domenica 26 luglio 2020

Le facce della luna - parte terza

 
 
 
Capufficio – Volevo sapere da te... insomma... a me spiace... penso se tu... riesci a passare sopra questa cosa... che in fondo... tu sei assunta… già assunta e io non ti… stai tranquilla non ti... cosa ne pensi?
 
Ragazza – Io non intendevo... io voglio potere lavorare tranquillamente, adesso vado di là e penserò a quello che... a quello che voglio fare...
 
Capufficio – Ecco, pensaci, pensaci bene, è stato un errore se starai zitta... se ti comporterai bene... io e te torneremo amici, ne sono sicuro… tu sei così bella… tu... è tutta colpa tua cazzo! Scusa, scusa io volevo dire che… che tu sei assunta... sicuro... e io non ti... non ti... darò alcun fastidio... Ti chiedo scusa? Non credo sia giusto! Ma ti chiedo anche scusa… tu… una cosa... tu... non devi parlare con Cristina, perché anche lei è assunta... tu sai, vero?
 
Ragazza – (Cambiando atteggiamento) Non so quello che farò, l’ho detto, devo pensare, non accetto le sue scuse! Comunque Cristina non è coinvolta in questa storia… non sa niente e non lo saprà mai, riguarda noi due.
 
Capufficio – Ecco, brava! Io già di questo ti sono grato… pensa alle mie offerte, non fare la bambina... (il capufficio cambia improvvisamente tono e comincia ad urlare) Stai mettendo di fronte la tua femminilità alla tua professionalità… il tuo stupido orgoglio di donna a un'offerta di lavoro come questa... sei una donna o una bambina, eh? Sei una donna o una bambina si può sapere? Voi artisti… siete tutti uguali e tu poi sei anche donna, la razza peggiore… so cosa stai pensando… come vendicarti… io ho paura delle vendette delle donne, tu e tutti i tuoi amici artisti del cazzo... quanti ne ho conosciuti, voi mi avete rovinato, voi fate sempre fallire il giornale! E tu ora vuoi vendicarti di me… lo so! Aspetti solo il momento giusto, come tutte le donne, credi che non lo sappia, credi che ti creda? Ma io non ho paura della tua vendetta… non ce la farai a rovinarmi! Voi artisti dovreste finire tutti nel girone dell'inferno, tutti, tutti! (Indugia, forse ha esagerato) Ma io posso anche chiederti scusa. Scusa! Contenta? Ma non sono pentito… questo no! Perché sappi che io ho il diritto di dimostrare anche in questo modo... l'attrazione che ho per te! (E’ vicinissimo alla ragazza che prende subito le distanze. Al pubblico) Inoltre perché avrei dovuto perdere tempo nel cercare di convincerla ad uscire, portarla fuori la sera… non ne valeva certo la pena! Con il rischio poi che mi dicesse di no... portarla a bere un caffè, magari! Eh no... sono finiti i bei tempi! Darle l'occasione di dire di no... dopo avere speso tempo e soldi, ma chi me lo faceva fare, tanto valeva provarci subito! E volevo che lo capisse… era così semplice, volevo che sapesse il mio tormento... che non è facile per un capufficio, ci vorrebbe un telefono… una linea verde che tuteli quelli come noi da quelle come loro… perché non è facile trovarsele davanti e non avere diritti, capite? Diritti su di loro... che ti guardano, belle, sensuali, inermi… non è vero… ti rovinano… è quello che vogliono, che tu perdi il controllo... e così glielo dico... (alla ragazza) Se un uomo riceve un bacio da una donna e non vuole questo bacio, non può denunciarla, vero? (urla in faccia alla ragazza) Io non vedo perché cazzo una donna possa denunciare un uomo per un bacio non voluto! Non vedo perché tu dovresti avere questo diritto che io non ho. (Silenzio, la ragazza non sa che dire, il capufficio riprende delirante) Ma se fossi stata tu? Chi mi crederebbe a me se andassi a denunciarti! Chi crederebbe che io non ho voluto... lo vedi che non c'è la parità, lo vedi? Io mi sentivo di farlo e l’ho fatto. In fondo non ti ho mica ucciso, ti ho ucciso? No! Quindi il discorso è chiuso. (il capufficio rimane perplesso, la ragazza non ha reazioni) Vedi… le donne... le donne mi hanno fatto passare dei brutti momenti e... (non riesce a reggere la parte implorante e patetica, dal momento in cui pronuncia la parola “donne" diviene isterico) le donne mi hanno fatto passare dei brutti momenti sì e io mi sono vendicato su di te va bene?! E non me ne frega un cazzo! (si pente, di nuovo temporeggia, finalmente sente di avere trovato la soluzione, si avvicina ancora di più alla ragazza)  Vedi… sai perché mi sono comportato così… la verità? Volevo metterti alla prova… sì… alla prova! Brava, l'hai superata eccezionalmente… sono orgoglioso di te… volevo sapere se eri una ragazza seria, sai io voglio lavorare con personale serio e competente, così faccio un piccolo test alle ragazze che lavorano per me… ci provo, capisci? E se non ci stanno come te… significa che sono serie! Brava sei assunta. Complimenti. (la ragazza lo guarda)  Insomma, se io ci avessi provato con te alle sette e un minuto, cioè un minuto dopo l’orario di lavoro tutto sarebbe stato legale, giusto? Non capisci la mia onestà? Io ci ho provato durante l’orario di lavoro… potevo approfittare della legge e tu non mi avresti potuto denunciare, invece no! Io durante l’orario l’ho fatto! Ma cosa sto a parlare… tutti voi… tutti gli artisti… all’inferno dovreste andare… all’inferno! (esplode di nuovo) Io non sono né un coglione, né un cretino ecco il mio curriculum! (Sbatte un foglio sulla scrivania)
 
