una violenza più subdola e che lascia ferite anche più lunghe da guarire ed è questa violenza lenta, erosiva, coercitiva, melliflua  e ipocrita, è una violenza sorridente e travestita, se farete l’errore di sottovalutarla arriverete al punto di non amarvi più, di non credere più in voi stesse e ad essere troppo fragili per evitare anche la violenza fisica, prima di arrivare alla violenza fisica si arriva a isolare una persona, a fare in modo che non creda più in se stessa e a farle credere che senza il suo carnefice lei non sia nulla, e se questo non bastasse, allora ci sarà la minaccia di morte, ma prima di arrivare a questo possiamo imparare a riconoscere tanti segnali come questi dei quali diffidare.

 

Ascoltate il vostro istinto e la vostra felicità – Ascoltate la vostra felicità, una persona che vi ama vi rende felici, se sono più le volte che temete come rivolgervi a lui, se sono più le volte che siete a disagio, se non vi riuscite a sentire voi stesse, se vi sorprendete più tristi che felici, se prima di vederlo diventate nervose e irritabili, se cominciate a temerlo, a mentirgli per paura, o per ottenere qualcosa, ad accontentarlo senza chiedervi se lo volete anche voi, se vi sentite crocerossine e martiri invece che protette e serene, se non vi sentite al sicuro, se non è la spalla su cui appoggiarvi ma voi siete la sua stampella, se vi sentite di camminare in un campo minato dove un niente potrebbe fare esplodere tensioni, se fate di tutto per assecondarlo e rassicurarlo senza chiedervi voi come state, se questo amore non è bilanciato e voi state dando di più di ciò che ricevete, e soprattutto non c’è traccia di gioia in voi o di serenità, non so se è un amore violento o se potrà esserlo, ma è un amore che vi fa male, un amore sbagliato, sono energie sprecate e non ne vale la pena, ascoltate la vostra felicità, è impossibile mentire o simulare la felicità, chiedetevi “sono felice?" Avete il diritto di esserlo.

 

Non fate le crocerossine – Ha avuto una infanzia difficile? Molti di noi però non tutti diventiamo stronzi o Killer o sociopatici, ha avuto una infanzia difficile? Chissenefrega. Non devo pagarla io, non posso cambiare gli uomini, gli uomini non cambiano, non c’è amore che possa cambiare la natura violenta o instabile di nessuno, laddove non riesce uno psichiatra non potete riuscire voi.

 

Attenzione alle umiliazioni continue, anche di fronte ad amici e conoscenti, possono essere anche gentili, ma sono un veleno mortale, mirano a rendervi insicura, minano la fiducia in voi stesse, è la base più sicura per arrivare a dominarvi totalmente, perché quando viene a mancare fiducia in noi stesse, viene a mancare la forza per ribellarci e reagire, quando non valiamo nulla per noi stesse, allora di noi possono fare tutto, non saremo più in grado di difenderci, le umiliazioni possono essere dal punto di vista fisico, critiche che ci faranno sentire non belle, non adeguate e non sempre sono critiche aggressive, possono anche essere persuasive, il risultato sarà farci sentire complessate, non belle, e insicure, semplicemente perché lui diventerà il nostro unico specchio, non specchiatevi mai in nessun uomo, diffidate anche della critica scherzosa, buttata lì, anche dal “saresti perfetta se solo avessi…” La perfezione non esiste siete tutte uniche e irripetibili, la perfezione non esiste ma gli stronzi sì e se ci sono specchi deformanti sono quelli imposti da uomini violenti. Amatevi, perché questa sarà una grossa arma contro chiunque, siate felici e state bene nel vostro corpo, questo per altro è seduttivo in una donna, seduttiva è una donna che sa stare bene nel proprio corpo, una donna sicura di sé e che sa stare sola, è l’afrodisiaco migliore per attrarre uomini migliori, é l’amarsi come si è, ed è la conquista più difficile e bella che ci sia a qualsiasi età.

