Foto-Grafica Eloisa Guidarelli
E se la cultura sta andando nel cesso, per adesso, io non
ho voglia di accompagnarla…. Avevo un quartiere piccolo quadrato, avevo un
mondo d’impeto estraniato, musica fluida nelle orecchie, cascate di progetti e
pubblico applauso, avevo ideali meravigliosi, pericolosi allo specchio, perché
facevano un effetto seducente, si insomma sai come ci si sente, eroi
pericolosi, che esplodono in petto nel
tempo esatto di una canzone e poi l’eterna dannazione di chi non cresce mai, e
poi non sai chi sei, come Narciso ci si annega nel proprio viso senza
dissetarsi un granché. E palcoscenici vuoti e le idee in ostaggio non ci sono
più soldi per questo viaggio, la cultura è l’ultima ruota del carro. E poi gli
artisti con il loro futili motivi, immaturi, di peso a questa realtà pratica,
andate a lavorare, gestitevela con i rifiuti, riciclatevi gente coerente, della
cultura non se ne fa niente. L’arte è ribelle, cambiano gli anni, ma non cambia
pelle, l’arte buca il cemento, l’arte è un momento, poi c’è chi ce l’ha nel cuore,
chi la porta perché è il suo odore, chi può viverla in apnea… diventare anfibio
per un’idea, chi se la trova come sabbia nella bocca, faccia – faccia a un
naufragio, di ciò che non era, eppure è stato. Rabbia. Proviamo ad adeguarci
ogni giorno a una vita regolare, ma ci si vede nella faccia la minaccia, la
vera natura, a qualcuno facciamo paura, sappiamo di inaffidabilità, certo la
nostra identità è un po’ ammaccata, ha preso forti urti e botte, “Chi è che ti
ha ferito l’anima a questo modo?” “Oh niente sono io che ho sbattuto, sono
caduto, si forse mi hanno un poco stuprato l’orgoglio… ma per finta, mi sono
subito ravveduto”… “Se parli ti ascolto”, “Ne sei davvero sicuro? Io continuo a
sentire l’eco di te” “c’è qualcosa di insano nella tua guerriglia… per questo
ti amo, ho davanti qualcosa da cambiare, ti posso umiliare?” Intanto sai che
c’è… non ce la fanno a sopportare quelli che ancora oggi riescono a sognare, e
hanno quella logica felicità istupidita, ce l’hanno di fronte alla vita, la
ostentano, è nel loro portamento, è una collana che batte sui seni quando
camminano allegri, e si muovono nell’aria, come anemoni, come le razze alate
che nuotano e dentro sembra portino il vento, amano in maniera sinuosa come le
onde che le sostengono, è una vista perenne davanti a quei loro occhi assenti,
è intrisa di sentimenti, sono creature piene di passioni e non hanno paure…
hanno tante incertezze, timori, sembrano esitanti nelle intenzioni, ma sanno
chi sono dentro, anche se non hanno un lavoro, non hanno una casa, la loro
stessa vita è una scusa, eppure qualcosa ti cattura di questi spiantati del
lavoro, loro sanno mettersi da parte con una certa arte, la notte non sanno
cosa esattamente hanno nelle mani, più vicino al niente di quello che credi, ma
sanno quello che dalle loro dita non è scivolato via, il peso della fantasia,
dell’eterno interrogarsi anche quando non è salutare, anche quando sembra
tardi, ma si nutrono di un futuro che nessuno vede, di qualcosa che hanno
preservato e non hanno tradito, neppure sotto l’eterna costante dittatura di
questa indifferenza, di questo vuoto di ideali, c’è un’Italia sotto sequestro…
e tu che fai arte, adesso? E trattata come un’Ipazia minore, la creatività
feconda lascia un odore, ti getti alle spalle adrenalina, qualcuno vorrebbe
sbranare la luna, e tu sei di intralcio, ti fiuta, difendi quell’altrove da un
fuoco di bugiardi che ti faranno a pezzi il nome attraverso il cuore, che ti
priveranno della vista e ti macelleranno sotto un universo che mai capiranno,
non ce l’hanno neppure con te, ma con il pericolo che rappresenta, dall’eterna
esistenza, la nostra cultura come la scienza, e di nuovo, la stessa demenza,
stai circoscritta come donna di paglia e tieni il tuo orgoglio ferito nascosto
nell’erba, stai come un animale in agguato, ci sono fiere da sempre disposte a
