sabato 21 settembre 2013

La gabbia


Foto-Grafica Eloisa Guidarelli





E se la cultura sta andando nel cesso, per adesso, io non ho voglia di accompagnarla…. Avevo un quartiere piccolo quadrato, avevo un mondo d’impeto estraniato, musica fluida nelle orecchie, cascate di progetti e pubblico applauso, avevo ideali meravigliosi, pericolosi allo specchio, perché facevano un effetto seducente, si insomma sai come ci si sente, eroi pericolosi,  che esplodono in petto nel tempo esatto di una canzone e poi l’eterna dannazione di chi non cresce mai, e poi non sai chi sei, come Narciso ci si annega nel proprio viso senza dissetarsi un granché. E palcoscenici vuoti e le idee in ostaggio non ci sono più soldi per questo viaggio, la cultura è l’ultima ruota del carro. E poi gli artisti con il loro futili motivi, immaturi, di peso a questa realtà pratica, andate a lavorare, gestitevela con i rifiuti, riciclatevi gente coerente, della cultura non se ne fa niente. L’arte è ribelle, cambiano gli anni, ma non cambia pelle, l’arte buca il cemento, l’arte è un momento, poi c’è chi ce l’ha nel cuore, chi la porta perché è il suo odore, chi può viverla in apnea… diventare anfibio per un’idea, chi se la trova come sabbia nella bocca, faccia – faccia a un naufragio, di ciò che non era, eppure è stato. Rabbia. Proviamo ad adeguarci ogni giorno a una vita regolare, ma ci si vede nella faccia la minaccia, la vera natura, a qualcuno facciamo paura, sappiamo di inaffidabilità, certo la nostra identità è un po’ ammaccata, ha preso forti urti e botte, “Chi è che ti ha ferito l’anima a questo modo?” “Oh niente sono io che ho sbattuto, sono caduto, si forse mi hanno un poco stuprato l’orgoglio… ma per finta, mi sono subito ravveduto”… “Se parli ti ascolto”, “Ne sei davvero sicuro? Io continuo a sentire l’eco di te” “c’è qualcosa di insano nella tua guerriglia… per questo ti amo, ho davanti qualcosa da cambiare, ti posso umiliare?” Intanto sai che c’è… non ce la fanno a sopportare quelli che ancora oggi riescono a sognare, e hanno quella logica felicità istupidita, ce l’hanno di fronte alla vita, la ostentano, è nel loro portamento, è una collana che batte sui seni quando camminano allegri, e si muovono nell’aria, come anemoni, come le razze alate che nuotano e dentro sembra portino il vento, amano in maniera sinuosa come le onde che le sostengono, è una vista perenne davanti a quei loro occhi assenti, è intrisa di sentimenti, sono creature piene di passioni e non hanno paure… hanno tante incertezze, timori, sembrano esitanti nelle intenzioni, ma sanno chi sono dentro, anche se non hanno un lavoro, non hanno una casa, la loro stessa vita è una scusa, eppure qualcosa ti cattura di questi spiantati del lavoro, loro sanno mettersi da parte con una certa arte, la notte non sanno cosa esattamente hanno nelle mani, più vicino al niente di quello che credi, ma sanno quello che dalle loro dita non è scivolato via, il peso della fantasia, dell’eterno interrogarsi anche quando non è salutare, anche quando sembra tardi, ma si nutrono di un futuro che nessuno vede, di qualcosa che hanno preservato e non hanno tradito, neppure sotto l’eterna costante dittatura di questa indifferenza, di questo vuoto di ideali, c’è un’Italia sotto sequestro… e tu che