Ragazza – E’ scritto sul suo curriculum?
 
Capufficio – Non fare la spiritosa con me!
 
Ragazza – Bene, può anche licenziarmi.
 
Capufficio – No, no, no, no,  no… tu… sei… tu… sei assunta. (pausa) ferma… io… io sono pentito di quel che ho fatto, non è vero che non sono pentito… ferma… Tu sei assunta.
 
Ragazza – Vedremo.
 
Capufficio (esausto) Va bene, come vuoi tu.
 
Poliziotto -  Quella sera stessa.
 
LE DUE RAGAZZE SONO UNA DAVANTI ALL’ALTRA NEL LORO UFFICIO  SI GUARDANO IN SILENZIO. CRISTINA PARLA AL PUBBLICO.
 
Cristina – Ero certa che si sarebbe gettata tra le mie braccia per farsi consolare, ero certa di trovarla smarrita, impaurita, invece era lì completamente calma, mi guardava senza esprimere nulla, credevo di vederla crollare improvvisamente o che tra le lacrime mi dicesse quanto fosse disgustata di lui, allora io l’avrei fatta sfogare e poi sarebbe bastato un gesto per convincerla ad incastrarlo, un semplice invito della mano verso la porta, assicurandola che l’avrei accompagnata in questa delicata impresa e sorretta! Sì… quello che ci voleva… una denuncia per molestie sessuali sul lavoro. Niente! Niente non parlava… perché? Non mi restava che fare il primo passo… così… (Cristina ora si rivolge alla ragazza) Senti… tutto bene?
 
LA RAGAZZA TACE, SISTEMA LE SUE COSE.
 
