martedì 13 settembre 2011

29 settembre Lele

Sei venuto a trovarmi stanotte, con il tuo alfabeto nuovo e una musica che passa dalla gola, i miei piedi sono stati radici e se non avessi aperto gli occhi tu saresti ancora vivo. Adesso faccio fatica, sotto questo trucco, sotto queste palpebre grigie a ricordare la pioggia e i miei fiori di legno vicino alla tua tomba. Io che non c’ero al funerale, perché ti ho collocato nel mio cuore, anche lui era aperto e chi voleva poteva vederti. Mi hai portato malinconia che è come poesia, e così ti ho rivisto, ho ricordato i tuoi ricci e le tue spalle, ma in questo sogno non esci più dalle mie lacrime, sei rimasto nella pelle e cominci a farmi male, anche se è il tuo modo di abbracciare. Non ti ho dimenticato, non ti dimenticherò mai, lo vedi che ci sei, e con oggi lo sai.
Ero in camper, con un gruppo di amici che esistevano, che potevo anche non conoscere, mi circondavano, ma era come non lo sapessi, assomigliava a una gita scolastica e avevo un corpo adolescente, come la mente. Avevo una maglietta rosa e un paio di mutande e bighellonavo con altri nel camper, preceduto o seguito da altro camper, con altri adolescenti. Ci fermiamo e lì ti vedo, all’aperto su un tavolo sei steso, mi dicono qualcosa, io rispondo che ti conosco e ti devo vedere e mi devo fermare, non riescono a trattenermi, non ascolto ne’ mani, ne’ parole e scendo dal camper. Mi appari di spalle e sei come un Mantegna, un Cristo muscoloso, un Guevara caduto e vedo i tuoi riccioli neri e le tue spalle importanti, non ti vedo davanti, ma ti riconosco, come di scorcio, prospettiva fatta di angoli che sfuggono il tuo viso, ma conosco il profilo del tuo corpo e i tuoi occhi so che sono colore del sole e forse appena socchiusi. Dico, rimasta distante, quando ancora sono intenta a scendere: “Gli è già accaduto”, lo dico come se ti dovessi riprendere, ci sei già passato, poi chiedo al mio porta fortuna di bambina che ti salvi la vita e lo imbocco a carne cruda del mio cuore, vedo il cerchio di poca gente e qualcuno si affanna su te con massaggio cardiaco, qualcun altro mi dice che sei in coma. Ma poi mi dicono che ce l’hai fatta, ti sei ripreso, in quel momento mi sveglio, continuando a rotolare come foca da circo queste parole sulla mia bocca “lo devo chiamare assolutamente, è molto che non lo sento”, nel sogno non trovavo  subito il tuo numero sull’agenda o nel telefono, ma adesso ho gli occhi aperti e mi chiedo dove ce l’ho il tuo numero, mi sveglio felice con la voglia di chiamarti, e poi arriva d’improvviso questa giornata con la consapevolezza gelata che non posso, non posso chiamarti e non ce l’ho più il tuo numero, sei morto, sei morto quattro o cinque anni fa. E io ti ho perduto ancora, oggi. E ti ho anche ritrovato, ti ho trovato, ti ho perduto, poi mi chiedo di che segno sei, se me lo ricordo, e non mi ricordo, poi sì mi ricordo, sei dell’ariete. E POI PENSO ALLE TUE CANZONI, ALLA TUA CHITARRA, A UNA GIORNATA AL MARE A QUANDO TI HO VISTO PER L’ULTIMA VOLTA E PERCHE’ NON CE N’E’ STATA UN’ALTRA.

1 commento:

  1. Purtroppo non c'è mai una prossima volta.....ed è difficile anche ricordare l'ultima ma è facile ricordarsi di Lele, della sua lucida capacità di aprire gli occhi agli altri più che a se stesso.

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