L’Innocente.
E tu che cantavi, mi lasciavo crescere i capelli, mi
tagliavano gli ideali, dalla bocca non possono uscire parole, è spesso cucita e la bocca è una
ferita, le mie parole per questo escono sempre dalle dita, e il pensiero è un
serpente arrotolato che dorme sotto le sopracciglia, sfiorato dalle
ciglia, palpebre che sono cancelli e
dietro fiori belli, non calpestare le aiuole, un giardino privato assetato, ci
volano farfalle nell’unico giorno di vita, e spiegano le ali tutti i minuti
lenti che tu non senti. Il pensiero non passa dalla bocca, abile incantatrice,
quando come vento solleva le labbra sui denti, tu scorgi un piccolo triangolo
bianco, e ti perdi. La bocca è una donna che seduce alzando le vesti, e tu ti
fidi, raccogli le intenzioni, soppesi le occasioni, e ci sono mille
deviazioni, c’è una danza dei sette veli
a cui non credi ma ti concedi, eccome se ti concedi, le parole sono belle e
perverse, si seducono a vicenda, come le idee diverse, come pesci che lottano
nell’ombra, le code trasparenti e
colorate s’avvolgono gettate nella lotta dell’estate, in una piccola vasca di
cemento, ornata apposta per dare un senso di foresta nascosta nel tuo grigio
convento, perciò stai attento… Però se il pensiero esce dalle mani non c’è
scorciatoia migliore e in agguato di noi stessi possiamo solo guardare. Questo
sciopero di sentimenti, queste risate sott’acqua, espresse dagli occhi, tutta
la seduzione che sento quando mi si impone il silenzio, è come dire a una
bambina viziata di reprimere una risata, occhi negli occhi, labbra serrate, facce quasi attaccate,
pupille nelle pupille, la tua pelle, la mia, la mappa sfuocata di ogni
fantasia, perde chi ride per primo e chi ride è cretino, impossibile non farsi
una risata, non fare scoppiare la censura, un cuore bambino non conosce paura.
Premura. E siamo daccapo aspetto il tuo coraggio, ti cammino intorno, ti
cogliessi mai in fallo. Ti amo per questo senz’altro. Cammino sul filo da un
tempo infinito, non c’è rete di salvezza, l’equilibrio richiede la calma e tu
vai troppo di fretta. Tu non ti fermi a pensare, tu non ti fermi a sognare, tu
sei l’aria fredda che colpisce il viso, l’ossigeno della giornata, la tua vita
non va capita ma respirata. E in una nuvola mia di rabbia e incanto con il tuo
odore addosso, il vento soltanto, mi sale dalle gambe, mi afferra le cosce e
soffia su labbra nascoste. Pensavo all’ultimo giorno del mondo senza un lavoro,
senza una casa, pensavo all’ultimo giorno del mondo quando nello stomaco hai un
sogno, il sogno ti scalda, ti porta via, ti bacia il collo, ti prende ai fianchi, il sogno che sputa alla
polizia, il sogno è come un filo d’erba che osservi bucare il cemento, il sogno
è morbido, piega il capo alla carezza, come una donna benedetta, il sogno che
annaffi nel tempo, il sogno ha sete e pretende e soprattutto lui non mente, il
sogno che sta in una mano come il mio seno, il sogno esce dagli occhi, te li fa
belli, ha un odore sulla pelle, chi sogna è di certo ribelle, il sogno è
anarchia, il sogno è filosofia, il sogno fa della vita reale una vita speciale,
il sogno segna il passo, per colpa di un sogno si sbaglia tutto, sa di piscio e
di rosmarino e ti respira vicino, sa di selvaggio sulla clausura, sa di
blasfemo sulla preghiera, forse chi sogna fa paura, la seduzione è cosa nera,
ma preferisco una vita sbagliata che una vita mai sognata. Il sogno non si
adatta, il sogno si arresta alla gola, a volte ti consola, ti porta alla fine
della giornata con un’aria malinconica da innamorata, ti lega i polsi con le
manette, ti concede la chiave per ore perfette, il sogno si adatta nei corpi
fanciulli, nelle menti pulite, e cerca le ferite, il sogno se è vero ti basta,
