martedì 10 novembre 2020

Il terrore corre sulla penna a sfera


 

 

Il terrore corre sulla  penna a sfera

 

 

Ospedale S. Orsola Bologna, i bolognesi sanno che per muoversi al S.Orsola di Bologna e trovare il padiglione che si desidera, occorre una mappa, che prontamente ti consegnano, la cosa però non facilita, al S. Orsola di Bologna ti perdi certamente persino con la mappa, e quando diventi un esperto di orienteering e felice cammini spedito verso il padiglione che dopo innumerevoli tentativi hai imparato a conoscere, più che altro muovendoti di istinto su orme note come un indiano, certamente, la persona che cerchi è stata spostata di padiglione, come i chirurghi con i quali devi parlare, una giornata per trovare il padiglione giusto, dove le persone con le quali devi parlare si sono appena spostate a un altro padiglione, sono come i granchi che si spostano tra gli scogli e li si acquattano, e così via in un inseguimento senza speranza, ogni padiglione misura della temperatura, ogni piano misura della temperatura, ogni padiglione e ogni piano gel a profusione nelle mani, e tutti ci muoviamo spostandoci in nuvole di amuchina, i medici e gli infermieri non possono più di tanto aiutarti ad orientarti perché loro stessi conoscono la rigorosa mappatura della micro-zona dove abitualmente si muovono, e ti guardano con quella faccia come dire, ma io questo nome non l’ho mai sentito, e ti viene il dubbio che il chirurgo con il quale devi parlare non esista, non si conoscono da un piano all’altro, da un padiglione all'altro, mi è persino capitato non si conoscessero sullo stesso corridoio. Loro stessi ammettono il labirinto, diciamocelo chiaramente, se hai un appuntamento al S. Orsola anche partendo ore prima non è garantito che tu possa arrivare puntualmente. Io mio padre e mio fratello siamo stati convocati da una equipe di medici per discutere della possibilità a breve di un intervento chirurgico che dovrebbe affrontare mio padre, quindi siamo in fila all’esterno dell'ospedale, ci misurano come di prassi la temperatura e avanziamo all’interno, a questo punto dobbiamo salire al secondo piano dove ci attendono per il colloquio, ma ne nasce un caso, si mobilitano uno o due vigilanti con ancora tra le mani le p38 a temperatura dicendo che non possiamo salire in tre, io rispondo che siamo convocati in tre e che se il problema è salire insieme, possiamo ovviare salendo separatamente e tenendo distanze, ma la cosa non sembra tranquillizzarli, una addetta all'accettazione si mette in contatto con il secondo piano, ma naturalmente non riesce ad avere conferma del colloquio anche perché chiede informazioni di un chirurgo che porta il cognome di mio padre che è il paziente, allora la correggo, dicendole, che le ho dato il cognome del paziente, non se ne viene a capo, i minuti passano e rischia di saltare l’appuntamento, nel frattempo mobilitandosi per il nostro caso, i vigilanti muniti di pistola a temperatura hanno girato le spalle all’entrata per quella frazione di secondi decisiva a fare scivolare dentro persone che ci passano tranquillamente alle spalle, portatori sani di possibili varianti dal 37 in su, compresa l'assurdità della situazione, sicuri del nostro 36 e mezzo come passaporto, saliamo lasciando quella dell'accettazione tentare di mettersi in contatto con il secondo piano, ci infiliamo in tre in un ascensore, siamo un nucleo famigliare del resto, qualche spiritoso ha scritto con pennarello sulle pareti dell’ascensore “qui c’è stato il Covid” come fosse il passaggio di un vecchio leader da ricordare, finalmente arriviamo, capiscono chi siamo e siamo di nuovo in fila, secondo piano, infermiera munita di fogli che dobbiamo compilare, gel e temperatura, questa volta la temperatura viene presa dall’orecchio, temperature regolari, ora dobbiamo rispondere tutti alle seguenti domande:

 

Da quanto indossate la mascherina?

Avete avuto sintomi?

In famiglia qualcuno ha fatto tampone?

 