 

Umiliazioni fisiche, sul lavoro, sulla nostra intelligenza, sulla nostra competenza, sulle nostre paure, sulle nostre fragilità, abusi di potere e abuso quando si hanno posizioni di forza

 

Se un uomo fa qualcosa per voi non si deve aspettare nulla in cambio, altrimenti non è un favore, né un gesto d’amore o di amicizia, non è più un aiuto ma un ricatto e abuso del potere che in quel momento si trova ad avere su di voi. Inoltre chi approfitta  del bisogno di aiuto per ottenere ciò che vuole o per avere qualcosa in cambio è anche un grande vigliacco che ha bisogno di una persona in condizione di fragilità per ottenere ciò che vuole e tenderà a ripetere questa dinamica, ogni volta che gli chiederete qualcosa ve lo farà implicitamente pesare chiedendovi qualcosa in cambio.

 

Posso dire di no in qualsiasi momento, posso rifiutarmi di fare sesso in qualsiasi momento, posso dire un no sussurrato o deciso, posso farlo con la testa, posso non dirlo ma fartelo capire, un no è un no persino se lo dico ridendo o scherzando, se non lo dico ma te lo faccio capire con un linguaggio non verbale, un no è un no. Un no è un no se sono ubriaca o fatta, un no è un no anche se ti ho provocato fino a un momento prima, e ho il diritto di non dovermi difendere, ho il diritto di scegliere in ogni momento, in ogni istante della mia vita, esattamente come fa un uomo.

 

Non fate mai parlare un uomo per voi in una conversazione di gruppo, non siete un oggetto senza l’uso della parola o la capacità di pensiero analitico, non siete il suo bagaglio a mano, e soprattutto non siamo nel Medioevo anche se molti uomini non l’hanno ancora bene chiaro. Non permettetegli di rispondere a una domanda fatta a voi direttamente, né di parlare a nome vostro, questo in ogni circostanza a meno che non lo abbiate delegato voi.

 

Diffidate di chi alza la voce, di chi vi urla addosso, di chi non sa discutere senza alzare la voce. Alzare la voce è un atto di violenza che tradisce anche insicurezza nell’uomo, ha infatti bisogno di intimidire la donna perché non si sente all’altezza di stabilire una normale conversazione. Non sottovalutate chi alza la voce.

 

Diffidate di chi durante una discussione vi gira le spalle e se ne va. E’ offensivo, anche questo gesto tradisce una grave insicurezza nell’uomo, che non è in grado di affrontare alcuna responsabilità, ma anche grave mancanza di rispetto verso la donna.

 

Se lasciate un uomo violento fatelo in un momento nel quale non siete sole, a costo di comunicarglielo al telefono o meglio di non comunicarlo affatto. Andatevene e basta, anticipare a un uomo violento anche in un momento di rabbia che lo volete lasciare, significa scavarvi la fossa, non lo permetterà e non lo accetterà, fatelo senza dirglielo. Nessuna spiegazione da lui richiesta o incontro per chiarirsi o parlarsi il giorno stesso o il giorno dopo, abbiamo visto che più spesso è solo il vostro ultimo giorno di vita, chi lascia un uomo ha già spiegato tutto nella sua stessa decisione, nulla da aggiungere. Non gli dovete un rispetto che lui non ha mai avuto, non avete nessuna colpa, neppure se si mette a piangere o decide di sbattere la testa contro il muro, scena teatrale, che per altro, farà solo sotto i vostri occhi, a uso e consumo del vostro senso di colpa. Nessun senso di colpa, solo determinazione, sono commedianti nati, ma quando capiscono che il pianto non vi smuove l’istinto materno, e neppure quello della crocerossina  sanno passare alle botte a una velocità sorprendete, non dovete farvi trovare lì. Non dovete consolarli, non dovete salutarli un ultima volta, che cazzo vuole dire poi? E’ un ciao che potrebbe costarvi la vita, la vita, che ricordate, per loro non è la vostra ma appartiene a loro, e in quel cervello malato o siete sua o non siete più.

 

O siete sua o non siete più