Cristina -  Va bene, adesso ascoltami ti prego... poi potrai andartene... so che è terminato l'orario di lavoro, ma io devo parlarti, non posso più portarmi questo peso, poi ce ne andremo… ti prego, solo qualche minuto... ti prego! (La ragazza lascia le cose che stava riordinando) Pensavo  che mio padre... (lunga pausa) fosse l'uomo più intelligente di questo mondo, un paladino della giustizia e dell'onore, un uomo che solo a guardarlo gli dovevi rispetto e attenzione. Era tutto quello che avevo di certo insieme ai miei otto anni. Adoravo mio padre. Quando credi… sai... quando sai che tutto può accadere… perché lui non ti deluderà mai... lui ci sarà sempre a proteggerti. (lunga pausa, Cristina completamente estraniata) Un giorno come un altro, lui era nel salotto… suona il campanello… papà apre, entra un signore... il giorno dell'infanzia rubata... (pausa lunghissima) dall'uomo delle enciclopedie. E' entrato, viscido, come un serpente mi ha avvolto nelle sue spire, ruffiano, dandomi una caramella… così mio padre era costretto quanto meno ad ascoltarlo, li sentivo parlare e l'uomo... sui cinquanta… parlava come cospirando... sì... con il sorriso falso sulle labbra... e apriva sempre l'enciclopedia ad ogni parola che mio padre pronunciava, ogni parola una pagina illustrata… finché mio padre cessò di parlare. L'uomo delle enciclopedie avanzava, mio padre arretrava inciampando... preso dall'esasperazione lo sentii prima urlare e poi supplicare… "Non mi serve, la prego non mi serve..." e lui faceva segno di avere le fitte al cuore... che schifo! Fingeva infarti continui... E non riuscendo a convincere mio padre ugualmente... provò ad estrarre la più crudele delle carte… il suo amore paterno verso di me... dicendo, arrancando su mio padre per via delle fitte al cuore: “Pensi almeno al futuro di sua figlia... firmi qui... per dare una cultura alla bambina, non può scegliere anche per lei... la guardi… lei ha bisogno di queste pagine illustrate... quando le chiederà sempre perché... è sicuro di poterle dare le risposte?" Mio padre a questa osservazione esita, i sensi di colpa cominciano a macerarlo piano, mi guarda,  le lacrime agli occhi, a questo punto l’uomo delle enciclopedie  sferra l’ultimo colpo mortale, urlando: "Le risposte corrette?" Vedevo mio padre osservarmi di nascosto, barcollare e sudare, una scena pietosa, dicevo dentro di me, perché non mi usciva una parola, (Cristina comincia a piangere) papà… papino non lo ascoltare... non lo ascoltare... non le voglio… le enciclop... le encicl… (Cristina singhiozza). L'uomo  avanzava, era riuscito ad arrivare fino in cucina... non se ne andava... più... più… Una specie di Terminator di significati illustrati che distruggeva chiunque trovasse sul suo cammino a forza di definizioni… esattissime, implacabile. Si era impadronito di tutta la casa. Beveva il caffè di mio padre e mangiava i suoi biscotti e cospirava, cospirava... (Cristina diventa rabbiosa) L’ho visto firmare... mio padre… firmare… chinarsi sull'uomo e firmare... per un numero illimitato di enciclopedie. L'ho visto perdere, sudare... l'ho visto chinarsi... (Cristina è in trance) l’uomo se ne è andato felice… e mio padre piangeva... diceva che non aveva i soldi per pagare neppure l'affitto e che la mamma l'avrebbe ucciso. Ma perché piangi papà? Se tu piangi io cosa faccio… ho solo 8 anni... se piangi tu... chi mi proteggerà dal mondo. (pausa) Improvvisamente il mondo mi è apparso come un incubo pieno di uomini che vendevano enciclopedie e mio padre non avrebbe potuto salvarmi. (Cristina urla) Che diritto avevi tu!  Che diritto avevi tu di entrare in casa e distruggere gli ideali di una bambina di 8 anni! Che diritto avevi tu di rubarmi l’infanzia con le tue enciclopedie. Così ho odiato mio padre. (pausa, Cristina è distrutta) Quando venni al colloquio non credevo ai miei occhi. Quei gesti di fitta al cuore, quel sorriso, quel modo di cospirare. Non era lui ma me lo ricordava in maniera impressionante. Desiderai di essere assunta con tutte le mie forze. Fu facilissimo. Come è stato facile rendermi indispensabile. Quando sei arrivata tu, sapevo già come sarebbero andate le cose. Tutto era scritto. Una denuncia per molestie sessuali sul lavoro e la mia vendetta si sarebbe consumata.
 