Mentre rispondiamo e le risposte prontamente ci avvicinano sempre di più alla possibile entrata in quel lungo corridoio buio sbarrato da porta che ricorda un  accampamento militare, accade che all’infermiera cada la penna a sfera sul pavimento. SILENZIO. IMMOBILITA’. OTTO OCCHI FISSANO LA PENNA A SFERA A TERRA. Non una mossa, il terrore corre sul filo della penna a sfera, non è una semplice penna a sfera è come una bomba da disinnescare e mancano gli artificieri, guardo la penna, ho sempre pensato che la cultura fosse la più grande arma a nostra disposizione, ho sempre saputo che le dittature più feroci temono la libertà della scrittura, conosco il potere bieco dietro la censura, ma era la prima volta che osservavo una penna a sfera caduta in zona franca seminare il panico, per la prima volta la penna a sfera mi appariva come arma di distruzione di massa, era come un tempo dilatato in un mondo parallelo, come un movimento rallentato nello spazio che mi faceva percepire secondi di pura paura in una zona senza tempo, con l’istinto che mi contraddistingue e nel movimento percepito dagli altri con lentezza di astronauti, ho fatto quello che fa un kamikaze, ho raccolto a mani nude la penna a sfera, guardo la faccia dell’infermiera stravolta come nell’urlo di MUNCH ma senza emettere suono come nel film sugli ultracorpi, mi ero trasformata in una potenziale terrorista a mia insaputa, quella penna era come uno zaino imbottito di tritolo, risalivo come da una apnea e sopra di me erano volti sfuocati in espressione di terrore, una Pompei congelata vista da  Atlantide capovolta, poggio con sorriso scemo l’arma batteriologica della cultura sul tavolo, passano altri minuti di un tempo denso, mio fratello e mio padre sono rimasti con la mano a mezz’asta nel tentativo di partecipare con sgomento al prolungamento della mia azione, attendiamo che all’infermiera tornino le reazioni, è un tempo lungo. A quel punto la donna si riprende e con mani tremanti prende il gel disinfettante, lo spara sulla penna ma quello cade a lato senza investirla minimamente, abbiamo appena sterilizzato i microbi a fianco. Nuova immobilità, da una parte la penna illibata, dall’altra una montagnetta inquietante di gel sprecato, penso che l’infermiera stia mettendo a dura prova le sue capacità di telecinesi, nel tentativo di spostare la penna sul gel ma senza toccarla, io vedo sfumare il colloquio a causa di una penna, poi un gesto rischioso, come una corsa sotto un bombardamento, e l’infermiera cuccia di lato la penna che rotola sul gel, un gesto di scatto come chi si libera da un insetto schifoso, talmente di scatto che non ho visto la mano,  a quel punto le si avventa sopra con crudeltà, neanche fosse una blatta sul pane, e la investe di nuovo gel per tutta la sua lunghezza, con soddisfazione. Vorrei chiederle, è morta? Possiamo andare? Ma capisco il trauma post bellico e attendo, guardiamo tutti la penna inumata da gel e attendiamo con le nostre temperature da pesce. Poi entriamo, entriamo. Mi rendo conto è un mondo parallelo, qui la paura è nell’aria e nelle cose, e ironia a parte è giusta questa paura, è vera. E’ la realtà, cazzo penso a quanti oggetti ho raccolto fuori e li vedo tutti come bombe a mano, il nostro pianeta un intero campo minato, questo virus fantasma che ci uccide e ci tira pure per il culo, una dottoressa mi intima distanza con una mano, ero a un metro ma minacciavo inavvertitamente di avanzare, qui sei in colpa anche per le intenzioni ancora prima che si trasformino in atti, resto con un piede sospeso nell’aria, balbetto “scusi, scusi” lei aggiunge “stiamo distanti, state molto distanti già siamo pochi medici e certo saremo sempre meno”, non è una risposta è un requiem. Facciamo il colloquio, usciamo, la sera porto fuori il mio cane ma non faccio che rivedere la penna caduta, la distanza intimata con occhi di terrore, le loro ragioni, le loro sacrosante ragioni, i loro sacrifici, i loro rischi, cerco nel mio piccolo di ricordarmi tutto, la mascherina, l’igiene , la distanza, ma in quest’altro mondo esterno, vedo un tavolo di legno, dove come ogni sera ragazzi ventenni celebrano ritualmente il loro anarchico assembramento, fumano canne, l’odore di marijuana che mi arriva dritto alle narici filtrato dalla mascherina mi nausea e mi offende anche, forse perché farsi le canne oggi e sbattersene perché hai vent’anni non ha nulla di rivoluzionario, forse perché non sono gli anni 70, forse... E' il 2020, l’anno in cui si celebra l’individualismo, ciò che forse dovremmo dividere storicamente parlando un giorno in termini di  Avanti Covid e Dopo Covid, Avanti Cristo e Dopo Cristo, l’anno dell’ossigeno fatto a gente agonizzante direttamente nelle macchine, come da pompe di benzina, perché gli ospedali sono al collasso, l’anno in cui abbiamo dimenticato gli anziani e li abbiamo lasciati morire, con le loro favole, con il loro amore, l’anno in cui negazionisti proprio come negarano i lager hanno negato le file di morti e di ambulanze, l’anno delle distanze non tanto mantenute, fosse vero, per emergenza, ma per menefreghismo, e quelle sono distanze umane che neppure ti proteggono, l’anno dei senza futuro, l’anno delle mascherine e della fame d’aria, come di sorrisi, respiro marijuana e passo oltre, nel cielo sopra una stanca, stremata, Bologna. E mi torna alla mente il discorso di un tranviere mentre guida l’autobus e parla con un uomo senza speranza "No, a me la montagna fa cacare, io ho bisogno del mare, a me solo la vista del mare mi rilassa, il mare senza nessuno attorno, mi basta quello, ascoltare le onde, mettermi lì, non chiedo altro, mi da equilibrio, sensazione di pace, no, la montagna no, io sono uno da mare” , l'uomo senza speranza risponde "Si ma vedi anche la montagna è bella, dipende con chi ci vai, dipende dalla compagnia" E l'altro "Si, si d’accordo ma la montagna no, a me se uno mi propone la montagna, io no ce la faccio, non dico che non sia bella eh… tutto quello che vuoi..." "Dai raccontami qualcosa... qualcosa di bello" "Che cazzo c'è di bello? Cosa vuoi che ti racconti" "Non so la famiglia, stanno bene?” “Si quelli stanno bene... sì, come mi manca il mare" Il segreto per tirare avanti sono desideri piccoli, anche io penso, vorrei vedere il mare, vorrei vedere il mare e vorrei un ghiacciolo all’amarena. L’autobus si infilava nel braccio della città, attraversava il buio, come l'ago nelle vene di un drogato, con i nostri pensieri come patetici bigliettini scritti a un Babbo Natale inesistente, allo spaccio del capolinea dei sogni.

 


 

mercoledì 9 settembre 2020

Le facce della luna - finale

 


GIORNO SEGUENTE LE DUE RAGAZZE SONO AI LORO TAVOLI

 

Cristina -  Avevo solo quindici anni. Non lo dimenticherò mai. Una palestra enorme…  l'ora di educazione fisica, il professore... sui cinquanta... un pervertito disgustoso - quelle stesse fitte al cuore, quegli occhi, quel modo di cospirare – voleva a tutti i costi la classe mista, così eravamo insieme ai maschi, generalmente il porco invece di fare educazione fisica, faceva educazione sessuale in classe, col permesso del preside, perché, diceva, non si potevano rovinare con impronte di pallone gli affreschi dell’antica sala adibita a palestra in quel vecchio liceo del centro. Lo odiavo. E lui lo sapeva, lo sentiva, ne sono certa. Poi un giorno invece ci porta in palestra. Programma: imparare la verticale, a tutti i costi! Per spiegare la verticale aveva quindi bisogno di una vittima, e per quanto fingesse di cercarla, la vittima, lo sapevamo tutti e due, ero io, cercai di giustificarmi dicendo che ero indisposta… ma lui… senza neanche darmi il tempo di capire come... mi aveva preso per i piedi e alzata in aria... con le mani cercavo il pavimento... Disperatamente. Lui parlava… parlava… poi passato il brivido di paura... mi rendo conto dell'intera classe in silenzio, un silenzio agghiacciante e freddo, sentivo il peso di tutti i loro occhi, sapevo che ogni mio minimo gesto, ogni respiro, ogni imbarazzo, paura, disagio, timidezza, sudore o starnuto, colpo di tosse, sorriso, sguardo, non sarebbe potuto sfuggire a quell'orda di occhi sadici e divertiti e felici di non essere al mio posto, ma c’era qualcosa di più, l'atmosfera era troppo pesante, il silenzio persisteva acuto, vedevo solo gocce di sudore cadere sul pavimento e sentivo colorirsi le mie guance in una vampata improvvisa di calore, un velocissimo sospetto, un’esitazione non più lunga di un battito cardiaco - freddo... freddo... perché questo freddo...  quest'aria alla schiena. La maglia, la maglia arrestata appena a metà schiena in un attimo scende vertiginosamente. Una cascata di risate, di quelle trattenute dal buon senso, dal buon gusto, abominevoli risate da osteria che nessuno sarebbe mai riuscito a frenare, travolgevano senza ritegno me e quel porco che, appena disturbato dalla classe, faceva finta di niente, mentre tutta la seconda superiore del liceo aveva un unico punto focale… le mie tette al vento. Continuò a spiegare le tecniche della verticale tenendomi per i piedi… le risate travolgevano persino i miei pensieri mentre attonita restavo penzolante aspettando la fine… lui parlava dell'importanza di non avere le mani  sudate… loro ridevano. E di equilibrio. Ridevano. Concentrazione e tecnica. Ridevano e ridevano. Deve pagarla! Sarà umiliato e striscerà ai tuoi e ai miei piedi! Saremo vendicate di tutti i professori di educazione fisica e tutti i venditori di enciclopedie – Avevo solo diciott’anni  e quel giorno l'istruttore di scuola guida volle farmi provare la partenza in salita senza freno a mano…

 

 

Poliziotto – Musica buio cambio scena.

