lunedì 17 febbraio 2020

Clochard - Quarta Parte - finale








Clochard - foto-grafica - Eloisa Guidarelli
 
 
 
 
I quattro si incamminano.
 
Gretel – Ci separiamo qui, io saluto! Ettore non fare quella faccia, ci si vede per strada, magari chissà alla cena di Natale. Ho l’impressione che questa notte se staremo uniti non passerà mai, ho l’impressione che potrebbe arrivare Natale domani.
 
Ettore – Va bene, saluti a tutti.
 
Mangiafuoco – Saluti.
 
Mosè rimane fermo.
 
Gretel – Tu sarà meglio che decidi ciò che sei.
 
Mosè – In una notte?
 
Gretel – Anche meno se possibile.
 
Mangiafuoco –  Ragazzo, se vuoi puoi stare un poco con me, se ti va. anche solo per questa notte, poi domani deciderai.
 
Buio, cambio scena, Mangiafuoco e Mosè.
 
Mosè – Hai una barba lunghissima.
 
Mangiafuoco – Perché ho deciso di farmela crescere fino a quando non trovo mio figlio, che dovrebbe avere più o meno l’età tua, tu gli assomigli molto a dire il vero.
 
Mosè – Non credo, non così conciato, avrà un viso pulito, sbarbato, e non avrà la mia aria perduta, l’aria di uno che ha perso la memoria, l'aria di uno che non ha un passato a dirgli chi sia, esattamente.
 
Mangiafuoco – E’ una fortuna Mosè, forse la tua è una fortuna. Il mio passato ogni giorno mi dice chi sono, uno che ha abbandonato il figlio, capito? Uno che l’ha cresciuto e poi l’ha abbandonato, solo perché non era quello che avrebbe voluto, capito? Io  mi affogo nell’alcol per dimenticarmi chi sono, ma purtroppo  non dura in eterno l’effetto, e dopo si ritorna alla realtà, col dolore centuplicato, la testa pesante, e l’immagine di te, uomo tutto d'un pezzo, quello che non aveva mai pianto, quello che non si faceva mai domande, quello che dava solo risposte, per tutti, quello che non si metteva mai in discussione, che non aveva paura di nulla, e la rigidità, la rigidità della mia educazione. Sono cresciuto con la messa e le cinghiate, sono cresciuto senza possibilità di pensare d’essere altro che questo, mio padre. Il suo clone.  E quando m’è  capitato un figlio, ho fatto quello che con me avevano fatto, né più né meno, perché neanche mi ricordavo quello che avevo sofferto, perché neanche mi ricordavo d'essere stato bambino e del mio sguardo perso, del mio corpo fermo, stavo paralizzato a guardare il braccio di mio padre alzarsi, nemmeno tentavo di fuggire, un cerbiatto colto di sorpresa che guarda il fucile. Troppo ingenuo per avere paura al posto dello stupore. Io mio figlio non l’ho mai picchiato, ma non gli ho dato amore. Non ero in grado. Io non ho saputo mai fare una carezza, come avrei potuto? Non ne ho mai ricevuta una. Se sul tuo cammino incontrerai un uomo che non sa amare, dovrai averne pietà, perché probabilmente non è stato amato mai.
 
Mosè – Non ce la faccio. Non ce la farei ad avere pietà di lui, perché se avessi pietà di lui, e lui pietà di se stesso, chi cazzo penserebbe a me? Io mi ero lanciato nell’acqua, non vedevo la fine del mio respiro, ci vedevo due braccia. Ho un’immagine di mio padre, vedo la sua faccia, ho l'immagine di mia madre, un'altra faccia, ma sono come fatti anch'essi d'acqua, li vedo, ma non li sento. Sono trasparenti, non glielo dico, non glielo spiego, perché in fondo loro non lo sanno, sono io che muoio, muoio ogni volta che me ne accorgo, ogni volta che mi accorgo che le persone che erano un riferimento, che erano la vita stessa e l’esempio, non sono nient’altro,  nient'altro che vento, mi accorgo di loro perché mi muovono i capelli, perché soffiano nella mia direzione, ma poi non li sento più, e non esistono più. Ti farai crescere quella barba  fino a quando non lo troverai? Lo sai che potrai dormirci dentro alla tua barba, prima di sapere qualcosa di lui?
 
