lunedì 1 aprile 2013

Tutta colpa mia



Foto grafica Eloisa Guidarelli





Tutta colpa mia.

Sei tu che la porti sulla cattiva strada figlia esagerata,
sei tu che non aspetti fuori dalla messa, sei tu che preferisci il cloro della piscina all’acqua benedetta,
sei tu che guardi gli uomini più grandi,
sei tu che salti la scuola,
sei tu che sai stare troppo da sola,
sei tu che fai amicizie maschili,
sei tu che ti metti con il capo della banda,
sei tu che indossi abiti trasparenti, indecenti, senza reggiseno,
sei tu che sai convincere tutti quanti a stare dalla parte tua, è il tuo sorriso indeciso, lo sguardo lascivo,
sei tu che raccogli gli apprezzamenti, come la polvere che si attacca all’orlo della gonna, “Fai i complimenti alla mamma”,
è il tuo culo che parla,
sei tu che sei donna,
è un linguaggio adolescente in un corpo incandescente che sboccia,
sei tu la provocazione,
sei tu la scusa se perdo la ragione,
sei il capro espiatorio,
sei il sospiro sulle labbra socchiuse,
sei tutte le scuse come lecca lecca,
sei la sensualità di un corpo che si riveste in fretta,
sei la colpa di quello che colgo dal buco della serratura,
e sei ogni fottuta paura,
sei guance strette nelle mia dita grosse,
attenta bambina che nessun gioco sarà come prima,
sei il menefreghismo che cammina,
sul tuo sudore ribelle si attaccano tutte quelle pupille,
e sogni si divincolano nelle tue cosce strette,
bruciano l’asfalto le tue bestemmie benedette su labbra perfette,
vola,
la tua età,
non c’è carità,
sei tu con la tua aria corrucciata, con la tua passione per Guccini e Guevara, coi tuoi anni per la maturità, sei tu senza età, sei tu che hai sospeso la tua verginità nello spacco perfetto dei denti davanti, in sorrisi esplosi su volti impotenti, sei tu che hai negato ad amici e parenti, confidenze a parte il tuo senso dell’arte, sei tu che hai respirato in maniera proibita, hai riempito i polmoni di dolore di vita, sei tu con i tuoi ideali estremi e la tua libera sessualità perché a te Dio mai ti punirà, a lui hai raccontato dell’amore sotto la doccia come del gusto di un gelato, sei tu che tanto che differenza fa, sei tu che o è coraggio o è pazzia, la vita è solo mia, sei tu che hai fumato di nascosto, innamorata del gesto, sei tu che fai l’amore con tutti al mondo senza che ci sia una differenza di sesso. Sei tu che al sesso non leghi identità. Sei tu dalla parte dell’abisso che non capisco. Perfetto. Sei tu che fai l’amore parlando, salutando, giocando, trattenendo il fiato e bruciando il pensiero, purchè ogni azzardo sia vero. Sei tu che con l’aria da Madonna ce l’hai data a bere e guarda dove sei andata a finire, sei tu che non vuoi capire, sei tu altalena di noia, e piedi che frenano lo slancio di chi ti ha spinta di schiena, sei tu che lasci tutti i tuoi anni, come fossi nata solo un momento prima, sei tu la figlia di genitori separati e di problemi tramandati, sei tu la ragazza magra con il sorriso pieno di malinconia, con le tue parole che si muovono sulla carta e diventano persone che fanno il Kamasutra per ore, e tu sorridi e guardi altrove, è la cosa più naturale che ci sia posare lo sguardo da uno spazio all’altro, andarsene via. Sei tu che per adesso hai scelto sempre di andare a processo, di condividere ogni aspetto dell’errore, del dolore, del buio e dell’amore, la fantasia galoppa sempre vicino a una zona oscura, sei tu che non hai paura. Delusa da un amore che esiste solo nelle canzoni, delusa da bugie perfette, delusa dalle forti emozioni riflesse in notti anemiche, delusa come chi abusa dell’amore, e si trova