 

Poliziotto – Dunque... sì... io agisco in borghese. D'altronde noi uomini d'azione… dobbiamo essere pratici, non possiamo permetterci raffinatezze… non c'è che dire me lo avevano accennato che eri bella, sì... mah! Tante ne ho viste che io non ci faccio neanche caso. (Suona il telefono) Pronto? Ha perso? Che documenti? A me del suo portafoglio non me ne frega un cazzo, va bene?!! (Rivolgendosi alla ragazza) Questo ha perso i documenti, che noia! Per questo rompono i coglioni... in certi momenti, poi… veniamo a noi, ti ha mandato quel mio collega, certo quel mio amico… dovresti ripetermi perché sei qui.

 

Ragazza – Perché ho denunciato il mio capufficio per molestie sessuali…

 

Poliziotto – Finalmente! Cazzo! Dovresti con parole tue ripetermi quello che… anzi, me lo leggo io… vediamo il verbale.

 

IL POLIZIOTTO LEGGE AVIDAMENTE IL VERBALE SALTANDO TUTTE LE GENERALITA'.

 

Poliziotto – Non sei sposata?

 

Ragazza – No.

 

Poliziotto – E il tuo fidanzato cosa ne pensa?

 

Ragazza – E’ contento che io non sia sposata.

 

Poliziotto – Intendevo della denuncia... lo sa?

 

Ragazza – Sì, certo, gli dispiace.

 

Poliziotto – (Con gli occhi fuori dalle orbite) Gli dispiace? Ti ha detto questo?! Solo questo?

 

Ragazza – Mi scusi, lui è lontano, e poi cosa doveva fare?

 

Poliziotto (Caricandosi) – Ma sai che se solo sfiorano mia sorella, mia sorella eh? Non voglio neanche fare l’ipotesi della mia donna, se solo la sfiorano, io quello lo lascio agonizzante sulla strada e poi gli chiamo l'ambulanza… sì... quando è tardi però, (pausa il poliziotto aspira due boccate di fumo) E dimmi, dimmi... no perché mi interessa... lui cosa ti ha detto... (ride) che gli dispiace? Non ti ama, lo sai questo, vero? (Di nuovo porta il sigaro alla bocca, pausa) Che lavoro fa, dimmi che lavoro fa avanti!

 

I DUE SI GUARDANO, LUNGO SILENZIO.

 

Ragazza – Forse non ci siamo capiti, io ho sporto querela contro il mio capufficio non contro il mio ragazzo!

Poliziotto – Ma quello che ha fatto il capufficio è niente a confronto! Capirai, ci proverei anch’io con una come te, non in quel modo certo… quello è un coglione! No il punto è proprio il tuo ragazzo, parlami di lui, su… uno ti mette le mani addosso e lui che fa? Mi dispiace! Ma mi dispiace a me che non sia qui, mi dispiace... che lo farei diventare uomo d’un colpo, lo farei! Che lavoro fa?

 

LUNGO SILENZIO.

 

Ragazza – L’attore.

 

SILENZIO.

 

Poliziotto – Peggio per lui.

 

Ragazza – Senta... lui mi ama... e comunque non vedo cosa...

 

Poliziotto – (Agitandosi) Ecco, non vedi! E dove sta lui ora se ti ama!?

 

SGUARDO DI SFIDA TRA I DUE, NUOVAMENTE SILENZIO.

 

Ragazza – Lui è a Bolzano, lontano.

 

Poliziotto – (Vittorioso) - A Bolzano! Se tu sei la mia donna e uno stronzo solo ti sfiora, io mi faccio Bolzano – Bologna in mezz'ora... noleggio un jet privato  e a lui lo rivolto come un guanto, capito? (Pausa, la ragazza non reagisce) Io ti voglio aiutare, perché mi stai a cuore e odio certi stronzi, è ovvio che io questo lo rovino comunque! D'accordo? Perché, tra parentesi, così si comporta chi ama! Come vedi è normale burocrazia e quando non c’è si fa senza, per questo io e qualche amico… gli faremo il culo comunque.

 

Ragazza – Cosa? Ma…

 

Poliziotto – Ma lo sai che chi non fa niente acconsente? E' come se ti avesse molestata lui. Quanti anni ha? Dove abita, questo? (Osservando il mutismo della ragazza e lo sguardo completamente assente, il poliziotto perde il controllo e urla) La legge in proposito è molto chiara. Lo sai bambina? Se non fa niente è complice! Complice di molestie sessuali sul lavoro… (la ragazza fa per intervenire ma il poliziotto glielo impedisce) Lui non ha impedito che avvenissero, lo ha impedito forse? Facile dire ti amo… sono distante... ma il mio cuore ti è vicino... così ti ha detto? Ipocrita! Alle sbarre è vicino il suo cuore, ecco a cosa è vicino... I poeti del cazzo, tutti questi poeti del cazzo che poi non sanno difenderti… o sbaglio? Come può aiutarti un uomo così... ci hai pensato? Come farà a difenderti da tutti i malviventi, a colpi di poesia? Mi fanno schifo! Tutti mi fanno schifo! Balle! Svegliati... (al pubblico) Guardatela, indifesa… in balia di ogni pervertito. Vedete, mi distrugge vedere quegli occhi innamorati, quella fragile creatura che ripone sempre fiducia nelle persone sbagliate… A cosa serve l’uomo se non può difendere la sua donna… a cosa serve la donna dico io se... oddio mi sono perso... (alla ragazza) Sai cosa facciamo… io l’arresto comunque!

 

Ragazza – La prego, senta io lo lascio, va bene? Però ora per favore… finisca di leggere il verbale.