fai arte, adesso? E trattata come un’Ipazia minore, la creatività feconda lascia un odore, ti getti alle spalle adrenalina, qualcuno vorrebbe sbranare la luna, e tu sei di intralcio, ti fiuta, difendi quell’altrove da un fuoco di bugiardi che ti faranno a pezzi il nome attraverso il cuore, che ti priveranno della vista e ti macelleranno sotto un universo che mai capiranno, non ce l’hanno neppure con te, ma con il pericolo che rappresenta, dall’eterna esistenza, la nostra cultura come la scienza, e di nuovo, la stessa demenza, stai circoscritta come donna di paglia e tieni il tuo orgoglio ferito nascosto nell’erba, stai come un animale in agguato, ci sono fiere da sempre disposte a dilaniare ciò che non possono capire,  anche gli avvoltoi possono servire, avevo i sogni esposti al sole, un pubblico abbarbicato in alto, dallo sguardo torvo, dall’applauso come artigli d’assalto, dalle grida a lacerare spazi, per nidi spogli, in attesa della tua rinuncia come nutrimento, di voli copiati a stento nella fatica di una recrudescenza sopravvivenza. Che paura la tua mente, che incanto e che oltraggio si sente ad ascoltare il tuo cuore, Eva in un paradiso sbagliato senza permesso di soggiorno aggiornato, se tu non fossi desiderabile e affatto malleabile non saresti peccato. E allora come a un’Artemisia ho usato le tue dita per una tortura nuova, per fermare quella tua sete di verità che non si può accettare, quella tua verità non utilizzabile in questa società, e non potendo limitare quella tua mente invadente e neppure la tua libertà, ho bloccato quella macchina perfetta del tuo corpo, l’ho piegato, l’ho sferzato, l’ho risolto, l’ho violato per onestà, per questa società che si turbava da sé anche a ridere di te… E ti ho coperta una volta vinta, con la censura ti ho ridipinta, un unico gesto gettato dalla premura, si è gonfiato nell’aria ciò che ti è stato proibito e poi ti è calato sul viso, in modo che il sole non ferisse le tue palpebre che ho chiuse delicatamente, la tua arte assente fa alzare un silenzio nel vento, le tue labbra tacciono pensieri che sanno di incenso e passi educati in templi perduti, cherubini sprovveduti che si confessano sconcezze, ma un committente li ha pagati per un sorriso esemplare, un sorriso ufficiale, dalla beatitudine assoluta, dalla serenità celata, tu vuoi guardare dalla fessura, ma loro ti mostrano una scena alata in perfetta sintonia con un mondo più terrestre della tua malinconia, delle tue lacrime sospese, delle tue lacrime rubate, a tutte quelle scene di vita vera mai denunciate, le bugie si fanno pagare salate. E la gente le paga, le ama, le sottoscrive, le innalza a verità assolute, perché calzano perfettamente a come ci si sente, perché c’è una verità che non possiamo permetterci ancora, neppure ora, tanto meno ora come allora… E qui eroi cadono ai lati, hanno nemici esagerati, hanno nemici invincibili, come lo sono gli stupidi e gli imbecilli, hanno nemici che trasudano ignoranza, arroganza, hanno nemici striscianti, incalzanti, riluttanti all’idea di farsi un’opinione, perché un’opinione è una condizione pericolosa, loro adorano pensare allo stesso modo la stessa cosa, avanzare come un muro duro, come una dittatura feconda, e quindi la tua arte cos’è? Un’azzardata idea di te.