Poliziotto - Chi vuole fare una denuncia?
 
LA RAGAZZA SI GUARDA ALLE SPALLE NON VEDENDO ALTRI OLTRE A LEI STESSA RISPONDE.
 
Ragazza – Io… contro il mio capufficio.
 
Poliziotto – Ah! Cosa ti ha fatto, bambina?
 
LA RAGAZZA E’ IMPASSIBILE.
 
Ragazza – Voglio denunciarlo  per molestie sessuali sul lavoro.
 
IL POLIZIOTTO SI SOFFERMA SULLA RAGAZZA, SI GUARDANO A LUNGO.
 
Poliziotto - (riprendendosi) Allora, prima di tutto dammi i documenti e poi mi racconterai cosa ti è accaduto, con calma, cerca di ricordare ogni particolare, faremo un verbale. Ehm... ci vorrà un po’ di tempo.
 
IL POLIZIOTTO SI METTE D'IMPEGNO ALLA MACCHINA DA SCRIVERE, SCRIVE CON UN DITO SOLO.
 
Ragazza - Dunque, qualche settimana fa risposi a un'inserzione sul quotidiano "Resto del Carlino", veniva richiesto del personale competente in materie umanistiche letterarie…
 
IL POLIZIOTTO VORREBBE SCRIVERE E ALLO STESSO TEMPO NON PERDERE MAI DI VISTA LA RAGAZZA MENTRE RACCONTA.
 
Poliziotto – Scusa, prima qualche generalità. Sei nata a?
 
Ragazza – Bologna.
 
Poliziotto – Il?
 
Ragazza – 10 giugno del 71
 
Poliziotto – Sei dei gemelli? Bel segno... (la guarda sognando) abiti in via?
 Ragazza - Via della speranza, 5

 

Poliziotto – Sì... sposata? (la guarda intensamente con gli occhi pieni di speranza, si affretta ad aggiungere quasi tra sé) Puoi pensarci prima di rispondere...
 

 
 

 
Ragazza – No.
 
Poliziotto – Bene. Molto bene... procediamo... raccontami tutto di te... tutto il resto... naturalmente.
 
Ragazza – Certo! Alle 18.00 siamo rimasti soli in ufficio, dopo, mentre facevo delle fotocopie...
 
Poliziotto – (continuando sempre a scrivere) Che ore erano?
 
Ragazza – Oh! Non so saranno state le...
 
 Poliziotto - Le 18.50.
 
Ragazza – Lui, lui si è avvicinato a me mi ha preso il viso, così... (fa il gesto)  con le mani e... (il poliziotto mentre scrive ripete il gesto) E sentivo che mi tratteneva il viso con le mani con forza… e sempre tenendomi il viso ha continuato a dirmi che sentiva nei miei confronti un interesse personale oltre che lavorativo, dicendomi ancora che non era colpa sua se sentiva un’attrazione nei miei riguardi... (il poliziotto è un po’ commosso) Mi scusi? E' stanco?
 
Poliziotto – Esausto! Eh? No… ehm... Continua (pausa) Ti prego!
 
Ragazza – Poi mi ha afferrata e… dopo avere lasciato il volto con le mani ha tentato di baciarmi e...
 
IL POLIZIOTTO CONTINUA A SCRIVERE CON IMPETO ASCIUGANDOSI LA FRONTE DAL SUDORE.
 
Ragazza – Poi lui mi ha toccata...
 
Poliziotto – No! No... dove?
 
Ragazza – Sui fianchi...
 
Poliziotto – Prima il destro... il sinistro... o tutti e due?
 
Ragazza – Oh ! Beh! Tutti e due.
 