 

Poliziotto – Brava, ammiro queste libere scelte, questa capacità di distinguere al momento giusto ciò che è giusto! (Il poliziotto legge velocemente, poi improvvisamente cambia espressione, da gioviale per la bella notizia diviene quasi collerico) Oh! Arriviamo al punto… ma… ma… come… scusa, scusa bella ma qui c’è scritto che lui tenta di baciarti e con una mano scende ai fianchi… e… e…  e uno si carica… si carica… e poi? Non succede niente? Ma come? Ma che so… neanche ti sbatte sulla scrivania… io mi aspetto che so… “… e mi infilò una mano nelle mutande…” che sarebbe il minimo… ma qui…  qui non accade niente, cazzo! Cazzo, ma come lo denuncio io con questo! Ma ti sembra un verbale, ti sembra?! Una volta che finalmente oltre ai portafogli, alle vecchiette, ai cani che si perdono! Mi capita una denuncia di molestie sessuali… così me la scrivete? Ma chi si convince con sta roba, mi pare il seguito di “Via col vento”… con l’aggravante che persino quello era più spinto! Lo  sapevo, che cazzo ha scritto quello là! Chiamatelo qui al più presto! Ma tu eri anche d’accordo, eri? Bravo ragazzo… sì ma merda, cos’è sta roba… non c’è niente... niente… neanche per passarlo a un magistrato... sai cos’è questo? E’ un romanzetto rosa! Da fare venire il diabete… e tu poi bimba bella lo hai anche fermato? Ma se sai di non avere materiale sufficiente per un verbale lascia che continui Santiddio!  Adesso io qui cosa devo fare, più che dire a quel poliziotto che razza di coglione che è… (la ragazza annuisce muta)  sai ora come possiamo incastrarlo? Tu devi tornare e farti toccare, ma toccare capito? Non fare finta. Come eri vestita, scusa?

 

Ragazza – Ero vestita…

 

Poliziotto – Male, malissimo! Svestita ci devi andare… il più possibile! Che poi tu sai da quanto lo cerchiamo questo? Sono anni che deve finire dentro. Comunque non hai colpa neppure tu… ti ha fatto sto verbale quello. Poi hai il ragazzo che ti ritrovi, figurati… la vita con te è stata ingiusta… ma adesso ci penso io… adesso vado a beccare quello che ti ha fatto il verbale e gli chiedo di decidere una volta per tutte se fare il romanziere o il carabiniere… a me prende per il culo… a me… (di scatto verso il pubblico) Vi faccio schifo? E perché… l’ho detto volevo solo fare colpo… credevo di avere la situazione sotto controllo… col cazzo! Come si fa con quella che non cambia mai espressione, mi sono sdoppiato, ho insultato l’altro me stesso… per cosa… oltretutto sto sudando come un porco per reggere due parti… oltretutto non so più chi cazzo sono, oltretutto devo pagare gli alimenti a mia moglie, per cosa poi, per niente, pensavo cadesse ai miei piedi… niente… devo conquistarla… devo! Accidenti! (di nuovo rivolto alla ragazza) I tuoi problemi sono finiti… ora si andrà per vie legali… diciamo… prima di salutarci… volevo chiederti, così… per toglierti dall’imbarazzo e da quel tuo mutismo… come fai… poniamo che un uomo non ti piace come fai a farglielo capire, ne incontrerai tanti di seccatori e tu sei troppo angelica… per… offenderli o metterli… come si dice al loro posto… ecco cosa fai?

 

Ragazza – Se non mi piace?

 

Poliziotto – Sì

 

Ragazza – Beh… rimango indifferente.

 

IL POLIZIOTTO DEGLUTISCE. SILENZIO, LA GUARDA RAPITO.

 

Poliziotto – ( schiarendosi la voce)  E… ehm… se ti piace?

 

Ragazza (guardandolo negli occhi) Rimango indifferente.

 

SILENZIO

 

Poliziotto (urlando) – Quindi uno con te non capirà mai un cazzo!

 

UFFICIO

 

Capufficio – Secondo me quella puttanella d’artista gliel’ha detto a quell’altra… sì, ne sono certo… e se avesse fatto di peggio? Se mi avesse già denunciato? Cristina lo sa. Forse non lo sa, calma, forse vuole solo farmi perdere il controllo, certo è così… ma non ci riuscirà, oggi le metto sotto torchio quelle due. Le faccio punire d’essere donne le faccio!

 

IL CAPUFFICIO GIRA NERVOSO NEL SUO UFFICIO POI DECIDE DI CHIAMARLA.

 

Capufficio – Senti, Cristina volevo dirti… che io sono molto soddisfatto di te, sei professionale e…  pensavo di aumentarti lo stipendio… purtroppo invece dovrò parlare con l’altra ragazza perché… vedi… lei… io non credo che lei sia adatta a questo lavoro… comunque questo riguarda lei… non te… tu si che non mi hai deluso… Cristina… Cristina… tu… tu cosa ne pensi della ragazza, perché siete diventate amiche, no? Ecco fino a che punto tu…

 

Cristina – Beh! Non la conosco tanto, mi sembra carina, gentile, poi non so… non ci frequentiamo fuori di qui…

 

Capufficio – Brava Cristina non voglio che la frequenti, tanto più che credo… insomma non sono molto soddisfatto del suo periodo di prova… ma tu Cristina, tu ti trovi bene qui? Se hai qualche problema parlamene, vedi credo che la ragazza di là abbia capito di non essere adatta a questo lavoro e mi serba rancore senza motivo, per questo la mia sola preoccupazione era che tu magari potessi dare ascolto a chiacchiere non vere o…

 

Cristina – Non si preoccupi io mi trovo bene qui e lei non mi dice nulla, non siamo amiche… non l’ho mai sentita parlare a dire il vero.

Capufficio – Grazie Cristina, puoi andare… mi chiameresti qui l’altra ragazza?

 

Cristina – Certo.

 

LA RAGAZZA E CRISTINA SI SCAMBIANO DI POSTO

 

 

Capufficio – Vedi, senza rancore… io non credo che tu sia adatta a questo tipo di lavoro… sei un po’ lenta ecco tutto. Mi spiace questo non ha niente a che fare con quello che è accaduto… comunque potrei darti un’altra possibilità se tu… tenessi la bocca chiusa con Cristina e dimenticassi tutto quanto… allora potrei assumerti… saresti assunta… sì… riassunta, sì? (La ragazza tace) In fondo questa storia è andata troppo oltre non credi, ci mettiamo una pietra sopra?

 

LA RAGAZZA SORRIDE

 

Capufficio – Tu le hai detto tutto vero? Vi state prendendo gioco di me, vero? Bene vedremo se reggerete la prova confronto! (Urla) Cristina! Cristina vieni qui immediatamente, per favore!

 

CRISTINA LI RAGGIUNGE SI SIEDE VICINO ALLA RAGAZZA. IL CAPUFFICIO E’ IN TOTALE IMBARAZZO. LE RAGAZZE SONO DI UNA TRANQUILLITA’ DISARMANTE.

 

Capufficio – E’ freddo? Che cazzo avete freddo? Io non ho abbastanza soldi per riscaldare questo posto di merda, va bene? Ci sono dei problemi. Questo è ovvio. Ehm… il fatto è… che… non siamo quel gruppo unito che dovremmo essere e di questo temo potrebbe soffrirne la casa editrice… Ah! Sono preoccupato, io vi ho accolto qui…

 

Cristina (scocciata) – Mi scusi ma qual è il problema?