dilaniare ciò che non possono capire,
anche gli avvoltoi possono servire, avevo i sogni esposti al sole, un
pubblico abbarbicato in alto, dallo sguardo torvo, dall’applauso come artigli
d’assalto, dalle grida a lacerare spazi, per nidi spogli, in attesa della tua
rinuncia come nutrimento, di voli copiati a stento nella fatica di una
recrudescenza sopravvivenza. Che paura la tua mente, che incanto e che
oltraggio si sente ad ascoltare il tuo cuore, Eva in un paradiso sbagliato
senza permesso di soggiorno aggiornato, se tu non fossi desiderabile e affatto
malleabile non saresti peccato. E allora come a un’Artemisia ho usato le tue
dita per una tortura nuova, per fermare quella tua sete di verità che non si
può accettare, quella tua verità non utilizzabile in questa società, e non
potendo limitare quella tua mente invadente e neppure la tua libertà, ho
bloccato quella macchina perfetta del tuo corpo, l’ho piegato, l’ho sferzato,
l’ho risolto, l’ho violato per onestà, per questa società che si turbava da sé
anche a ridere di te… E ti ho coperta una volta vinta, con la censura ti ho
ridipinta, un unico gesto gettato dalla premura, si è gonfiato nell’aria ciò
che ti è stato proibito e poi ti è calato sul viso, in modo che il sole non
ferisse le tue palpebre che ho chiuse delicatamente, la tua arte assente fa
alzare un silenzio nel vento, le tue labbra tacciono pensieri che sanno di
incenso e passi educati in templi perduti, cherubini sprovveduti che si
confessano sconcezze, ma un committente li ha pagati per un sorriso esemplare,
un sorriso ufficiale, dalla beatitudine assoluta, dalla serenità celata, tu
vuoi guardare dalla fessura, ma loro ti mostrano una scena alata in perfetta
sintonia con un mondo più terrestre della tua malinconia, delle tue lacrime
sospese, delle tue lacrime rubate, a tutte quelle scene di vita vera mai
denunciate, le bugie si fanno pagare salate. E la gente le paga, le ama, le
sottoscrive, le innalza a verità assolute, perché calzano perfettamente a come
ci si sente, perché c’è una verità che non possiamo permetterci ancora, neppure
ora, tanto meno ora come allora… E qui eroi cadono ai lati, hanno nemici
esagerati, hanno nemici invincibili, come lo sono gli stupidi e gli imbecilli,
hanno nemici che trasudano ignoranza, arroganza, hanno nemici striscianti,
incalzanti, riluttanti all’idea di farsi un’opinione, perché un’opinione è una
condizione pericolosa, loro adorano pensare allo stesso modo la stessa cosa,
avanzare come un muro duro, come una dittatura feconda, e quindi la tua arte
cos’è? Un’azzardata idea di te.
E adesso parliamo
noi e ci rialziamo ondulando, reggendoci a stento da morti premature, da
processi corrotti e da sacre scritture, e adesso parliamo noi di questi sogni
in grembo, trascinati nei secoli, reincarnati a stento, e adesso parliamo noi
senza occhi e senza mani del domani, perché anche se non faceva parte del
vostro disegno solo l’arte lascia il
segno, questa energia è una Fenice che batte le ali sulla cenere predisposta
nei vostri altari, tralasciamo il vostro impegno in sacrifici sbagliati per
ingraziarvi un dio in errore a cui per primi avete fermato il cuore, e terra
alla terra cenere alla cenere, piega gli occhi sotto lo sguardo di una Venere
sporca di lotta, ma non corrotta. Adesso parliamo noi, volevi comprarci i
passi, venderci scatole d’ossigeno perché respirassimo a ore concesse, che ti
pagassimo le promesse per minuti di sosta in oasi parchimetri nel deserto di
ogni tua risposta, che concedessimo sesso per un discorso onesto in nostro
favore, che cercassimo protezione, hai pensato che l’arte potesse essere
dominata con la frusta, sempre e tutta, hai pensato che l’arte se la mangiasse
questa disoccupazione, questa disillusione, persino questo progresso a
regresso, hai pensato che la cultura era giusto buttarla nel cesso, per adesso.
