giovedì 16 giugno 2011

"A bere sangue nelle osterie"

E ora distante dalle mie e tue bugie,
dalle risate, e dalle strategie, mentre il sangue ci scompariva nella gola, avvolti dal buio delle osterie, e ora che non mi interessa fare scacco matto con la tua fantasia, che ho cicatrici di vetro appoggiate alle mie spalle, che mi sento più un vecchio marinaio che la morte non ha conosciuto eppure quanto ci ha parlato, che se è possibile immaginarlo sono uomo quanto donna, sono l’eterno distacco. Che se ti è possibile immaginarlo l’amore l’ho succhiato tutto e non mi sono privata di un solo sguardo, e quanto ho vissuto l’immaginazione, l’odio, l’amore, la razionalità o la ragione e quanto ho sbagliato ma per me era solo la mia opinione e poi ho usato i pennelli per una sensualità raccolta e privata, e poi ho usato il colore per tradurre la rabbia, arginarla, e poi col pennello avevo un personale, antico duello, ero stanca di fare domande alla morte così ci ho ballato un tango, triste e sensuale, lì sono cadute le idee, le visioni, si sono allargate, persino mischiate, non erano più giuste o sbagliate, non erano ne’ belle ne’ vere ne’ false o sincere, tensione, incredulità, innocenza, pietà, sulla tela è quello che resta da setaccio di antica protesta, gettata come imposta richiesta, disprezzo, oltraggio, ma baciami ancora, ma fallo ora, che non c’è ragione, ne’ pretesto ne’ finzione, fallo in questo tempo dilatato, fallo ora che non sono persona, fallo per la mia creatività che attende un pasto che la sorprende, una preda di colore nuovo, un nemico che valga la pena, e dimmi come immagineresti questa scena, in una squallida stanza presa in prestito da un sogno distratto, neppure del tutto intatto, dove c’era un uomo molto grasso, un piccolo letto sfatto, il grigio intorno di nessun contorno, di un fotogramma di nessun programma, eppure ti stupirà il contesto, ma era bastato questo per sentirmi bene, lontana, bagnata come fontana, finita e cominciata, io come una giornata, eppure ti sembrarà pazzesco di questo strano contesto come l’assenza di ogni romanticheria abbia esaltato la porcheria, che altro non era che dolcezza infinita in una grigia malinconia, la perfezione di un momento concesso, senza trama e senza difetto, dove sono cadute le ragioni e non ho detto no alla danza lenta delle sue dita, delle sue parole, perché amavo i suoi strati di pelle, il suo essere pachiderma inerme, la sua lentezza era una danza di intenzioni che prolungava il piacere come lo fanno le esitazioni, forse non era niente di preciso, rarefatto il corpo, rarefatto il suo viso, ma la sensualità è corsa, cavalcava insieme al piacere l’onda lunga, la sua mano sul mio sedere, che mi e dispiaciuto non poterlo incontrare, non poterlo sapere, che pochi minuti di piacere, di quel sesso veloce, imprevisto e improvviso, potessero essere un racconto eterno, completo e prudente, un momento di pura verità, di lealtà, e ora che non credo più al fascino delle intenzioni, a quando ci trovavamo nelle osterie per bere sangue delle mie  e tue bugie.

1 commento:

  1. Porc....cia, Eloisa, mi manca il fiato, sono in apnea, distrutto e confuso.
    Un vecchio amico.

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