Mangiafuoco – Certo che lo so.
 
Mosè – C’è un posto veramente abbastanza lontano da tutto? Quando si è immersi nella vita a tal punto, che ti riguarda direttamente anche la vita d’un ragno che incrocia il tuo sguardo per sbaglio? E’ così che ho salvato il ragno dall'acqua e poi la coccinella dal ragno, quando sei l'acqua, il ragno e la coccinella non c'è un posto abbastanza lontano. E comincia a ferirti la legge del più forte, perché spesso non è il più forte, magari è il più prepotente o il più spietato o il più furbo, ma neanche il più intelligente, e cominci  a soffrire per tutti, tutti quelli che soccombono a scapito di qualcun altro, tutti quelli che muoiono per la libertà di qualcun altro e mi scoppia la testa, sì mi scoppia la testa!
 
Mangiafuoco si guarda le mani che gli tremano, il ragazzo, la testa sulle ginocchia, singhiozza, Mangiafuoco l’abbraccia.
 
Mangiafuoco – Ma c'è anche la magia della vita, c'è il fiore che cresce nel letame, c’è l'uomo che salva l'uomo, c'è questo potere che tu hai di sciogliere i nodi dalle mie mani, grazie di avermi fatto provare ad abbracciarti, ma ora non piangere.
 
Mosè – Avevi bisogno di uno sconosciuto per abbracciare tuo figlio o l'idea di lui? Avevo bisogno di un barbone per l'abbraccio mai ricevuto da mio padre? E vorrei io avere fatto quel gesto che lui non ha fatto, e vorrei io... avere detto quelle parole che lui non ha detto, come siamo tutti simili e soli.
 
Cambio scena Gretel e Ettore.
 
Gretel – Possibile che ti ho sempre dietro al culo?
 
 
Ettore – Che ti lamenti, trova uno disposto a starci!
 