Poliziotto – (continua a scrivere sempre più agitato) Sì… mentre tentava di baciarmi ho avvertito che le sue mani stavano scendendo verso i fianchi in un abbraccio che non aveva niente di affettuoso… ma... chiaramente indicativo di una situazione che stava per trascendere... ecco! Continua, continua!
 
Ragazza – Sono riuscita a liberarmi dalla sua presa…
 
Poliziotto – Come?
 
Ragazza – Non so… io… io l'ho spinto via... dicendogli di no, lui si attaccava...
 
IL POLIZIOTTO SCRIVE, E' UN FASCIO DI NERVI TESI, UN TUTT'UNO CON LA MACCHINA DA SCRIVERE.
 
Poliziotto - Ti stringeva forte?
 
Ragazza – No, ma...
 
Poliziotto – Poi, poi?
 
Ragazza – Io gli ho subito detto che non intendevo certo quello per rapporto di lavoro e lui mi ha detto di dargli un bacio sulla guancia... e poi mi ha baciata sulla guancia… senza neanche...
 
Poliziotto (urlando) – Quale? Puoi essere più precisa nei particolari?
 
Ragazza – Io... io non ricordo...
 
Poliziotto – Fa niente... tanto... (tra sé) cosa metto ora… la destra, la sinistra? Io la bacerei ovunque… calma… calma! La sinistra.
 
CONTINUA A SCRIVERE E SUDARE.
 
Poliziotto – Tu lo hai baciato?
 
Ragazza – Sì
 
Poliziotto (urlando) Cosa hai fatto?
 
Ragazza – Adesso non ricordo se era la destra o la sinistra...
 
Poliziotto (cercando di calmarsi) Ma non capisci angelo mio? Non possiamo scrivere che tu lo hai baciato… tu avrai avuto paura... (silenzio della ragazza) Tu devi avere avuto paura!  Tu avevi certamente paura… tu… tu (urlando) devi trovare l'alibi per questa porcheria che hai fatto! Scusa... scusa è... che... che ogni tanto... sai pensando alla mia ex moglie… Dio mio scusa… non importa… ora scriviamo... andiamo avanti va bene? Bene! Come sei…  vedi tu sei… sì... lasciamo perdere, fai conto che non esista!
 
Ragazza – Sì... io… erano quei baci convenevoli... insomma io l'ho appena sfiorato... mi faceva schifo...
 
Poliziotto – Sì, l'ho fatto per evitare una eventuale reazione violenta... perché ero terrorizzata, avevo paura e non avevo la forza di reagire… per questo ho fatto l'atto di dargli un bacio sulla guancia... ma... ma non gliel'ho dato! Continua...
 
Ragazza – Poi mi ha detto che si era comportato così perché voleva mettermi alla prova e siccome io non c’ero stata lui ne era rimasto contento perché mi sono dimostrata una persona seria.
 
Poliziotto – (tra sé) Certo, seria... seria.
 
Ragazza – Mi ha anche detto che se ci avesse provato con me alle sette e un minuto dopo la fine dell’orario di lavoro, tutto sarebbe stato legale.
 
