domenica 24 luglio 2011

Senti....

Scusa ho la pelle troppo sottile e troppi sono i sentimenti in contrasto, sempre in lotta per lo spazio che io non ho più, una questione di territorio, il fatto è che non basta questo mio corpo. C’è un uomo che mi regala tele e mi pensa leggera, quasi serena, io sorrido… ma si forse sono leggera in fondo pattino sopra le mie ferite, aspetto le mie visioni, cadono dall’alto a dispetto di ogni progetto, sono bagnate come la neve ma hanno sapore di sale, come le lacrime che sono del mare, diventano un velo sottile sulla faccia, scendono dalle labbra alla gola, e credimi che sono qui che vorrei anche chiedere scusa, ma cosa significa davvero? Scusa di essere io? Scusa di non essere te, scusa di questa rabbia, scusa di questa gabbia, scusa dell’idea di rivoluzione che mi mangia ogni mattina il cuore, ma sai ho cominciato un viaggio che fa parte dell’odio come dell’amore, come della rabbia, non ci sono sudditi, non esiste chi comanda, non finisce bene o male, non c’è un principe da salvare, principesse a cui assomigliare, è una storia che fa freddo, che ognuno può decidere di vivere e che forse non ha senso raccontare, comincia con la fine, tanto che non si sa bene dove poggiare il piede o cosa è meglio dire, e poi questo viaggio è al buio e non ci sono magie, però neppure nemici, se non in quello che ti dici. Vorrei che non avesse censura, che non avesse paura, vorrei stillare sangue se è necessario per capire un ideale, vorrei mostrarti la parte nera perché è pure lei vera, perché se la tieni nascosta si ciberà  di te  dalle ossa.
Vorrei, verità, vorrei non ci fosse pudore ma in fondo neppure volgarità. Ma non senti il peso di questa cultura, questo caldo, questa paura, questo ringraziare, salutare, pagare, ossequiare, respiri congiura… A trascinare il tuo aspetto come un peso morto in difetto a pretesto dell’ora di andare, per essere qualcuno in un centimetro per un centimetro di concetto di chi nell’ora senza tempo ti starà a giudicare. Che risata, come ci siamo rubati la vita, a vicenda in un gioco perfetto, un incastro da maestro, un piano machiavellico, un’arte sottile, raffinata, leggera e mortale come tela di ragno, stiamo neri avvolti di solitudine a contare i battiti ognuno del cuore dell’altro. Scacco. Matto. Non siamo nati per essere felici, ne’ sereni, troppo scemi, corrotti, astuti. E’ per questo che ho idee imprudenti, e che trovo in quest’ordine di cose la vera pornografia e la poesia sta nei sorrisi timidi e modesti, quasi a scherno di se stessi di chi ancora non ha abbandonato i propri sogni nonostante questa goliardia, nonostante il coprifuoco, le ronde della polizia, la dittatura del “lascia che sia”, e così sei tu amica mia, si tu, con la tua malattia, che da questo angolo di mondo che hai spostato per cortesia hai tentato pure di girarci intorno senza farti portare via, come un bambino segue una giostra un giorno, sente il vento, la nostalgia, e tutta la vita resta sempre felice perché un’immagine gustata fino in fondo chi te la può portare via.
E tu
ti muovi in quel dipinto e se ti guardo io lo respiro. E tu con la tua semplicità hai urlato
Ma è questa l’immortalità…
E’ stato così che mentre il mondo attorno cadeva, tra il fumo, le bugie, il sangue e le strategie, noi due si rideva a guardare un passaggio di gente la sera, è questa l’immortalità, un momento di gioia non ha età, non ha sesso, non dipende neppure da quanti soldi si ha, non è un fatto di identità, guarda è questa l’immortalità, quello che io ora tocco di te, quello che sempre vibra dentro di me, è questa lealtà, questa libertà, un momento rarefatto e perfetto dove hai finito le domande, non è privo di un dolore, un dolore distante, lo senti, ti dicevo questo e ti tenevo le mani, è come un retrogusto questo dolore, perché troppa gioia non si può contenere, in qualche modo deve sfiorarci il cuore e questo, questo,  fa anche male, non siamo abituati, no, non siamo abituati ad amare. Amare. Senti. Fermati e senti. Senti tutti quanti. Sentili tutti in ogni parte del mondo venire avanti, tocca i loro sogni, persino i loro drammi, guarda che sorpresa siamo tutti la stessa cosa. Da domani ci si odia, e tutti siamo la stessa cosa, questa è l’immortalità, un istante quando ti rimane dentro per sempre, quella punta di dolore di cui non può fare a meno l’amore. L’amore è un buon sapore solo che scendendo nella gola fa male. Mi passeresti il sale? Vorrei vedere se a metterlo sulle ferite posso cancellare il dolore con la quotidianità.