Gretel – Ce l'avevo uno disposto a starci, eccome. Ma io non sono mai stata una che s'accontenta. Là in Corsica, niente orologio, niente calendario, dall’alba al tramonto, come qua. Il peso della loro oltraggiosa nazionalità! Nazionalismo spicciolo. Noi non siamo così nazionalisti… e come si fa... guarda chi abbiamo al governo, noi quando ci chiedono: “sei italiano"? rispondiamo “forse” o “dipende"... e comunque non l’ho votato io! Io sono Corso in Corsica, tu straniero, tu italiano, tu merda, ok? Ok, ma va  a prendertela in quel posto tu e Napoleone! Che sfogo la mia lingua, gli insulti in italiano non hanno niente da invidiare a nessuno, infatti persino i francesi bestemmiano in italiano, il francese ama me, Napoleone, Napoleone viene prima, fa l’amore bene per essere francese, ha anche ideali profondi, poi una notte di colpo mi trovo un tredicenne a mano, come testa intendo, eh? Voleva rispedirmi a casa per parlare con le sue “amichette”, capisci?  E quando una delle più carine, una freak  dotata di una certa carica erotica, mi segui? Anche se biondissima e dall’aspetto nordico - glaciale, ma sapeva sciogliere la pista con un lieve movimento di spalle che scendeva lungo i fianchi, e quando ho cominciato a ballare con lei, lui all’orecchio mi bisbiglia: "E’ strana! E’ Lesbien, lesbien…" , e allora? Gli faccio io, l'ipocrisia maschile che si scandalizza ma si masturba all'idea, mentre si insinua la gelosia... "ahi, ahi, la biondina carina è più interessata alla tua donna italiana, francese… occhio per occhio... E lui: “Balla, balla con lei!”, certo che ci ballo! Che ho bisogno del tuo permesso? Poi confuso nel fumo del biliardo, rifugiato tra gli odori maschili e rassicuranti, ascelle, ormoni, pastice, ashis…E io lanciata in un ballo lesbo-freak con una inglese sud – England, bevuta fino all’orlo di whisky, birra, pastice… E maschilisti dietro il banco a osservare morbosi, curiosi. Guarda! Due donne che tengono il ritmo, che si lanciano tenendosi per le braccia, due donne che hanno un loro spazio! Merda, i guinzagli qui in Corsica li fanno troppo lunghi! Capivo il perché della guerra poiché ero in mezzo alla stupidità umana, e presto ho smesso questo ballo, sentendomi stupida e umiliata, solo per avere fatto di testa mia. La notte stessa, l’ho lasciato lì, in mezzo a quel magma incolore, insapore. Parlava su uno sgabello con una donna che era il prolungamento dello sgabello, vestita per la grande vetrina. Gli sono passata davanti, non sono riuscita a guardare lei, neanche volevo, solo lui. “Ciao, Sartre, ciao  Napoleone! Viva Guevara, eh” ? C'è chi muore per gli ideali e chi muore dietro un pastice e viaggi allucinatori, "ciao, eroe della rivoluzione, cosa non potevi dire a me quella sera, cosa? Oh, scusa, ti lascio il tuo spazio, parlare il francese del più e del meno, che libertà! Meglio che sforzarsi di parlare in italiano” E poi le ovvie liti, io litigo in italiano, lui in francese. Odio. Italia e Francia che si odiano, ma si tromba così bene, quando il linguaggio è universale! Da lì sono uscita con un buco profondo in mezzo al cuore, ma lui non sapeva quante volte era già accaduto e neanche che non potevo permettermi di soffrire per più di una notte. Il giorno dopo, si attaccava alla mia sottana, perché era giorno, e di giorno si tornava alla calma, alla propria donna, perché io ero la prescelta, un onore, comunque, tra tante. Di giorno si tornava posati, la notte là tutti alcolisti e drogati, il  pomeriggio tutti filosofi e rivoluzionari, la notte i pettegolezzi: “lesbica, lesbica, drogato, gay, guarda due donne che ballano insieme, sta con lei, no l’altra sta con lui…” Il mondo tornava così piccolo, banale,  continui messaggi sessuali che mi stancavano, mancava la fantasia. Giochi prevedibili. Una donna, una lesbica, ubriaca, era l’unica variante graziosa, si elevava comunque da quella merda, da quei guardoni! Adesso, oggi, non mi importa più niente. Ogni volta che cominciavo ad avvicinarmi a un uomo, arrivava, tagliente, la lama che mi apriva in due la schiena, un discorso scemo, i coglioni che  vagavano per il bistrot, tra la gente. Dovevo  sempre capire tutto, invece ero stanca e non sapevo neanche più quanto volevo capire e se ci fosse qualcosa da capire o spiegare. Stammi vicino tu, gli ho detto. Prova tu a capire, prova tu a vedere oltre il tuo uccello.
 
 
Ettore – E’ venuto fuori un bel quadro, un bel quadro non c’è che dire... ma com'è andata con l'inglese?
 
Gretel – Ma vaffanculo, non credere non me lo sia chiesta, ma alla fine una donna lesbica si trasforma in un uomo con tutti i suoi difetti, gelosia, morbosità e si mette a camminare a gambe larghe, allora dov’è la novità? Come un gay prende il peggio delle donne, l’isteria e la stupidità femminile, ma io dico,  almeno si prendessero i lati migliori del sesso opposto, varrebbe la pena farsi questa esperienza, ma non c’è differenza, l'uomo, l'umanità in sé è stupida e non sa amare e forse, appunto, non è una questione di genere, se non di genere umano, siamo tutti incapaci di amare.
 
Ettore – Conoscevo un'amica che non era lesbica ma andava anche con le donne, ma lei andava dove trovava amore, vedeva oltre il sesso, vedeva l’amore.  Ci pensi che bello? Diceva, io prima amo una persona e poi il suo sesso.
 