Poliziotto – Legale! All’addestramento ce lo avevano detto, se si cominciano a scrivere verbali letterari è finita. Tutti i poliziotti lo sanno, la carriera è stroncata, è come un morbo e non si guarisce più, era successo a me e non mi importava, non mi importava niente, più niente, da quando avevo visto lei. (verso il pubblico) Lo so… lo so! Mi comportavo come un deficiente. Volevo fare colpo... io l’ho amata subito quando è entrata... l'ho guardata mentre dolce, spaventata, chiedeva di sporgere querela. Nessuno in tanto tempo che lavoro qui ha mai chiesto in quel modo di... sporgere querela... Avrei scritto verbali tutta la notte per lei, era lei la donna che cercavo… quella che sognavo. Ma perché era così impassibile, incomprensibile. Cosa potevo fare io… cosa? Combattuto tra lei e il verbale... il verbale e lei. Dovevo cambiare marcia: - “Io vorrei continuare a seguire questo caso... ma la cosa va oltre la semplice denuncia di molestie sessuali, questo tizio è da un po’ che tentiamo di sbatterlo dentro ma nessuno riesce ad avere le prove, insomma bisognerebbe ottenere un mandato di perquisizione e per questo devo passare questo caso a un mio collega, fa parte della squadra d’azione… lui è un uomo! Un uomo capace... istruito... s'è fatto il Vietnam, un bravo soldato! Un bell'uomo oltretutto! Un uomo tutto d’un pezzo, vedi… (studiando attentamente la ragazza) lui schiocca le dita... e ha tutte le donne ai suoi piedi... quello anch’io eh? (la ragazza rimane impassibile) certo io... (temporeggia) sono un tipo più... cerebrale, diciamo… Bene! Sarai in buone mani, lui si occupa delle vere e proprie azioni! Lo incontrerai domani. (al pubblico) Naturalmente non c'era alcun collega della squadra d'azione, mi sarei preparato un'altra parte per l’indomani per fare colpo su di lei. Musica, buio, cambio scena.
 
to be continued ...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

mercoledì 8 luglio 2020

Le facce della luna - parte seconda




Ragazza – Cristina, quanti anni hai?
 
CRISTINA NON  RISPONDE.
 
Ragazza – Ti piace il tuo lavoro?
 
NESSUNA RISPOSTA.
 
Ragazza – Sai cosa faccio? Provo a disegnare qualcosa su questa luna.
 
SUONA IL TELEFONO.
 
Cristina – Casa Editrice I Mecenati… Sì... una donazione, appunto... e noi possiamo mettere il suo avviso… sì? No... guardi non dipende da me, non è che sono insensibile... sì... ho capito che è in mano agli usurai ma… vede io... mi lasci parlare... io... ascolti... io non posso accettare un rene!… Come? E che ne so io adesso cosa ci farà… doveva pensarci prima!
 
Ragazza – Cristina, volevo dirti che è bello parlare con te.
 
IL CAPUFFICIO CONTINUA LE SUE PEREGRINAZIONI, COMINCIA DI NUOVO A CAMBIARE L’ARREDAMENTO, MEDITA, INCIAMPA, CADE, MEDITA, SEMPRE PIU’ NERVOSO, INFINE SI DECIDE ED ESCE. RIENTRA, CORRE DALLE RAGAZZE.
 
Capufficio – Come stanno le mie donne? Ecco questo è per te e questo per te! (Porge una caramella incartata alle due ragazze)
 
Cristina – Grazie.
 
Ragazza – Grazie.
 
Capufficio -  Oggi 8 Marzo è la festa della donna e il tuo primo giorno di lavoro, auguri! E’ giusto festeggiare, no? Bene, è ora della pausa, ora se volete venire anche voi di là, ci terremo compagnia per il pranzo.
 
Poliziotto – Bella donna mia moglie e poi sapeva perdonare! Sì, è vero l’ho trovata nel nostro letto col postino, ma poi, me lo ha spiegato… faceva le prove! Per rendermi felice! Quale donna si sacrificherebbe a tal punto, quale? Se l’amore è cieco, perché io ci ho visto così bene quella sera… zozza! Sto andando fuori tema eh? Qui accadrà qualcosa e io avrò un ruolo fondamentale… qui accadrà qualcosa perché ci sono ancora bambine che accettano caramelle dagli sconosciuti, perché esiste l’8 Marzo, festa della donna… oserei dire… un problema di chiarezza… festa della donna… e che donna! E che festa! Musica, buio, cambio scena. Quella sera stessa.
 
STESSO GIORNO ALLA FINE DELLA GIORNATA DI LAVORO.
 