 E adesso parliamo noi e ci rialziamo ondulando, reggendoci a stento da morti premature, da processi corrotti e da sacre scritture, e adesso parliamo noi di questi sogni in grembo, trascinati nei secoli, reincarnati a stento, e adesso parliamo noi senza occhi e senza mani del domani, perché anche se non faceva parte del vostro disegno solo  l’arte lascia il segno, questa energia è una Fenice che batte le ali sulla cenere predisposta nei vostri altari, tralasciamo il vostro impegno in sacrifici sbagliati per ingraziarvi un dio in errore a cui per primi avete fermato il cuore, e terra alla terra cenere alla cenere, piega gli occhi sotto lo sguardo di una Venere sporca di lotta, ma non corrotta. Adesso parliamo noi, volevi comprarci i passi, venderci scatole d’ossigeno perché respirassimo a ore concesse, che ti pagassimo le promesse per minuti di sosta in oasi parchimetri nel deserto di ogni tua risposta, che concedessimo sesso per un discorso onesto in nostro favore, che cercassimo protezione, hai pensato che l’arte potesse essere dominata con la frusta, sempre e tutta, hai pensato che l’arte se la mangiasse questa disoccupazione, questa disillusione, persino questo progresso a regresso, hai pensato che la cultura era giusto buttarla nel cesso, per adesso. Concesso. Buffo, se c’è una cosa che ti vorresti scopare è il sogno di un altro che ti fa male, e tu passi le tue notti in bianco fiducioso nel patto che da sempre hai stipulato attento, io sto dalla parte del più forte e del più ricco e sostengo il malcontento, e li guardo contorcersi e vomitare quelli che dell’arte fanno un ideale, quelli che con la cultura ci vogliono mettere paura, sai che c’è la dittatura dura di bombe e armi ma anche di sorrisi, la dittatura lucida, quella diplomatica… non mi veniva la parola, era incastrata in gola, ha potuto straziare corpi, seppellire di buon grado i propri morti, ma poi i sogni sono diventati qualcosa che avanzava nonostante tutto, persino sopra il lutto di un paese, perché i sogni sono cresciuti con le offese, sono stati a tutti i funerali, erano stretti nelle condoglianze sudate di una mano, nella stretta di un patto tra capitano e capitano, i sogni sanno stare sotto lo stivale, i sogni fanno sempre troppo male a chi sa portarli, allora oggi ho eroi diversi, sono pieni di paura, non sono guerriglieri esperti, sono fuori luogo, ai margini spesso, sono quelli che adesso in questo momento esatto, dicono, un momento forse io sono altro, forse mi devo una possibilità, non mi sento parte di questo coro, non ce la faccio, non le voglio le spalle coperte, perché ho paura che un domani chi oggi mi copre le spalle possa avere diritto di dirmi chi sono, e non lo voglio questo embargo, non mi interessa questo ricatto dove o faccio parte di tutto o sarò per sempre isolato. Non mi interessa perché non mi sono mai sentita sola con me, non mi interessa perché se c’è una solitudine molto peggiore è quella della massificazione, del livellamento, di quel vuoto che avete dentro. Clap clap… batteva le mani, il cinismo seducente sussurrava “dai rimani” “C’è solo da guadagnarci a non credere a niente, o vuoi masochisticamente soffrire… la devi finire…” “Che vuoi da me?” Il cinico è fortemente attratto dal suo opposto, ma anche chi ha i sogni in superficie, così chiari e limpidi, come branchi di piccoli pesci è attratto dal cinismo come dal sole che fa specchio sull’acqua, perché chi ha fatto una scelta vuole sapere come ci si sente dalla parte opposta, perché chi ha fatto una scelta ne ha esclusa un’altra, Perché una scelta ha dentro di sé comunque una morte, c’è quello che lasci, quello che non hai scelto, e questo continuerà a chiamarti, a incuriosirti, a volerti trattenere, sedurre, avere, che cosa si gusta, di che sapore sa la sua realtà, quella parte che di me ho rifiutato, cosa ne è stato e come si sta? E’ un’attrazione sessuale, una curiosità, che non finiamo di bere, bicchiere dopo bicchiere, vorrei farmi i suoi sogni adesso, vorrei bermi la sua onestà, la sua irrazionale presa diretta sulla vita, vorrei succhiarmela tutta la sua parte giusta, vorrei farle la cresima e la comunione in un solo boccone, vorrei farle ballare un tango della mia indifferenza, farle sentire l’assenza di disciplina, vorrei spostare il suo senso d’orientamento per un momento di pura follia, “vorrei un ettogrammo  di sogni, uno scarto