mercoledì 4 gennaio 2012

Dipendeva



Dipendeva


Posso smettere quando voglio, se l’amore da’ dipendenza. Così si risponde con qualsiasi droga, ma poi bisogna ammettere di essere drogati marci e disintossicarsi, per l’astinenza, il dolore, i compleanni senza alcol da festeggiare, i giorni che senza di lui hai vissuto quasi in pace, ma sì, da tutto si può guarire quando si vuole! Ma forse io sono alla fase in cui ho ammesso di drogarmi e ho ammesso che mi piace, che è esattamente questo il modo migliore per morire… Stronzate, l’amore, l’amore in un parcheggio, in fretta, prendendo io ogni iniziativa, impugnando il suo sesso come ciò che mi spetta, assomigliava, davvero, a chi esausto, dopo avere troppo riflettuto, si lega un laccio al braccio e si fa in vena, con il capo indietro. Esultando quasi: “si, mi sono arresa e mi è piaciuto”; c’erano tutte le facce di amici e amiche, tutte! Nel fermo immagine migliore. Io ero impegnata a godere, scusate, a capire quale onesta differenza d’opinione corresse tra, masturbarsi pensando a lui, o darsi davvero, e a letto sognare d’altro. La libertà di dire ho fallito! Guardandovi tutti, ma non verso il mio istinto. Se la testa scandisce le vostre opinioni, i vostri consigli e i vostri umori nei miei confronti, il mio sesso  dotato solo di bisogni ed ormoni si è gestito un momento. C’ero anch’io a guardare di me. Ho anche, prima, fatto la pipì dietro il parcheggio. Mi sono liberata, mi sono liberata perché non c’è niente di romantico e non c’è mai stato in chi guarda, ma per me, l’avessi fatto in un cesso pubblico della stazione, a porta aperta o senza porta, sarebbe stato sempre quel momento. Quel momento d’amore vero, perché? Perché nel fondersi di due corpi che si amano mai ci sono state porte, mai ambienti migliori o peggiori, forse neanche persone o pensieri, forse la semplicità del fiore che galleggia nell’acqua, nessuno cerca di darvi spiegazione. Si accoppiavano cimici verdi sul muro, e tortore restavano insieme tutta la vita e balene si lasciavano morire a riva nella ricerca estenuante del compagno e… Lo psicologo mi aveva chiesto di capire se si trattava di dipendenza o amore. La domanda era da oltre un milione di…La domanda era depravazione, io non lo so! Io non lo so ancora, io non lo saprò mai se lo amavo o dipendevo da lui ma, se ami e ami davvero, come fai a non dipendere da un sogno, non ti ci muovi forse attraverso? Non dipende da me, dunque, dipendere da lui. E lui? E la moglie e, tutti, dipendono da qualcuno ma, cosa significa allora? Che in realtà è tutto merda e bisogno, che non esiste un vero sentimento, ma solo un rifugio, e dovrei vivere felice di questo, di non avere bisogno alcuno d’amare, perche io sono! Io sono, si dottore io sono, ma con tutto il fiato che ho in gola io chiedo ora, a lei, chi cazzo sono? E la pago per questo. La pago per dirmelo, allora rifletto sulla dipendenza e rifletto che, dipendo da lei e lei da noi, da tutti noi. E lei, lei ama nel modo giusto? C’è un modo onesto di amare? C’è davvero, qualcosa che finalmente non si nasconda dietro qualcuno? Perché tremo? Si può davvero decifrare l’urlo muto, quando le corde vocali che ti hanno appena tagliato sono sparse sul pavimento, sotto il tuo naso? Tutti dipendiamo, lei vive delle dipendenze di tutti, lei le sa spiegare! Non la voglio sapere la sua vita sentimentale da manuale; la libertà? Godere in quel parcheggio. L’addio? Godere in quel parcheggio; la dipendenza? Godere in quel parcheggio. L’indipendenza? Godere in quel parcheggio. Mi ha accompagnata a casa poi è andato via, non mi sono chiesta nulla, era uno schermo freddo e pratico il mio volto, era la chiave nella serratura e di conseguenza il buio attorno. La notte è calata e mi sono alzata di giorno. La ruota che lenta per tutti gira non si è fermata, non c’è davvero possibilità di dire basta, tutta questa paura di diventare niente, non eravamo forse niente prima di essere noi? E in fondo, chi mai di noi l’ha chiesto di essere qualcuno, di avere un ciclo vitale, di essere tirati come biglie, di condurre piste che ci hanno segnate, solcate sulla sabbia, allagate dalle onde. Persi per sempre, inciampare sulle nostre ombre, lottare, tradire, stare al gioco, senza avere mai chiesto: “posso giocare anch’io?”. Forse sta funzionando la terapia, perché sono molto nervosa, perché ho una rabbia nuova che non contengo, perché imploro da sempre di uscire dalla palla di Natale, dalla stella in cima all’albero finto, di cui faccio parte. Cerco di capire di cosa sa ora il suo bacio sulla porta, prego sappia di nulla, invece mi ricorda di me.


1 commento:

  1. Ehi ragazza......
    il periodo dei "perchè" è passato da tanto!
    Tu hai un grandissimo controllo sulla tua vita...
    hai scelto di non controllarla!!!!!
    Besos..........riki

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