Concesso. Buffo, se c’è una cosa che ti vorresti scopare è il sogno di un altro
che ti fa male, e tu passi le tue notti in bianco fiducioso nel patto che da
sempre hai stipulato attento, io sto dalla parte del più forte e del più ricco
e sostengo il malcontento, e li guardo contorcersi e vomitare quelli che
dell’arte fanno un ideale, quelli che con la cultura ci vogliono mettere paura,
sai che c’è la dittatura dura di bombe e armi ma anche di sorrisi, la dittatura
lucida, quella diplomatica… non mi veniva la parola, era incastrata in gola, ha
potuto straziare corpi, seppellire di buon grado i propri morti, ma poi i sogni
sono diventati qualcosa che avanzava nonostante tutto, persino sopra il lutto di
un paese, perché i sogni sono cresciuti con le offese, sono stati a tutti i
funerali, erano stretti nelle condoglianze sudate di una mano, nella stretta di
un patto tra capitano e capitano, i sogni sanno stare sotto lo stivale, i sogni
fanno sempre troppo male a chi sa portarli, allora oggi ho eroi diversi, sono
pieni di paura, non sono guerriglieri esperti, sono fuori luogo, ai margini
spesso, sono quelli che adesso in questo momento esatto, dicono, un momento
forse io sono altro, forse mi devo una possibilità, non mi sento parte di
questo coro, non ce la faccio, non le voglio le spalle coperte, perché ho paura
che un domani chi oggi mi copre le spalle possa avere diritto di dirmi chi
sono, e non lo voglio questo embargo, non mi interessa questo ricatto dove o
faccio parte di tutto o sarò per sempre isolato. Non mi interessa perché non mi
sono mai sentita sola con me, non mi interessa perché se c’è una solitudine
molto peggiore è quella della massificazione, del livellamento, di quel vuoto
che avete dentro. Clap clap… batteva le mani, il cinismo seducente sussurrava
“dai rimani” “C’è solo da guadagnarci a non credere a niente, o vuoi
masochisticamente soffrire… la devi finire…” “Che vuoi da me?” Il cinico è
fortemente attratto dal suo opposto, ma anche chi ha i sogni in superficie,
così chiari e limpidi, come branchi di piccoli pesci è attratto dal cinismo
come dal sole che fa specchio sull’acqua, perché chi ha fatto una scelta vuole
sapere come ci si sente dalla parte opposta, perché chi ha fatto una scelta ne
ha esclusa un’altra, Perché una scelta ha dentro di sé comunque una morte, c’è
quello che lasci, quello che non hai scelto, e questo continuerà a chiamarti, a
incuriosirti, a volerti trattenere, sedurre, avere, che cosa si gusta, di che
sapore sa la sua realtà, quella parte che di me ho rifiutato, cosa ne è stato e
come si sta? E’ un’attrazione sessuale, una curiosità, che non finiamo di bere,
bicchiere dopo bicchiere, vorrei farmi i suoi sogni adesso, vorrei bermi la sua
onestà, la sua irrazionale presa diretta sulla vita, vorrei succhiarmela tutta
la sua parte giusta, vorrei farle la cresima e la comunione in un solo boccone,
vorrei farle ballare un tango della mia indifferenza, farle sentire l’assenza
di disciplina, vorrei spostare il suo senso d’orientamento per un momento di
pura follia, “vorrei un ettogrammo di
sogni, uno scarto di te, ti potresti incartare per me?” Vorrei il suo pudore
per ore, la sua insicurezza e poi il suo rancore, vorrei sfruttare la sua
energia pulita e pisciare a pioggia sulla sua idea di vita, rapire il suo
sogno, sequestrare le sue passioni, poi chiederle un riscatto, quanto mi dai
per me…Stesso? Potessi spalancare la sua cieca determinazione, violare le sue
certezze come cimiteri sacri, sporcare con orme di fango pavimenti lucidati,
urlare fino a sgolarmi in quella casa castello dai soffitti ampi, dove i suoi
desideri come pipistrelli sfiorano affreschi, le sussurrano tangenti i rischi,
ridere dei suoi riti, rubare i suoi misteri, “saresti per finta mia?” La mia