Gretel -  Immagino che a te si possa dire di tutto. Il punto è solo che fino a quando ci distingueremo per latitudine, genere, razza, eccetera, non ci distingueremo mai come anima, perché l'anima va oltre tutto questo. L’anima non ha confini.
 
Ettore – E comunque tu hai me.
 
Gretel – Questo è proprio un bell’affare, il più grande della mia vita. Lo sai che i barboni sono solitamente solitari?
 
Ettore – Ma lo sai che anche i barboni amano?
 
Gretel – Potresti scrivere una telenovela… Te l'ho detto di quella volta che mi sono messa davanti a un bancomat, prima di essere barbona, molto prima e ho fatto una scoreggia enorme, non apposta, ma ero sola e così non mi sono trattenuta e dopo che avevo assaporato la mia totale libertà, perché mi credevo sola, ho prelevato tranquillamente e mi sono voltata per andarmene con il mio sorriso soddisfatto, un mio personale omaggio alle banche, e chi ti vedo? Alle mie spalle c’era uno, capito? Uno che si era messo in fila, ma guarda un secondo prima non c’era, un secondo dopo... Hai sempre qualcuno dietro di te nella vita, ci fai caso? Prima o poi, che ti tallona, meglio rallentare e farlo passare che avere gente alle spalle.
 
Ettore – Sì, direi meglio anche per lui.
 
Gretel -  Oh, scusa tu volevi scrivere la telenovela sui barboni, ti eri fatto sta idea romantica dell’amore...
 
Ettore – Io non mi faccio delle idee, io ho delle idee, e non me le toglierai con le tue battutacce da scaricatore di porto. Le persone si fanno idee sulle persone e solo per il fatto che si fanno idee su persone che non conoscono e gli basta uno sguardo, solo per questo fatto, ti hanno violato. Tu ti sei fatta un’idea di me, hai osato farti un'idea di me? E' sbagliata. Di sicuro, persino l’idea che hai di te è sbagliata.
 
Gretel – Esatto e persino quella che tu hai di me, vai a fare il cascamorto con qualcun’altra, addio.
 
Ettore – Addio!
 
Fa per andarsene, poi torna sui suoi passi.
 
Ettore – Ti ho raccontato di quella volta che mi sono trovato di fronte alla più bella donna del mondo, sai quando dicono l’anima gemella, e mentre questa mi raccontava ogni particolare della sua infanzia, e tu saprai, scafata come sei, che quando due a un tavolino, con tanto di candela e buio attorno, cominciano a raccontarsi della propria infanzia…
 
Gretel – Sì, che dopo si tromba.
 
Ettore – No, che è una cosa seria! Ma io ero sudaticcio, impacciato, innamorato perso e gesticolavo come un coglione e ridevo come un coglione, e per farmi passare quest’aria da coglione bevevo birra, bevevo, bevevo, bevevo, e lei, ah lei! Dovevi vederla, se tu l’avessi vista, con i capelli morbidi appoggiati sulle spalle, gli occhi languidi… io bevevo, nel frattempo, sempre. Prima o poi tutte s’alzano, vanno in bagno, lei no, e io mi sentivo gonfiare dalla birra, ed è successo l’inevitabile. Mi stava raccontando di quando i suoi si erano separati, cazzo era d’obbligo la mia serietà, m’è partito un rutto che ha fatto i cento a ostacoli, non ne vedevo la fine, è partito con un rombo, serio, sotterraneo, ha varcato il mio sorriso scemo e la bocca s’è spalancata come lo squalo di Spielberg, l’ultima cosa che ho visto erano i suoi occhi sbarrati, i capelli strano a dirsi non si sono mossi, questo un po’ mi ha appena deluso, non avevo neppure una battuta ironica in tasca per salvare la situazione, e file di teste voltarsi, come un domino, una dopo l’altra, non guardavano me, guardavano tutti lei. Tutti erano nelle sue mani, tutti più indignati di lei.
 
Gretel – E lei?
 
Ettore – Fuggita. Ma quello che mi fa schifo della vita è che mi sono sentito una merda fino ad ora, rivedo la scena al rallentatore anche dopo essere stato sposato tre volte, avere frequentato bordelli, e …poi la vita mi premia e ci sei tu sul mio cammino…
 
Gretel – Oh, piano con le offese!
 
