lunedì 4 ottobre 2021

Codice 3

Eloisa Guidarelli - Foto Gianfranco Murru




 

 

 

Codice 3

 

E dire cazzo, che io ero davvero per la “pace nel mondo”, ma non me lo hanno mai chiesto. Strano, ero la ragazza della porta accanto, non ci credete? Chiedete al mio vicino di casa! Comunque sia, devo tornare ad anni fa, come fosse soltanto ieri, per raccontarla con spregiudicata sincerità! Me ne stavo in un noto acquaparco,  nel quale ho lavorato anche come bagnina, come si concerne una vita da miss con il fare la bagnina? Beh anche le miss mangiano. E comunque io la "Miss” l’ho fatta una volta per gioco, la bagnina invece era un lavoro sicuro, serio, ex sincronette. Non torna?  Ero una bagnina con un' innata eleganza nelle bracciate, innata eleganza nelle immersioni, e dove il mio occhio vagava scorgevo gesta di aiuto, che ricambiavo con un saluto. Ero nell’eleganza del nuoto una sorta di Ester Williams, soprannome che mi fu anche affibbiato, insieme a “Bambi”, in una fase precedente al mio sviluppo, quando appunto mi accingevo a danzarci nell’acqua non a salvare vite, mi limitavo a incantarle soltanto. Bambi, nacque perché ero tutta occhi, niente seno e niente curve, in acqua,  incorniciata da una cuffia, trucco pesante su palpebre di tredicenne, le mie allenatrici vedevano solo enormi occhi scrutatori arrossati da cloro, stanchi dopo tre ore in acqua di allenamenti, occhi supplici e impotenti. Bambi! Quindi ero Ester Williams in acqua ma sapevo rispondere come uno scaricatore di porto all’occorrenza e non mi dispiace se ho distrutto un’immagine idilliaca, eterea, femminile, idealizzata, ma era sopravvivenza, ho passato parte della mia intera esistenza in un lavoro, quello della bagnina, che per quanto si possa dire, rimane prerogativa maschile, almeno a livello di gergo, e anche vi assicuro di maschilismo, quindi la strada buona era tenergli testa, soprattutto se eri alta uno e sessanta, 47 kg, esile, bionda e con grandi occhioni, e dovevi  farti rispettare. Il mio capo e collega: “Ehi ma tu, tu non eri nel nuoto sincronizzato?” “Si" "Veramente? E come mai che non sei stronza?".