Capufficio – Come va ragazze? Ascoltate si è fatta sera e la prima giornata di lavoro si sta per concludere, approfitterò per spiegare alla nuova ragazza alcune regole che invece la nostra Cristina conosce già, vero Cristina? (Cristina annuisce). Dunque, come ho già detto, voi mi dovrete dire tutto. L’ho detto? (Cristina fa segno di no con la testa) Beh! Lo dico! Dal più piccolo problema… alle telefonate… Cristina tu sai… Noi siamo una famiglia, ci sono è vero due ore di pausa, ma preferirei non usciste dall’ufficio in queste ore, qui d’altronde c’è tutto, il telefono se dovete telefonare, fornellino per farvi il caffè, bagno… tutto. Perché questo? Perché noi lavoriamo per un giornale… un giornale che avrà successo, e si sa che se andate al bar… parlate tra voi… anche i muri hanno le orecchie… (inizia a parlare come cospirando un piano diabolico) non ci si può fidare di nessuno, la gente è invidiosa, la gente è cattiva, poi quando si ha a che fare con le notizie… avremo spie che cercano di sapere prima di noi… ma noi resteremo qui sempre! (La ragazza guarda Cristina, Cristina è impassibile) Preferirei anche che non vi scambiaste il numero di telefono, dovete aiutarvi, questo sì… per essere più funzionali sul lavoro, ma non fare comunella! Certo io non posso controllarvi, ma gradirei che non vi frequentaste anche al di fuori delle ore di lavoro. Questo è proibito, si rischia di perdere tempo… voglio efficienza e professionalità… per il resto…  ci aiuteremo su qualsiasi fronte e potrete lavorare in un ambiente tranquillo e sereno. Bene, ci siamo detti tutto, Cristina puoi andare a casa sono le 18.00. (Cristina stupita guarda il capufficio) Cristina, so che dovevi fare alcune cose, per questo ti lascio uscire un’ora prima, così puoi andare a casa, vai… sono io che te lo dico, il tuo lavoro l’hai già svolto… terminato… quindi vai pure, vai cara.
 
Cristina – Musica buio cambio scena
 
Poliziotto – Il giorno dopo.
 
SECONDO GIORNO DI LAVORO IL CAPUFFICIO E’ NEVROTICO, CAMMINA SU E GIU’ PER L’UFFICIO E LO FA IN MANIERA ANCORA PIU’ ESASPERATA, PROVA DA SOLO UN POSSIBILE DISCORSO, MENTRE ATTENDE L’ARRIVO DELLE DUE RAGAZZE.
 
Capufficio – Dimentichiamo tutto… se tu… se tu comprenderai… sarai comprensiva… tu sei comprensiva… tu sei già assunta, sì assunta! Ah no? Come dici? Guarda che io ti rovino… io… No… Accidenti… Accidenti che cosa le dico, che cosa faccio… e l’altra?
 
SUONANO ALLA PORTA IL CAPUFFICIO EMETTE UN URLO, SI RIPRENDE, CERCA DI ASSUMERE UN’ ARIA SERENA, NON GLI RIESCE, VA AD APRIRE, ENTRA CRISTINA.
 
Cristina – Buongiorno!
 
Capufficio – (Scrutandola impaurito) Buongiorno Cristina… Tutto bene?
 
Cristina – Certo. (Suona il telefono) Pronto, qui è la Casa Editrice I Mecenati… sì… il nome della rivista (scrive) “Il missionario niente da invidiare al Kamasutra” … sì… “oppure tra sacro e profano”
 
Capufficio – Non l’hai vista ancora, vero?
Cristina – No, arriverà. E’ ancora presto! …Scusi cosa sta dicendo? E’ indeciso? Beh deve decidere… certo le basi sono tutto.
 
Capufficio – Ma non so… stavo pensando…
 
Cristina – Metto? Sì… “Il missionario niente da invidiare al kamasutra” No, è un po’ lungo… no, non perché è vietato… ma… come “faccia lei”! Pronto? Pronto?
 
Capufficio  -  Stavo pensando che non è molto puntuale.
 