 

Capufficio – (Urlando) Lo sai tu? Perché io non lo so! Lo chiedo a voi lo chiedo! Esigo una risposta! Qual è il problema? Vogliamo essere una famiglia sì o no, vogliamo lavorare per un giornale sì o no?

 

 Cristina  - E lei?

 

Capufficio – E lei? (Rivolto alla ragazza) Voglio solo capire quanto posso fidarmi di voi, io… (torna patetico)  io mi sento tradito… ultimamente… sì… tradito! Sento il vostro distacco, (Non regge la parte patetica e diventa furente) voi fate comunella, voi mi state tradendo, lo so! So tutto!

 

Cristina – E’ sicuro di stare bene? Per quanto mi riguarda non è cambiato niente.

 

LA RAGAZZA SORRIDE RASSICURANTE

 

Capufficio (grondante di sudore) Bene, forse vi richiamerò, Cristina tu puoi andare di là.

 

CRISTINA ESCE. LA RAGAZZA RIMANE SOLA CON IL CAPUFFICIO, LO GUARDA TIMIDA E DOLCISSIMA, IL CAPUFFICIO ORA E’ IMPLORANTE.

 

Capufficio – Davvero, davvero? Oh, se è così… se è davvero così… io ti sono grato, che la cosa sia rimasta tra noi… sono un editore… ma sono pur sempre un uomo, capisci, con le sue debolezze… (Improvvisamente cambia idea guardando il sorriso della ragazza)  ma come faccio a sapere se è vero eh? In fondo perché mai dovresti dirmi la verità tu! Un’artista che vuole solo rovinarmi, perché è questo vero il tuo scopo nella vita, vero? Vero? Scommetto che tu… tu… parla, cazzo!

 

SILENZIO.

 

Capufficio – Un' artista! Figuriamoci!

 

SILENZIO.

 

Capufficio – (Urlando) Cristina!

 

SONO DI NUOVO TUTTI E TRE VICINI

 

Capufficio –E’ finita. Finita. Siete licenziate! (comincia a singhiozzare, è girato di spalle alle ragazze) Tutte e due! Due serpi in seno ho coltivato... due figlie ingrate... sì... ingrate... dove lo trovate oggi giorno un lavoro così... e un uomo come me… che vi ha amato sì... d'accordo hanno vinto gli ormoni sulla razionalità... ma guardate quest'uomo... guardatelo, guardatemi... (si gira lentamente verso le ragazze) quest’uomo è un poeta tradito… umiliato tutta la vita dalle donne, uno che ha solo incontrato donne sbagliate, pronte solo a prendere  senza mai volere condividere niente… niente... voi e i vostri piccoli, limitati mondi preconcetti… ti ho forse violentata? Oh, scusa! Un rospo che tenta di sfiorare una principessa… e non vuole chiedere scusa, no! Per avere aspirato all'amore... un quadro prezioso... eri per me... cara ragazza... un quadro prezioso… e tu sai che non è colpa mia se tu porti quel potere negli occhi e nel corpo... se tu lasci quella scia di richiami e suggestioni… se tu sei come un paesaggio invitante... un sentiero da percorrere senza farsi domande e se... il destino ti ha portato qui... non è colpa mia cazzo! Che ne sapevo che tu… che tu...  mi avresti ridotto così... drogato... pazzo e ancora mi rendi pazzo e ancora soffro enormemente.  (La guarda carico d’odio e le si avvicina minaccioso) Lo sai, devi saperlo, devi sentirlo dentro questo potere che hai, l’adorabile esca che sei, non ho odiato e amato tanto nessuno… così mai... quando ti si guarda... non si sa bene se diventare poeti o stupratori! Tu non sei una ma sei tutte ecco perché… e scusa se nel tentativo di avervi tutte ti sono saltato addosso. Scusa un cazzo! La più dolce e la più puttana, la più astuta e la più stupida… tutto e il contrario di tutto… l'erotismo fatto a immagine... perché non ti dissolvi e  mi dici che è stato tutto un incubo... io... io non mi stupirei... (si accascia e piange senza alcun controllo) Puttane! Grandissime… bellissime puttane... Siete licenziate... vattene ragazza… vattene... prendi i tuoi disegni e esci di qui... ne trovo mille meglio di te! (Urlando più forte) E anche di te!

 

Poliziotto – Musica!

 

LA RAGAZZA ESCE

 

Poliziotto – Un anno dopo.

 

ENTRA IL CAPUFFICIO DISTRUTTO, SI AVVICINA TRASCINANDOSI, IL POLIZIOTTO ALZA APPENA LO SGUARDO E COMINCIA A SCRIVERE IMPERTERRITO.

 

Capufficio – Faccenda impegnativa, eh?

 

Poliziotto - (alzando appena lo sguardo)  Già…

 

Capufficio – Io voglio autodenunciarmi sì… io ho ferito un angelo… capite… una creatura così innocente... e tutto... perché... io non so perché... ero come pazzo... come trasformato... sì, le sono saltato addosso… ma non ero io... era lei... che... chiedo l'infermità mentale! Arrestatemi vi prego! Mettetemi in un posto isolato… prendetela... fermatela... perché lei... lei è più pericolosa di ogni malvivente che potrete arrestare in tutta la vostra vita! (singhiozza in maniera esasperata) Mentre io… sono... sono... soltanto... un… un poveraccio… un disgraziato... che fa l'editore, io… sono

 

ALLA PAROLA EDITORE IL POLIZIOTTO CHE FINO A QUEL MOMENTO AVEVA CONTINUATO A SCRIVERE SENZA DEGNARE IL CAPUFFICIO DI UNO SGUARDO, SI BLOCCA E IMPROVVISAMENTE LO FISSA NEGLI OCCHI.

 

Poliziotto - Avete detto... siete un editore?

Ecco qua! (gli sbatte in faccia un’immensa pila di fogli, lo guarda sudato e distrutto) Io sono uno scrittore! Ah! Già… l'ho incontrata anch'io... ero un poliziotto e ora sono uno scrittore, il peggio non è capitato a voi... no… il peggio è capitato a me...

 

DUE VOLTI SI GUARDANO DISTRUTTI

 

Cristina - (al pubblico) Non la vidi più  quella ragazza... non seppi più nulla di lei, era successo tutto in tre giorni... ma erano bastati per distruggere un uomo. In quanto alla mia vendetta, chi può parlare di vendetta quando il sentimento che ti entra dentro è solo pena. Un uomo totalmente distrutto… una scena delle più patetiche sì... e senza senso. Ogni Cosa al posto sbagliato, compresa la mia vendetta.

 

 

 

FINE

 

 

 

 

 

domenica 26 luglio 2020

Le facce della luna - parte terza

 
 
 
Capufficio – Volevo sapere da te... insomma... a me spiace... penso se tu... riesci a passare sopra questa cosa... che in fondo... tu sei assunta… già assunta e io non ti… stai tranquilla non ti... cosa ne pensi?
 