Ettore – No, dico ci sei tu sul mio cammino e ti devo strappare l’attenzione, conquistare con la storia di un rutto! Non è il colmo?
 
Gretel – Va bene, portami a mangiare nello stesso posto.
 
Ettore – E con che soldi, sai correre?
 
Gretel – Sul marciapiede di quel posto.
 
Ettore – Sai cosa ti dico, Gretel? Guarda, cosa vedi?
 
Gretel – La fogna, perché?
 
Ettore – Te lo ripeto un’altra volta.
 
Gretel – Volevi dirmi : “un giorno tutto questo sarà tuo”?
 
Ettore – Sì, ma avevo previsto tu vedessi qualcos’altro, Gretel c’è il mare immenso, un cielo stratificato di stelle che mi sembra un panino imburrato da quell’obesa di mia nonna, c’è una distesa di luci lontane, di case abitate, la notte, la vita e poi, sì c’è anche la fogna.
 
Gretel – Ti do un consiglio e prendilo perché non ti darò altro, se continui a parlare con le frasi dei film, farai solo grandi figure di merda, perché la gente non ha mai le risposte dei film, chiaro?
 
Cambio scena, Mangiafuoco e Mosè
 
Mangiafuoco – Mosè, che pensi?
 
Mosè – Che non posso più tornare alla vita di prima, che l’ultima memoria che ho nella testa riguarda la tua faccia, quella di Ettore e di Gretel.
 
Mangiafuoco – Ma la memoria ti tornerà presto, forse non vuoi ricordare.
 
Mosè – Forse la mente sa quello che deve per farmi sopravvivere al meglio. Ma che gli diresti ora a tuo figlio?
 
Mangiafuoco – Se non me l’hanno ammazzato? Non so. Me lo guarderei e poi potrei abbracciarlo.
 
Mosè – Anch’io, anch'io al mio uomo. Ma non senti la magia, la terribile magia che ci fa vivere, comunque? Come te la spieghi?
 
Mangiafuoco – La vita continua, così dicono.
 
Mosè – Chi cazzo lo dice? perché dovrebbe continuare, non è così semplice. La verità è che i sentimenti sono trappole e noi lo sappiamo, ma ci infiliamo dentro. La vita ti disfa di queste trappole, la gente che si ama muore, tu muori e, lasci altra gente che ti ama o che avrebbe potuto amarti, e tu, tu devi cominciare questo processo inverso che va dal soffrire come un cane, dal sentirti il nulla dentro, come la perdita di quella persona ti avesse scavato tutti gli organi interni, al ripensare a te, chi eri prima, ancora prima, chi saresti potuto essere se non fossi stato padre o amante di questo e di quello, spiegarti calmo che non sei una metà e tornare “uno”, con tutto l'egoismo che ti servirà per questo, e il tuo corpo ti aiuterà, perché è una macchina oliata e perfetta e nonostante per te sia morto tuo figlio, il tuo amore o tua madre, sentirai ancora fame e ancora sete, giorno, dopo giorno, ti sfamerai, troverai altri figli, altre madri, altri padri, ti fa orrore, no? No, se lo capisci. Tanto tocca a tutti. Comincio a sentirmi come un lupo addomesticato che si è ricordato di fare parte di un branco, con regole precise. Una su tutte. Sopravvivere, Mangiafuoco, tuo figlio farà lo stesso, come me. Noi siamo qui a spartirci cibo e idee. Avevo pensato che se sopravvivevo al mio dolore, ero una persona schifosa e volevo morirci, poi mi hanno ripescato un gruppo di barboni, mi hanno smentito. Il mondo ti fa conoscere mille facce diverse, mille versioni infinite di percorsi scelti da altri, differenti dal tuo, percorsi unici e ti dà un tempo per capire. Lo devi capire. Sto cambiando, potrei dire questo se mi ricordassi chi sono, so solo che potrei prendermi l’amore ovunque, in qualsiasi momento, da un gatto, tirando pane a un gabbiano, evitando di pestare una formica o osservando tutto quello che la gente neppure vede. Questo, solo questo, da nulla che ero, mi fa sentire un grande potere. Mi basto. Sì, ho il cuore mangiucchiato da avvoltoi neri e malinconici, a volte bastano due note per farmi sentire uno schifo, ma bastano due occhi qualunque per destarmi curiosità, l’umana curiosità, che la globalizzazione uccide, che uccide questo individualismo. Abbiamo la possibilità di vedere dietro una maschera, io adesso voglio farlo.
 