Va detto che le sincronette se la tiravano, la fama di stronze ci precedeva come un’essenza, fragranza, uno spostamento d'aria in una falcata di supponenza, un po' come tutte le ballerine, non me ne vogliano ma è così, noi eravamo ballerine d’acqua, come ragni d’acqua rispetto ai ragni, insomma cambia la tecnica ma è la stessa famiglia di aracnidi aggraziate e velenose, un po' snob, sempre di culi che se ne vanno dritti e di nasi all'insù si tratta, sempre di quel volare alto e di quello sguardo che mai si sofferma su nessuno, con quel sottotesto a filo di labbra socchiuse e perfette “lascia stare che non te la puoi permettere, sì esatto io ce l'ho di traverso e ce l'ho pure d'oro" Solo una volta sono stata per immergermi davvero, il tizio era invaso da crampi, fermo, busto fuori dall’acqua e io non gli credevo, voglio dire, toccava! Poi mi sembrava qualcosa di troppo surreale anche come approccio, e quando stavo per lanciarmi a volo d’uccello, quello mi ferma urlandomi che gli è passato tutto. Merda  che potere ho, basta solo avere l’intenzione di salvarlo! Non occorre neppure bagnarsi. E mi infilo di nuovo con aria professionale gli occhiali da sole. Due parole sugli occhiali da sole, pensate che i bagnini li utilizzino per il sole? Ingenui!! Anche per quello, si certo, ma con quelle loro lenti rigorosamente nere, possono osservarvi meglio il sedere! E’ un vecchio trucco, magari hanno la testa rivolta al vostro viso, ma stanno valutando il vostro corpo centimetro per centimetro e anche da quello dipenderà la loro disponibilità, per le donne è diverso, certo. Però per un fatto di parità, di diritto di “genere” ho imparato anche io a portare occhiali scuri e mi sono sempre goduta una discreta sfilata di pacchi e culi. E in fondo già lottavo per i diritti. Un altro caso, di un mio tempestivo intervento, alla base di uno scivolo, pericoloso scivolo, dal quale molti venivano letteralmente catapultati nella tangenziale a fianco, si perché l’acquaparco era una caotica conca esposta al sole circondata da tangenziale. Probabilmente chi lo aveva progettato non aveva a disposizione uno dei migliori pusher, ed è nato questo eco-mostro, come tanti mostri molto amato. Lo avevano anche chiuso alla base quello scivolo, due sbarre in legno trasversali a X, non ne guadagnava l’estetica, ma si pensava potesse essere efficace, invece non si è considerato l’uomo medio dell’acquaparco, sprezzante della sorte, i cretini, in effetti si lanciavano, in questo scivolo, a tutta velocità per poi trovarsi spiaccicati contro travi di legno, lo credevano un nuovo sport estremo, morti per morti, lo hanno riaperto all’insegna del divertimento.  “Anaconda”, a me non sarebbe mai venuta neppure l’idea di lanciarmi su uno scivolo che porta il nome “Anaconda", me ne stavo a 40° all’ombra alla base di Anaconda, e il mio compito era quello di vedere se dalla gettata di acqua e persona uscivano creature ancora intere o sanguinanti. Il bagnino in alto (a turno tutti ruotavamo le posizioni tra gli arrivi e le partenze agli scivoli), doveva spiegare la tecnica per lanciarsi senza essere sbalzati fuori, chiaramente nessuno ascoltava, oppure fingevano e scendevano nella maniera sbagliata, trovandosi catapultati come fionde nelle più disparate zone. Probabilmente di molti che si lanciavano, molti non ne vedevo neppure arrivare in acqua, avevano un altro percorso, come astronauti in costume, in uno spazio - tempo a me ignoto. Era un caldo porco, usava portarsi appresso nel Kit del bagnino da acquaparco, bottiglie di ghiaccio, acqua ghiacciata, perché duravano di più durante la giornata, eravamo abbronzantissimi, tutti bellissimi, pagati poco, assetati come cammelli, e avevamo delle specie di radio, che ci portavamo addosso sentendoci molto fighi, ce le agganciavamo nei punti più disparati, attaccandocele al costume, già ridotto ai minimi termini,  alla canottiera annodata sotto il seno, attorcigliata, ridotta a reggiseno strizzato, il bagnino finisce per personalizzare ogni divisa,  queste radio che dovevano servirci per segnalare tre livelli di intervento (utilizzando tre codici e collegandoci direttamente all’infermeria, codice uno, caso non grave, codice due, caso che richiedeva