CRISTINA LO GUARDA, SUONANO ALLA PORTA, IL CAPUFFICIO URLA DI NUOVO POI VA AD APRIRE, ENTRA LA RAGAZZA.
 
Capufficio (imbarazzato) Buongiorno!
 
Ragazza – Seccata e scontrosa – Buongiorno!
 
SUONA IL TELEFONO.
 
Cristina – Pronto Casa Editrice I Mecenati… si accettiamo anche messaggi in codice.
 
LE RAGAZZE SONO ORA ALLE LORO SCRIVANIE, LA NUOVA RAGAZZA E’ FORTEMENTE TURBATA, SI GUARDA ATTORNO.
 
Ragazza – (a bassa voce) – Cristina, Cristina senti… Voltati Cristina!
 
Cristina – Ore 24.00 e 33 cannoli incontrano crema.
 
Ragazza – Cristina, senti io devo parlarti, è importante che tu mi ascolti!
 
Cristina – Tutte le volpi sotto l’albero dell’uva. Aspettare il corvo.
 
Ragazza – Non so cosa fare, ma devo assolutamente dirtelo Cristina!
 
Cristina – Fatto, ma vede… il suo messaggio in codice è un po’ lungo…
 
Ragazza – Cristina?
 
Cristina – Scusi non sento… ma può parlare più forte, capisco, la polizia… sì… sì… se si decide io scrivo veloce.
 
Ragazza – Cristina ma mi ascolti, Cristina io ti devo parlare, devo, capisci?
 
Cristina – Non so come può risolvere… metto… “Ci si trova tutti là”
 
Ragazza – Cristina, se ti faccio una domanda puoi rispondere sì o no con la testa? (Cristina annuisce)  Bene, Cristina sei un replicante? (Cristina fa segno di no con il capo)
 
IL CAPUFFICIO FINALMENTE PRENDE LA DECISIONE E IRROMPE COME IMPAZZITO DALLE RAGAZZE, POI IMMEDIATAMENTE CERCA DI DARSI UN CONTEGNO.
 
Capufficio – Cristina, stavi comunicando? Preferirei non utilizzassi alcun tipo di comunicazione, verbale o non… in quanto a te, ho bisogno di parlarti.
 
Cristina – (Rimasta sola)  E’ scattata la trappola, caro bastardo! Non poteva andare meglio, lei d’altronde è perfetta, quando l’ho vista entrare… prima la sua timidezza… poi lei (Cristina ride) ho capito che tutto questo avrebbe finalmente avuto un senso, avrebbe avuto un seguito. Lui non poteva resistere a una come lei. Dovevo aspettare… aspettare… lei senza saperlo conduceva il gioco perfettamente… il mio gioco, la mia pedina con il viso d’angelo, un vestitino nero e grandi occhi pieni di incertezza, si muoveva esattamente sulla scacchiera senza farmi sbagliare una mossa. Senza bisogno di direzioni. E’ stato molto bello vedere cadere quel porco dentro il suo sorriso malizioso, conosco quei sorrisetti timidi certo, ma a sottintendere che sanno tante cose. Se avessi dovuto dipingerla l’ avrei fatta allo stesso modo, una farfalla ingenua prigioniera di quel vestito nero e accollato più provocante di qualsiasi spacco, perché prometteva e proibiva… prometteva e proibiva. Lui è già caduto nella rete, il nostro uomo, la starà pregando, insultando, per poi pregarla di nuovo in ginocchio. Conosco la scena a memoria… e come potrei dimenticare… il suo modo di parlare, sempre come se stesse cospirando, a basissimo volume e dentro il tuo orecchio, il suo modo di sorridere, già… quegli uomini che con il sorriso sulle labbra ti comunicano che stanno per spararti in bocca. E come dimenticare le false fitte che si fa venire al cuore, che disegnano il suo disprezzo nelle labbra increspate, e ti fanno sentire improvvisamente stupida… e non riesci più a parlare… non riesci più a parlare… non riesci più a parlare.
 
To be continued