Ragazza – Io non intendevo... io voglio potere lavorare tranquillamente, adesso vado di là e penserò a quello che... a quello che voglio fare...
 
Capufficio – Ecco, pensaci, pensaci bene, è stato un errore se starai zitta... se ti comporterai bene... io e te torneremo amici, ne sono sicuro… tu sei così bella… tu... è tutta colpa tua cazzo! Scusa, scusa io volevo dire che… che tu sei assunta... sicuro... e io non ti... non ti... darò alcun fastidio... Ti chiedo scusa? Non credo sia giusto! Ma ti chiedo anche scusa… tu… una cosa... tu... non devi parlare con Cristina, perché anche lei è assunta... tu sai, vero?
 
Ragazza – (Cambiando atteggiamento) Non so quello che farò, l’ho detto, devo pensare, non accetto le sue scuse! Comunque Cristina non è coinvolta in questa storia… non sa niente e non lo saprà mai, riguarda noi due.
 
Capufficio – Ecco, brava! Io già di questo ti sono grato… pensa alle mie offerte, non fare la bambina... (il capufficio cambia improvvisamente tono e comincia ad urlare) Stai mettendo di fronte la tua femminilità alla tua professionalità… il tuo stupido orgoglio di donna a un'offerta di lavoro come questa... sei una donna o una bambina, eh? Sei una donna o una bambina si può sapere? Voi artisti… siete tutti uguali e tu poi sei anche donna, la razza peggiore… so cosa stai pensando… come vendicarti… io ho paura delle vendette delle donne, tu e tutti i tuoi amici artisti del cazzo... quanti ne ho conosciuti, voi mi avete rovinato, voi fate sempre fallire il giornale! E tu ora vuoi vendicarti di me… lo so! Aspetti solo il momento giusto, come tutte le donne, credi che non lo sappia, credi che ti creda? Ma io non ho paura della tua vendetta… non ce la farai a rovinarmi! Voi artisti dovreste finire tutti nel girone dell'inferno, tutti, tutti! (Indugia, forse ha esagerato) Ma io posso anche chiederti scusa. Scusa! Contenta? Ma non sono pentito… questo no! Perché sappi che io ho il diritto di dimostrare anche in questo modo... l'attrazione che ho per te! (E’ vicinissimo alla ragazza che prende subito le distanze. Al pubblico) Inoltre perché avrei dovuto perdere tempo nel cercare di convincerla ad uscire, portarla fuori la sera… non ne valeva certo la pena! Con il rischio poi che mi dicesse di no... portarla a bere un caffè, magari! Eh no... sono finiti i bei tempi! Darle l'occasione di dire di no... dopo avere speso tempo e soldi, ma chi me lo faceva fare, tanto valeva provarci subito! E volevo che lo capisse… era così semplice, volevo che sapesse il mio tormento... che non è facile per un capufficio, ci vorrebbe un telefono… una linea verde che tuteli quelli come noi da quelle come loro… perché non è facile trovarsele davanti e non avere diritti, capite? Diritti su di loro... che ti guardano, belle, sensuali, inermi… non è vero… ti rovinano… è quello che vogliono, che tu perdi il controllo... e così glielo dico... (alla ragazza) Se un uomo riceve un bacio da una donna e non vuole questo bacio, non può denunciarla, vero? (urla in faccia alla ragazza) Io non vedo perché cazzo una donna possa denunciare un uomo per un bacio non voluto! Non vedo perché tu dovresti avere questo diritto che io non ho. (Silenzio, la ragazza non sa che dire, il capufficio riprende delirante) Ma se fossi stata tu? Chi mi crederebbe a me se andassi a denunciarti! Chi crederebbe che io non ho voluto... lo vedi che non c'è la parità, lo vedi? Io mi sentivo di farlo e l’ho fatto. In fondo non ti ho mica ucciso, ti ho ucciso? No! Quindi il discorso è chiuso. (il capufficio rimane perplesso, la ragazza non ha reazioni) Vedi… le donne... le donne mi hanno fatto passare dei brutti momenti e... (non riesce a reggere la parte implorante e patetica, dal momento in cui pronuncia la parola “donne" diviene isterico) le donne mi hanno fatto passare dei brutti momenti sì e io mi sono vendicato su di te va bene?! E non me ne frega un cazzo! (si pente, di nuovo temporeggia, finalmente sente di avere trovato la soluzione, si avvicina ancora di più alla ragazza)  Vedi… sai perché mi sono comportato così… la verità? Volevo metterti alla prova… sì… alla prova! Brava, l'hai superata eccezionalmente… sono orgoglioso di te… volevo sapere se eri una ragazza seria, sai io voglio lavorare con personale serio e competente, così faccio un piccolo test alle ragazze che lavorano per me… ci provo, capisci? E se non ci stanno come te… significa che sono serie! Brava sei assunta. Complimenti. (la ragazza lo guarda)  Insomma, se io ci avessi provato con te alle sette e un minuto, cioè un minuto dopo l’orario di lavoro tutto sarebbe stato legale, giusto? Non capisci la mia onestà? Io ci ho provato durante l’orario di lavoro… potevo approfittare della legge e tu non mi avresti potuto denunciare, invece no! Io durante l’orario l’ho fatto! Ma cosa sto a parlare… tutti voi… tutti gli artisti… all’inferno dovreste andare… all’inferno! (esplode di nuovo) Io non sono né un coglione, né un cretino ecco il mio curriculum! (Sbatte un foglio sulla scrivania)
 
Ragazza – E’ scritto sul suo curriculum?
 
Capufficio – Non fare la spiritosa con me!
 
Ragazza – Bene, può anche licenziarmi.
 
Capufficio – No, no, no, no,  no… tu… sei… tu… sei assunta. (pausa) ferma… io… io sono pentito di quel che ho fatto, non è vero che non sono pentito… ferma… Tu sei assunta.
 
Ragazza – Vedremo.
 
Capufficio (esausto) Va bene, come vuoi tu.
 
Poliziotto -  Quella sera stessa.
 
LE DUE RAGAZZE SONO UNA DAVANTI ALL’ALTRA NEL LORO UFFICIO  SI GUARDANO IN SILENZIO. CRISTINA PARLA AL PUBBLICO.
 
Cristina – Ero certa che si sarebbe gettata tra le mie braccia per farsi consolare, ero certa di trovarla smarrita, impaurita, invece era lì completamente calma, mi guardava senza esprimere nulla, credevo di vederla crollare improvvisamente o che tra le lacrime mi dicesse quanto fosse disgustata di lui, allora io l’avrei fatta sfogare e poi sarebbe bastato un gesto per convincerla ad incastrarlo, un semplice invito della mano verso la porta, assicurandola che l’avrei accompagnata in questa delicata impresa e sorretta! Sì… quello che ci voleva… una denuncia per molestie sessuali sul lavoro. Niente! Niente non parlava… perché? Non mi restava che fare il primo passo… così… (Cristina ora si rivolge alla ragazza) Senti… tutto bene?
 