l’intervento dall’infermeria, situata nello stesso acquaparco, ma che il ferito poteva ancora raggiungere a piedi o in spalla di qualcuno che intanto gli dichiarava le generalità, codice 3 barella, il livello 4 non c’era ma sarebbe stato sepoltura), in realtà erano utilizzate dai bagnini per fissare appuntamenti tra loro, per feste, amoreggiamenti vari, seduttori di turno che facevano voci suadenti. Quando il lungo pomeriggio stava passando sotto l’inesorabile stillicidio della noia, mi esce da Anaconda in un getto d’acqua e sangue un malcapitato, si regge in piedi come uno zombi, barcolla, lo faccio salire, (deambulava discretamente nonostante non avesse più un volto), e sedere sulla sedia, lo guardo, testa indietro, è una maschera di sangue, non capisco neppure dove sia esattamente ferito, capisco che ha un taglio nel naso, è un classico che sbattano il naso fuoriuscendo da Anaconda, e poi gli guardo i denti e gli dico, “ti sei rotto il naso e anche i denti”. Lui tra fiotti di sangue mi sorride “No i denti erano già rotti” Io sorrido: “Ah, meglio così, allora ti sei solo rotto il naso”, va aggiunto che io cercavo di tranquillizzarlo con la mia freddezza glaciale, come dire “è tutto sotto controllo, mi vedi agitata? Quindi puoi rilassarti” Se non fosse, che quando ancora il ragazzo se ne stava uscendo come Nemo dall’acqua ma coperto di sangue, tanto che più che sbalzato da Anaconda, la sua faccia sembrava avere avuto un incontro ravvicinato con Alien, io che ero una bagnina che amava prevenire piuttosto che pregare, avevo chiamato un codice 3, tradotto “Barella” – “Urgente” e avevo anche fatto la mia bella fatica a urlare via Radio: Codice 3! Inserendomi, in tentati approcci dei miei colleghi, porcate che sentivo via radio, dichiarazioni di amore, proposte sessuali, apprezzamenti di ogni tipo e confidenze su rutti e gare di scoregge. Inserivo il mio allarme radio in quello spazio d’aria che i miei colleghi utilizzavano per trarre ossigeno prima di riprendere interminabili conversazioni che avevano tutte il senso comune della totale inutilità. Intanto gli detergevo il sangue dagli occhi, con infinito amore e l’aria un po’ scocciata, come a dire solo uno scemo può lanciarsi da Anaconda. La morte in questo caso è selezione naturale. E lui cominciava nel dolore a mettermi a fuoco. “Sono in Paradiso? Sono morto?”  “Ti sembra il Paradiso? E comunque spero che in Paradiso nessuno costruisca un acquaparco. No, non hai nulla di grav…” Non ci fu tempismo migliore, arrivarono quelli con la barella, sudati e ansanti, e avevo un bel da dire “No, non è grave, mi sono sbagliata” Un codice 3, è un codice 3, non c’è verifica, lo sbattono sulla barella e se lo portano via. Lui mi lancia uno di quegli sguardi traditi, come a dire: “Perché non mi hai detto che stavo morendo…” Mi si stringe il cuore, poi mi dico, almeno lo cureranno bene, meglio esagerare la portata che sbagliare chiamando un codice uno e rischiare che ti aspettino con dei cerotti, certo che proprio la barella, ho esagerato e i colleghi mi tireranno per il culo. Di tutte le postazioni che odiavo di più, c’erano Anaconda, la Vasca Onde e anche lo Shuttle. La vasca onde, una vasca enorme, circolare, con anche una buca, ora i metri di profondità della buca non li ricordo, due bagnini di base, supportati nel momento delle onde, da un affollamento di bagnini, tutti con occhiali neri, assetto Matrix, già in piedi, pronti a buttarsi. Era il momento in cui la gente annegava, un tale gioco cretino, suonava una trombetta, si annunciavano le onde, create da eliche, (coperte per sicurezza da una sorta di grata di protezione, perché finire risucchiati tra le eliche non rientrava nei giochi), che smuovevano onde di due metri, al sentire il richiamo, convogli di cerebrolesi con bambini e famiglie si lanciavano urlanti nelle onde senza neppure formularsi prima la domanda “ma so nuotare? E a che livello?” Era una strage, si scontravano persino i bagnini lanciandosi da parti opposte, la gente beveva, acqua non Tequila, magari si era fatta anche quella al ristorante e scendeva giù, e in quel casino era difficile anche avvistarli sia da fuori che dall’acqua, certo a un segnale del bagnino si spegnevano le onde, così