Mangiafuoco – Ma è giusto?
 
Mosè – E’ giusto per noi stessi, non vedi gli animali? Osservi quando un nido va distrutto? Ci sono grida, c’è smarrimento, inseguimenti aerei, ma il giorno dopo, ricostruiscono il nido, cercano il cibo. Sono cattivi per questo? Sono ingiusti? Possiamo stabilire noi il loro dolore? Con la nostra scienza e i nostri documentari? Il cuore si riduce talmente tante volte in poltiglia, tu hai una sola possibilità per stupirti, continuare a sorridere, magari non subito, non diventare cinico, né pessimista, non sentirti sfigato o perseguitato, pensare solo giorno per giorno, l’ho imparato qui, sulla strada, nella paura.
 
Mangiafuoco – Il buco che ho dentro è più largo e profondo di ciò che gli sta attorno, capisci?
 
Mosè – Se io perdessi voi, ne soffrirei, soffrirei se sapessi della morte di uno con cui ho parlato dieci minuti prima, ma se io muoio a ogni morte, io chi sono? Sono sempre e solo quello che è appena morto.
 
Mangiafuoco -  Possiamo allontanarci da tutto e tutti e questo saperlo fare ci dà quell’adrenalina, quell'euforia da drogati o da asceti, possiamo fare gli eremiti, non saremo i primi e né i soli, ma l’uomo è un animale domestico e tutto questo prima o poi si scopre pura illusione, puoi fare il duro, Mosè, lo puoi fare, ma di quante cose ti devi privare? Ne vale la pena, e sei davvero più forte? E i tuoi veri bisogni, quali sono e le tue mancanze? Non vedi come è lunga questa notte? Potrebbe essere tutta la vita, è densa di ogni significato, di ogni domanda e risposta, sono nato, vissuto e morto in questa notte.
 
Mosè – Guarda questi piedi.
 
Mangiafuoco – Sono quelli di un poliziotto.
 
Mangiafuoco – Com'è lunga questa notte, senti ma perché ultimamente ci stai sempre intorno, non cercherai mica uno di noi?
 
Mosè – Come, come, per proteggerci? Ma se un tuo collega mi ha preso a calci, mi proteggo meglio da me… quali fatti? Perché dici per certi fatti?
 
Mangiafuoco – Se n'è andato! Mah… E' meglio che chiudiamo un occhio, ma giusto uno, che qui non si sa mai.
 
Mosè – Dormi tu, io dormo dopo.
 
Cambio scena Ettore e Gretel
 
Ettore – Era qui, ne sono certo.
 
Gretel – Adesso qui c'è una chiesa.
 
Ettore – Il marciapiede è quello.
 
Gretel – Non è un marciapiede, Ettore, ci sono sedie rosse, non vedi?
 
Ettore – Certo, ti passo il menù
 
Gretel – tralascerei la mia infanzia.
 
Ettore – Ah! Io prendo Champagne
 
Gretel – Sai, hai un bel sorriso, basta sostituire con la fantasia i denti mancanti, sei un bell’uomo.
 
Ettore – Gretel,  tu vai oltre la fantasia ma ti amo per questo
 
Gretel – Una sola cosa, perché hai messo tra di noi quel piscialetto?
 
Ettore – Gretel, sono un mazzo di rose, rose rosse, guarda ci servono lo champagne.
 
Gretel – Se quella ti guarda ancora le gonfio la faccia!
 