LA RAGAZZA TACE, SISTEMA LE SUE COSE.
 
Cristina -  Va bene, adesso ascoltami ti prego... poi potrai andartene... so che è terminato l'orario di lavoro, ma io devo parlarti, non posso più portarmi questo peso, poi ce ne andremo… ti prego, solo qualche minuto... ti prego! (La ragazza lascia le cose che stava riordinando) Pensavo  che mio padre... (lunga pausa) fosse l'uomo più intelligente di questo mondo, un paladino della giustizia e dell'onore, un uomo che solo a guardarlo gli dovevi rispetto e attenzione. Era tutto quello che avevo di certo insieme ai miei otto anni. Adoravo mio padre. Quando credi… sai... quando sai che tutto può accadere… perché lui non ti deluderà mai... lui ci sarà sempre a proteggerti. (lunga pausa, Cristina completamente estraniata) Un giorno come un altro, lui era nel salotto… suona il campanello… papà apre, entra un signore... il giorno dell'infanzia rubata... (pausa lunghissima) dall'uomo delle enciclopedie. E' entrato, viscido, come un serpente mi ha avvolto nelle sue spire, ruffiano, dandomi una caramella… così mio padre era costretto quanto meno ad ascoltarlo, li sentivo parlare e l'uomo... sui cinquanta… parlava come cospirando... sì... con il sorriso falso sulle labbra... e apriva sempre l'enciclopedia ad ogni parola che mio padre pronunciava, ogni parola una pagina illustrata… finché mio padre cessò di parlare. L'uomo delle enciclopedie avanzava, mio padre arretrava inciampando... preso dall'esasperazione lo sentii prima urlare e poi supplicare… "Non mi serve, la prego non mi serve..." e lui faceva segno di avere le fitte al cuore... che schifo! Fingeva infarti continui... E non riuscendo a convincere mio padre ugualmente... provò ad estrarre la più crudele delle carte… il suo amore paterno verso di me... dicendo, arrancando su mio padre per via delle fitte al cuore: “Pensi almeno al futuro di sua figlia... firmi qui... per dare una cultura alla bambina, non può scegliere anche per lei... la guardi… lei ha bisogno di queste pagine illustrate... quando le chiederà sempre perché... è sicuro di poterle dare le risposte?" Mio padre a questa osservazione esita, i sensi di colpa cominciano a macerarlo piano, mi guarda,  le lacrime agli occhi, a questo punto l’uomo delle enciclopedie  sferra l’ultimo colpo mortale, urlando: "Le risposte corrette?" Vedevo mio padre osservarmi di nascosto, barcollare e sudare, una scena pietosa, dicevo dentro di me, perché non mi usciva una parola, (Cristina comincia a piangere) papà… papino non lo ascoltare... non lo ascoltare... non le voglio… le enciclop... le encicl… (Cristina singhiozza). L'uomo  avanzava, era riuscito ad arrivare fino in cucina... non se ne andava... più... più… Una specie di Terminator di significati illustrati che distruggeva chiunque trovasse sul suo cammino a forza di definizioni… esattissime, implacabile. Si era impadronito di tutta la casa. Beveva il caffè di mio padre e mangiava i suoi biscotti e cospirava, cospirava... (Cristina diventa rabbiosa) L’ho visto firmare... mio padre… firmare… chinarsi sull'uomo e firmare... per un numero illimitato di enciclopedie. L'ho visto perdere, sudare... l'ho visto chinarsi... (Cristina è in trance) l’uomo se ne è andato felice… e mio padre piangeva... diceva che non aveva i soldi per pagare neppure l'affitto e che la mamma l'avrebbe ucciso. Ma perché piangi papà? Se tu piangi io cosa faccio… ho solo 8 anni... se piangi tu... chi mi proteggerà dal mondo. (pausa) Improvvisamente il mondo mi è apparso come un incubo pieno di uomini che vendevano enciclopedie e mio padre non avrebbe potuto salvarmi. (Cristina urla) Che diritto avevi tu!  Che diritto avevi tu di entrare in casa e distruggere gli ideali di una bambina di 8 anni! Che diritto avevi tu di rubarmi l’infanzia con le tue enciclopedie. Così ho odiato mio padre. (pausa, Cristina è distrutta) Quando venni al colloquio non credevo ai miei occhi. Quei gesti di fitta al cuore, quel sorriso, quel modo di cospirare. Non era lui ma me lo ricordava in maniera impressionante. Desiderai di essere assunta con tutte le mie forze. Fu facilissimo. Come è stato facile rendermi indispensabile. Quando sei arrivata tu, sapevo già come sarebbero andate le cose. Tutto era scritto. Una denuncia per molestie sessuali sul lavoro e la mia vendetta si sarebbe consumata.
 
Poliziotto - Chi vuole fare una denuncia?
 
LA RAGAZZA SI GUARDA ALLE SPALLE NON VEDENDO ALTRI OLTRE A LEI STESSA RISPONDE.
 
Ragazza – Io… contro il mio capufficio.
 
Poliziotto – Ah! Cosa ti ha fatto, bambina?
 
LA RAGAZZA E’ IMPASSIBILE.
 
Ragazza – Voglio denunciarlo  per molestie sessuali sul lavoro.
 
IL POLIZIOTTO SI SOFFERMA SULLA RAGAZZA, SI GUARDANO A LUNGO.
 
Poliziotto - (riprendendosi) Allora, prima di tutto dammi i documenti e poi mi racconterai cosa ti è accaduto, con calma, cerca di ricordare ogni particolare, faremo un verbale. Ehm... ci vorrà un po’ di tempo.
 
IL POLIZIOTTO SI METTE D'IMPEGNO ALLA MACCHINA DA SCRIVERE, SCRIVE CON UN DITO SOLO.
 
Ragazza - Dunque, qualche settimana fa risposi a un'inserzione sul quotidiano "Resto del Carlino", veniva richiesto del personale competente in materie umanistiche letterarie…
 
IL POLIZIOTTO VORREBBE SCRIVERE E ALLO STESSO TEMPO NON PERDERE MAI DI VISTA LA RAGAZZA MENTRE RACCONTA.
 
Poliziotto – Scusa, prima qualche generalità. Sei nata a?
 
Ragazza – Bologna.
 
Poliziotto – Il?
 
Ragazza – 10 giugno del 71
 
Poliziotto – Sei dei gemelli? Bel segno... (la guarda sognando) abiti in via?
 Ragazza - Via della speranza, 5

 

Poliziotto – Sì... sposata? (la guarda intensamente con gli occhi pieni di speranza, si affretta ad aggiungere quasi tra sé) Puoi pensarci prima di rispondere...
 