si diceva, fa sorridere, si spegnevano le onde, solo che le onde una volta create non basta spegnerle, ci vuole un po’ di tempo perché torni tutto calmo e quando uno è sotto questo non aiuta il bagnino, neppure quello che ha già bevuto. “Ti impressiona il sangue?” “No, rimango fredda, divento pratica, cerco la ferita, unisco lembi con cerotti per punti, disinfetto, sorrido, tranquillizzo, anche se io non lo sono tranquilla, non mi impressiona il sangue, ma mi impressiona uno che si infila una tavola sotto il culo, e da uno scivolo chiamato Shuttle che promette di spararti nell’universo, riesce a farsi tutta la piscina restante e passare a falciare gente sulla parte in cemento, mi impressionano famiglie che lasciano i bambini di pochi anni con i braccioli, per carità, ma alla base di questi scivoli al limite della legalità, pensando che se cadranno in acqua staranno a galla e se ne vanno via, te li mollano lì, credendo che una bagnina sia al contempo una balia. No, non mi impressiona il sangue, mi impressionano le persone. Mi impressiona lo sfruttamento. E che per nove euro all’ora, quando non sono sei, se qualcuno muore tu bagnino vai in galera, anche se la respirazione bocca a bocca era perfetta, ora che accertino tutto quanto, tu sei sospesa nel tempo con un processo e un senso di colpa come un cappio al collo, perché comunque te lo chiederai sempre, ho fatto tutto?  Perché è morto. Nove euro all’ora. Fortuna che non mi è mai capitato. Ma a miei colleghi si. Senza contare il cloro che si respira, le infermerie che non sempre hanno tutto in regola. Mi avevano insegnato una cosa, prima di accettare un lavoro in una piscina privata, fatti vedere l’infermeria e se non hanno le cose in regola, se non hanno un pallone Ambu funzionante e tutto il resto, lascia stare, anche se sembra un lavoro facile con l’abbronzatura gratis! Ci sono state sì molte soddisfazioni che mi sono presa in questa vita da bagnina, una era il fischietto. Lo usavo poco, però diciamocelo, è il potere! Un fischietto che ti dondola tra i seni ti fa sentire una femmina Alfa, perché negarlo? Una sorta di leonessa ruminante che osserva felina la vasca in attesa. E poi fischiare a un gruppo di deficienti che si tuffa a bomba sulle teste di ignari nuotatori: “E’ VIETATO TUFFARSI” sono soddisfazioni. “E’ VIETATO NUOTARE SENZA LA CUFFIA!” “Scusa vedi quei due?” “Dove?” “Là all’angolo nascosti, Elo li vedi o no?” “Ma no ne vedo uno” “Perché la tipa è sotto che armeggia” Chissà perché i colleghi queste cose le vedevano sempre. “E allora?” “No è che lei non ha la cuffia” “Stai scherzando vero? Io non ci vado a interromperli per dire della cuffia, vacci tu!” “E comunque è vietata anche l’apnea, ti devono chiedere il permesso e tu se glielo dai li devi guardare, metti che gli viene una sincope” “Alla tipa? O a lui? E comunque tu li stai guardando quindi tutto in regola”. Naturalmente mi è anche capitato di lavorare nell’unica piscina che aveva convenzione con i naturisti. Avete capito bene, tutti nudi e due bagnini di servizio, noi non avevamo quanto meno l’obbligo di essere nudi. “E’ la domenica dei naturisti siamo di turno Elo” “Che culo!” “Ne vedremo” “Senti io non ce la faccio ci sono da coprire tutte le vetrate con i tendoni” “Ok che palle, poi io mi metto a leggere, sguardo al libro e fine” “Che poi non sanno immergersi e il loro culo peloso rimane a galla per un tempo allucinante” “ ma che cazzo di senso ha… boh fossero nella natura… ma qui, poi uno nudo con l’orologio è ridicolo” “per l’orologio o perché è nudo?” “Boh è ridicolo” “Elo vai a dire al tizio di mettersi la cuffia! E’ il regolamento” “No, cazzo basta vacci tu! Ci saranno peli ovunque ma i capelli no?” “E’ il regolamento” “Mi passa la voglia di nuotare” “Ehi mi scusi ecco” - evito di guardargli l’uccello e lui lo sa e non si toglie il sorrisino dalla faccia ebete. Ammetto che non è facile, perché se ti proibisci una cosa ti viene di farla. Tiro fuori la mia aria professionale e guardandolo negli occhi dico: “Deve mettere la cuffia è il regolamento” “Ma sono pelato” , “Le ripeto è il regolamento” “Lei dovrebbe essere nuda” “Non ci provi non mi pagano abbastanza” “Ma se lei volesse…” “Ma non voglio, la cuffia!”

