lunedì 17 gennaio 2011

Giovanna D'Arco

 

GIOVANNA D'ARCO

 Aprile 2008

Giovanna D’arco ha appena squarciato il cielo gridando: “Vescovo muoio a causa vostra!” E donne di tutte le etnie ballavano un tip tap con le catene alle caviglie, scalze, su un pavimento di ossa. Petali di non ti scordar di me mi scivolavano dalle ciglia, quasi lacrime, mentre una donna troppo adulta prendeva spazio nella mia testa e come metastasi il suo dolore o la sua saggezza. Per ogni ruga, per ogni ruga si solcava un terreno arido e fermi gli occhi in nessun movimento, proiettati come tunnel nella sola direzione, la fessura di luce, senza quasi emozione, ma determinazione tanta. E questa donna con occhi incastonati come pietre ferme e chiare, dalle quali non si può deviare, e le sue rughe come carezze oblique, come le onde sulla sabbia, e questa combattente senz’armi, ne’ voglia, a spiegarti daccapo la bellezza, il tradimento, a invogliarti a varcare la soglia, a sussurrarmi i passi che mi mancano per tornare per sempre, di nuovo, con me.
C’è un’altra idea di bellezza, di grandezza e di gioia e un’altra di morte e di vigliaccheria o anche di poesia. C’è un dipinto che arriva sospinto dalle parole di un romanzo, ancora, per posare con estrema educazione le mie budella contorcersi come anguille sul piatto da porgere.
Bologna è percorsa dal mare, coprifuoco e ronde, l’arte è sotto inquisizione, è ritornata la caccia alle streghe, qualcuno sussurra che c’è sempre stata, mentre una donna a distanza brucia, non era adeguata, ed essere rivoluzionari significa solo essere se stessi, le donne sono sottopagate, proibito l’aborto, l’uomo torna a comandare ma qualcuno dice che l’ha sempre fatto e in un angolo l’ennesimo stupro, tornata la pena di morte, ma qualcuno dice che c’è sempre stata e all’angolo qualcuno è impiccato. Però ci parlano di progresso, ma ci sono troppi volti sospesi a guardare in alto con le lacrime che cadono dagli occhi al collo e i singhiozzi danno il ritmo folle, di questo spartito di sangue, che chiami progresso e non possiamo suonare, non ci sono violini per questo. Solo mani e mani e mani lordate di sangue d’altri.

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