 
 

 
Ragazza – No.
 
Poliziotto – Bene. Molto bene... procediamo... raccontami tutto di te... tutto il resto... naturalmente.
 
Ragazza – Certo! Alle 18.00 siamo rimasti soli in ufficio, dopo, mentre facevo delle fotocopie...
 
Poliziotto – (continuando sempre a scrivere) Che ore erano?
 
Ragazza – Oh! Non so saranno state le...
 
 Poliziotto - Le 18.50.
 
Ragazza – Lui, lui si è avvicinato a me mi ha preso il viso, così... (fa il gesto)  con le mani e... (il poliziotto mentre scrive ripete il gesto) E sentivo che mi tratteneva il viso con le mani con forza… e sempre tenendomi il viso ha continuato a dirmi che sentiva nei miei confronti un interesse personale oltre che lavorativo, dicendomi ancora che non era colpa sua se sentiva un’attrazione nei miei riguardi... (il poliziotto è un po’ commosso) Mi scusi? E' stanco?
 
Poliziotto – Esausto! Eh? No… ehm... Continua (pausa) Ti prego!
 
Ragazza – Poi mi ha afferrata e… dopo avere lasciato il volto con le mani ha tentato di baciarmi e...
 
IL POLIZIOTTO CONTINUA A SCRIVERE CON IMPETO ASCIUGANDOSI LA FRONTE DAL SUDORE.
 
Ragazza – Poi lui mi ha toccata...
 
Poliziotto – No! No... dove?
 
Ragazza – Sui fianchi...
 
Poliziotto – Prima il destro... il sinistro... o tutti e due?
 
Ragazza – Oh ! Beh! Tutti e due.
 
Poliziotto – (continua a scrivere sempre più agitato) Sì… mentre tentava di baciarmi ho avvertito che le sue mani stavano scendendo verso i fianchi in un abbraccio che non aveva niente di affettuoso… ma... chiaramente indicativo di una situazione che stava per trascendere... ecco! Continua, continua!
 
Ragazza – Sono riuscita a liberarmi dalla sua presa…
 
Poliziotto – Come?
 
Ragazza – Non so… io… io l'ho spinto via... dicendogli di no, lui si attaccava...
 
IL POLIZIOTTO SCRIVE, E' UN FASCIO DI NERVI TESI, UN TUTT'UNO CON LA MACCHINA DA SCRIVERE.
 
Poliziotto - Ti stringeva forte?
 
Ragazza – No, ma...
 
Poliziotto – Poi, poi?
 
Ragazza – Io gli ho subito detto che non intendevo certo quello per rapporto di lavoro e lui mi ha detto di dargli un bacio sulla guancia... e poi mi ha baciata sulla guancia… senza neanche...
 
Poliziotto (urlando) – Quale? Puoi essere più precisa nei particolari?
 
Ragazza – Io... io non ricordo...
 
Poliziotto – Fa niente... tanto... (tra sé) cosa metto ora… la destra, la sinistra? Io la bacerei ovunque… calma… calma! La sinistra.
 
CONTINUA A SCRIVERE E SUDARE.
 
Poliziotto – Tu lo hai baciato?
 
Ragazza – Sì
 
Poliziotto (urlando) Cosa hai fatto?
 
Ragazza – Adesso non ricordo se era la destra o la sinistra...
 
Poliziotto (cercando di calmarsi) Ma non capisci angelo mio? Non possiamo scrivere che tu lo hai baciato… tu avrai avuto paura... (silenzio della ragazza) Tu devi avere avuto paura!  Tu avevi certamente paura… tu… tu (urlando) devi trovare l'alibi per questa porcheria che hai fatto! Scusa... scusa è... che... che ogni tanto... sai pensando alla mia ex moglie… Dio mio scusa… non importa… ora scriviamo... andiamo avanti va bene? Bene! Come sei…  vedi tu sei… sì... lasciamo perdere, fai conto che non esista!
 
Ragazza – Sì... io… erano quei baci convenevoli... insomma io l'ho appena sfiorato... mi faceva schifo...
 
Poliziotto – Sì, l'ho fatto per evitare una eventuale reazione violenta... perché ero terrorizzata, avevo paura e non avevo la forza di reagire… per questo ho fatto l'atto di dargli un bacio sulla guancia... ma... ma non gliel'ho dato! Continua...
 
Ragazza – Poi mi ha detto che si era comportato così perché voleva mettermi alla prova e siccome io non c’ero stata lui ne era rimasto contento perché mi sono dimostrata una persona seria.
 
Poliziotto – (tra sé) Certo, seria... seria.
 
Ragazza – Mi ha anche detto che se ci avesse provato con me alle sette e un minuto dopo la fine dell’orario di lavoro, tutto sarebbe stato legale.
 
Poliziotto – Legale! All’addestramento ce lo avevano detto, se si cominciano a scrivere verbali letterari è finita. Tutti i poliziotti lo sanno, la carriera è stroncata, è come un morbo e non si guarisce più, era successo a me e non mi importava, non mi importava niente, più niente, da quando avevo visto lei. (verso il pubblico) Lo so… lo so! Mi comportavo come un deficiente. Volevo fare colpo... io l’ho amata subito quando è entrata... l'ho guardata mentre dolce, spaventata, chiedeva di sporgere querela. Nessuno in tanto tempo che lavoro qui ha mai chiesto in quel modo di... sporgere querela... Avrei scritto verbali tutta la notte per lei, era lei la donna che cercavo… quella che sognavo. Ma perché era così impassibile, incomprensibile. Cosa potevo fare io… cosa? Combattuto tra lei e il verbale... il verbale e lei. Dovevo cambiare marcia: - “Io vorrei continuare a seguire questo caso... ma la cosa va oltre la semplice denuncia di molestie sessuali, questo tizio è da un po’ che tentiamo di sbatterlo dentro ma nessuno riesce ad avere le prove, insomma bisognerebbe ottenere un mandato di perquisizione e per questo devo passare questo caso a un mio collega, fa parte della squadra d’azione… lui è un uomo! Un uomo capace... istruito... s'è fatto il Vietnam, un bravo soldato! Un bell'uomo oltretutto! Un uomo tutto d’un pezzo, vedi… (studiando attentamente la ragazza) lui schiocca le dita... e ha tutte le donne ai suoi piedi... quello anch’io eh? (la ragazza rimane impassibile) certo io... (temporeggia) sono un tipo più... cerebrale, diciamo… Bene! Sarai in buone mani, lui si occupa delle vere e proprie azioni! Lo incontrerai domani. (al pubblico) Naturalmente non c'era alcun collega della squadra d'azione, mi sarei preparato un'altra parte per l’indomani per fare colpo su di lei. Musica, buio, cambio scena.
 
to be continued ...