“Ehi alla cassa sono arrivati due tizi non sanno che la domenica è riservata ai naturisti, adesso?” “Digli che se vogliono entrare si cavino nudi!” “Ma che cazzo dici?” “Si è il regolamento!” “D’un dio!!” “ Sentite, ecco… la piscina oggi per una sorta di convenzione è… ci sono i naturisti, che essendo… sono nudi, quindi a parte noi addetti al salvataggio ecco io non posso fare entrare persone in costume, mi dispiace arrivederc…” “Fantastico non lo mettiamo!” “Ah! Ok prego!” “Ehi Elo chi cazzo è quel pezzo di f… con quel gran bel culo!” “Una coppia del nuoto libero, sembravano entusiasti” “Ah, però!” “Quindi se ci sono problemi di cuffia vai tu?” Sorrisino cinico. “Elo la regola è per gli uomini tu e per le donne io”  “Senti un po’ non è per essere moralisti ma farsi risucchiare il culo dal bocchettone o stare seduti con i genitali su quelle canalette strapiene di batteri che anche il cloro alza le mani, che senso di libertà è? Quello di prendersi la candida?” “Ma pensa a me che mi devo allenare domani mattina” “Che ore sono adesso? Quando finisce sto turno! Sono stanca di guardare cazzi anarchici” “Speriamo che non anneghi nessuno” “Speriamo” “Quasi, quasi chiamo la tizia che mi piace e le dico che la faccio passare gratis” “Si ma dille che la cuffia e le ciabatte sono obbligatorie” “Certo che almeno puoi vedere con chi vale la pena avere un appuntamento” “Elo guarda l’orologio! E’ ora facciamoli uscire dall’acqua” “Oddio” “Cosa?” “No niente, guardami negli occhi altrimenti mi viene da guardarglielo anche se non voglio, parliamo di qualcosa che così non stiamo lì a guardarli” “No, dove va? Elo vai a dire a quel tizio che non può infilarsi nella doccia delle donne, che alle docce miste non ci siamo ancora arrivati” “Ma vacci tu!” “Ma è nella doccia delle donne!” “Ma le hai viste nude fino ad ora, sotto le docce sono più nude?” “Ma anche tu” “Sono stanca di parlare con cosi che mi ciondolano sotto lo sguardo, mi ipnotizzo” “ma perché li guardi” “perché non sta bene” “non ti seguo” “se mi proibisco le cose le faccio per ribellione verso me stessa” “allora non proibirtele, così per ribellione non lo guardi”  “non funzionerà” "perché?" "perchè la mia mente ti ha sentito e sa che è un trucco” “Nel frattempo avranno già copulato, andiamo” “sarà il regolamento ma non è idiota che questi che sono stati nudi tutto il tempo insieme ora si separino pudicamente per le docce?”