il sogno se è vero segna il tuo passo e tu ti senti di un’altra razza, ne’
migliore, ne’ peggiore, è solo che non ti riesci più a mischiare con chi ha
smesso di sognare, perché smettere di sognare porta pace e a volte una quasi
serenità, come quando ci si abitua
all’idea della morte, e la paura della morte diventa scarsa professionalità,
perché smettere di sognare fa diventare adulti, di quelli che tirano avanti
senza chimere, di quelli concreti su cui si può contare, di quelli che non
hanno bisogno di chiedere, pensare, amare, di quelli leggeri, di quelli da
approvare, perché sognare, sognare fa male, e poi quanti sono morti dietro un
sogno, meglio morire per un bisogno, sognare si può da bambini… oltre si
diventa cretini. Ma li avete mai visti quelli che portano i sogni dentro, i
disadattati di ogni momento. Ti ho vuotato le tasche sul letto, sul letto di
coperte nervose, gettate a legare le nostre caviglie, ti ho svuotato le tasche
e uno a uno ho messo i miei sogni
vicino, come gioielli di plastica, come il tesoro di un bambino, il progetto di
un assassino, come sassi trovati sul mare, come ti appare la mia collezione? Sono
sempre un passo indietro a ogni tuo segreto. Ti ho svuotato gli occhi dalle
lacrime che non ho più pianto, e con le mani penso di averti dedicato un canto,
quando cercavo nella tua pelle tutte le ore della mia vita e mi sembrava che il
tempo andasse in salita, in salita come vidi l’acqua andare una volta quando
una tromba d’aria mi ha quasi travolta, i sogni poggiati come soldi rubati,
stropicciati, tra il mio e il tuo respiro, tra il mio seno e il tuo petto, le
mie labbra, il tuo ombelico, tra le nostre pance, gendarmi alle spalle che non
vediamo ma sentiamo, battono a terra il fucile, e non riusciamo a dirci “Ti
amo” che forse neppure lo sappiamo, il poco tempo a disposizione che da’
l’amore come la prigione, così uno sguardo è l’infinito e pesa molto di più
quello che non dico, devo fare stare tutto in una tasca, devo scegliere bene,
quello che può servire, quello che conviene. Ci sarà aria abbastanza, ci sarà
una catena lunga a sufficienza, così io ti ho mostrato veloce quello che al
mondo avevo rubato, quello che al mondo non ho dato il permesso che mi fosse
trafugato, stava in una tasca appena, stava in uno sguardo in tralice, stava in
un sorriso incompleto, nel bacio che ti ha visto sorpreso, stava nell’andare
via, ho soppesato l’immoralità, ho tagliuzzato la mia identità, non gli ho
neppure lasciato la mia parte nera, serviva a me come al giorno la sera. Ho
scambiato l’oro per vetri colorati e consumati dal sale, perché seguendo il
profilo di quelle forme lavorate dalle onde con il dito ho capito. Ho poggiato
le mani sulle mie ginocchia, giocavo con la mia pelle che persino il pudore era
strategia e non sono tua e neppure mia, seduti gambe divaricate e piedi
poggiati altrove, talloni contro i talloni, ad arginare il bacino artificiale
delle nostre risate, erano lì per noi e ce le siamo bevute in parole cadute
come da quelle macchinette di plastica sulle spiagge che vomitano palline
trasparenti, te le sei comprate, cadevano a terra come l’estate. Sono qua, ho
svuotato i miei sogni, con questi non si compra niente, ma con questi so come
ci si sente, se questi venissero a mancare allora capiresti fino in fondo cosa
è il male, non è necessariamente un dolore, forse è l’esatto opposto, è un
anestetico profondo, perciò ho preso anche tutto il mio dolore, voglio
conoscere il sapore delle ferite su quello che dite. . . E i sogni derisi e
proibiti, sogni perseguitati, sogni che ti attaccano il corpo come l’edera il
tronco, sogni per ogni galera, sogni scossi dai poliziotti, sogni
schiaffeggiati sul lavoro, sogni che tolgono il decoro e suscitano un’invidia