Ettore – Lascia che guardi, mi vuoi sposare? L’anello, per te.
 
Gretel - E' oro bianco, molto raffinato.
 
Ettore – No è oro trasparente, non se ne trovano e non pesa, lo vede solo chi lo vuole vedere, e vale più di tutto l'oro del mondo, vale quanto la capacità di immaginare. E così nessuno te lo ruba.
 
Gretel – E’ bellissimo, è tutto così perfetto, oh basta! Sono piena ho lo stomaco che mi scoppia.
 
Ettore (Urlando verso un passante) – Ma chi ti credi? Non li voglio questi soldi! Hanno saccheggiato la nostra fantasia, Gretel,  hanno buttato queste sporche monete, e ora posso sentire brontolare il tuo stomaco. Che stupido!
 
Un urlo lacerante. I due rimangono bloccati. Cambio scena. Mosè, accanto un corpo coperto
 
Mosè – (Urlando disperato, piangendo, vomitando tutta la rabbia in corpo) - E' pieno di gente, pieno di gente che guarda! Portate rispetto, nessuno si ferma a guardare un barbone all'angolo della strada, ma ora tutti volete vederlo sotto il lenzuolo, portate rispetto! Lasciateci soli. Non mi toccate, non mi toccate e non lo toccate! (Rivolto al corpo) Non li ho visti Mangiafuoco, non li ho visti… Quando eri avvolto nella fiamme, ho provato a spegnerti, ho provato, mentre tu chiamavi il nome di tuo figlio… (urla più forte) Era il mio nome. Era il mio nome, perché me l’hai ricordato, perché me l'hai dato, un nome? Sono Mosè, sono Mosè, capito? Perché mi hai chiamato per nome, perché? Era mio padre, bastardi, assassini, era mio padre! Dove sei poliziotto, dove sei? Non dovevi proteggerci? Dovevo abbracciarti nel fuoco e morire con te, dovevo farlo. C’erano delle risate, delle risate la notte, forse quando ci buttavano la benzina, c'erano delle risate, ma tante volte sento ridere, non l’ho creduta una minaccia, mi ha colto un sonno pesante, quando ho aperto gli occhi ancora non gridavi, ma eri avvolto nelle fiamme, e io sentivo il corpo bloccato, bloccato! Il mio corpo si è svegliato tardi, mentre io ero già in piedi di fronte a te, a gridarmi, salvalo! Poi il mio corpo, come al rallentatore a correre dietro al tuo tragico spaventapasseri giallo. E tutto questo mare che stava a guardare, mentre tu per una volta, morivi di caldo. Che cazzo avete da guardare? Tornate alla vostra indifferenza, oggi quello che vi ha deviato il percorso era solo una vita, tornate a fare le formiche operaie, tornate alla sicurezza delle vostre bugie. Ah! I vostri occhi, i vostri occhi abili a distogliere lo sguardo, ora avidi per scovare la morte sotto il lenzuolo, morbosi, nel tentativo di intravedere una mano, una forma. Dove erano i vostri occhi omertosi quando l’hanno ammazzato, dov'erano i vostri inutili occhi, dove erano le vostre lingue che sussurravano all'orecchio con sgomento, dove erano, quando tutti bisognava gridare aiuto. Nessuno, come adesso, nessuno. Mi calmo da solo, e non potete portarlo via! Perché sono suo figlio e devo tagliargli la barba, adesso, devo sistemargli la barba, capito? (piangendo) Dov’è la tua barba.
 
Due mani si appoggiano sul corpo piegato di Mosè.
 
Ettore – Mosè tu hai fatto quello che hai potuto.
 
Gretel – Figlio, lui ti ha ritrovato, lui ti ha ritrovato, ha potuto amarti e conoscerti, una notte può valere più di una vita, una notte come questa. Lui ha avverato il suo desiderio. Mosè, guardami, la tua vita continua.
 
Mosè – Allora come mai, ogni volta che mi dicono "la vita continua” io mi sento morire.
 
Tre barboni accanto a un corpo coperto, nessuno attorno. Buio.
 
 
Fine