Ma veniamo ai momenti vissuti in piscina da bagnante, quella è un’altra storia, quella è un’altra parte, deresponsabilizzata e in vacanza, sdraiata come una sirena, l’acquaparco aveva anche vita notturna, ci andavo con le amiche, fare il bagno la sera nelle piscine illuminate, flirtare con i buttafuori per entrare gratis per l’intera stagione, scoprire che mentre ti stai togliendo i vestiti per rimanere in costume sotto la luna, qualcuno accompagna i tuoi movimenti suonando i Doors, Light My Fire. E’ un ragazzo con la chitarra ed è pure molto sexy. Insomma l’estate sembra sorriderti finché, qualcuno che sta osservando ragazze in giro non ti propone un’iscrizione per un concorso di Miss, che si svolgerà all’acquaparco, le amiche chiaramente sostengono vivacemente, gli organizzatori assicurano divertimento e massima serietà, verranno chiaramente date molte fasce e vari titoli, in particolare quella sera si eleggerà Miss. Bologna niente di meno, e potresti essere tu. Ma al di là di Miss. Bologna eletta la sera, si trattava di una grande festa designata a musica, performance, sfilata e presentazione con premiazione delle Miss, quelle che avranno assegnate una fascia potranno partecipare a Miss. Italia. La mia faccia era basita e con lieve sorriso di disprezzo però a vent’anni le feste e i vestiti e i giochi e le amiche e il ragazzo che ti piace, insomma a vent’anni dice Guccini, “si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età” e io amavo Guccini, Eskimo era la mia preferita. Quindi accetto, fanculo si. E questo se ne va felice e contento con i miei dati in mano. Quando rifletto è ormai tardi. Arriva la sera fatidica, la pensavo una puttanata, ma era una cosa alla quale tenevano parecchio, i costumi interi con cui dovevamo passeggiare elegantemente erano molto belli, “sfilare",  i vestiti invece erano i nostri, le scarpe pure, le altre ragazze sfilavano con tacchi alti, io da sportiva, e da potenziale pericolo pubblico quando costretta a muovermi su tacchi alti, ero l’unica orgogliosa della mia altezza di 1, 60 alla quale avevo al massimo dato un aiutino di 5 cm, eppure il pubblico sembrava apprezzare le mie proporzioni, passavi su questa pista illuminata, vicino l’acqua, sopra le stelle, pubblico, una sorta di giuria, gente con la quale avrei avuto a che fare poi, e sarebbe stato meglio non avessi avuto a che fare mai, ma a parte questo, qualche presentatoruccolo di qualche tv privata,  qualcuno che si raccoglieva la bava con professionalità, un accaloratissimo gruppetto di militari in licenza, che faceva un tifo senza ritegno a ognuna di noi senza distinzione alcuna, e che una voce in perfetta dizione citasse gli studi e gli sport praticati e amati da ogni miss, poco contava, avrebbe potuto parlare cirillico, per loro eravamo tutte da Podio! E dei nostri sogni non gliene poteva fregare di meno, stavano vivendo il loro in 3D. Mi ricordo che tra noi ci divertivamo, non c’era competizione o almeno siccome io l’avevo presa per un gioco non me ne sono certo accorta, camminavo con questo “sorriso di plastica” per citare il grande Pino Daniele, avvolta in un vestito di paiettes nere, una sorta di tubino-preservativo, e mi sentivo un uovo di Pasqua, scroscio di applausi, la voce della signorina a microfono, che parla dei miei sport, nuoto, scherma, ama tirare di fioretto, diplomata in … hobby… e io sfilavo compiaciuta e sorridente e pensavo “Ma davvero, davvero qualcuno può applaudirti solo per esistere, senza fare un cazzo, e davvero c’è un lavoro in cui ti pagano perché sei “bella” , la vedevo così, se c’erano fessi in quel mondo disposti a darti soldi perché eri nata così, ben proporzionata, senza alcun merito, era davvero una pacchia, ma davvero, davvero, si può guadagnare così? E io che ho pure studiato. Mi stupiva l’esagerazione, il merito che merito non è della bellezza. Chiaramente con questo concetto la mia vita da modella pur lavorando con grandi fotografi è durato poco, perché non ce la facevo, avevo un cervello scomodo, quando mi chiamavano le agenzie per i provini invece di esaltarmi piangevo per i miei pomeriggi persi. Anche come attrice di teatro poi, quando mi comunicavano non so, una parte bella da recitare, qualcosa per cui si aspettassero andassi fiera, mi esaltassi di gioia, li guardavo con una faccia appesa, e quando leggevo la loro incredulità, allora rispondevo “sono felice” con il tono da lutto, “divertente” con il tono di “che cagata” La mia vita da modella è durata poco e l’esordio dice molto. L’ho fatta durare poco, con tutta me stessa, mi sono impegnata. Come modella avevo un cervello che mi danneggiava, come si poteva corrompere una che alla domanda “Cosa saresti disposta a fare per arrivare?” Rispondeva “Niente”, come si poteva traviare una che alla domanda: “Qual è il tuo sogno? Rispondeva “una grande casa dove ospitare e soccorrere tutti gli animali, dove potranno riunirsi tutti gli attivisti di greenpeace e qualsiasi attivista per i diritti umani” “E’ fidanzata?” “Si” “Può uscire, avanti un’altra” Le sapevo benissimo le risposte per continuare, lo sapevo benissimo cosa dovevo dire, come potevo flirtare, ma non lo volevo fare, semplicemente non me ne fregava niente.  Successivamente come attrice mi ha danneggiata la bellezza, alla scuola di teatro è vista come qualcosa di sospetto, te lo concedono come indulto, hai un lascia passare certo ma resta il reato! Sei bella e sai anche recitare? A chi la racconti bambina. Sei bella allora dimostraci che sei brava! Sei tra i sospettati, sei nel libro nero, lasciaci sognare di te e castigarti al contempo. Torniamo all’esordio, una banalissima sfilata in piscina. Cenerentole per una notte in fila in attesa della premiazione. Sento il mio nome, tutti credono sia la futura miss Bologna, pure io, invece partivano dalla prima fascia di premiazione da consegnare, tutto qui, il fatto che ci fosse caduto anche il pubblico mi fece sentire meno cretina, ma gli applausi continuano esagerati, tutta la curva sud della leva militare in licenza, un fotografo si catapulta con salto mortale atterra in spaccata, mitragliandomi di fotografie, il fotografo lo conoscevo, si era innamorato di me, me lo aveva pure confessato, si innamorava di tutte quelle che posavano per lui. Un tripudio di allegra follia, vengo premiata da un comico del Trio Reno, e anche questo in qualche modo mi ha segnato il destino. Miss linea sprint. Che cazzo vuole dire Miss linea sprint? Prima che tu possa rifletterci ti baciano, ti sbattono un due pezzi tra le mani di una taglia neppure tua, e ti infilano una fascia. Certo, non che Miss Eleganza, Miss Cinema, Miss Simpatia, e infine Miss Bologna vogliano dire davvero qualcosa… ma potevamo accedere alle selezioni di miss Italia! Declinai, un conto è il divertimento di una sera, un conto la tortura progressiva e reiterata sui tacchi e sulla psiche. Un fermo immagine dei nostri sorrisi sul Resto del Carlino di Bologna, tra le mani un bikini in omaggio, stretta a Miss Bologna che avrebbe di lì a poco sponsorizzato una nota marca di sigarette a sua volta abbracciata a Miss Cinema, e la convinzione che in fondo fare la bagnina non era affatto male, con gli occhiali da sole e la libertà di fare vagare lo sguardo con un sorriso imperturbabile allo zenit sull’acqua immobile e ancora vergine da tuffi.