profonda e si affonda. Negli occhi dei sognatori, si affonda nei loro errori,
si affonda tra le loro gambe, si affonda inutilmente, rimani sospeso come sul
mare, puoi galleggiare, essere un corpo morto, dondolare, hanno occhi distanti,
un ritmo calmo del cuore, sono onde e correnti… li percepisci e non li senti,
gli uomini a cui i sogni scorrono sotto la pelle , scorrono come una corrente
fredda, si rallenta… si prendono le proporzioni della vita, si fa l’amore con
gli ideali e si è felici senza alcuna ragione, si è felici per condizione, si è
felici in un minuto che sembra infinito, uno sguardo fiero e pieno di dignità
di chi si sarà anche reso ridicolo, di chi non si tradirà, di chi non si
venderà, di chi non si perdonerà di lasciare l’incertezza per la comodità. Di
lasciare un sogno per la realtà. E lascia la famiglia che ti accarezza la
testa, dicendo “mi basta che cresca onesta”, e lascia il sorriso che si scopre
sul viso come un palcoscenico abituale, mentre una mano glaciale, orgogliosa,
ti mostra alla società, frutto senza età, con le dita lunghe e sottili, unghie
laccate a suggerire come ci si deve prostituire, poggiate sotto il tuo mento.
“E’ sempre buona in ogni momento” e lascia la mano appoggiata alla guancia,
“sembra una santa”, e lascia labbra che
ti baciano di fretta “speriamo non abbia grilli per la testa”, lascia il tuo
nome caderti giù per la schiena, “devi stare serena” , lascia l’ostia
benedetta, la comunione, la recensione, lascia la censura, tieniti la paura,
parla di te, lascia che il tribunale più nero ti scruti davvero, poi nella tua
essenza beviti fino all’ultimo sorso la loro sentenza, spietata quanto la tua
incoerenza, e poi di tutte le tue contraddizioni fanne un punto d’orgoglio, in
quell’elenco interminabile di delitti e di accuse che come gocce d’acqua sporca
cadono ora dal viso, la pancia…l’ombelico, le dita dei piedi… per essere
soltanto di se’ stessi si è disposti a correre tutti i rischi, a farsi credere
maledetti, che ti cada la pazzia sul timido sorriso, che la malinconia ti
lecchi tra le scapole, mentre a testa bassa sarai punita perché non sei della
tua razza, che il ghiaccio dei giudizi altrui lasci la scia sopra la tua pelle
calda e scura, come la lumaca sopra la foglia bagnata, scambia il dolore con la
risata, e quando si avvicineranno con un bisturi alle tue tempie, con parole
lente e senza colore, ti spiegheranno che è naturale, che è così che si muore,
che la morte si accosta alla vita con curiosità infinita, come le loro lingue
astute alle tue orecchie, allora porta i tuoi sogni bambini in un angolo
sicuro, in un nido, in un punto oscuro, che sta dentro te, e come una madre
fiera con la bava alla bocca e ringhiando tieni lontani i cacciatori scaltri, quelli che hanno un cuore anemico e
bianco, come la neve, un cuore che pare lieve e lascia orme pesanti da te
appena distanti, quelli che ti avvicineranno, spareranno, spareranno… lo
faranno anche leccandoti le dita dei piedi, lo faranno quando non li vedi, lo
faranno quando avrai brividi di piacere, lo faranno quando sui tuoi occhi le
chimere volteggeranno a schiere, lo faranno sulle tue intenzioni sincere.
Come si potesse uccidere un sogno…, l’innocente lo sa e si
addormenta spesso con tra le braccia un fucile e accanto un orsetto.
L’innocente lo sa… E questo caldo alla testa, questa afa dentro, questo
pensiero tremendo, mi apro la camicia alla finestra, un’onda perfetta che si
chiude e si avvolge davanti al mio viso, ha ingoiato per sempre questa
infermità, ti offro conchiglie e alghe marce tu cosa mi dai? ti offro l’amore,
che è come l’odore della terra dopo una giornata di pioggia, lo farei se mi
raccontassi i sogni tuoi…