di te, ti potresti incartare per me?” Vorrei il suo pudore per ore, la sua insicurezza e poi il suo rancore, vorrei sfruttare la sua energia pulita e pisciare a pioggia sulla sua idea di vita, rapire il suo sogno, sequestrare le sue passioni, poi chiederle un riscatto, quanto mi dai per me…Stesso? Potessi spalancare la sua cieca determinazione, violare le sue certezze come cimiteri sacri, sporcare con orme di fango pavimenti lucidati, urlare fino a sgolarmi in quella casa castello dai soffitti ampi, dove i suoi desideri come pipistrelli sfiorano affreschi, le sussurrano tangenti i rischi, ridere dei suoi riti, rubare i suoi misteri, “saresti per finta mia?” La mia crescita si è bloccata allo zucchero filato, la tua fervida mente geniale lo trova un peccato? La tua esteriorità mi attrae, la tua interiorità mi offende, perfetti come ci si sente? Ora tu pensi sul più bello, che sia una strategia la mia, che solo perché la mia mano era nella tua… “fantasia”…. Io sono sinceramente attratto dal tuo cervello, chiuso in bagno non mi balbetto che quello… è il cervello più prosperoso che ci sia… amica mia, e poi devo passare di lì per averti qui, il tuo candore è già abbastanza ingombrante, per la mia tendenza a eccedere quando sento odore di censura e la tua paura troppo accogliente, la tua condanna prematura mi indica l’uscita di sicurezza dalla tua certezza inappellabile, ora che mi hai dichiarato colpevole di cinismo esibizionista, tendente al qualunquista… orientato al nichilismo… balleresti con me in questo dualismo che tu sei, vorresti uno scambio di tutto quello che non sai, ti porterei a cospetto del ribrezzo che provi per il mio scetticismo e brinderesti al mio raggiro, che poi lentamente con voce da ubriaco, sosterrei con te la parte tutta d’un fiato di quello che sono stato prima di ridurmi a cinico… frustrato. Ho molto sofferto, è un mondo perverso, ho un sangue pratico, ha globuli arrivisti, li hai visti? Ho spermatozoi in pentagramma per la tua ninna – nanna, cosa vuoi di più. Perché non mi baci solo le ferite, come una mamma, come un’attrice, non vedi che compaio a lato dei tuoi sogni, perdo la strada del ritorno, tu hai una mente trafficata, è un delirio verso te l’andata quanto il ritorno. Ti faresti una promessa di fede in una chiesa sconsacrata ma non di minore atmosfera, staresti con me al di la’ del bene e del male, in malattia e goliardia… che so io, così tanto per… finché morte non ci separi e non ci renda in pace, uguali. E se qualcuno ha qualcosa da dire, taccia e ci faccia finire, queste nozze tra pagliacci, ma se al posto delle fedi usassimo… ... lacci? E dai che c’è, solo perché mi sono perso i sogni prima di te? Solo perché ho preso due ideali e li ho lanciati nell’acqua e non hanno neppure saltato tre volte per me? Abbi pietà della realtà che abbonda e ti circonda, goditi il peccato anche tu, suda di più… Facciamo come il principe e il povero, scambiamoci gli abiti, buttiamoli… e per un giorno io divento un sognatore e tu … e tu…il cinismo in questione, e tu l’uomo che non deve chiedere mai… perché è morto ormai… ma i suoi fantasmi si divertono più di te! E tu sai perché.


Mi sono innamorata della tua parte nera, della mia parte rifiutata, ho bisogno di un cinismo di velluto a ricordarmi che non ho perduto, che non ho tradito, che sono viva e presente e adesso non mi importa niente, schermaglie di sguardi a non finire, stoccate di quello che non si deve dire, se siamo la stessa parte della medaglia portiamoci a una distanza infinita in mondi paralleli ed equidistanti e chiamiamola sopravvivenza piuttosto che vita,  perché tu sei quello che io non ho e sei il contrario di ciò che dico, sei la parte da me rifiutata, e quella che maledico, tu sei allettante per me, perché non c’è nulla di più affascinante di un pazzo incosciente che non crede più a niente finche non implora il sogno di un altro, e siamo tutto questo, la scelta e il suo opposto e siamo solo questo la scelta e il suo opposto, e siamo di sicuro, quello che abbiamo scelto e quello che abbiamo perduto…

Fino a che non cade nel suo sguardo la sua stessa vita come quella di un altro, quando hai scelto di lasciare la tua identità e ti hanno fucilato al muro avevi meno paura di sicuro che farti un’idea della verità. E sia, l’ignoto mi spaventa perché non conoscendo cos’è, non posso raccontarmi una rassicurante bugia.