con unghie smaltate a mangiarsi il cuore, delusa dal cinismo che sopravvive e l’idealismo che come una cosa viva finisce sotto la locomotiva, sei tu che ascolti Guccini da quando hai 16 anni, eppure non è come prima, delusa dal mare che non riporta a riva quella parte di vita maldigerita. E adesso. Musica che scalda le orecchie e labbra rosse serrate come vendette, pelle bianca senza trucco, ho inghiottito un lutto, mi accompagna ogni notte, sono botte, sono botte, ho questo cuore che batte contro le tue ceneri, picchia duro, calli sul tamburo, palmi abituati alla sensualità della protesta taciuta, della rabbia come antico cerchio alla testa mai venduta. Ho l’anima in un disegno. Ho labbra tiepide, ho qui un bacio di scorta, eppure sentono il tuo spostamento d’aria. E lui che mi guarda, che pensa di certo che ho labbra da femmina, che se le immagina come un sipario rosso che si apre e si richiude di continuo, è lì dopo il sesso, viene colpito a morte dalle pause sospese di discorsi pescati con reti a strascico dal fondo di quell’abisso blu marina che mi trascina via le budella, le sopracciglia hanno una danza tutta loro, per discorsi scoscesi giù per la sua schiena, gli sguardi sono direttori d’orchestra di quest’ultima scena, e lui dentro trema, lui che non sa esprimere ma solo reprimere la meraviglia. Volare nelle tue mani che giocano con l’aria, che sfruttano lo spazio nel tuo gesticolare tattico, le tue mani uccelli, rapidi voli a pelo d’acqua, le tue mani avvoltoi rapaci a strappare vite dalle ferite, le mie ginocchia raccolte alla bocca per timidezza, la tua imbecillità perfetta. Poterti uccidere senza farlo, poterti amare senza dirmelo, aspettare un cadavere, sul fiume, ma in quanti siamo ad aspettare questi cadaveri di nemici, in quanti infelici? E poi se anche il nostro nemico aspetta il cadavere su questo fiume… quale cadavere passerà… e se passa prima il mio? E se tutti aspettano cadaveri passare in silenzio e se tutti siamo i cadaveri che passano nel fiume e nessuno meritevole di aspettare sul fiume. Fanculo, tanto vale gettarci sassi piatti, vorrei vendicarmi con un clistere di gioia perfetta, che so, brindare con ghiaccio nella tua testa, come una Salomè svogliata e perfetta, fasciarti le ferite con sete, proibite, che ridere forse mi mancava di sapere che l’amore e l’odio sono la stessa cosa, lo stesso perfetto dispendio di noi stessi e del tempo. Sapresti almeno sceglierti l’arma per questo duello? O nemmeno quello, che una scelta è pure sempre un atto di responsabilità, come si morirà? Torna a giocare all’artista, ho i tuoi occhi su piste di sabbia nell’arco perfetto della mia schiena, nel colpo di reni in una giornata di rabbia, potessimo ringhiarci in faccia, scoprire i canini, essere almeno in questo vicini, vorrei la verità scomoda, sono disposta a sbranare le tue intenzioni sospese, fugge via la tua vigliaccheria… la luna mi bagna le spalle e trovo sia meglio di antiche balle, trovo sia perfetto il tronco di quell’albero che bacio, il sapore della sua corteccia, il palmo delle mie mani aperte, la vendetta sdraiata  e placata su un sorriso di sincero disprezzo come di un ricordo sfiorato, velato, lontano. Sapere che non ne vale la pena, e poi sento la pioggia dentro le orecchie, gocce perfette equidistanti, potessi esistere sola con questo rumore e l’odore di terra bagnata, come lavata. Potessi librarmi nel pentagramma perfetto di una musica scritta su ogni nostro difetto, potessi fare di noi due antichi e romantici eroi che hanno scelto di fare i giullari per giocare ad armi pari.