mercoledì 14 settembre 2011

Il peso di Ottobre

Ottobre

Quando mi hai lasciata respiravo la tua maglia, il tuo abbraccio mi lasciava scoperto un occhio, era un abbraccio chiuso su di me come una saracinesca d’improvviso chiude un negozio e si cerca di guardare oltre, la luce, da un sottile spiraglio rimasto, il tempo di fare una foto dell’albero e del cielo intravisti dal terrazzo, così l’addio era una cartolina che non mi ero scelta e ora mi copriva la vista, di sotto la tua maglia che era lamiera. Con l’orecchio sentivo il tuo battito veloce, sorridevo piano, quello dell’assassino come quello di chi muore. Le parole e il loro suono sottile, avanti a me una strada immensa, mi hai buttata dalla tua vettura, su cui finora avevamo trovato discorsi, risate e musica, le parole d’addio e il loro ultimo sibilo, sottile, ma io avevo un vuoto alla testa, masticavo il mio cuore pieno di sabbia all’angolo dell’ultima curva, e lì sono rimasta, aspettando che cambiassi idea, che il mio amore non ti fosse di peso, aspettavo con tanta paura, cosa può esserci all’angolo di una curva comoda, dove le tue ruote mi hanno lasciata sfrecciando via. Via dalla vista dell’abbandono, abile hai cambiato panorama ed ero lontana dagli occhi e dai pensieri, e noi non siamo neppure mai esistiti, me l’ero inventato io. Mi è entrato cemento nelle narici e non avevo labbra per articolare dolore e neppure abbastanza saliva per deglutirlo, ora lo guardo con te al mio fianco, mano nella mano, a fare gli amici. Capisco. Ma ho un taglio profondo dal collo alla pancia e le budella giocano con il mio e il tuo dito mignolo, aspettando un Paradiso distratto in un progetto mancato.

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