crescita si è bloccata allo zucchero filato, la tua fervida mente geniale lo
trova un peccato? La tua esteriorità mi attrae, la tua interiorità mi offende,
perfetti come ci si sente? Ora tu pensi sul più bello, che sia una strategia la
mia, che solo perché la mia mano era nella tua… “fantasia”…. Io sono
sinceramente attratto dal tuo cervello, chiuso in bagno non mi balbetto che
quello… è il cervello più prosperoso che ci sia… amica mia, e poi devo passare
di lì per averti qui, il tuo candore è già abbastanza ingombrante, per la mia
tendenza a eccedere quando sento odore di censura e la tua paura troppo
accogliente, la tua condanna prematura mi indica l’uscita di sicurezza dalla
tua certezza inappellabile, ora che mi hai dichiarato colpevole di cinismo
esibizionista, tendente al qualunquista… orientato al nichilismo… balleresti
con me in questo dualismo che tu sei, vorresti uno scambio di tutto quello che
non sai, ti porterei a cospetto del ribrezzo che provi per il mio scetticismo e
brinderesti al mio raggiro, che poi lentamente con voce da ubriaco, sosterrei
con te la parte tutta d’un fiato di quello che sono stato prima di ridurmi a
cinico… frustrato. Ho molto sofferto, è un mondo perverso, ho un sangue
pratico, ha globuli arrivisti, li hai visti? Ho spermatozoi in pentagramma per
la tua ninna – nanna, cosa vuoi di più. Perché non mi baci solo le ferite, come
una mamma, come un’attrice, non vedi che compaio a lato dei tuoi sogni, perdo
la strada del ritorno, tu hai una mente trafficata, è un delirio verso te
l’andata quanto il ritorno. Ti faresti una promessa di fede in una chiesa
sconsacrata ma non di minore atmosfera, staresti con me al di la’ del bene e
del male, in malattia e goliardia… che so io, così tanto per… finché morte non
ci separi e non ci renda in pace, uguali. E se qualcuno ha qualcosa da dire,
taccia e ci faccia finire, queste nozze tra pagliacci, ma se al posto delle
fedi usassimo… ... lacci? E dai che c’è, solo perché mi sono perso i sogni
prima di te? Solo perché ho preso due ideali e li ho lanciati nell’acqua e non
hanno neppure saltato tre volte per me? Abbi pietà della realtà che abbonda e
ti circonda, goditi il peccato anche tu, suda di più… Facciamo come il principe
e il povero, scambiamoci gli abiti, buttiamoli… e per un giorno io divento un
sognatore e tu … e tu…il cinismo in questione, e tu l’uomo che non deve
chiedere mai… perché è morto ormai… ma i suoi fantasmi si divertono più di te!
E tu sai perché.
Mi sono innamorata della tua parte nera, della mia parte
rifiutata, ho bisogno di un cinismo di velluto a ricordarmi che non ho perduto,
che non ho tradito, che sono viva e presente e adesso non mi importa niente,
schermaglie di sguardi a non finire, stoccate di quello che non si deve dire,
se siamo la stessa parte della medaglia portiamoci a una distanza infinita in
mondi paralleli ed equidistanti e chiamiamola sopravvivenza piuttosto che
vita, perché tu sei quello che io non
ho e sei il contrario di ciò che dico, sei la parte da me rifiutata, e quella
che maledico, tu sei allettante per me, perché non c’è nulla di più
affascinante di un pazzo incosciente che non crede più a niente finche non
implora il sogno di un altro, e siamo tutto questo, la scelta e il suo opposto
e siamo solo questo la scelta e il suo opposto, e siamo di sicuro, quello che abbiamo
scelto e quello che abbiamo perduto…
Fino a che non cade nel suo sguardo la sua stessa vita come
quella di un altro, quando hai scelto di lasciare la tua identità e ti hanno
fucilato al muro avevi meno paura di sicuro che farti un’idea della verità. E
sia, l’ignoto mi spaventa perché non conoscendo cos’è, non posso raccontarmi
una rassicurante bugia.
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